Suolo e Salute

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L’acqua? Un bene sempre più prezioso

In occasione della recente Giornata Mondiale dell’Acqua, cui Suolo e Salute ha dato risalto nelle pagine del proprio sito, è stata resa nota un’analisi della Un-Water ripresa dall’Oma, l’Organizzazione Mondiale degli Agricoltori. I dati del rapporto sono indubbiamente allarmanti: nel giro di dodici anni, entro cioè il 2025, il 75% dela popolazione mondiale potrebbe trovarsi in una situazione di reale difficoltà di accesso alla risorsa idrica. Già oggi quasi un miliardo di persone non ha accesso all’acqua potabile e ben un milione e mezzo di persone muore annualmente in conseguenza della scarsità d’acqua. Una situazione che, in conseguenza del surriscaldamento del pianeta, potrebbe ulteriormente aggravarsi: “L’acqua è il pilastro fondamentale per qualsiasi strategia che voglia contrastare la fame nel mondo– afferma l’Oma – ed è basilare per la sicurezza alimentare del mondo. Gli effetti del cambiamento climatico stanno mettendo a dura prova le risorse d’acqua del pianeta e la vita di milioni di agricoltori”.

Per produrre il cibo necessario al sostentamento di una persona servono oggi dai 2 ai 4.000 litri d’acqua. Una situazione che, con l’aumento della popolazione, potrebbe divenire insostenibile. Secondo molte stime, entro il 2050 saranno necessari circa un miliardo di tonnellate di cereali e almeno 200milioni di carne in più rispetto ad oggi, con conseguenze enormi sul consumo idrico. “Gli agricoltori devono essere supportati per una migliore gestione dell’acqua, ma ci vogliono investimenti e incentivi che mettano al centro di tutto l’agricoltura –  afferma l’Oma – Per questo la sicurezza alimentare e il cambiamento climatico saranno al centro dell’Assemblea Generale dell’Oma che si svolgerà a Niigata, Giappone, dal 15 al 18 aprile”.

Fonte: AIOL

Riforma PAC, De Castro: accordo possibile entro giugno se la commissione sarà propositiva

In un comunicato diffuso dal Presidente della Commissione Agricoltura De Castro si apprende che “”si e’ da poco concluso l’incontro tra il commissario europeo all’agricoltura Dacian Ciolos e il team negoziale del Parlamento Europeo presieduto dal presidente della Comagri Paolo De Castro e formato dai relatori Luis Capoulas Santos, Michel Dantin, Giovanni La Via e i rispettivi relatori ombra”. Durante l’incontro sono stati discussi alcuni dei temi caldi della riforma della PAC: calendario dei triloghi, distribuzione dei quattro dossier nel corso dei 34 incontri in programma da qui al 30 giugno, definizione del gruppo negoziale della Commissione e modalità di supporto della Comagri al Parlamento e al Consiglio nel merito dei singoli articoli di legge. “Durante l’incontro di oggi – prosegue il comunicato di De Castro- abbiamo impostato un’attenta strategia negoziale che ci permetterà, se la commissione sarà propositiva, di raggiungere un accordo politico entro il periodo di presidenza irlandese, ovvero entro giugno. Il mandato negoziale approvato dal consiglio dei ministri dell’agricoltura ha assunto una posizione diversa su molti punti, in particolare sul dossier dell’Ocm unica, da quella votata dalla plenaria del parlamento europeo. Penso anche – ha continuato De Castro – alla mancata esclusione dalle misure obbligatorie del greening per le colture permanenti, alla minore flessibilità su alcuni capitoli e alle misure di rafforzamento delle OP, sulle quali l’intervento del parlamento era stato assai più ambizioso rispetto a quello del consiglio. Se sulla definizione di agricoltore attivo il consiglio ha fatto dei progressi, su molti altri capitoli in tutti e quattro i dossier legislativi si e’ indebolita la visione più mediterranea del PE. L’auspicio – conclude il Presidente De Castro – è che, a partire dal prossimo 11 aprile, data di inizio dei triloghi, si possa lavorare in maniera sinergica per raggiungere un accordo tra le tre istituzioni realmente capace di sostenere l’agricoltura europea”.

