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“Prodotto in Bretagna”, compie 20 anni il marchio di qualità

Viene dalla Francia un’esperienza di particolare interesse anche per il nostro paese, patria delle tipicità agroalimentari. Compie infatti 20 anni  il marchio collettivo “Prodotto in Bretagna”, nato appunto nel 1993 con l’obiettivo di tutelare e promuovere prodotti, aziende e lavoro locali.

Stando a quanto riporta il settimanale francese “L’Express”, ripreso da Agrapress, l’associazione ad oggi conta 312 membri, il 44% provengono proprio dal settore agroalimentare. Nei vent’anni di attività, l’associazione è stata in grado di contribuire alla creazione di quasi 30.000 posti di lavoro, grazie ad una strategia basata su solidarietà tra aderenti, prossimità territoriale e qualità dei prodotti.

I criteri per aderire all’associazione sono tanto semplici quanto rigorosi: l’azienda che fa domanda di accesso deve svolgere la propria attività in Bretagna da almeno tre anni, avere una situazione finanziaria solida e perseguirebuone pratiche sociali e ambientali. Una commissione esamina le domande che vengono poi valutate anche dal consiglio direttivo, dopodiché l’azienda è pronta ad entrare versando una quota variabile dai 500 ai 15.000 euro a seconda del tipo di attività e del fatturato.

Grazie all’unione delle aziende bretoni, l’iniziativa è stata in grado di portare anche all’estero i prodotti bretoni grazie alla creazione di “Bretagne Excellence”, composta ad oggi da 34 società alimentari che dal 2011 esportano il meglio della produzione locale e che intendono aprirsi a breve anche all’export di prodotti freschi.

Tutto ciàò è stato reso possibile soprattutto tramite l’autofinanziamento, che copre ben l’85% dei fondi a disposizione, mentre il resto deriva da contributi dell’amministrazione regionale e dai consili generali bretoni. Un caso davvero interessante di iniziativa imprenditoriale locale che, mettendo al primo posto la qualità dei prodotti, è riuscita a creare lavoro fornendo importanti strumenti in grado di rispondere all’attuale crisi economica puntando sulle eccellenza locali.

Fonte: L’Express, Agrapress

La FAO contro i pesticidi tossici

All’indomani del tragico incidente avvenuto in Bihar, India del Nord, la Fao in una nota ribadisce la necessità di eliminare l’utilizzo di pesticidi particolarmente nocivi per la salute umana. “Il tragico incidente avvenuto in Bihar, india, in cui 23 bambini hanno perso la vita dopo aver mangiato un pasto contaminato con il pesticida monocrotophos, ci ricorda ancora una volta quanto sia importante che i pesticidi altamente tossici vengano ritirati dai mercati dei paesi in via di sviluppo”.

LA vicenda è avvenuta in una scuola elementare di Jajauli, un povero villaggio distante un centinaio di chilometri da Patna, capoluogo della regione. Molti alunni (di età compresa tra i 4 e gli 8 anni) hanno cominciato a presentare gravi sintomi di intossicazione dopo aver consumato un pasto della mensa scolastica. Purtroppo per molti di loro le conseguenze sono state fatali. Per ironia della sorte, il pasto rientrava nell’ambito dell’iniziativa “Midday meal schemè”, con la quale il governo indiano ha introdotto un programma nazionale di mensa gratuita nelle aree più povere del paese, per combattere la malnutrizione.

Il monocrotophos é un pesticida organofosforico  ritenuto ad alto rischio sia dalla FAO che dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità). Per la sua acclarata pericolosità, è già stato bandito, oltre che in Europa e negli Stati Uniti, anche in Cina, Australia, e in numerosi paesi dell’Africa, dell’Asia e dell’America Latina.

Fonte. Agrapress, Repubblica.it

Prosegue il dibattito sull’etichettatura delle carni bovine

Tiene ancora banco la questione dell’etichettatura facoltativa delle carni bovine, di cui avevamo dato notizia anche nel primo numero di quest’anno del nostro periodico. Da tempo se ne continua a discutere, sin da quando è stata avanzata l’ipotesi di mettere mano al regolamento 1760/2000, eliminando in etichetta informazioni importanti per il consumatore quali razza, sistema di alimentazione e allevamento. Ne parleranno anche prossimamente i ministri dell’Agricoltura dell’UE in un incontro informale in programma a Bruxelles dall’8 al 10 settembre nel corso del quale, tra i tanti temi all’ordine del giorno, si parlerà appunto dell’etichettatura delle carni bovine.

