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Nasce il premio giornalistico Sabrina Sganga dedicato a consumo critico e stili di vita sostenibili

Per onorare la memoria di Sabina Sganga, giornalista della radio toscana Controradio appartenente al circuito “Popolare Network”), scomparsa prematuramente l’anno scorso, la stessa emittente ha dato vita al “Premio giornalistico Sabrina Sganga – Questione di Stili 2013”  , grazie al contributo di Cospe e altre associazioni.

Il bando, che scade il prossimo 24 aprile, prevede due sezioni, una dedicata al miglior progetto di lavoro giornalistico, l’altra invece destinata a riconoscere il miglior lavoro giornalistico fatto nell’anno precedente.

Sabrina Sganga aveva lavorato in particolare sugli stili di vita sostenibili, basati sulla capacità di modificare e ridurre i propri consumi, tutelare l’ambiente, difendere principi di equità e giustizia sociale, anticipando i temi caldi della contestazione e del cosiddetto antimondialismo sorti all’inizio del nuovo millennio.

«Sabrina ha avuto la capacità di cogliere in maniera pionieristica quei problemi sociali che oggi sono sulla bocca di tutti, ma che fino al 2008 erano ignorati dai media- ha spiegato Lorenzo Guadagnucci, giornalista e membro del Comitato dei Garanti del Premio – “Le buone pratiche e i progetti di altra economia di cui si è occupata hanno avuto rilevanza anche nazionale, come ad esempio la campagna ‘Imbrocchiamola’ sulla sensibilizzazione della popolazione italiana all’uso dell’acqua del rubinetto. Per questo abbiamo voluto questo premio, per far sì che il suo lavoro continui». Il premio nasce proprio con lo scopo di dare evidenza al lavoro di chi si impegna su questi temi raccontando storie, vicende e fatti di grande rilevanza che purtroppo spesso trovano uno spazio molto ridotto sui media nostrani.

Ulteriori informazioni possono essere ottenute consultando il sito del premio all’indirizzo www.premiosabrinasganga.it.

Fonte: Greenreport

Emergenze ambientali globali: il grido d’allarme lanciato dagli accademici italiani alla vigilia delle elezioni politiche 2013

“La Terra non si governa con l’economia. Le leggi di natura prevalgono sulle leggi dell’uomo”. E’ questo il titolo incisivo dell’appello sottoscritto da oltre 400 studiosi appartenenti a diversi atenei ed istituti di ricerca italiani ed esteri e rivolto ai candidati alle prossime elezioni politiche oramai imminenti. L’intento è quello di attirare l’attenzione su alcuni problemi nodali che l’umanità intera si sta trovando a fronteggiare in questo periodo e che troppo spesso appaiono completamente ignorati da molti rappresentanti della classe politica. Associandoci idealmente al contenuto dell’appello, riportiamo integralmente il testo dell’iniziativa che, tra i primi firmatari, vede Luca Mercalli, climatologo e noto volto televisivo, e Danilo Mainardi, celebre etologo e attualmente professore emerito di ecologia comportamentale presso l’Università di Ca’Foscari di Venezia.

La crisi economica iniziata nel 2008 sottende molti altri segnali di fragilità connessi con:

  • esaurimento delle risorse petrolifere e minerarie di facile estrazione
  • riscaldamento globale, eventi climatici estremi
  • pressione insostenibile sulle risorse naturali, foreste, suolo coltivabile, pesca oceanica
  • instabilità della produzione alimentare globale
  • aumento popolazione (oggi 7 miliardi, 9 nel 2050)
  • perdita di biodiversità – desertificazione
  • distruzione di suolo fertile
  • aumento del livello oceanico e acidificazione delle acque
  • squilibri nel ciclo dell’azoto e del fosforo
  • accumulo di rifiuti tossici e inquinamento persistente dell’aria, delle acque e dei suoli con conseguenze sanitarie per l’Uomo e altre specie viventi
  • difficoltà approvvigionamento acqua potabile in molte regioni del mondo

 

La comunità scientifica internazionale negli ultimi vent’anni ha compiuto enormi progressi nell’analizzare questi elementi. Milioni di articoli rigorosi, avallati da accademie scientifiche internazionali, una su tutte l’International Council for Science, nonché numerosi programmi di ricerca nazionali e internazionali, mostrano la criticità della situazione globale e l’urgente necessità di un cambio di paradigma.

