Suolo e Salute

Category: Suolo e Salute News

Una delegazione turca in visita presso un’azienda controllata da Suolo e Salute

Alla scoperta dell’agricoltura biologica italiana, come esempio di eccellenza e di settore trainante per l’economia in grado di offrire futuro all’agricoltura stessa, alla crescita del Paese, all’ambiente e alla biodiversità: martedì 28 maggio una delegazione di funzionari turchi, accompagnata da Suolo e Salute – organismo di controllo e di certificazione per l’agroalimentare e per l’ambiente – ha visitato la “Casearia di Sant’Anna” (www.caseariadisantanna.com) , azienda dell’Emilia Romagna specializzata nella produzione del Parmigiano Reggiano biologico.

La visita, che rientra nell’ambito del progetto “GAP Organic Agriculture Cluster Project” sostenuto dall’United Nations Development Programme (UNDP) dell’ONU, ha offerto l’opportunità alla delegazione di conoscere le caratteristiche del settore del bio in Italia grazie all’incontro tenutosi con FederBio (Federazione Italiana Agricoltura Biologica e Biodinamica) e con  l’Assessorato all’agricoltura della Regione Emilia Romagna, della certificazione grazie all’approfondimento fatto dal Direttore Sviluppo e Marketing di Suolo e Salute Alessandro D’Elia, e di una produzione, quella del Parmigiano Reggiano, riconosciuta come simbolo di eccellenza del Made in Italy agroalimentare all’estero.

La “Casearia di San’Anna” – certificata da Suolo e Salute – sita nel comune di Anzola dell’Emilia (Bologna), produce Parmigiano Reggiano biologico; la delegazione ha visitato l’allevamento di bovini da latte e l’impianto di produzione di biogas che lavora a ciclo chiuso impiegando i liquami e gli scarti dell’allevamento. La visita è proseguita al caseificio dove si è potuto approfondire il tema della tracciabilità del prodotto bio e si sono osservate le varie fasi di lavorazione del prodotto sino alla stagionatura.

“La Casearia Sant’Anna ha destato un forte interesse nel gruppo di turchi per l’organizzazione che contraddistingue l’azienda, per la sapienza degli addetti e per la tradizione legata alla produzione del Parmigiano Reggiano, considerato anche nel loro Paese come il vero “re dei formaggi”. – commenta Alessandro D’Elia, Direttore Sviluppo e Marketing di Suolo e Salute – In particolare l’aver potuto comprendere la tracciabilità del prodotto bio e il valore aggiunto della certificazione ha suscitato particolare interesse nella delegazione turca. Il “GAP Organic Agriculture Cluster Project”, con l’obiettivo di far conoscere a un’economia che si manifesta come la più veloce in termini di crescita in Europa e che deve definire un progetto di sviluppo sostenibile, è una opportunità anche per il bio italiano e non solo. Suolo e Salute, in continua crescita, guarda ai mercati esteri che rappresentano una grande opportunità per poter esprimere l’esperienza più che quarantennale dell’azienda nell’ambito della certificazione per l’agroalimentare e per il bio. Nel caso specifico della Turchia Suolo e Salute ha manifestato la disponibilità a diventare parte attiva in un eventuale progetto futuro da svilupparsi nell’ambito del “GAP Organic Agriculture Cluster Project”.

Per ulteriori informazioni: sviluppo@suoloesalute.it – www.suoloesalute.it

De Girolamo a proposito di convergenza interna e pagamenti accoppiati

Intervenuta a Dublino nel corso del Consiglio informale dei Ministri dell’agricoltura dell’Unione europea, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, Nunzia De Girolamo è ritornato sulla questione della convergenza interna, dichiarandosi “convinta che la proposta del Consiglio e la controproposta del Parlamento europeo vadano nella giusta direzione. Per questo motivo chiediamo alla Commissione di tenerne conto. Credo che un appiattimento eccessivo dei pagamenti erogati ai nostri agricoltori, con l’obiettivo di pervenire a valori uniformi al 2019, penalizzerebbe settori specializzati e che hanno investito molto in termini strutturali e occupazionali”. In merito ai pagamenti accoppiati, secondo il Ministro “ci troviamo davanti a una questione particolarmente delicata perché essi costituiscono un’opportunità di sostegno per questi settori che hanno problematiche specifiche, in determinate aree geografiche, e che sono prive di alternative produttive e occupazionali”.

Un’ulteriore riflessione ha riguardato l’auspicato quadro normativo in materia di associazioni e interprofessioni. Per il Ministro “È necessario un migliore quadro giuridico finalizzato al rafforzamento della figura dell’agricoltore e all’aggregazione dell’offerta” .

