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Category: Suolo e Salute News

Rapporto ISAAA: continua la crescita degli OGM nel mondo

170,3 milioni di ettari, pari al 21% della superficie globale coltivata, con un aumento di 10,3 milioni di ettari rispetto al 2011: questo il dato saliente presentato dal rapporto annuale dell’ISAAA (International Service for the Acquisition of Agri-biotech Applications) sullo stato delle coltivazioni di OGM nel mondo. In testa a questa speciale classifica gli Stati Uniti, che da soli contribuiscono con circa 69,5 milioni di ettari, pari al 41% del totale mondiale, destinati principalmente alla coltivazione di masi, soia, cotone e colza. Ma è il Brasile la nazione a far registrare la crescita più importante, con una superficie coltivata a OGM pari a 36,6 milioni di ettari, oltre un terzo in più 11,6 milioni di ettari) rispetto al 2011. Anche qui soia, mais e cotone sono tra le coltivazioni più diffuse. Un dato che consente al Brasile di essere il paese sudamericano con la maggior estensione coltivata transgenicamente, seguito dall’Argentina con 23,9 milioni di ettari. Coi suoi 11,6 milioni di ettari invece il Canada compie il sorpasso sull’India (10,8 milioni di ettari coltivati a cotone). Più indietro la Cina (4 milioni di ettari che comprendono coltivazioni di cotone, papaia, pioppo, pomodoro e pepe), il Paraguay (3,4), e il Sud Africa (2.9) che supera di poco  Pakistan (2,8 milioni di ettari coltivati a  cotone), e Uruguay (1,4, in prevalenza soia e mais).

Complessivamente sono 28 i paesi “biotech” nel mondo, dei quali 8 rientrano tra i paesi industrializzati (contro i 10 del 2011) e 20 in via di sviluppo (contro i 19 del 2011). Proprio questi ultimi nel corso del 2012 hanno superato complessivamente per la prima volta il 50% della superficie globale totale, attestandosi ad un 52% contro il 48% dei paesi industrializzati. Di questo 52%, la quasi totalità (pari al 46% globale) è rappresentata da Cina, India, Brasile, Argentina e Sud Africa. Il continente africano, tra i pesi produttori, annovera anche Burkina Faso (con 3000 ettari coltivati a cotone transgenico), l’Egitto (con meno di 1000 ettari di mais Bt) e il Sudan, new entry con circa 1000 ettari di cotone Bt. In costante trend negativo l’Europa, con circa 130.000 ettari di mais Bt, i 90% dei quali coltivati in Spagna, mentre escono dalla lista Germania e Svezia in cui non si seminano più patate “Amflora”.

Il rapporto dell’ISAAA si sofferma inoltre sulla grave siccità che ha colpito la produzione cerealicola statunitense, responsabile del 53% delle esportazioni mondiali di mais e del 43% di quelle di soia. Un calo che si è tradotto in una perdita pari a circa il 30% della produzione totale e che potrebbe favorire la commercializzazione di alcune varietà OGM resistenti alla siccità quali il mais Monsanto, il cui lancio è previsto nel 2013, e il grano GM, la cui approvazione è prevista nel 2020. Il rapporto completo è consultabile al seguente indirizzo web: Global Status of Commercialized Biotech/GM Crops: 2012 – http://www.isaaa.org/resources/publications/briefs/44/executivesummary/default.asp

Fonte: Fondazione Diritti Genetici

Svezia: presentata l’ agenda di ricerca 2013 per l’agricoltura biologica

L’Epok, Centro svedese per l’alimentazione e l’agricoltura bio, ha recentemente presentato il documento “Agenda di ricerca per l’agricoltura biologica 2013”. Il documento muove i suoi presupposti dall’esperienza maturata in 15 anni di attività da parte del Centro, che ha consentito di realizzare molti progetti innovativi nel settore. Il documento, secondo quanto dichiarato da Maria Wivstad, responsabile del Centro, si propone di analizzare le priorità di finanziamento per il centro stesso, entrando nel merito delle principali sfide del prossimo futuro e approfondendo la conoscenza della catena alimentare biologica, nell’ottica di una sempre maggiore sostenibilità ed efficienza sia ambientale che sociale. Il documento, in lingua inglese, è scaricabile gratuitamente a questo indirizzo

