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PROMOZIONE DEL BIO, ACCORDO TRA AIAB E ORTOFRUTTA ITALIA

PROMOZIONE DEL BIO, ACCORDO TRA AIAB E ORTOFRUTTA ITALIA

L’associazione dei produttori e l’interprofessione ortofrutticola firmano un accordo per promuovere l’agricoltura bio e sostenibile. Tra le azioni previste: monitoraggio di mercato, previsioni sugli scenari evolutivi, reazioni alle evoluzioni normative

Sviluppare filiere ortofrutticole biologiche e sensibilizzare il mercato sull’utilizzo sostenibile delle risorse, sono tra gli obiettivi del protocollo d’intesa siglato da Ortofrutta Italia e l’Associazione Italiana Agricoltura Biologica, Aiab. Il documento strategico potrà aiutare a stabilizzare i prezzi dei prodotti bio e creare nuovi posti di lavoro.

L’obiettivo di creare valore

«Questo protocollo – commenta Giuseppe Romano, presidente di Aiab – rappresenta un momento storico nel settore biologico». «In un periodo di incertezza economica e di crisi, l’ortofrutta biologica può essere un segmento importante per la creazione di valore».

«Offre infatti opportunità di sviluppo sostenibile, contribuendo alla creazione di posti di lavoro nel settore primario e nelle attività correlate. Inoltre l’intesa raggiunta può aiutare a stabilizzare i prezzi, sia per gli agricoltori che per i consumatori, garantendo una giusta remunerazione per i produttori e accesso a cibi di qualità per i cittadini.

Via a una collaborazione significativa

«La firma – aggiunge Massimiliano Del Core, presidente di Ortofrutta Italia – dimostra l’attenzione dell’interprofessione verso la filiera biologica, la cui importanza è indiscutibile per il futuro del settore. L’intesa segna il primo atto di una collaborazione significativa».

Tra le attività previste, l’analisi e il monitoraggio delle filiere ortofrutticole biologiche, lo studio degli scenari evolutivi del settore, l’orientamento delle evoluzioni normative e l’analisi delle tendenze di mercato.

L’EXPORT ITALIANO BIO VOLA FINO IN MESSICO

L’EXPORT ITALIANO BIO VOLA FINO IN MESSICO

Sui vini l’Italia al primo posto davanti a Francia e Cile: l’analisi di Nomisma per la piattaforma Ita.Bio

«Biologico rimane una parola magica per crescere nell’export». È il commento della rivista Terra e Vita per la crescita delle esportazioni delle derrate agroalimentari bio anche verso mercati inusuali come il Messico. Dopo i focus di approfondimento su: Usa, Cina, Canada, Emirati Arabi, Scandinavia e Giappone lo scorso 7 giugno la piattaforma Ita.Bio ha dedicato infatti il suo approfondimento in streaming al Paese latino americano.

Con un valore di 59 milioni di euro, il Messico si posiziona solo al 35esimo posto nella classifica globale del bio in termini di quota di mercato. Il trend è però molto positivo, con una crescita del +12% solo nell’ultimo anno e una previsione di un +7% medio annuo fino al 2026, guidato da una consumer base giovane e sempre più attenta a benessere e salute.

È quanto emerge dalla indagine di Nomisma presentata nel sesto forum ITA.BIO, la piattaforma online di dati e informazioni per l’internazionalizzazione del biologico Made in Italy promossa da ICE Agenzia e FederBio.

I numeri chiave

Il settore bio in Messico è in crescita: +14% il numero di aziende bio e +10% le superfici solo nell’ultimo anno, nonostante rappresentino ancora solo lo 0,2% sul totale della superficie agricola complessiva.

Con una spesa pro-capite inferiore a 1 euro a persona, il biologico in Messico rappresenta ancora una piccola nicchia di mercato che interessa soprattutto specifici target di popolazione (giovani e famiglie con figli al di sotto dei 12 anni), tanto che la quota di consumatori bio non raggiunge il 30% nelle upper class delle grandi città.

Dimensioni però che sottintendono enormi potenzialità di crescita, supportate anche dal graduale ma costante cambiamento negli stili di vita e nei consumi alimentari delle famiglie messicane. Un percorso verso abitudini più sane, fortemente trainato dal Governo messicano, che negli ultimi anni sta lottando duramente, attraverso divieti e tassazione, per combattere contro uno dei più alti tassi di obesità al mondo.

Il trend salutistico

Dunque trend salutistici e maggiore attenzione alla qualità dei prodotti che i messicani portano a tavola, lo dimostrano i dati della consumer survey originale di Nomisma, realizzata nel mese di maggio su un campione di popolazione residente nelle principali città e con redditi medio-alti: negli ultimi 2-3 anni il 46% degli intervistati ha aumentato in generale il budget dedicato alla spesa alimentare, il 36% ha speso di più per acquistare prodotti gourmet di importazione e il 28% dichiara di aver incrementato gli acquisti di prodotti di origine vegetale.

In tale contesto si inserisce il consumo di prodotti biologici, che risulta infatti legato principalmente a una scelta salutistica: il 72% dei consumatori che acquista prodotti biologici lo fa perché sono più sicuri per la salute, perché possiedono proprietà nutritive migliori (secondo il 54%) e, in generale, perché hanno qualità superiore (37%).

