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I PROGRESSI EUROPEI NELLO SVILUPPO SOSTENIBILE

I PROGRESSI EUROPEI NELLO SVILUPPO SOSTENIBILE

Il resoconto di Eurostat sui progressi del Vecchio Continente  riguardo ai 17 obiettivi del millennio tracciati dall’Onu. Gentiloni (Commissario all’economia): «Ulteriori grandi progressi sono attesi con la progressiva implementazione del Green deal da parte degli Stati membri e dall’obiettivo del 25% di Sau bio»

Eurostat, l’ufficio statistico dell’Unione europea, ha pubblicato il documento “Sustainable development in the European Union – Monitoring report on progress towards the Sdgs in the Eu context, 2023 edition” (Sviluppo sostenibile nell’Unione europea – relazione di monitoraggio sui progressi verso gli Sdgs nel contesto dell’Ue, edizione 2023).

I 17 Millennium Goals

Il rapporto fornisce una panoramica statistica dei progressi verso i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (Sdgs) nell’Ue, evidenziando che negli ultimi cinque anni «l’Unione europea ha compiuto progressi nella maggior parte degli obiettivi, in linea con le priorità della Commissione in settori chiave come il Green deal (patto verde per l’Europa), l’ottavo programma d’azione per l’ambiente e il piano d’azione sul quadro europeo dei diritti sociali».

Il vecchio continente avrebbe compiuto forti progressi su molti obiettivi socio-economici, mentre si prevedono ulteriori miglioramenti in campo ambientale, man mano che gli stati membri attuano gli ambiziosi obiettivi del Green deal, tra cui quello di arrivare al 25% di agricoltura bio.

«Per la prima volta – rileva Eurostat -, il rapporto analizza l’impatto a breve termine delle crisi attuali sugli Sdgs. Tra queste, la crisi energetica nel contesto della guerra della Russia contro l’Ucraina e le scosse della pandemia».

Le attese riguardo al Green deal

A tale proposito, il commissario all’economia Paolo Gentiloni ha dichiarato che «l’economia europea ha dimostrato una notevole capacità di recupero dopo la crisi degli ultimi tre anni». «Tuttavia, dobbiamo continuare ad affrontare le sfide strutturali, confermando il nostro impegno per la transizione ecologica e digitale». «Gli obiettivi di sviluppo sostenibile restano la nostra bussola in questi sforzi collettivi. Il rapporto fornisce dati affidabili che ci permettono di monitorare i progressi verso i nostri obiettivi a medio termine».

 

 

SLITTA DI UN MESE IL PROGRAMMA ANNUALE DI PRODUZIONE

SLITTA DI UN MESE IL PROGRAMMA ANNUALE DI PRODUZIONE

Il termine di presentazione del Pap viene prorogato dal 15 maggio al 15 giugno. Decisioni analoghe per la presentazione della Domanda Unica Pac e per la domanda di adesione al Sqnpi

Un decreto dell’ultimo minuto proroga dal 15 maggio al 15 giugno il termine di presentazione dei Programmi Annuali di Produzione (Pap). Il decreto firmato l’11 maggio dal capo di dipartimento Diqpai del Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle foreste Stefano Scalera  è immediatamente applicabile.  Il Pap è il documento con cui gli operatori biologici devono indicare le previsioni di produzione per l’anno in corso ed è obbligatorio come stabilito dal Decreto Ministeriale n. 18321 del 9 agosto 2012.

Il tempo delle proroghe

L’attuale forma è individuata dal Decreto Dipartimentale n. 22877 del 17 gennaio 2023. La proroga è in linea con le analoghe decisioni riguardo allo slittamento, sempre al 15 giugno per la presentazione al Sian della Domanda Unica Pachttps://terraevita.edagricole.it/pac-e-psr/domanda-unica-pac-ci-sara-tempo-fino-al-15-giugno-per-presentarla/, per dare la possibilità ad agricoltori e tecnici di metabolizzare le nuove norme della programmazione della Politica agricola appena rinnovata.

Più tempo anche per la domanda al Sian di adesione al SQNPI (sistema di qualità nazionale produzione integrata, leggi l’intervista ad Alessandro D’Elia, dg di Suolo e Salute su questa tematica). Il termine ultimo anche in questo caso è prorogato al 15 giugno.

