Suolo e Salute

Category: Suolo e Salute News

Svezia: presentata l’ agenda di ricerca 2013 per l’agricoltura biologica

L’Epok, Centro svedese per l’alimentazione e l’agricoltura bio, ha recentemente presentato il documento “Agenda di ricerca per l’agricoltura biologica 2013”. Il documento muove i suoi presupposti dall’esperienza maturata in 15 anni di attività da parte del Centro, che ha consentito di realizzare molti progetti innovativi nel settore. Il documento, secondo quanto dichiarato da Maria Wivstad, responsabile del Centro, si propone di analizzare le priorità di finanziamento per il centro stesso, entrando nel merito delle principali sfide del prossimo futuro e approfondendo la conoscenza della catena alimentare biologica, nell’ottica di una sempre maggiore sostenibilità ed efficienza sia ambientale che sociale. Il documento, in lingua inglese, è scaricabile gratuitamente a questo indirizzo

Fonte: Organic World

Il pomodoro biologico? Più “stressato” e quindi più salutare

La notizia, dei giorni scorsi, getta una nuova luce sui benefici dell’agricoltura biologica e sull’effetto che il metodo organico può avere sulle coltivazioni. Ricercatori brasiliani infatti hanno messo a confronto due colture sottoposte ad analoghe condizioni colturali e climatiche, una biologica e una convenzionale. A maturazione, hanno confrontato i frutti sottoponendoli ad una serie di analisi e test sui nutrienti. E’ emerso così che i pomodori biologici hanno una concentrazione di vitamina C superiore di ben il 55% rispetto a quelli convenzionali, percentuale che sale addirittura al 139% nel caso dei fenoli totali. Superiore anche l’acidità (+29%) e la massa  della parte solida solubile (+57%), a fronte di un calo sensibile nella taglia dei frutti, più piccoli in media del 40% nel caso di quelli biologici. La ricerca è stata condotta dagli agronomi della Federal University di Ceará, in Brasile che hanno pubblicato i risultati della ricerca nello studio “The Impact of Organic Farming on Quality of Tomatoes Is Associated to Increased Oxidative Stress during Fruit Development”. Il motivo delle differenze riscontrate nella ricerca risiede nel maggiore stess ossidativo cui sono sottoposti i pomodori bio, che obbliga la pianta a rispondere attivando i propri meccanismi di difesa, mancando la difesa dei pesticidi. Si tratta di una ricerca dagli esiti molto importanti perché evidenzia non solo che l’agricoltura biologica è caratterizzata da un quantitativo minore di sostanze nocive, come ovvio, ma che al tempo stesso possiede molte sostanze benefiche in più. Un’indicazione preziosa per gli agricoltori, ma anche per i consumatori: un prodotto agroalimentare più piccolo nella taglia e magari esteticamente meno accattivante, coltivato secondo il metodo biologico, in realtà è un serbatoio di vitamine e antiossidanti ed è senza dubbio migliore da un punto di vista tradizionale.

Fonte: il Fatto Alimentare

Agricoltura europea: calano le aziende, ma crescono i biologico e le agro energie

E’ uno scenario a doppia faccia quello che emerge dall’analisi di due rapporti pubblicati di recente riguardanti il comparto agricolo europeo: Rural Development in the EU – Statistical and Economic Information Report 2012 a cura della Commissione Europea  e Agriculture, fishery and forestry statistics 2010-2011 dell’ Eurostat.  Secondo il quadro che ne emerge, nei paesi dell’Unione durante il quadriennio 2007-2010 sono diminuite numericamente le aziende agricole e, conseguentemente, si è assistito ad un sensibile calo nei posti di lavoro a tempo pieno, ridottisi di circa due milioni, ma parallelamente la dimensione media delle imprese e la produzione sono aumentate e, soprattutto, in molte si sono dedicate alla produzione biologica e alle agro energie.