Il dominio culturale delle vecchie idee della crescita economica materiale, dell’aumento del Prodotto Interno Lordo delle Nazioni, della competitività e dell’accrescimento dei consumi persiste nei programmi dei governi come unica via d’uscita di questa crisi epocale. Queste strade sono irrealizzabili a causa dei limiti fisici planetari. Una regola di natura vuole che ad ogni crescita corrisponda una decrescita. La crescita economica, con i paradigmi attuali, segna la decrescita della naturalità del pianeta. I costi economici di queste scelte sono immani e le risorse finanziarie degli stati sono insufficienti a sostenerli.

L’analisi dei problemi inerenti alla realtà fisica del mondo viene continuamente rimossa o minimizzata, rendendo vano l’enorme accumulo di sapere scientifico che potrebbe contribuire alla soluzione di problemi tuttavia sempre più complessi e irreversibili al trascorrere del tempo.

Chiediamo pertanto al mondo dell’informazione di rompere la cortina di indifferenza che impedisce un approfondito dibattito sulla più grande sfida della storia dell’Umanità: la sostenibilità ambientale, estremamente marginale nelle politiche nazionali degli ultimi 20 anni e ad oggi assente dalla campagna elettorale in corso.

Non si dia per scontato che il pensiero unico degli economisti ortodossi sia corretto per definizione. Si apra un confronto rigoroso e documentato con tutte le discipline che riguardano i fattori fondamentali che consentono la vita sulla Terra – i flussi di energia e di materia – e non soltanto i flussi di denaro che rappresentano una sovrastruttura culturale dell’Umanità ormai completamente disconnessa dalla realtà fisico-chimica-biologica.

E’ quest’ultimo complesso di leggi naturali che governa insindacabilmente il pianeta da 4,5 miliardi di anni: non è disponibile a negoziati e non attende le lente decisioni umane.

Fonte: Greenreport.it, Società Italiana di Meteorologia

E le api continuano a scomparire

CCD. Potrebbe sembrare la sigla di un nuovo sistema di sensori, o l’ultimo grido in fatto di monitor e televisori, ma in realtà questa sigla ha un significato assai più concreto e al tempo stesso preoccupante: con questo acronimo infatti gli scienziati americani si riferiscono al “Colony Collapse Disorder” (SSA in italiano, ovvero Sindrome dello spopolamento degli alveari) termine con cui hanno battezzato il fenomeno, osservato proprio in Nord America a partire dalla fine del 2006, della progressiva riduzione del numero di api. Il fenomeno è stato denunciato ripetutamente dagli apicoltori che, nel corso degli ultimi tre lustri, hanno denunciato un calo netto e preoccupante di api e colonie soprattutto (ma non solo) nei paesi del Nord Europa quali Francia, Germania, Gran Bretagna, Belgio, Olanda, Svizzera, ma anche Italia e Spagna. Secondo quanto stimato dalla FAO, ben il 70 specie delle 100 che forniscono la stragrande maggioranza dei prodotti alimentari di tutto il mondo (il 90% circa, per la precisione) sono impollinate da questi insetti. Si tratta pertanto del motore primo non solo dell’agrodiversità, ma ancora di più della complessissima macchina in grado quotidianamente di sfamare coi propri prodotti il genere umano. Forse gioverà ricordare una sinistra ma assai realistica profezia attribuita nientemeno che ad Albert Einstein, secondo la quale nell’eventualità della scomparsa delle api, all’uomo non rimarrebbero che pochi anni di vita. Il problema è serissimo e più volte ci siamo interessati nei nostri articoli di questo argomento. Ma cosa sta uccidendo le api?  Le ipotesi si sprecano. Per alcuni studiosi, la causa è da ricercarsi nel riscaldamento globale. Per altri nelle onde elettromagnetiche connesse alla telefonia cellulare, che disorienterebbero le api impedendo loro di ritrovare la colonia d’origine. Anche agenti patogeni e specie invasive sono stati chiamati in causa (acari, vespe asiatiche, lo scarabeo dell’alveare e così via), unitamente alla crescente presenza di piante geneticamente modificate e al permanere dell’utilizzo di pesticidi nelle campagne.

Non è un caso che, recentemente, la Commissione Europea (si veda a questo proposito il nostro articolo del 7 febbraio u.s. ) abbia proposto la sospensione biennale dell’uso di tre pesticidi appartenenti alla famiglia dei neonicotinoidi, sospettati, in base ad un rapporto dell’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) di rappresentare un rischio concreto e serio per le api.

Proposta questa ancora non divenuta obbligatoria nei Paesi dell’Unione, ma che nel nostro paese come altrove, ha trovato il convinto supporto di importanti associazioni ambientaliste e non solo, come Legambiente, Slow Food ed Unaapi. Sempre a questo proposito, già a settembre del 2011 è partito in Italia il progetto BeeNet, dedicato al monitoraggio delle api, nel solco delle Direttive Europee in materia, nate con lo scopo di verificare l’interazione tra le colonie di questo preziosissimo insetto e le sostanze chimiche.