 I canali distributivi

Se è vero che il biologico in Messico passa soprattutto da iper e supermercati generalisti (Walmart, La Comer, Chedraui,…) tanto che quasi 2/3 acquista bio principalmente presso questo canale, i ristoranti e i wine bar evidenziano comunque grosse potenzialità: ad oggi solo l’8% ha consumato pasti bio fuori casa, ma dalla fine del 2021 ad oggi, i consumi away from home in Messico presentano un trend di crescita costante, con una quota crescente di consumatori che ritiene importante la presenza di ingredienti o piatti bio nel menù di un ristorante. Altri canali di interesse per il biologico sono gli specializzati bio (punti vendita come Hanseakit o Ingredienta) che vengono scelti come punto di riferimento dalla consumer base.

 

Per accrescere diffusione, consapevolezza e interesse verso il biologico, è però indispensabile che il consumatore messicano venga informato di più e meglio riguardo le caratteristiche e le garanzie che il bio offre: l’80% degli user bio dichiara infatti di non aver informazioni sufficienti e dettagliate sulle caratteristiche e i valori degli alimenti biologici (quota che supera il 90% per i non user di bio). Nello specifico, solo due su dieci conoscono la differenza tra biologico e convenzionale e più di 1 consumatore su 2 vuole avere informazioni più dettagliate sulla tracciabilità dei prodotti bio e sul legame dieta salutare e sostenibilità ambientale.

L’accoppiata Made In Italy-Bio fa bene al vino

Italia top quality nel food&wine: nel percepito dei consumatori messicani, l’Italia si posiziona al secondo posto, alle spalle dei vicini Stati Uniti, tra i Paesi che producono i prodotti alimentari di maggiore qualità. Per il vino l’Italia è sul gradino più alto del podio, davanti a Cile e Francia.

Senza dubbio il Made in Italy bio ha ottime prospettive di sviluppo su questo mercato: 2  consumatori su 3 si dicono certamente interessati ad acquistare un prodotto biologico italiano se lo trovassero presso il punto vendita che frequentano abitualmente. Per gli incerti, il prezzo elevato è l’ostacolo rilevante che potrebbe però essere superato grazie a una buona comunicazione e informazione sul prodotto, in particolare in merito al buon impatto sulla sua salute.

 

LA VERA AGRICOLTURA RIGENERATIVA È BIOLOGICA

LA VERA AGRICOLTURA RIGENERATIVA È BIOLOGICA

Crescono i marchi e le partnership che fanno riferimento a un modello di produzione che consenta di rispettare la fertilità organica del suolo, riassorbire CO2 atmosferica e contrastare i cambiamenti climatici. Ma il primo a coniare il termine “rigenerativo” è stato lo statunitense Rodale Institute e oggi l’unico modello di agricoltura rigenerativa certificata è quello che fa riferimento a questo standard che fa leva sul bio

La necessità di centrare l’obiettivo della neutralità climatica dà un forte slancio alle buone pratiche colturali dell’agricoltura rigenerativa. Ogni giorno spuntano nuovi protocolli, partnership, organizzazioni, marchi che mettono al centro lo sforzo degli agricoltori di ripristinare la fertilità organica del suolo riassorbendo la CO2 atmosferica e contrastando così i cambiamenti climatici.

Un termine di moda

Barilla ha lanciato all’inizio dell’anno il suo progetto “bello e buono” con l’obiettivo di sviluppare sistemi e pratiche agricole che favoriscano la “rigenerazione” dei suoli. Ferrero ha annunciato un protocollo di gestione rigenerativa per la coltivazione del nocciolo alla recente prima edizione di AgriWorld a Potenza. Anche Syngenta cavalca il suo modello di agricoltura rigenerativa come «opportunità concreta per un approccio agricolo più sostenibile e resiliente».

C’è però un problema: tutti questi modelli, con diverse sfumature, fanno comunque riferimento all’agricoltura integrata e utilizzano agrofarmaci e fertilizzanti chimici il cui ciclo produttivo determina una pesante impronta di carbonio che vanifica, almeno in parte, i risultati sul fronte del riassorbimento netto di CO2.

Lo standard certificato Roc

Occorre invece ricordare che l’unica esperienza al mondo di agricoltura rigenerativa certificata è quella che fa riferimento alle pratiche rigenerative biologiche messe a punto negli Usa dal Rodale institute, la prima entità che ha parlato di agricoltura rigenerativa sin dagli anni ’80 del secolo scorso. Il marchio Roc (Regenerative Organic Certified™, ovvero Biologico rigenerativo certificato) è stato introdotto nel 2018 facendo riferimento a uno standard olistico di produzione che fa leve sui dettami dell’agricoltura biologica. Lo standard è supervisionato dalla Regenerative Organic Alliance, un’organizzazione senza scopo di lucro composta da esperti in agricoltura, allevamento, salute del suolo, benessere degli animali ed equità tra agricoltori e lavoratori.