Il calo numericamente più consistente ha riguardato la Germania, con una flessione record del 19,3%; numeri meno negativi ma comunque importanti anche per Francia (-2,1%) e Italia (-3,5%), ma bilanciati come detto da un significativo aumento della produzione che ha coinvolto la maggior parte dei paesi europei con picchi in Slovacchia (+285%), Repubblica ceca (+85%), Polonia (+77%) e Lettonia (+68%). A crescere soprattutto la SAU coltivata a biologico, aumentata del 42% nel periodo 2005-2010, settore questo dove il nostro paese, con circa 48000 aziende biologiche, detiene saldamente il primato di “nazione bio d’Europa”. Importante anche la produzione di agro energie, ovvero energie rinnovabili da agricoltura e foreste, che hanno raggiunto rispettivamente 17,5 e 80,8 milioni di TEP (Tonnellate Equivalenti di Petrolio).

Fonte: Fa.re.na.it – Lamiaterravale.it

Progetto BioTerr, l’impegno di Suolo e Salute per il rilancio dei territori marginali tramite il biologico

 

L’esperienza della Val di Vara, la “Valle del biologico”, come modello da replicare in altri territori vocati all’agricoltura di qualità. E’ questo lo scopo principale del progetto BioTerr, che Suolo e Salute si sta impegnando a promuovere in diverse realtà della penisola. Un’iniziativa che intende utilizzare la sostenibilità e l’agricoltura biologica come motori dello sviluppo di territori considerati altrimenti marginali. Proprio questo modello è stato al centro della missione di una delegazione di docenti provenienti dall’Università giapponese di Kagoshima, alla quale abbiamo dedicato uno specifico approfondimento.

Del progetto BioTerr ha parlato diffusamente nei giorni scorsi Alessandro D’Elia, responsabile Marketing e Sviluppo di Suolo e Salute, intervistato ai microfoni d Greenplanet durante il recente Biofach di Norimberga. L’intervista completa è consultabile al seguente link.

Fonte: Suolo e Salute, Greenplanet

 

Docenti giapponesi presso la sede ligure di Suolo e Salute per studiare l’esperienza della Val di Vara

Un gruppo di docenti dell’università giapponese di Kagoshima (http://www.kagoshima-u.ac.jp/) ha fatto visita nei giorni scorsi alla sede di Suolo e Salute di Varese Ligure (SP), nell’ambito di uno studio che l’ateneo nipponico sta compiendo riguardo ad alcune realtà rurali dell’Unione Europea particolarmente interessanti quale modello di sviluppo compatibile con l’ambiente e la tutela del territorio. In particolare gli scienziati giapponesi erano interessati a comprendere meglio i meccanismi di gestione delle risorse, utilizzo degli aiuti economici comunitari e di promozione delle politiche legate all’agricoltura biologica. Pur non trattandosi di una missione con dichiarate finalità politiche, non di meno l’esperienza riportata dagli accademici potrà servire alle autorità giapponesi come spunto per indirizzare al meglio successive scelte politiche e di governance su scala regionale o nazionale. In particolare, la missione giapponese si riprometteva di raccogliere elementi utili allo sviluppo delle comunità rurali del Sol Levante grazie ad un confronto e ad uno scambio di esperienze e informazioni. La Val di Vara è diventata pertanto meta del viaggio di studi degli accademici di Kagoshima grazie al report elaborato recentemente da Jetro (http://www.jetro.go.jp/italy/), un ente semi-governativo giapponese per la promozione del commercio e degli investimenti che aveva concentrato la propria attenzione proprio sulla realtà di Varese Ligure. Nell’ambito della visita, oltre alla Val di Vara la delegazione ha visitato anche la vicina Garfagnana. Della specifica realtà di  Varese Ligure ha particolarmente colpito i visitatori il fatto che la scelta del biologico abbia riguardato un intero comparto territoriale, tant’è che nel comune di Varese Ligure la SAU coltivata a bio è superiore a quella destinata a colture convenzionali, unitamente al fatto che l’iniziativa fosse derivata dall’azione delle autorità locali (nella fattispecie, il compianto sindaco Caranza) e non dall’iniziativa privata. Proprio la lungimiranza di Mauro Caranza, ex Sindaco del comune ligure, ha colpito i docenti giapponesi, unitamente alla sua perseveranza nel perseguire il suo obiettivo, che ha dato frutti di cui ancor oggi  beneficia l’intero comprensorio. Oltre all’investimento sul biologico e alla rivalutazione e rivitalizzazione del centro storico, ottenute grazie ai contributi dei Piani Organici di Intervento, la delegazione è stata favorevolmente impressionata  dalla scelta delle energie rinnovabili, grazie alla quale attualmente nel territorio di Varese Ligure viene prodotta più energia di quanta ne venga consumata).