Fonte: Greenews.info

Coldiretti: in calo la produzione agricola nostrana

Secondo le analisi Coldiretti, recentemente diffuse attraverso un comunicato,  la produzione agricola italiana è in grado di soddisfare attualmente solo il 75% (i tre quarti) del fabbisogno alimentare nazionale. Alla base di questo dato un insieme di fattori prevalentemente climatici tra loro connessi che hanno portato al crollo dei raccolti. Dal record storico in negativo del vino, sceso nel 2012 a 40 milioni di ettolitri, fino al 12% in meno nella produzione di olio d’oliva e al 15% in meno delle mele. “Se la vendemmia si e’ attestata sui valori minimi da quasi 40 anni per un totale di appena 40 milioni di ettolitri – si legge nella nota Coldiretti – la produzione italiana di olio di oliva e’ scesa a 4,8 milioni di quintali e quella di pomodoro da conserva si e’ ridotta del 12%, attorno alle 4,4 milioni di tonnellate. si tratta in questi casi degli effetti dell’ andamento climatico anomalo che nell’ultimo anno, a causa del gelo invernale, della siccità estiva e dei nubifragi autunnali, ha provocato un crollo dei raccolti”.

Un motivo in più per aprire una riflessione più ampia e partecipata riguardo al più generale problema dei cambiamenti climatici in atto e del ruolo dell’uomo nelle trasformazioni e modificazioni subite dall’ambiente, argomenti ai quali Suolo e Salute continua a dare ampio spazio nelle news e dngli approfondimenti pubblicati sul nostro sito.

Fonte: Coldiretti, Agrapress

Coldiretti: finalmente sull’olio l’UE si allinea all’Italia

 

“Sull’obbligo di indicare in etichetta con caratteri visibili la provenienza delle olive utilizzate l’Unione Europea si allinea finalmente alla normativa approvata in Italia con la legge salva-olio”. Ad affermarlo in una nota la Coldiretti che commenta così l’approvazione, da parte del Comitato di gestione Ocm unica, delle modifiche ai regolamenti europei per l’olio d’oliva. Modifiche che confermano e rafforzano sul piano comunitario il valore della “Norme sulla qualità e la trasparenza della filiera degli oli di oliva vergini” entrate in vigore in Italia dal primo febbraio malgrado le forti pressioni delle lobby di settore. “Lo stesso obbligo previsto dalla normativa comunitaria di far uso di imballaggi che non consentano il riempimento con altre qualità di olio rispetto a quelle indicate in etichetta nei ristoranti, sul bancone dei bar e nei servizi di catering è già contemplato dalla legge nazionale che sancisce una vera rivoluzione sulle tavole per il condimento più amato dagli italiani: dall’introduzione in etichetta del termine minimo di conservazione a 18 mesi dalla data di imbottigliamento all’importante riconoscimento di nuovi parametri e metodi di controllo qualitativo che consentano di smascherare i furbetti dell’extravergine, dall’estensione del reato di contraffazione di indicazioni geografiche a chi fornisce in etichetta informazioni non veritiere sull’origine all’introduzione di sanzioni aggiuntive come l’interdizione da attività pubblicitarie per spot ingannevoli, dal rafforzamento dei metodi investigativi con le intercettazioni al diritto di accesso ai dati sulle importazioni aziendali”.

Proprio in conseguenza dell’uscita dellaa nuova legge la Coldiretti ha avviato un’operazione trasparenza realizzando  veri e propri blitz nei punti vendita con l’obiettivo di analizzare diversi campioni di olio dal punto di vista chimico ed organolettico per mettere a confronto qanto dichiarato in etichetta con il reale contenuto, e denunciando all’autorità di controllo eventuali anomalie riscontrate. “ Si tratta – afferma la Coldiretti – “di porre fine a una pericolosa proliferazione di truffe e inganni, svelando il “mistero” delle tante anomalie di un mercato dove alcuni oli sono venduti a prezzi che non coprono neanche i costi di raccolta delle olive in Italia ma con etichette che riportano la bandiera tricolore in bella evidenza. Un danno gravissimo per un Paese in cui l’olio di oliva è presente sulle tavole di tutti gli italiani con un consumo nazionale stimato in circa 14 chili a testa”. Il nostro paese è il secondo produttore mondiale di olio di oliva con circa 250 milioni di piante e una produzione di oltre mezzo milione di tonnellate e ben 40 oli extravergine d’oliva Dop/Igp.