Ufficialmente, le resistenze dell’Unione Europea sul tema (in aperto contrasto, peraltro, con le politiche di trasparenza e sicurezza alimentare perseguite dall’Unione stessa), ci sarebbero ragioni di ordine economico. Di tutt’altro avviso il presidente Confeuro Rocco Tiso, che in un comunicato stampa di questi giorni ritorna sull’argomento non senza fare due conti in tasca all’Europa. Si tratterebbe infatti di una spesa di miseri 320.000 euro, un’inezia rispetto ai benefici derivanti da queste informazioni. Per quali ragioni allora, l’Unione tentenna?  “Se non per impedire alle aziende virtuose di farlo – ha dichiarato Tiso – non si capisce il senso di abolire un qualcosa che è già facoltativo e quindi non obbligatorio.”

Il tema è spinoso, e riguarda un settore in cui le industrie di trasformazione temono ulteriori costi a carico delle aziende nel caso in cui si vogliano fornire maggiori indicazioni al consumatore (si parla pur sempre di etichettatura volontaria!):  un’obiezione che mal si concilia, tuttavia, con il carattere volontario di questo genere di indicazioni.

Ragioni che hanno indotto Confeuro a rivolgere al ministro per le Politiche Agricole De Girolamo un appello affinchè si opponga alla cancellazione dell’etichettatura facoltativa delle carni bovine, un appello immediatamente sottoscritto da Unicarve, che così si è espressa per bocca del suo presidente Fabiano Barbisan: . “Il richiamo del presidente Tiso – ha commentato Barbisan, presidente anche del Consorzio Italia Zootecnica – è utile a mantenere alta la tensione su un provvedimento impopolare che, stranamente, a Bruxelles fanno di tutto per approvare”.

E mentre la questione approda sui tavoli dei ministri dell’Unione, in Italia il settore continua a vivere un momento di grossa difficoltà, con conseguente impoverimento del patrimonio bovino sia da carne che da latte e in una sensibile riduzione nella produzione di carne, in aperto contrasto con il deficit italiano in termini di richiesta di carne bovina. Una situazione di crisi particolarmente avvertita in alcune regioni maggiormente vocate, quali il Veneto, dove non a caso è stata recentemente attività un’Unità di Crisi con il compito di individuare le azioni prioritarie per rilanciare sia il settore della carne che del latte. L’Unità di Crisi, presieduta dall’Assessore Regionale all’Agricoltura Franco Manzanato, vedrà la partecipazione di tutti i settori coinvolti e con ogni probabilità diventerà un riferimento ulteriore nella delicata questione dell’etichettatura facoltativa delle carni, strumento molto importante per riconquistare la fiducia del consumatore.

Fonte: Agronotizie

Inea presenta il Rapporto sullo stato dell’Agricoltura 2013

E’ stata presentata nei giorni scorsi un’ampia sintesi del “Rapporto sullo stato dell’Agricoltura 2013” a cura dell’Istituto Nazionale di Economia Agraria (INEA). Il rapporto, articolato in diverse sezioni, restituisce un’immagine composita e articolata del panorama agricolo italiano, di particolare rilievo in un periodo di crisi congiunturale quale quello attuale.

Proprio sul difficile periodo economico si apre la sintesi Inea, che conferma i segnali già rilevati nei mesi scorsi: dopo aver dimostrato buona capacità di risposta rispetto alla crisi, il comparto agricolo ha cominciato a subire più decisamente gli effetti della crisi solo a partire dal 2012, nel corso del quale sono diminuiti in maniera evidente sia la produzione, che il valore aggiunto che i consumi. Che il 2012 sia stato un “annus horribilis” per l’agricoltura italiana è confermato anche da un parallelismo diretto con il Pil: mentre in questo caso infatti il 2012 è responsabile del 22% della sua riduzione complessiva a partire dal 2007 (in altre parole, un terzo del calo avvenuto nel prodotto interno lordo è riferibile a quanto avvenuto nel corso del 2012), per la produzione agrucola la percentuale sale al 49% in riferimento alla contrazione dei consumi, sale al 68% parlando di produzione e arriva addirittura al 79% nel caso del valore aggiunto. Ovvero, i quattro quinti del valore aggiunto agricolo sono stati persi proprio nel corso del 2012.