Fonte: AIOL

De Girolamo commenta il dietrofront della Commissione sull’etichetta dell’olio nei ristoranti

A seguito delle proteste di alcuni Stati membri, la  Commissione europea nei giorni scorsi ha deciso di ritirareparte della proposta di modifica del regolamento europeo per l’olio di oliva, riguardanti la commercializzazione e l’etichettatura. In particolare, si è scelto al momento di non proseguire nella direzione del divieto di uso di olio di oliva senza etichette nei ristoranti dei paesi dell’Unione. Il dietrofront della Commissione è stato commentato dal Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, Nunzia De Girolamo che ha auspicato maggiori tutele per i produttori del settore olivicolo: “Per noi si tratta di una battaglia culturale e di legalità. Quella parte del Regolamento oggi ritirata dalla Commissione europea consentiva infatti di migliorare il contrasto alle frodi in commercio anche nei ristoranti, dove i consumatori hanno il diritto di sapere che tipo di olio utilizzano. Sono certa che il commissario Cioloş troverà il modo di tenere conto di una questione così importante per i Paesi del Mediterraneo. È fondamentale creare una cultura dell’olio paragonabile a quella del vino e per ottenere ciò questo è un passaggio importante. Il miglioramento e la difesa della qualità sono nell’interesse di tutti: produttori e consumatori”.

“Il sistema Paese – ha proseguito De Girolamo – sarà compatto nell’affrontare questa sfida. Ho già parlato con il vice presidente Antonio Tajani, con il presidente De Castro e con l’onorevole Giovanni La Via”.

Fonte: AIOL

Vino bio, il Wine monitor Nomisma fa un primo bilancio

A quasi un anno dalla normativa sul vino biologico, l’Osservatorio Wine monitor Nomisma fa il punto sulla situazione del comparto. Stando alle rilevazioni, nel nostro paese si è assistito ad un vero e proprio boom del vino bio: ad oggi ben il 6,5% di tutti gli ettari coltivati a vite è biologico, contro una media mondiale del 2%. In questa speciale graduatoria, l’Italia è seconda solo all’Australia, leader con l’8,6% della superficie destinata alle coltivazioni di viti biologiche. Anche considerando la superficie assoluta l’Italia dimostra una grande vitalità del settore con una superficie totale destinata alle uve biologiche di circa 53.000 ettari, seconda solo alla Spagna con 57.000. Un dato che si è tradotto in un aumento percentuale del 67% nel periodo 2003-2001. Performances che trovano riscontro anche nelle vendite: in un contesto di forte contrazione dei consumi, il biologico resta uno dei pochi settori in controtendenza, con un segno positivo del 7,3% nella GDO. Ad un anno dall’uscita della normativa che regolamenta il vino biologico, è presto per fare bilanci, ma è indubbio che, come tutto il comparto del biologico, anche il vino sembra ritagliarsi crescenti spazi di mercato. Se oggi oltre una famiglia su due compra biologico, già il 5% ha scelto almeno una volta nel corso dell’anno di acquistare un vino etichettato come biologico. Non a caso dal 2014 Vinitaly, il tradizionale e importantissimo appuntamento di settore, avrà un padiglione specifico dedicato all’enologia biologica, grazie all’accordo tra FederBio e Verona Fiere che ha suggellato la nascita di Vinitaly bio. E proprio il mercato internazionale sembra rappresentare la frontiera più promettente: secondo i dati di Wine monitor, negli Stati Uniti il vino italiano nella sola vendita al dettaglio rappresenta il 25% dell’importazione (secondo solo al 35% dei vini australiani). Nel caso sepcifico dei vini biologici, la quota di mercato dei vini italiani costituisce ad oggi il 13% del totale, dopo il Cile (45%) e l’Argentina (19%). Ma gli accordi di equivalenza UE-USA che consentono dal giugno del 2012 la vendita di vino biologico senza la necessità di una seconda certificazione americana, sembrano preparare il terreno ad una crescita importante nel prossimo futuro.

Fonte: AIOL

L’Agnello del Centro Italia ottiene l’IGP

Dopo l’Agnello di Sardegna e l’Abbacchio Romano, una nuova produzione tipica si aggiunge alla lista delle denominazioni IGP: si tratta dell’ “Agnello del Centro Italia”, iscritto nei giorni scorsi iscritto nel registro delle denominazioni e delle indicazioni geografiche protette. La Commissione ha così approvato l’iscrizione nel registro europeo delle Denominazioni e Indicazioni geografiche protette questa antica produzione dell’Italia centrale, che si aggiunge così alle oltre 1.100 produzioni di qualità europee, che vedono leader proprio il nostro paese. Si tratta di una denominazione di grande importanza per i produttori, dato che sono ben sei le regioni del Centro Italia che rientrano nell’elenco previsto dal disciplinare: Abruzzo, Lazio, Marche, Toscana, Umbria e in parte l’Emilia Romagna.

