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A L’Aquila il Salone dei prodotti tipici dei parchi d’Italia

Si terrà a L’Aquila dal 2 al 5 maggio prossimi il “Salone dei prodotti tipici dei parci d’Italia”, un’occasione per scoprire le tante peculiarità culturali e gastronomiche delle nostre aree protette, ed un modo per coniugare
economia rurale, produzione agroalimentare, sostenibilità e turismo. Il tutto attraverso un’interessante mostra-mercato dei prodotti tipici ottenuti attraverso pratiche di produzione e lavorazione sostenibili, attente alla salvaguardia dell’ambiente.
Oltre all’esposizione e alla commercializzazione dei prodotti tipici, il Salone sarà caratterizzato da un ricco programma culturale, con degustazioni, laboratori, workshop e incontri dedicati alle produzioni enogastronomiche tipiche delle aree protette, a cura di Federparchi – Europarc Italia e di Symbola-Fondazione per le Qualità Italiane. Oltre ai produttori, il Salone si rivolge a istituzioni, enti parco, associazioni di categoria, consorzi, media di settore e a tutti gli operatori che si occupano della valorizzazione del tipico.
Fonte: AIOL

Perdita di terreni agricoli, l’allarme Coldiretti

Ogni giorno perdiamo circa 288 ettari di terreni agricoli, l’equivalente di circa 400 campi da calcio. In vent’anni il nostro paese ha perso ben il 15% della terra coltivata disponibile, a causa della cementificazione selvaggia e dell’abbandono dei terreni, conseguenza di “un modello di sviluppo sbagliato che ha costretto a chiudere 1,2 milioni di aziende agricole nello stesso arco di tempo”. E’ questo in sintesi l’allarme che Coldiretti ha scelto di lanciare proprio in concomitanza con l’Earth Day, al quale nell’edizione 2013 partecipa la Fondazione Campagna Amica, cui fanno riferimento settemila tra aziende, mercati di agricoltori e botteghe che propongono prodotti a chilometro zero. La costante perdita di terreni agricoli porta con se molti effetti sia sull’economia che sul territorio. Come ricorda Coldiretti, “ oltre 5 milioni di cittadini si trovano in zone esposte al pericolo di frane e alluvioni che riguardano ben il 9,8 per cento dell’intero territorio nazionale”.
Cresce inoltre la nostra dipendenza dall’estero per l’approvvigionamento alimentare, dato che nell’anno appena trascorso la produzione nazionale è stata in grado di garantire solo il 75% del fabbisogno alimentare nazionale. ”Il rischio in questo caso -denuncia la Coldiretti – è quello di un aumento delle importazioni con effetto sull’ambiente per l’impatto climatico dei trasporti ma anche sulla salute dei cittadini con l’arrivo di alimenti di diversa qualità spesso spacciati come Made in Italy”.
La soluzione, secondo l’associazione, è una sola: difendere il patrimonio agricolo dalla cementificazione nelle città e contrastare efficacemente l’abbandono nelle aree marginali.
Dito puntato dunque sui decisori politici: “nella classe dirigente è mancata la cultura del valore dell’agroalimentare, della salvaguardia del territorio e del cibo che è una delle poche leve per tornare a crescere”. Per fortuna, a controbilanciare questa tendenza ci ha pensato l’accresciuta sensibilità dei cittadini che “sempre più spesso sostengono con le proprie scelte di acquisto l’agricoltura ed i prodotti locali del territorio”. I numeri parlano da soli: sono infatti oltre ventun milioni gli italiani che hanno scelto di fare una spesa “salva clima” nei mercati degli agricoltori di Campagna Amica dove sono stati acquistati prodotti del territorio a chilometri zero, rigorosamente OGM free, coltivati nel rispetto di precise regole comportamentali e di un codice etico ambientale verificato da un sistema di controllo di un ente terzo
Un impegno ribadito dal presidente Coldiretti Sergio Marini in occasione dell’Earth Day 2013: ”Fermare la cementificazione e il degrado del territorio, impedire la contaminazione transgenica e l’inquinamento industriale, offrire alimenti sicuri e genuini ma soprattutto affermare e trasmettere alle nuove generazioni un modello di sviluppo diverso e più sostenibile è l’impegno degli agricoltori italiani per la giornata della terra”. “A preservare la gran parte della superficie territoriale italiana – ha aggiunto il presidente Coldiretti – ci sono le aziende agricole., prime al mondo per rispetto ambientale, sostenibilità sociale e per sicurezza alimentare”.
Fonte: ADNKronos

Scoperta maxi truffa di falsi vini Doc. Coldiretti: grave danno d’immagine per il settore

Grazie ad un’indagine congiunta Del Servizio Antisofisticazioni Vinicole delle province piemontesi, insieme all’agenzia delle dogane di Milano, ai Nas e all’Agenzia della Dogane, è stata scoperto il commercio illegale di falsi vini Doc o Igt destinati al mercato estero e in particolare a quello inglese, per un valore stimato superiore ai 10.000.000 di euro.

Sul problema delle Doc fasulle è intervenuta anche la Coldiretti che, commentando l’operazione, in un comunicato ha manifestato la propria preoccupazione per i potenziali danni ad un settore fondamentale per l’Italia quale quello enologico. Il nostro paese, afferma Coldiretti, “ha esportato nel 2012 vini a denominazione di origine (doc/docg) per un valore che per la prima volta, grazie all’ aumento dell’8 per cento, ha superato i 2 miliardi di euro (2,086 miliardi) che ora vengono messi a rischio dal danno di immagine provocato dalla truffa del falsi vini doc esportati in Inghilterra, terzo mercato di sbocco dopo Usa e Germania”.