Fonte: Agrapress

Riforma PAC: per 15 Stati Membri serve un aumento degli aiuti accoppiati

Prime reazioni e prese di posizione da parte degli stati Membri all’indomani dell’accordo del Consiglio Agricolo europeo sulla rforma della PAC. In particolare Francia, Belgio, Bulgaria, Cipro, Croazia, Finlandia, Italia, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Romania, Spegan ed Ungheria hanno trasmesso al Segretariato generale del Consiglio dichiarando che l’aumento delle percentuali di aiuti accoppiati (dal 5 al 7 per cento e dal 10 al 12 per cento a seconda dei casi) costituisce solo “una prima tappa del processo negoziale”. Questo quanto si legge in un comunicato stampa del ministero dell’agricoltura francese, che prosegue dichiarando che  “questi stati membri, a cui si sono unite Slovenia e Slovacchia, hanno riaffermato la volontà di avere una soluzione più ambiziosa e reso noto il loro sostegno agli emendamenti del parlamento europeo che prevedono la possibilità di raggiungere il 15 per cento di pagamenti accoppiati per tutti gli stati membri e di un sostegno supplementare del 3 per cento per le colture proteaginose”. Il ministro dell’agricoltura francese Stephane Le Foll, si legge ancora nel comunicato, definisce quanto acquisito fino ad ora una “svolta storica, di rottura rispetto alla logica del disaccoppiamento degli aiuti che prevale dal 1992”, auspicando  “che la presidenza irlandese difenda questa posizione e, su questo tema, si allinei a quella del parlamento” nel corso dei triloghi che avanno inizio dall’11 aprile prossimo venturo.

Fonte: Agrapress

Riforma PAC, il resoconto di Catania

Quasi 27 milioni di euro di pagamenti diretti, pari ad un valore medio di 378 euro per ettaro; contro i 263,5 euro per ettaro della media europeo; allungamento da 4 a 6 anni del periodo di convergenza: dotazione di 10.429 milioni di euro per lo sviluppo rurale per il periodo 2014-2020, contro gli 8.985 milioni del periodo precedente. Cui aggiungere i contributi provenienti dal Fesr, che dovrebbero far lievitare le risorse disponibili a quasi 22 milioni di euro. Sono questi alcuni dei punti principali scaturiti dal negoziato per la riforma della PAC così come presentati in un resoconto dal  ministro delle Politiche agricole Mario Catania, che sottolinea le acquisizioni e le novità emerse nel corso dei lavori a Bruxelles. Tra queste, quelle riguardanti l’oramai celeberrimo “greening”, ovvero la quota di terreno da destinarsi all’attuazione di misure in grado di garantire la sostenibilità ecologica della produzione agricola . “L’impianto che è uscito – spiega Catania nel resoconto – è di gran lunga migliore e più flessibile rispetto a quella impostazione molto rigida predisposta all’inizio dalla Commissione e basata esclusivamente sulle tre misure: diversificazione, pascolo e Aree di interesse ecologico. Nel negoziato si è riusciti a riequilibrare un approccio troppo ‘continentale’ e a garantire maggiore uniformità per l’applicazione del greening anche nella realtà agricola italiana e mediterranea in genere”.

Tra le modifiche illustrate dal Ministro, la possibilità di adottare misure equivalenti come ad esempio le pratiche realizzate a norma degli impegni agro ambientali dello Sviluppo Rurale o l’adozione di schemi di certificazione ambientale nazionali. Sono state previste inoltre specifiche  esenzioni dal greening per le aree coltivate per almeno il 75% a riso o a foraggere, mentre nella diversificazione colturale sono stati inseriti due livelli di soglia per la sua attuazione ( tra 10 e 30 ettari due colture, oltre questa soglia tre colture). Per le aree di interesse ecologico (Efa) invece è stata inserita la soglia d’applicazione di 15 ettari e ridotta la percentuale di realizzazione al 5%.

Fonte: Adnkronos

Il bio russo, attualità e prospettive

Potrebbe essere la Russia una delle prossime, più promettenti frontiere per il mercato del biologico. In un paese caratterizzato ancora da forti contraddizioni e disequilibri, il mercato del bio ha fatto segnare nel 2012 un totale di vendite di 148 milioni di dollari (pari a circa 166 milioni di euro), con un incremento del 7,8% rispetto al 2011. Valori che, secondo le proiezioni di Euromonitor, potrebbero raggiungere i 167 milioni di dollari nel 2013 e addirittura i 225 milioni nel 2015 (+30% nel periodo 2010-2015).