Si tratta di un agnello allevato allo stato brado o semi brado, di età non superiore ai 12 mesi, alimentato unicamente dal latte materno nella prima fase di vita. “La nuova IGP è un importante riconoscimento per il comparto ovino, che può favorire una migliore valorizzazione delle carni prodotte”, si legge in una nota di Confagricoltura. “Spetta ora – prosegue il comunicato – alle amministrazioni nazionale e regionali attivarsi per individuare le risorse necessarie per avviare la valorizzazione della produzione tipica dell’agnello da carne ottenuto dalle razze tradizionali dell’areale”. Secondo i dati di Confagricoltura, alla nuova IGP hanno aderito circa 130 allevamenti, 17 macelli ed un centro di sezionamento, per un totale di circa 90 mila capi. Ad oggi, sul mercato sono presenti oltre 30 mila agnelli certificati.

Fonte: Agrapress, Confagricoltura, AgenParl

UE: nuovi interventi a tutela della salute delle api

Un nuovo rapporto dell’ Efsa, l’Autorità europea per la sicurezza, recentemente consegnato alla Commissione europea, evidenzia il rischio elevato cui sono soggette le api nel caso di utilizzo dell’insetticida “Fipronil” nel trattamento delle sementi di mais. La relazione all’indomani della richiesta all’Efsa, da parte della stessa Commissione europea, di approfondimenti in merito agli effetti su colonie, mortalità e comportamento degli insetti. Restano invece incompleti i dati relativi ad altre colture, ivi compresi i semi di girasole, per i quali ancora non è stato stabilito l’effettivo livello di rischio nel caso di esposizione alla polvere proveniente dalla semina. Il Fipronil, noto anche come Fluocianobenpirazolo, appartiene alla famiglia chimica phenylpyrazole (quindi non è un neonicotinoide) ed è utilizzato per la lotta a numerosi insetti, nella loro fase larvale. Sempre riguardo le sostanze nocive per gli insetti impollinatori, nel regolamento di esecuzione pubblicato sabato scorso 25 maggio sulla G.U la Commissione ha ribadito che è vietato l’utilizzo di sementi trattate con prodotti fitosanitari contenenti clothianidin, tiametoxam e imidacloprid, con la sola esclusione delle sementi utilizzate in serra. Tale obbligo sarà formalmente in vigore a partire dal 1° dicembre di quest’anno, in modo tale da garantire un periodo transitorio di adeguamento alle disposizioni europee. Fino a quella data, resteranno valide le eventuali misure cautelari nazionali già in essere.

Il divieto fa seguito agli studi effettuati dall’Efsa, che confermano l’alta tossicità di queste sostanze per le api. In particolare,  è espressamente vietato l’uso di prodotti fitosanitari contenenti clothianidin, tiametoxam o imidacloprid per la concia delle sementi e l’applicazione al suolo in tutte le colture che attraggono le api e per i cereali, escluse le coltivazioni in serra e i cereali invernali. Analoghe limitazioni per i trattamenti fogliari, sempre con l’esclusione delle coltivazioni in serra e delle colture che prevedono il raccolto prima della fioritura.

Secondo quanto previsto dal regolamento 2009, è facoltà degli Stati mebri adottare ulteriori misure restrittive per prodotti fitosanitari contenenti clothianidin, tiametoxam e imidacloprid, nonché l’adozione di misure di emergenza relativamente all’immissione sul mercato di sementi conciate con queste sostanze.

Riguardo la tutela delle api, numerose associazioni ambientaliste si sono mosse da tempo per chiedere maggiori tutele. In questa direzione, ad esempio, il rapporto di Greenpeace “Api in declino”, che analizza gli effetti di diversi pesticidi (compreso il Fipronil) sulle api e, in generale, sugli insetti impollinatori. Per questo motivo Greenpeace ha lanciato la campagna “Salviamo Le Api” (www.salviamoleapi.org) in cui come prima cosa si chiede la messa al bando di sette sostanze altamente nocive per le api come primo passo nella direzione di un’agricoltura pienamente sostenibile.

Fonte: Greenreport, Greenpeace