Suolo e Salute è al momento l’organismo di controllo e certificazione in Italia autorizzato a condurre l’attività di controllo dello standard Roc (Regenerative Organic Certified™).

Per informazioni: estero@suoloesalute.it

VIA AL PIANO NAZIONALE SEMENTI BIOLOGICHE

VIA AL PIANO NAZIONALE SEMENTI BIOLOGICHE

D’Eramo (sottosegretario Masaf con delega per il bio): «L’obiettivo è aumentare la disponibilità di semente bio e migliorarne l’aspetto qualitativo»

L’ultima riunione della Conferenza Stato-Regioni ha dato il via libera al Decreto del Ministero dell’Agricoltura, Sovranità alimentare e foreste, con il quale si adotta il Piano nazionale delle sementi biologiche, così come previsto dall’articolo 8 della legge 9 marzo 2022, n. 23.

Cultivar adatte al bio

Lo rende noto il sottosegretario Masaf con delega all’agricoltura biologica Luigi D’Eramo. Principale finalità del Piano è aumentare la disponibilità delle sementi bio per le aziende e migliorarne sia l’aspetto quantitativo che qualitativo, con riferimento alle varietà adatte all’agricoltura biologica e biodinamica, e contribuire progressivamente a ridurre il ricorso a sementi di varietà convenzionali utilizzate in deroga.

Durata triennale

Il Piano nazionale delle sementi biologiche sarà aggiornato con cadenza triennale. Tra gli obiettivi anche quello di promuovere il miglioramento genetico partecipativo, con la collaborazione di agricoltori, tecnici e ricercatori per selezionare piante che rispondano ai bisogni degli agricoltori bio. «Con l’intesa di oggi – evidenzia D’Eramo – proseguiamo nel dare attuazione alle misure contenute nella legge quadro sul biologico». «Disporre di sementi di qualità è un presupposto per poter sviluppare una produzione agricola sostenibile e sicura e permettere a questo settore di continuare a crescere».

SERVE UN TAVOLO DI CRISI PER L’AGRICOLTURA BIO IN EMILIA-ROMAGNA

SERVE UN TAVOLO DI CRISI PER L’AGRICOLTURA BIO IN EMILIA-ROMAGNA

Lo chiede Aiab al ministero dell’agricoltura sottolineando in particolare la presenza di molte aziende ortofrutticole e vitivinicole bio nelle aree colpite dall’alluvione

«Aprire un tavolo tecnico di crisi sull’agricoltura biologica legato alla situazione di emergenza dell’Emilia Romagna». Lo chiede l’Aiab, Associazione italiana agricoltura biologica al ministero dell’Agricoltura, scrivendo una lettera al sottosegretario Luigi D’Eramo.

Gli agricoltori hanno perso tutto

«L’area colpita dalle recenti alluvioni è una delle principali di interesse per la produzione ortofrutticola nazionale su un territorio dove sono presenti numerose aziende biologiche – spiega il presidente Aiab Giuseppe Romano – è quindi necessario capire come poter garantire il sistema, venendo incontro ai contingenti problemi degli agricoltori che hanno perso tutto».

«Questo avendo anche una visione di prospettiva per aiutare il territorio e le aziende agricole bio a riprendersi il prima possibile». La gestione del biologico, rileva ancora Romano, «deve necessariamente coinvolgere anche l’autorità competente regionale, che auspico sia presente al tavolo così da attivare misure e scelte condivise che possano aiutare le aziende a superare questo periodo così difficile».

TEA, I NUOVI OGM?

TEA, I NUOVI OGM?

Via libera da Governo e Parlamento alla loro sperimentazione in campo Per Aiab, Assobio, FederBio si tratta di una deregulation pericolosa per il bio e per i consumatori

Con l’ok al decreto Siccità, sancito dal voto di fiducia alla Camera lo scorso 8 giugno, è passato anche l’emendamento che sblocca la sperimentazione in pieno campo per le cosiddette Tea, tecnologie di evoluzione assistita.

L’emendamento accoglie al suo interno le proposte di legge firmate da Luca De Carlo, presidente della Commissione agricoltura al Senato, Raffaele Nevi, segretario della Commissione agricoltura alla Camera, e Gianmarco Centinaio, ex ministro dell’agricoltura.

Scavalcata la legge

Per Aiab, Assobio, FederBio, l’ok alle Tea è una «deregulation pericolosa per i consumatori e per i produttori biologici». L’emendamento secondo le tre associazioni scavalca infatti la normativa attualmente in vigore nel nostro Paese che vieta la sperimentazione in campo aperto degli Ogm, senza attendere le disposizioni europee in materia.

Impossibilità di scelta

«Governo e Parlamento stanno puntando alla deregolamentazione del settore, considerando le Tea assimilabili alle varietà tradizionali – spiegano le tre sigle – con questo via libera la prima vittima sarebbe l’agricoltura biologica visto che si pregiudica uno degli aspetti distintivi fondamentali del metodo bio che esclude queste tecniche». «Contemporaneamente i consumatori non sarebbero più in condizioni di poter scegliere cosa mettere sulla loro tavola e potrebbero comprare prodotti contenenti modificazioni genetiche senza neanche saperlo».