Per quanto riguarda la specifica esperienza di Suolo e Salute, che da molti anni certifica la stragrande maggioranza delle aziende biologiche della Valle, i sei docenti hanno avuto modo di parlare in particolare con Antonio Spinelli, direttore della sede Piemonte e Liguria della società, per meglio comprendere le modalità di controllo delle aziende agricole e della filiera e per approfondire alcuni dati statistici relativi alle aziende bio certificate da Suolo e Salute. La delegazione ha inoltre incontrato l’attuale sindaco di Varese Ligure Michela Marcone che ha raccontato la storia del progetto Valle del Biologico e le attuali prospettive per il territorio, e Sergio Traverso, direttore della Cooperativa Casearia Val di Vara e direttore di ARS Food, importante stabilimento di yogurt bio insediato nella valle e più volte premiato con diversi riconoscimenti nazionali ed europei per la qualità dei propri prodotti. Tra le personalità incontrate nel corso della visita, anche il Fulvio Gotelli, presidente della Coop. Carni S. Pietro Vara.

Un’esperienza, quella del distretto del biologico della Val di Vara,  che i sei delegati giapponesi sperano di poter replicare anche in madrepatria, dove al momento non esistono esperienze paragonabili. Il Giappone da questo punto di vista è sicuramente un territorio che si può prestare a replicare l’esperienza di Varese Ligure, anche se l’estrema frammentazione della proprietà agricola costituisce un indubbio ostacolo al sorgere di progetti analoghi.  Un frazionamento eccessivo che crea non poche difficoltà alle aziende di produzione zootecnica interessate ad avvicinarsi al bio. Sette anni fa, nel 2006, è stata introdotta dal Governo di Tokio una normativa nazionale concepita per incentivare il settore del biologico, ma si tratta a detta dei docenti di un provvedimento in cui alcune lacune particolarmente evidenti rendono ancora poco “attraente” questo tipo di coltivazione. Anche a livello di contributi, la realtà giapponese è assai diversa da quelle europee, dal momento che i contributi si limitano a supportare la sola fase di transizione dal convenzionale al biologico, terminata la quale non sono previsti ulteriori finanziamenti. Né esistono situazioni assimilabili al concetto di Distretto Rurale Bio come accade invece in realtà quale quella di Varese Ligure. Ferrei invece i controlli, con ben 60 Organismi di Controllo muniti, come in Italia, di un Comitato di Certificazione che valuta le pratiche delle singole aziende agricole.

Fonte: Suolo e Salute

La più grande mobilitazione ambientalista della storia americana per chiedere l’impegno di Obama contro il global warming e le multinazionali del petrolio

Dopo le promesse, i fatti. E’ questo che hanno invocato a gran voce le oltre 40.000 persone che, lo scorso week end, si sono date appuntamento a Washington, davanti alla Casa Bianca, proprio nei giorni del President’s Day, dando vita a quella che è considerata la più imponente iniziativa ambientalista nell’intera storia degli Stati Uniti. Oltre alla capitale, i cortei infatti hanno coinvolto oltre 20 città americane e oltre un milione di attivisti on line che tramite blog e social media hanno rilanciato i contenuti della campagna.

