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L’INDIA È LA NUOVA TERRA PROMESSA DEL BIO?

L’INDIA È LA NUOVA TERRA PROMESSA DEL BIO?

Balzo del 78% della superficie biologica, aumento della produzione e delle iniziative per favorire un mercato equo: il grande Stato asiatico può diventare il punto di riferimento di uno sviluppo sostenibile che faccia perno sull’agricoltura?

«In India non crediamo di essere, sappiamo di essere». La battuta di Peter Sellers nello spassosissimo film Hollywood party suggerisce di non sottovalutare mai il potenziale creativo (e distruttivo, visto quello che capita nel film) del Paese che oggi guida il fronte sempre più ampio dei Paesi Brics. E questo vale anche per il biologico.

I record indiani nel bio

Grazie infatti ad un balzo annuale del 78% l’India è diventato il secondo Paese al mondo per l’estensione dell’agricoltura bio. I 4,7 milioni di ettari registrati dall’ultima edizione dell’atlante bio del mondo redatto da Fibl e Ifoam (The world of organic agriculture, clicca qui per accedere) collocano il subcontinente indiano dietro all’Australia, irraggiungibile grazie ai suoi 53 milioni di ettari (tutti di pascoli però) e davanti all’Argentina (4,1 milioni di ettari). L’Italia è ormai lontana dai vertici mondiali con circa metà delle superfici bio dell’India. Un avviso: i dati di questo Paese sono da prendere con le molle, la destinazione d’uso di queste terre è infatti ignota, non si sa quali colture siano praticate, l’offerta nazionale di alimenti bio è però in crescita e ciò si desume anche dal calo delle importazioni.

Dall’Himalaya alle rive dell’Oceano indiano

A supportare la crescita del bio contribuiscono alcune politiche locali. Il Sikkim, la Regione himalaiana incastrata tra Nepal, Tibet (Cina) e Bhutan, è saltato all’onore delle cronache dieci anni fa per essere la prima regione agricola al mondo dove il bio è obbligatorio per legge. Un’attenzione giustificata dalla fragilità di questo territorio montuoso nei confronti degli effetti del climate change. Un entusiasmo bio fiaccato dalla recente pesante alluvione che ha causato centinaia di morti e dai timori per lo strisciante  conflitto cino-indiano che periodicamente affligge questa zona montana.

Passando dall’estremo Nord all’estremo sud di questo enorme Stato, ovvero da un paesaggio dominato da conifere come il cedro deodara alle palme da cocco, è il Kerala oggi a spingere sulla conversione al bio con una legge statale che incentiva il metodo di coltivazione bio, in chiave anti climate change, per diventare un vero e proprio hub della produzione ed esportazione di cibo bio. Il tasso di crescita programmato è di circa mille ettari all’anno. Un aumento di produzione che non rischia di rimanere invenduto.

Le iniziative per accorciare la catena del valore

La sensibilità ecologica cresce infatti di pari passo con l’aumento del reddito pro capite anche in questo Paese e iniziative come quella di “Restore”, una rete di piccole aziende con base a Chennai (l’antica Madras), capitale dello Stato del Tamil Nadu, puntano ad accorciare la lunghezza della filiera agroalimentare valorizzando il contributo dei piccoli produttori agricoli. I principi fondanti di Restore si sono oggi evoluti in un movimento pan-indiano per il consumo agro-ecologico pulito chiamato Organic Farmers Market (OFM), che ha avuto un impatto sulla vita di oltre 300 agricoltori in Tamil Nadu, Karnataka, Andhra Pradesh, Kerala, Rajasthan e alcune parti dell’Himachal Pradesh.

Nella capitale Nuova Dehli è invece un importante player come JR Farms a sostenere l’agricoltura bio. JR Farms gestisce una struttura di vendita diversificata progettata per soddisfare un’ampia gamma di clienti attraverso diversi canali, sia B2B che B2C. Collaborando con oltre 140 agricoltori di stati come Meghalaya, Rajasthan, Gujarat, Maharashtra, Himachal Pradesh e Uttar Pradesh, JR Farms garantisce che questi agricoltori ricevano prezzi equi per i loro prodotti attraverso alleanze strategiche e iniziative di accesso al mercato.