SUL MERCATO DEL BIOLOGICO IL NODO DELLA STRETTA INFLATTIVA

SUL MERCATO DEL BIOLOGICO IL NODO DELLA STRETTA INFLATTIVA

Gli acquisti alimentari bio segnano il passo registrando solo un +0,5% nel 2022. Lo rileva il Report annuale di Ismea. Così cala a 3,6 la quota bio ogni 100 euro di spesa degli italiani (era il 3,9 nel 2021 ). Referenze zootecniche in controtendenza

Gli acquisti dei prodotti alimentari biologici segnano il passo nel 2022, spuntando una crescita dello 0,5%, inferiore alle aspettative soprattutto in un contesto fortemente inflattivo dove la crescita dei prezzi è stata del 9,1%. È quanto rileva Ismea nel report “Biologico: gli acquisti alimentari delle famiglie(clicca per scaricare il rapporto), dopo aver ceduto il 4,6% nel 2021.

«È la prima volta – evidenzia Ismea – che il biologico diverge in negativo dall’andamento complessivo del settore, con la spesa complessiva dell’agroalimentare salita del 6,4%». Per effetto di queste dinamiche, segnala il report, si riduce l’incidenza del biologico sul totale della spesa agroalimentare: con 3,66 miliardi di fatturato nel canale domestico nel 2022, il peso del bio scende al 3,6% contro il 3,9% del 2021.

Dieta vegana addio

L’analisi per categorie evidenzia ancora una crescita delle vendite nei comparti zootecnici, con carni (+3,7%), salumi (+3,6%), latte e derivati (+5,3%), ittico (+3,1%). Al contrario, cedono i comparti più rappresentativi come frutta (-2%), ortaggi (-0,8%) pasta e derivati dei cereali (-3,4%), in controtendenza rispetto all’andamento delle omologhe categorie convenzionali.

Cala anche il vino

Frena del 3,7% anche il vino bio, in un contesto di generale contrazione della Gdo (-1,6%). Quanto alla distribuzione geografica degli acquisti, oltre il 60% delle vendite bio sono concentrate nel Nord, anche se i segnali più incoraggianti si registrano nell’Italia centrale (+2,8%). In riferimento ai canali di acquisto, il supermercato resta sul podio anche se con fatturati in leggero calo (-0,2%); cresce il discount con vendite pari a 300 milioni di euro (+16%). Continuano a perdere i negozi specializzati con vendite di 55 milioni e uno share in calo dal 25 % del 2021 al 23% del 2022.

UNA POLITICA AGRICOLA NAZIONALE MOLTO BIO

UNA POLITICA AGRICOLA NAZIONALE MOLTO BIO

Via al piano strategico nazionale della nuova Pac. Partono anche i primi bandi regionali per l’intervento SRA029 (la nuova misura di superficie in favore del bio). Il punto nel workshop “Le prospettive del biologico nel 2023-2027” organizzato a Roma dalla Rete Rurale nazionale

Al biologico è affidato il pacchetto più cospicuo di sostegni all’interno del piano strategico nazionale della nuova Pac (Psp). «Sono circa il 13% delle risorse». Lo ha ricordato  Paolo Ammassari, Dirigente per la Programmazione dello Sviluppo Rurale del Ministero dell’agricoltura e la sovranità alimentare, nel corso del workshop “Le prospettive del biologico nel 2023-2027” organizzato dalla Rete Rurale nazionale l’11 maggio (clicca per accedere alle relazioni e alla diretta streaming) presso la Domus Australia, in Via Cernaia a Roma.

L’azione delle Regione sarà valutata

«C’è molto biologico nel Psp – ha ribadito Angelo Frascarelli, presidente di Ismea – Le maggiori risorse sono inserite nell’intervento SRA029 dei complementi di Sviluppo rurale anche perché il nostro Paese ha proceduto per il bio alla scelta non banale di trasferire risorse importanti del primo al secondo pilastro».

«Le Regioni – ha ammonito- saranno valutate sulla sfida del green deal di portare il bio al 25% di superficie entro il 2030».

La strategia di sviluppo del settore agricolo delineata dall’Italia nel Piano Strategico della Pac 2023-2027 sposa infatti le indicazioni dell’Unione europea, che collocano l’agricoltura tra gli attori principali della transizione verde. Tra i modelli produttivi sostenibili l’agricoltura biologica è quello che ha maturato una più lunga esperienza e il suo impatto positivo sull’ambiente è ormai universalmente riconosciuto.

Per questo il Psp italiano destina una grande attenzione al biologico come testimoniato dalle ingenti risorse che sono state allocate nel secondo pilastro o alle condizioni di vantaggio che le aziende agricole biologiche possono avere nell’adesione agli ecoschemi.