Coinvolte tutte le principali organizzazioni ambientaliste (americane e non),  da Greenpeace al Sierra Club, da 350.org fino all’Indigenous Environmental Network: uno schieramento senza precedenti per invocare da parte di Barak Obama il mantenimento della promessa fatta nel suo recente discorso sullo stato dell’Unione, durante in quale il presidente degli Stati Uniti aveva dichiarato che «Per il bene dei nostri figli e del nostro futuro, dobbiamo fare di più per combattere il cambiamento climatico».

Simbolo della lotta ambientalista, il controverso progetto che prevede la realizzazione dell’oleodotto Keystone XL, un’infrastruttura gigantesca che, nelle intenzioni dei progettisti, dovrebbe convogliare il petrolio dal Canada fino alle coste del Texas, per poi essere spedito all’estero partendo dal Golfo del Messico (già peraltro drammaticamente deturpato dalla ben nota tragedia della Deepwater Horizon).

La posta in gioco è elevatissima: nei piani delle Big Oil, le grandi compagnie petrolifere nordamericane, l’oleodotto costituisce infatti l’elemento centrale di un piano che intende triplicare la produzione di petrolio da sabbie bituminose dagli attuali 2 milioni di barili al giorno fino a 6 milioni di barili al giorno entro il 2030 e, nel lungo periodo, giungere a superare la quota di 9 milioni di barili al giorno. Le minacce all’ambiente sono molteplici e di enorme entità, come sottolineato da un rapporto dell’Nrdc, il Natural Resources Defense Council americano. Innanzitutto, la natura stessa della risorsa indicherebbe una scommessa a lungo termine su una forma di investimento energetico basata non solo su un combustibile fossile, ma addirittura uno dei più sporchi del pianeta (quello appunto proveniente dalle sabbie bituminose). Secondariamente, attraverserebbe in pieno quella parte degli Stati Uniti considerata il vero e proprio “granaio d’America”, con ovvi e pesanti impatti sul territorio; infine, comporterebbe impatti climatici assai gravosi che porterebbero ad un importante aumento delle emissioni di anidride carbonica, vanificando gli sforzi che faticosamente la comunità internazionale sta producendo per ridurre l’impatto dell’uomo sul clima e ridurre gli effetti del global warming. «Sarebbe un disastro per il nostro clima – hanno dichiarato alcuni portavoce dell’iniziativa – la produzione di tar sands crude emette  due o tre volte più inquinamento da CO2 prodotto dal greggio convenzionale».

Molto chiare le parole di Bill McKibben, fondatore di 350.org, che ha stigmatizzato l’atteggiamento dei precedenti governi USA auspicando un deciso, concreto cambio di rotta: «Per 25 anni il nostro governo ha sostanzialmente ignorato la crisi climatica: ora un gran numero di persone stanno finalmente chiedendo che si metta al lavoro».

I problemi ambientali sono oramai al centro anche dell’agenda politica americana, come dimostrato da numerosi studi e sondaggi. Secondo le rilevazioni effettuate da Public Policy Polling subito dopo il discorso di Obama sullo stato dell’Unione, il 65% degli americani considera il cambiamento climatico un problema serio e la  maggioranza degli americani sostiene l’impegno del presidente per ridurne la causa principale, costituita appunto dalle emissioni di gas climalteranti, prima fra tutte l’anidride carbonica. .

«Fra 20  anni, nel  President’s Day, la gente vorrà sapere che cosa ha fatto il presidente di fronte all’innalzamento del livello del mare, alla siccità record ed alle furiose tempeste causati dalla distruzione del clima. Il presidente Obama ha in mano una penna e il potere di mantenere le sue promesse di speranza per i nostri figli. Oggi siamo qui per chiedergli di usare quella penna per respingere la Keystone XL tar sands pipeline e di garantire che questo sporco, pericoloso oleodotto non sarà mai costruito», ha dichiarato Michael Brune, direttore esecutivo di Sierra Club.

Fonte: Greenreport.it