Trattasi di rinascimento biologico?

Un rinascimento biologico che secondo alcuni analisti può diventare un punto di riferimento per lo sviluppo sostenibile. Secondo alcune analisi il mercato degli alimenti biologici in India, stimato a poco più di 1,5 miliardi di dollari nel 2023, può crescere così esponenzialmente fino a toccare i 9 miliardi in entro dieci anni, il che corrisponderebbe ad un tasso di crescita superiore al 20% annuo. Cifre monstre che trovano giustificazione dal fatto che in India risiede quasi un quinto della popolazione del nostro Pianeta e che questo è il Paese che sta registrando uno dei maggiori tassi di crescita economica.

 

NON SOLO MIELE, DALLE API ANCHE IL LIEVITO PER I VINI BIO

NON SOLO MIELE, DALLE API ANCHE IL LIEVITO PER I VINI BIO

Questi insetti pronubi svolgono un ruolo chiave nel trasporto del Saccharomyces sull’uva e gli altri frutti.  Cantina Orsogna in Abruzzo ha isolato questi ceppi per dare identità ai propri vini

Non solo miele, cera e pappa reale, le api sono anche amiche di chi fa il vino. Questi insetti impollinatori, infatti, nel loro stomaco trasportano i lieviti che finiscono nel polline e sugli acini. Una scoperta fatta qualche anno fa da un gruppo di ricercatori dell’Università di Firenze, della Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige e del Consiglio Nazionale delle Ricerche, ma c’è poi chi ha deciso di passare ai fatti, selezionando e utilizzando questi lieviti.

Sei ceppi dal polline delle essenze del territorio

A farlo è stata Bio Cantina Orsogna, grande realtà cooperativa di 350 soci, produttrice di vini green nel chietino, dove conta 1.400 ettari biologici, con il 50% condotto in biodinamica; numeri che portano questa realtà a collocarsi al secondo posto in Europa per produzione di vini bio e a distinguersi come prima al mondo per la biodinamica. «Da otto anni – – spiega il direttore Camillo Zulli – selezioniamo sei lieviti da pollini provenienti da alveari posizionati in prossimità di piante del nostro territorio, biancospino, castagno, mora, ciliegio, sulla e trifoglio».

Generazione honey

Un’inedita frontiera del green divulgata nell’ambito di “Generazione Honey”, campagna di comunicazione promossa dalla società di servizi di Confcooperative Agri Rete Service e finanziata dal Masaf.

IL PIONIERE DEL BIOLOGICO ALNATURA FESTEGGIA 40 ANNI DI ATTIVITÀ

IL PIONIERE DEL BIOLOGICO ALNATURA FESTEGGIA 40 ANNI DI ATTIVITÀ

Il gruppo tedesco che è uno degli esempi più longevi di catena di distribuzione specializzata nel bio celebra i 4 decenni di attività

È uno dei più significativi esempi di catena di distribuzione specializzata nel bio. Un’esperienza nata dalla vendita diretta della produzione agricola e arrivata in 4 decenni a conquistare tutta la filiera che va dal campo al carrello. Parliamo di Alnatura, la catena tedesca con sede a Darmstadt in Assia che quest’anno celebra i suoi 40 anni di attività.

Da zero a 152 punti vendita

Era infatti il 1984 quando il fondatore e tutt’ora amministratore delegato dell’azienda Götz Rehn pose le basi per lo sviluppo del marchio Alnatura. Solo tre anni apriva il primo centro Alnatura Super Natur a Mannheim. Da allora in Germania si sono aggiunti 152 negozi Alnatura. Nell’ultimo anno finanziario 2022/23, circa 3.500 dipendenti hanno generato un fatturato netto di oltre 1,1 miliardi di euro. Gli oltre 1.300 articoli biologici prodotti con il marchio Alnatura sono venduti in circa 13.700 filiali di diversi partner commerciali in 14 paesi.

Alnatura vende solo prodotti biologici e sostiene la diffusione dell’agricoltura biologica con iniziative a supporto del settore delle sementi bio, della salute del suolo e della biodiversità. «Negli ultimi 40 anni – afferma Götz Rehn sulle pagine di presseportal.de – Alnatura ha aiutato molte persone a comprendere le conseguenze positive dell’agricoltura biologica. Sanno che ogni acquisto di un prodotto biologico ha un senso».