Fonte: Organic World

Il pomodoro biologico? Più “stressato” e quindi più salutare

La notizia, dei giorni scorsi, getta una nuova luce sui benefici dell’agricoltura biologica e sull’effetto che il metodo organico può avere sulle coltivazioni. Ricercatori brasiliani infatti hanno messo a confronto due colture sottoposte ad analoghe condizioni colturali e climatiche, una biologica e una convenzionale. A maturazione, hanno confrontato i frutti sottoponendoli ad una serie di analisi e test sui nutrienti. E’ emerso così che i pomodori biologici hanno una concentrazione di vitamina C superiore di ben il 55% rispetto a quelli convenzionali, percentuale che sale addirittura al 139% nel caso dei fenoli totali. Superiore anche l’acidità (+29%) e la massa  della parte solida solubile (+57%), a fronte di un calo sensibile nella taglia dei frutti, più piccoli in media del 40% nel caso di quelli biologici. La ricerca è stata condotta dagli agronomi della Federal University di Ceará, in Brasile che hanno pubblicato i risultati della ricerca nello studio “The Impact of Organic Farming on Quality of Tomatoes Is Associated to Increased Oxidative Stress during Fruit Development”. Il motivo delle differenze riscontrate nella ricerca risiede nel maggiore stess ossidativo cui sono sottoposti i pomodori bio, che obbliga la pianta a rispondere attivando i propri meccanismi di difesa, mancando la difesa dei pesticidi. Si tratta di una ricerca dagli esiti molto importanti perché evidenzia non solo che l’agricoltura biologica è caratterizzata da un quantitativo minore di sostanze nocive, come ovvio, ma che al tempo stesso possiede molte sostanze benefiche in più. Un’indicazione preziosa per gli agricoltori, ma anche per i consumatori: un prodotto agroalimentare più piccolo nella taglia e magari esteticamente meno accattivante, coltivato secondo il metodo biologico, in realtà è un serbatoio di vitamine e antiossidanti ed è senza dubbio migliore da un punto di vista tradizionale.

Fonte: il Fatto Alimentare

Agricoltura europea: calano le aziende, ma crescono i biologico e le agro energie

E’ uno scenario a doppia faccia quello che emerge dall’analisi di due rapporti pubblicati di recente riguardanti il comparto agricolo europeo: Rural Development in the EU – Statistical and Economic Information Report 2012 a cura della Commissione Europea  e Agriculture, fishery and forestry statistics 2010-2011 dell’ Eurostat.  Secondo il quadro che ne emerge, nei paesi dell’Unione durante il quadriennio 2007-2010 sono diminuite numericamente le aziende agricole e, conseguentemente, si è assistito ad un sensibile calo nei posti di lavoro a tempo pieno, ridottisi di circa due milioni, ma parallelamente la dimensione media delle imprese e la produzione sono aumentate e, soprattutto, in molte si sono dedicate alla produzione biologica e alle agro energie.

Il calo numericamente più consistente ha riguardato la Germania, con una flessione record del 19,3%; numeri meno negativi ma comunque importanti anche per Francia (-2,1%) e Italia (-3,5%), ma bilanciati come detto da un significativo aumento della produzione che ha coinvolto la maggior parte dei paesi europei con picchi in Slovacchia (+285%), Repubblica ceca (+85%), Polonia (+77%) e Lettonia (+68%). A crescere soprattutto la SAU coltivata a biologico, aumentata del 42% nel periodo 2005-2010, settore questo dove il nostro paese, con circa 48000 aziende biologiche, detiene saldamente il primato di “nazione bio d’Europa”. Importante anche la produzione di agro energie, ovvero energie rinnovabili da agricoltura e foreste, che hanno raggiunto rispettivamente 17,5 e 80,8 milioni di TEP (Tonnellate Equivalenti di Petrolio).

Fonte: Fa.re.na.it – Lamiaterravale.it

Progetto BioTerr, l’impegno di Suolo e Salute per il rilancio dei territori marginali tramite il biologico

 

L’esperienza della Val di Vara, la “Valle del biologico”, come modello da replicare in altri territori vocati all’agricoltura di qualità. E’ questo lo scopo principale del progetto BioTerr, che Suolo e Salute si sta impegnando a promuovere in diverse realtà della penisola. Un’iniziativa che intende utilizzare la sostenibilità e l’agricoltura biologica come motori dello sviluppo di territori considerati altrimenti marginali. Proprio questo modello è stato al centro della missione di una delegazione di docenti provenienti dall’Università giapponese di Kagoshima, alla quale abbiamo dedicato uno specifico approfondimento.

Del progetto BioTerr ha parlato diffusamente nei giorni scorsi Alessandro D’Elia, responsabile Marketing e Sviluppo di Suolo e Salute, intervistato ai microfoni d Greenplanet durante il recente Biofach di Norimberga. L’intervista completa è consultabile al seguente link.