Fonte: Coldiretti

A Roma il convegno “Alimenta il Pil”. Guidi (Confagricoltura): serve un hub per lo sviluppo del settore agroalimentare e un’agricoltura “3.0”

 

Si è tenuto l’altroieri  a Roma il convegno “Alimenta il Pil:  agronetwork per crescere”, organizzato presso l’Aula Magna dell’Università Luiss allo scopo di presentare gli esiti dello studio “L’Eco-sistema agroindustriaservizi”. Il lavoro, commissionato da Confagricoltura alla stessa Luiss, ha avuto l’obiettivo di individuare alcune strategie di rete, “agro network”,  per favorire  lo sviluppo del comparto agroalimentare. All’incontro sono intervenuti numerosi leader politici e rappresentanti di associazioni dei settori agricoltura, industria, servizi e sindacati. Nel dettaglio lo studio realizzato dalla Luiss, che avanza alcune strategie finalizzate allo sviluppo del comparto, si articola su quattro assi principali: rafforzamento organizzativo e competitivo delle imprese agricole; potenziamento dell’offerta agroalimentare italiana; internazionalizzazione; sviluppo dell’ecosistema e competitività del territorio. Secondo le parole di Mario Giudi, presidente Confagricoltura, il progetto contiene una “visione integrata dell’agricoltura” e rappresenta un modo innovativo e inedito di proporre soluzioni nuove in risposta alla crisi di questo periodo.

Per Guidi è importante passare “dalla rappresentanza di settore alla rappresentanza di mercato”, allo scopo di “ridisegnare una mappa produttiva in un mercato di concorrenza che crei benefici per tutti”. Il presidente di Confagricoltura ha rimarcato inoltre il fatto che, nel corso dell’attuale campagna elettorale, si parla effettivamente di politica, al di là di  slogan e promesse sulle tasse. “Ai politici chiediamo di fare delle buone regole, al resto ci pensiamo noi”, ha dichiarato, auspicando che politica e imprese sappiano concentrarsi davvero su progetti davvero in grado di promuovere concretamente lo sviluppo. E va in questa direzione la proposta di Confagricoltura di passare da un Ministero delle Politiche Agricole quale l’attuale ad un vero e proprio “hub”, un “centro nevralgico per lo sviluppo dell’agroalimentare”, allo scopo di condividere conoscenze, snellire la burocrazia, incentivare la collaborazione tra imprese e l’apertura verso i mercati internazionali. “Il «modello ministero», come luogo in cui regolare la redistribuzione di risorse, non serve più. A partire dal nostro, occorrono dicasteri con una funzione diversa e nuova, che facciano da «snodo», permettendo di condividere le conoscenze, favorire la collaborazione tra imprese, coordinare i progetti territoriali, allocare correttamente le risorse sui fattori strategici, tagliare drasticamente la burocrazia. Le Regioni devono essere al servizio di questa strategia di maggiore efficienza. Anche se le realtà sono diverse, non possiamo più permetterci politiche agroalimentari non “coordinate”, ha proseguito Guidi.“La creazione del valore si va spostando dai prodotti ai processi – ha osservato – L’obiettivo allora è quello di creare un settore agroalimentare che faccia network, che avvii contratti di rete, che trovi nella condivisione, e non nella divisione, le occasioni di crescita, come sistema integrato. Intorno al concetto di sviluppo ruota il rilancio del settore e la ripresa del Paese”.

“Proponiamo 25 grandi progetti territoriali, uno o due per regione, che siano di rilevante impatto, che integrino attori di comparti diversi, determinando lo sviluppo di un’offerta complessiva ed innovativa ed opportunità di internazionalizzazione”. “Si tratta di un progetto ambizioso, ma è l’unico che – ha concluso il Presidente Confagricoltura – può valorizzare l’agroalimentare, che sebbene muova nel suo insieme circa il 15 per cento del Pil, non ha l’attenzione che si merita”, auspicando la nascita di un’agricoltrua “3.0”, in grado di raccogliere le sfide del settore. Dello stesso avviso Maurizio Gardin, presidente FedAgri – Confcooperative, secondo il quale è necessario “un approccio del tutto nuovo, anche dimenticando i paradigmi che ci hanno portato fin qui”, in cui le parole chiave siano efficienza, razionalità delle filiere ed aggregazione dell’offerta. “Con il prossimo governo dovremo avere la capacità di discutere di come gestire le risorse per i singoli comparti”, ha dichiarato Gardini, che a proposito della Pac ha affermato che “secondo il quale occorre chiedersi se negli ultimi dieci anni i finanziamenti siano davvero stati stanziati nel modo giusto”.

Fonte: Agrapress, Bionotizie