Interventi da integrare con il piano d’azione

La nuova architettura della politica agricola tracciata dal piano strategico nazionale offre numerose opportunità per le aziende agricole. Occorre però che gli interventi siano integrati in modo coerente con nuovi interventi come il Piano d’azione sul biologico. Al riguardo Pietro Gasparri, Dirigente Agricoltura Biologica e Sistemi di qualità alimentare nazionale e affari generali del Masaf  ha informato che è ormai in fase di completamento una prima bozza che sarà condivisa con la Conferenza Stato-Regioni. Una parte importante è costituita dalla riforma del sistema di controllo coerentemente con il nuovo regolamento Ue. Al proposito il Ministero sta lavorando in stretta relazione con l’Ispettorato centrale Repressione Frodi.

E, in un panorama di crisi generalizzata di consumi (vedi articolo precedente), un altro intervento decisivo del costituendo piano è costituito dalle azioni per garantire l’equilibrio tra offerta e domanda. Capitoli decisivi al riguardo sono costituiti dai biodistretti e dalle azioni di promozione legate la marchio del biologico nazionale.  Nella seconda parte dell’evento sono stati presentati i principali risultati delle attività promosse dalle schede progetto Crea e Ismea sull’agricoltura biologica nel triennio di attività 2020-2023 ed è stato affrontato il tema dell’aggregazione dell’offerta e della distribuzione dei prodotti biologici, con esempi di formule aggregative e distributive per la crescita strutturata del settore biologico.

PIÙ AGGREGAZIONE E UNA MIGLIORE DISTRIBUZIONE

PIÙ AGGREGAZIONE E UNA MIGLIORE DISTRIBUZIONE

I punti di forza per sostenere il mercato del bio in una congiuntura difficile. Gli interventi di Gabriele Canali e Carlo Hausmann al workshop della Rete Rurale nazionale

Più aggregazione dell’offerta e una migliore distribuzione per rilanciare i consumi dei prodotti biologici. Sono le esigenze espresse nella seconda parte del workshop “Le prospettive del biologico nel 2023-2027” organizzato dalla Rete Rurale nazionale l’11 maggio (clicca per accedere alle relazioni e alla diretta streaming) presso la Domus Australia, in Via Cernaia a Roma (nel precedente articolo abbiamo fatto il punto sui sostegni al bio del Piano strategico nazionale per l’attuazione della Pac).

La necessità di premiare chi produce

«Gli obiettivi della Farm to Fork e quelli della Pac – mette in evidenza nella sua relazione Gabriele Canali dell’Università Cattolica di Piacenza – fanno sempre riferimento alle «superfici» a biologico». «Questo approccio – continua- è però inadeguato, perché c’è il rischio che il sostegno alle superfici si traduca in una rendita per “agricoltori” non producono prodotti bio». Uno “spreco di risorse” che secondo Canali può determinare la distorsione della concorrenza, determinando una maggiore concorrenza con prodotti bio d’importazione. «Negli ultimi anni – ha aggiunto – anche a causa della carenza di materie prime agricole nazionali bio, è andato crescendo l’interesse e l’attenzione verso produzioni certificate bio e provenienti da paesi extra Ue, con il rischio di atteggiamenti speculativi e opportunistici». Proprio come capita per l’agricoltura convenzionale, alle prese con la globalizzazione e i listini internazionali di commodity governati da variabili indipendenti da quanto accade nel nostro Paese.

Aggregarsi per spuntare migliori remunerazioni

La soluzione per uscire da questo cul de sac è rappresentato, secondo Canali, dall’aggregazione. «La competizione su produzioni agroalimentari di qualità -raccomanda il docente – richiede necessariamente l’adozione di strumenti atti a raccordare gli anelli della filiera, sia in termini di requisiti qualitativi che quantitativi». Le forme di aggregazione sono quindi necessarie anche nel bio. «Innanzitutto per ottenere migliori condizioni economiche nelle fasi contrattuali con gli anelli a monte e a valle della produzione agricola, all’interno della filiera». Secondo il ricercatore le alternative rappresentate da vendita diretta e chilometro zero, per quanto importanti, non consentono l’aumento adeguato dei volumi e del valore che le filiere bio possono generare a beneficio dell’agricoltura italiana.

Serve una rete di distribuzione alleata

Per realizzare questo disegno occorre però poter contare su una rete di distribuzione che sia alleata del bio.