Tiene, al contrario, l’industria alimentare che, dopo aver patito gli effetti della crisi fino al 2011, in maniera speculare e opposta al settore agricolo ha mostrato segni di ripresa nel corso del 2012, con una crescita di quasi un punto percentuale del valore aggiunto e del 2,3% del fatturato, confermando il ruolo trainante del comparto per l’economia italiana, secondo solo al metalmeccanico per quanto riguarda il manifatturiero.

Calano invece le imprese con ritmo sostanzialmente costante, confermando un trend avviato nel 2007, mentre anche qui si dimostra in controtendenza l’industria agroalimentare, che tiene sostanzialmente rispetto al 2011. Di segno opposto invece i dati relativi all’occupazione, con un calo degli occupati de oltre 400.000 unità tra i dipendenti e altrettante tra i lavoratori indipendenti, mentre continuano a crescere in maniera molto significativa gli stranieri in agricoltura, aumentati dell’11% rispetto al 2011 e giunti ad un +114% rispetto al 2008.

Anticiclico anche l’andamento degli scambi commerciali, che dopo essere crollati nel corso del 2008, hanno iniziato una lenta ma costante risalita. Secondo il rapporto INEA il mercato si è spostato dall’interno all’estero, dove nel periodo 2007-2012 si è registrata una crescita di 7,3 miliardi di euro: le esportazioni sono passate nello stesso periodo dal 7% all’8,2% del valore corrente totale, con un tasso di crescita sempre in positivo tranne che nel 2009. Malgrado questo, il 2012 è stato in ogni caso un anno difficile anche per l’export agro-alimentare, con una contrazione importante del tasso di crescita dall’8,5% del 2011 al 5% del 2012.

Il rapporto sottolinea inoltre il ruolo sempre crescente dell’agricoltura riguardo ai servizi ambientali erogati e alla riduzione dell’agricoltura. In agricoltura, l’obiettivo europeo 20-20-20 è stato già pressoché raggiunto (93 twh prodotti complessivamente, rispetto ai 100 twh previsti per il 2020), incrementando in maniera sostanziale la produzione di energia rinnovabile, con effetti di segno opposto: da un lato, un aumento dei costi sul consumatore finale, dall’altro crescenti benefici ambientali, occupazionali ed economici. Crescono anche le agro energie, dalle quali secondo proiezioni Enea-Coldiretti ci si dovrebbe attendere un contributo rispetto al bilancio energetico nazionale al 2020 dell’8% complessivi.

In ultimo, la sintesi del rapporto si sofferma sul lungo negoziato per la riforma della Politica Agricola Comunitaria, avviato a partire dal 2010, proseguito nel corso del 2011 e 2012 e sostanzialmente concluso a metà di quest’anno.  L’Italia avrà a disposizione oltre 31 miliardi di euro per il primo pilastro e 9,2 miliardi di euro per le politiche di sviluppo rurale.

Il rapporto completo è consultabile a questo link.

 

Fonte: Agrapress, Inea

Nota del Mipaaf sulla Compilazione della notifica sul SIB

Con la Nota  n. 30035 del 25/07/2013 inerente: “Istruzioni per la compilazione della notifica su SIB”, il Ministero risponde ad alcune difficoltà operative incontrate dalle amministrazioni regionali e dagli Organismi di Controllo in relazione all’informatizzazione della notifica sul SIB. In particolare, la Nota chiarisce che il Documento Giustificativo viene rilasciato anche senza che sia caricata sul SIB la Relazione Tecnica di cui all’articolo 63 del Reg. (CE) n.889/2008, purché la stessa sia disponibile presso gli Organismi di Controllo.

Il testo completo della Nota è consultabile a questo indirizzo.

 

 

Fonte: Sinab