Fonte: Suolo e Salute, Greenplanet

 

Docenti giapponesi presso la sede ligure di Suolo e Salute per studiare l’esperienza della Val di Vara

Un gruppo di docenti dell’università giapponese di Kagoshima (http://www.kagoshima-u.ac.jp/) ha fatto visita nei giorni scorsi alla sede di Suolo e Salute di Varese Ligure (SP), nell’ambito di uno studio che l’ateneo nipponico sta compiendo riguardo ad alcune realtà rurali dell’Unione Europea particolarmente interessanti quale modello di sviluppo compatibile con l’ambiente e la tutela del territorio. In particolare gli scienziati giapponesi erano interessati a comprendere meglio i meccanismi di gestione delle risorse, utilizzo degli aiuti economici comunitari e di promozione delle politiche legate all’agricoltura biologica. Pur non trattandosi di una missione con dichiarate finalità politiche, non di meno l’esperienza riportata dagli accademici potrà servire alle autorità giapponesi come spunto per indirizzare al meglio successive scelte politiche e di governance su scala regionale o nazionale. In particolare, la missione giapponese si riprometteva di raccogliere elementi utili allo sviluppo delle comunità rurali del Sol Levante grazie ad un confronto e ad uno scambio di esperienze e informazioni. La Val di Vara è diventata pertanto meta del viaggio di studi degli accademici di Kagoshima grazie al report elaborato recentemente da Jetro (http://www.jetro.go.jp/italy/), un ente semi-governativo giapponese per la promozione del commercio e degli investimenti che aveva concentrato la propria attenzione proprio sulla realtà di Varese Ligure. Nell’ambito della visita, oltre alla Val di Vara la delegazione ha visitato anche la vicina Garfagnana. Della specifica realtà di  Varese Ligure ha particolarmente colpito i visitatori il fatto che la scelta del biologico abbia riguardato un intero comparto territoriale, tant’è che nel comune di Varese Ligure la SAU coltivata a bio è superiore a quella destinata a colture convenzionali, unitamente al fatto che l’iniziativa fosse derivata dall’azione delle autorità locali (nella fattispecie, il compianto sindaco Caranza) e non dall’iniziativa privata. Proprio la lungimiranza di Mauro Caranza, ex Sindaco del comune ligure, ha colpito i docenti giapponesi, unitamente alla sua perseveranza nel perseguire il suo obiettivo, che ha dato frutti di cui ancor oggi  beneficia l’intero comprensorio. Oltre all’investimento sul biologico e alla rivalutazione e rivitalizzazione del centro storico, ottenute grazie ai contributi dei Piani Organici di Intervento, la delegazione è stata favorevolmente impressionata  dalla scelta delle energie rinnovabili, grazie alla quale attualmente nel territorio di Varese Ligure viene prodotta più energia di quanta ne venga consumata).

Per quanto riguarda la specifica esperienza di Suolo e Salute, che da molti anni certifica la stragrande maggioranza delle aziende biologiche della Valle, i sei docenti hanno avuto modo di parlare in particolare con Antonio Spinelli, direttore della sede Piemonte e Liguria della società, per meglio comprendere le modalità di controllo delle aziende agricole e della filiera e per approfondire alcuni dati statistici relativi alle aziende bio certificate da Suolo e Salute. La delegazione ha inoltre incontrato l’attuale sindaco di Varese Ligure Michela Marcone che ha raccontato la storia del progetto Valle del Biologico e le attuali prospettive per il territorio, e Sergio Traverso, direttore della Cooperativa Casearia Val di Vara e direttore di ARS Food, importante stabilimento di yogurt bio insediato nella valle e più volte premiato con diversi riconoscimenti nazionali ed europei per la qualità dei propri prodotti. Tra le personalità incontrate nel corso della visita, anche il Fulvio Gotelli, presidente della Coop. Carni S. Pietro Vara.

Un’esperienza, quella del distretto del biologico della Val di Vara,  che i sei delegati giapponesi sperano di poter replicare anche in madrepatria, dove al momento non esistono esperienze paragonabili. Il Giappone da questo punto di vista è sicuramente un territorio che si può prestare a replicare l’esperienza di Varese Ligure, anche se l’estrema frammentazione della proprietà agricola costituisce un indubbio ostacolo al sorgere di progetti analoghi.  Un frazionamento eccessivo che crea non poche difficoltà alle aziende di produzione zootecnica interessate ad avvicinarsi al bio. Sette anni fa, nel 2006, è stata introdotta dal Governo di Tokio una normativa nazionale concepita per incentivare il settore del biologico, ma si tratta a detta dei docenti di un provvedimento in cui alcune lacune particolarmente evidenti rendono ancora poco “attraente” questo tipo di coltivazione. Anche a livello di contributi, la realtà giapponese è assai diversa da quelle europee, dal momento che i contributi si limitano a supportare la sola fase di transizione dal convenzionale al biologico, terminata la quale non sono previsti ulteriori finanziamenti. Né esistono situazioni assimilabili al concetto di Distretto Rurale Bio come accade invece in realtà quale quella di Varese Ligure. Ferrei invece i controlli, con ben 60 Organismi di Controllo muniti, come in Italia, di un Comitato di Certificazione che valuta le pratiche delle singole aziende agricole.

Fonte: Suolo e Salute