“Un pessimo modo – continua la nota Coldiretti – per festeggiare i 50 anni dalla produzione della prima bottiglia di vino italiano doc realizzata grazie al Dpr 930 del 1963 che ha avviato un percorso di qualificazione che ha fatto diventare l’Italia il primo esportatore mondiale di vino. Un primato che deve essere difeso a garanzia di un settore che nonostante la crisi ha realizzato nel 2012 un nuovo record del fatturato a 9 miliardi (+5 per cento) e assicurato opportunità di lavoro a un milione e duecentocinquantamila italiani (+ 3 per cento) impegnati direttamente in vigne, cantine e nella distribuzione commerciale, ma anche in attività connesse, di servizio e nell’indotto”.

Fonte: Agrapress, Coldiretti

 

Audit della Commissione UE sul sistema di controllo

Si è svolta presso il MiPAAF la riunione di avvio dell’Audit della Commissione Europea FVO 2013-6650 riguardante il commercio, l’etichettatura e la certificazione dei prodotti da agricoltura biologica. Alla riunione oltre alla delegazione della Commissione erano presenti rappresentanti dell’Amministrazione centrale, di AGEA, dell’Agenzia delle dogane, delle Regioni e di ACCREDIA. Il coordinamento delle attività in programma sarà svolto dall’ICQRF (Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari). Le visite interesseranno il Ministero, le Amministrazioni regionali, Organismi di controllo e aziende. In particolare saranno coinvolte le Regioni Emilia Romagna e Sicilia. L’intera visita in Italia della Commissione si concluderà il prossimo 26 aprile.

Riforma PAC, cosa bolle in pentola

Prosegue l’iter della riforma della PAC che, malgrado un accordo significativo su diversi punti, presenta ancora diverse questioni ancora aperte che andranno affrontate e risolte nel corso dei triloghi attualmente in corso. Secondo la Commissione europea, in particolare, è importante che la PAC sia quanto più possibile trasparente e chiara. Inoltre, sarà importante giungere ad un livello assoluto minimo di convergenza interna, con lo scopo di sostenere maggiormente i pagamenti destinati agli agricoltori che hanno beneficiato di un minore supporto negli scorsi anni. Obiettivo questo che negli auspici della Commissione dovrebbe concretizzarsi entro il 2019. Anche sul greening, questo l’orientamento della Commissione, è necessario che le misure siano efficaci e obbligatorie, prevedendo un sistema di penalità e sanzioni nel caso di mancato rispetto del greening stesso. Altro punto “caldo” è costituito dal supporto ai giovani e ai piccoli agricoltori e alle zone svantaggiate: per questo motivo è la  Commissione intende sostenere con forza la proposta di un top-up obbligatorio del 25% per il regime per i giovani agricoltori nel 1° pilastro. Per incrementare la competitività dell’agricoltura europea, invece, la Commissione intende Incoraggiare le Op, le associazioni interprofessionali e la catena corta di approvvigionamento, affiancando gli agricoltori europei in una fase di transizione da meccanismi oramai non più efficaci e attuali come le quote zucchero e creando nuove misure di gestione delle crisi. In ultimo, per quanto riguarda il capping, l’intenzione della Commissione è quella di procedere ad una progressiva riduzione dei pagamenti di base (escluso il greening) oltre quota 150.000 €, stabilendo contestualmente un tetto a quota 300.000 €. Misure queste che dovrebbero diventare obbligatorie in tutti gli Stati membri dell’Unione.

Fonte: AIOL

Carnemolla (FederBio) torna sulla querelle vino biologico – vino libero e naturale

In un articolo apparso su “Il Fatto Alimentare”, il presidente FederBio Paolo Carnemolla torna sulla questione vino bio vs vino “naturale” o “libero”, chiarendo le sostanziali differenze tra le due produzioni. «I vigneti di vino “libero” saranno anche liberi da fertilizzanti e diserbanti», queste le parole del presidente FederBio, «ma non lo sono da insetticidi e antricrittogamici. I solfiti saranno anche il 40% in meno di quanto consentito dalla normativa generale, ma per gli altri coadiuvanti e processi c’è – appunto – libertà. Tenuta Fontanafredda ha anche annunciato il progetto “Riserva bio” in cui il termine “bio” è associato soltanto alla “CO2 neutral” (a emissioni zero di CO2), mentre per il resto rimane una normale grande azienda, basata sull’agricoltura integrata, non certo un’azienda biologica». Proseguendo nella sua analisi, Carnemolla pone l’accento sull’incertezza e la vaghezza della definizione di vino “libero”: «Nei fatti, si tratta di una pura e semplice operazione di marketing che, contando sulla scarse conoscenze agricole e dei processi di trasformazione da parte del pubblico, tenta di accreditare una nuova categoria di prodotto a scapito di altre. La comunicazione al pubblico sul vino “libero” è assai poco trasparente e oscilla tra l’ingannevole e l’insidioso; è anche condita da affermazioni quali “Il biologico è un concetto confuso e farmaceutico che non piace a noi gourmet“. “Farinetti (patron, tra l’altro, della catena Eataly, NdR) sta lavorando per introdurre un sistema di certificazione alternativo a quello dei sistemi di qualità regolamentati dalla UE; possiamo quindi concludere che operi anche per disorientare il consumatore, causando grave danno al comparto vitivinicolo biologico». Senza dubbio, il vero vino “libero”, naturale, privo di fertilizzanti, diserbanti, fungicidi e insetticidi chimici di sintesi è, come ricorda la recente campagna di FederBio, solo il vino biologico.

Fonte: il Fatto Alimentare