«Certo – stigmatizza Carlo Hausmann, Esperto di Politiche di sviluppo rurale con un’esperienza di direttore generale dell’Azienda Romana mercati- occorre aggregare e migliorare in prodotto. Ma poi occorre saperlo vendere, ovvero distribuire».

Il posizionamento ideale si ottiene, secondo il relatore, tutelando la reputazione del bio. «Oggi il mercato di riferimento – obietta – è però caratterizzato da una difficoltà di lettura, con una remunerazione incerta e prospettive non chiare».

Occorre partire dai punti certi: un valore complessivo solido (3,66 mld), il grande ruolo del fresco (quasi la metà degli acquisti) e la crescita delle uova e delle specialità zootecniche.

Occhio all’hard discount

Il valore è però condizionato da una divergenza tra i canali di vendita, con il grande veicolo dei supermercati (63,5%), un valore che rimane però stabile, il ruolo decisamente da ridisegnare per i negozi specializzati e l’esplosione dei discount, con tutti i rischi connessi.

Un canale da presidiare, tenendo conto «che il consumatore acquista bio in discount solo perché è presente, ma non ha interesse a premiare altro che il prezzo e che non vuole marchi superflui».

“NEL NOME DELL’APE”, L’IMPEGNO DI CASTELLO DI MELETO PER LA BIODIVERSITÀ

“NEL NOME DELL’APE”, L’IMPEGNO DI CASTELLO DI MELETO PER LA BIODIVERSITÀ

L’azienda simbolo di Gaiole in Chianti, dopo aver aderito al BioDistretto del Chianti Classico , rafforza la sua vocazione green con l’iniziativa che consente di adottare un alveare di api selvatiche in cambio di una fornitura di 2 kg di miele all’anno

«Non c’è vino di qualità senza api». Ne è convinto Michele Contartese, direttore generale di Castello di Meleto, società agricola proprietaria del maniero simbolo di Gaiole in Chianti (Siena). Un castello del Duecento perfettamente conservato e oggi gestito come struttura ricettiva, circondato da oltre 1.100 ettari di terreno.

La giornata delle api

Un ecosistema, tra vigne a conduzione biologica e uliveti dove le api e gli insetti impollinatori in genere sono considerati una risorsa preziosa per l’equilibrio e lo sviluppo sostenibile. Al punto che, viene ricordato in vista della Giornata internazionale delle Api che si celebra il 20 maggio, il Parco delle Api di Castello di Meleto ospita e tutela 3,2 milioni di api divise in 90 famiglie che raccolgono millefiori selvatici, nel pieno rispetto della biodiversità chiantigiana.

Nel nome dell’ape

E un miele selvatico viene prodotto da api che hanno perso la loro famiglia, e che sono state salvate dai boschi e reintegrate nelle arnie del Parco. Tramite il progetto “Nel Nome dell’Ape” è possibile adottare un’arnia così da ripopolare la zona e ristabilire l’ecosistema (chi aderisce al progetto riceverà 2kg di miele l’anno prodotto dalla propria arnia per cinque anni).

La transizione ecologica è possibile

Presso Castello di Meleto, che fa parte del BioDistretto del Chianti Classico, un gruppo di lavoro ha valutato le interazioni positive tra apicoltura e viticoltura. «Ne emerge che la transizione ecologica è possibile e che si può ancora intervenire nella salvaguardia della biodiversità». L’azienda si dichiara “fortemente impegnata” in questo campo, svolge attività didattica, e il suo modello d’azione si è rivelato sostenibile sia a livello economico che ambientale.

L’azienda bio più grande del Chianti

«Siamo l’azienda biologica più grande del Chianti Classico – sottolinea Contartese in un incontro a Roma da “Achilli al Parlamento” ripreso dall’agenzia Ansa – con l’energia di una start up con 1500 anni di storia».  Una grande eredità che Contartese intende preservare per le prossime generazioni con azioni pratiche. «Per questo abbiamo diminuito il peso delle bottiglie, installato centraline meteo per ridurre lo spreco idrico, e pratichiamo la raccolta a mano delle uve sui 130 ettari vitati con soluzioni green e buone pratiche per ogni singola vigna». «L’unica “tecnologia” per applichiamo per il nostro vino è il controllo della temperatura, per il resto è tutto lavoro dell’uomo e lungo affinamento in botti grandi». E il vino Camboi degustato a Roma, un rosso che recupera un patrimonio locale, la Malvasia Nera Toscana, è una possibile risposta, in pieno Chianti-style, al cambiamento climatico.