A farla da padrone i prodotti importati dai paesi europei quali Germania, Francia, Italia, dato che ben il 90% dei prodotti biologici russi proviene direttamente dalle importazioni. Una sfida che, nel prossimo futuro, si giocherà anche sul fronte delle certificazioni se, com’è vero, in Russia ancora non esiste un ente che certifichi le produzioni biologiche. A complicar ulteriormente il quadro, l’estrema confusione del mercato globale, in cui mancano molte delle garanzie oramai acquisite per il consumatore occidentale. Secondo una ricerca effettuata da AgriCapital,ben il 45% dei produttori russi definisce in etichetta “bio”, “naturale” o “ecologico” il proprio prodotto pur non avendo alcuna certificazione in merito. L’esigenza di maggiore trasparenza e sicurezza per l’acquirente russo potrà essere senza dubbio una chiave di svolta strategica per penetrare questo promettente mercato, dato che al momento i prodotti russi che varcano le frontiere devono ottenere la certificazione europea o americana per poter essere esportati come biologici a tutti gli effetti. Nel frattempo il Governo russo si sta muovendo: è prevista infatti per il 2015 l’approvazione di una normativa nazionale di settore e, in questa direzione, esperti governativi stanno approfondendo la conoscenza dei modelli di certificazione europeo, americano e giapponese per giungere ad una necessaria armonizzazione delle future norme russe con quelle internazionali.

Fonte: Fresh Plaza, SINAB

Una nuova fotografia dell’agricoltura europea

Due recenti pubblicazioni, a cura rispettivamente della Commissione Europea (Rural Development in the EU – Statistical and Economic Information Report 2012) e dell’ Eurostat (Agriculture, fishery and forestry statistics 2010-2011), restituiscono un quadro piuttosto dettagliato del settore agricolo europeo e dei cambiamenti che lo riguardano. Le aziende, nel tempo, sono diminuite di numero, ma cresciute in dimensioni. Oggi, nell’Europa a 27 Membri, il totale di aziende sfiora la quota di 12 milioni, interessando 170 milioni di ettari di SAU. Interessante e, per certi versi, stupefacente, il dato riguardante la distribuzione delle aziende in Europa: quasi quattro milioni (3.859.000 per l’esattezza, corrispondenti circa ad un terzo del totale) nella sola Romania, e 1.506.000 in Polonia. Questi due paesi, insieme, detengono quasi la metà di tutte le aziende agricole europee. Solo l’Italia, con 1.620.000, si inserisce tra i due stati dell’est europeo, mentre sono molto più staccati tutti gli altri stati dell’unione: al quarto posto infatti la Spagna con “solo” 989.000 aziende, la Grecia con 674.000, l’Ungheria con 576.000 e la Francia con 516.000. In questa classifica, la Germania può contare su un totale di “sole” 299.000 aziende. A parte il nudo dato numerico, interessante anche il trend. Come detto, in media i numeri sono in calo, a fronte di un aumento medio delle dimensioni (a volte eclatante, come la Scovacchia che dai 28 ettari del 2007 è passata ai 77 del 2010, con una crescita del 176%). In controtendenza solo l’Irlanda, con una crescita del 9,1%, insieme a Malta (+13,7%) e Portogallo (+11%). Altrove, cifre negative, pur con qualche differenza. In Italia il calo è stato del 3,5%. Radicale anche il mutamento degli occupati agricoli: nel periodo 2007-2010 i lavoratori a tempo pieno sono calati di circa 2 milioni di unità, portando il numero attuale a 9,7 milioni complessivi. Cresce invece la produzione, con risultati “esorbitanti” in alcuni paesi dell’est europeo.  Slovacchia (+285%),  Repubblica Ceca (+85%), Polonia (+77%) e  Lettonia (+68%) segnano crescite record che, in altri paesi, risultano assai meno eclatanti, per quanto significative. Il nostro paese segna un  +26.4%, la Francia +12,7%, la Spagna +8%, la Germania +16,3%. Cresce, come già detto in numerosi articoli, il biologico, con un aumento della SAU coltivata a bio del 42% nel periodo 2005-2010, ed una crescita media annuale del 7,23%. In questa speciale classifica, Spagna, Italia e Germania detengono rispettivamente il 18%, il 12,1% e il 10,8% del totale della superficie bio europea. E l’Italia, con quasi 48.000 aziende, continua a mantenere saldamente il primo posto per aziende biologiche a livello continentale.

Fonte: Sinab, Pianeta PSR