BIOSOLUTION, UN SETTORE CHE PUÒ TRIPLICARE DI VALORE

BIOSOLUTION, UN SETTORE CHE PUÒ TRIPLICARE DI VALORE

Dai 240 miliardi di euro del 2020 ai 640 del 2030: è il potenziale di crescita del settore dei mezzi biologici per la difesa, un’opportunità anche in termini di riduzione della carbon footprint

La rivoluzione verde del Green Deal traina la crescita del mercato delle biosolution. Il valore del fatturato mondiale dei mezzi di difesa biologici potrebbe infatti aumentare dai 240 miliardi di euro del 2020 a 640 miliardi di euro nel 2030 e l’Unione europea fa la parte del leone.

L’analisi di Euractiv

Lo rivela un’analisi del sito Euractiv che mette in rilievo l’impatto in termini di riduzione della carbon footprint offerto da questo settore all’Europa a livello locale e globale.

L’accoppiata con l’intelligenza artificiale

« I progressi nella ricerca e nell’innovazione nelle scienze e tecnologie biologiche hanno un potenziale notevole per aiutare l’Europa e il resto del mondo ad affrontare alcune delle più grandi sfide del nostro tempo». Secondo il sito d’informazione le biosolution si sposano in maniera efficace con l’intelligenza artificiale (AI) per promuovere l’innovazione ed esplorare nuovi modelli di business.

Obiettivo neutralità climatica

«Se l’Europa vuole raggiungere i suoi obiettivi verdi definiti nelle strategie Fit for 55 e Farm to Fork, e se il Green Deal vuole mantenere le sue promesse, anche nel contesto della scarsità di cibo e mangimi, le biosoluzioni devono essere parte integrante della strategia europea per un futuro sostenibile».

Le biosoluzioni stanno già riducendo l’impatto ambientale e climatico in vari settori come la produzione alimentare, l’industria, i trasporti e l’approvvigionamento energetico, e possono anche svolgere un ruolo significativo nel preservare e migliorare la biodiversità.

BIOLOGICO, SFERZATA DI OTTIMISMO IN EUROPA

BIOLOGICO, SFERZATA DI OTTIMISMO IN EUROPA

Dopo la “bonaccia” del 2022, cambia il vento per il mercato dei prodotti biologici nel Vecchio Continente. La domanda torna a crescere soprattutto in Germania e Francia, anche se il peso di Gdo e hard discount è sempre più preponderante. Le considerazioni di Eduardo Cuoco, direttore di IFOAM Organics Europe

Crescono i valori e anche (ma non dappertutto) i volumi. Il mercato del biologico Europeo ritrova venti favorevoli nel 2023 dopo l’andamento stagnante del 2022. «E c’è di più – afferma Eduardo Cuoco, direttore di IFOAM Organics Europe -: le prime indicazioni sul primo quadrimestre 2024 confermano il trend positivo».

Le cifre sono state diffuse nel corso del suo intervento  da remoto in occasione dell’assemblea bolognese del Consorzio Il Biologico dello scorso 23 maggio e riportate in un articolo da Greenplanet.net.

La locomotiva d’Europa

Emerge come la Germania riprenda il ruolo di locomotiva del mercato del bio europeo grazie ad una crescita annuale del 5%, che porta il fatturato totale oltre i 16 miliardi di euro, dopo una perdita del 3,5% nel 2022.

A spingere in questo caso è stata la distribuzione moderna, discount in testa, con una crescita nel 2023 del 47% sul dato 2019 e del 7% sul 2022. I negozi specializzati  hanno mantenuto il livello delle vendite tra il 2023 e il 2022, mentre canali come i mercati del contadino e i mercati settimanali hanno recuperato il 2% dopo una perdita nel 2022 sul 2021 del 18%.

In Francia, i principali distributori a partire da Biocoop (oltre a Naturalia, Biomonde, Satoriz e altri) hanno recuperato nel 2023 il 2,3% contro una perdita in valore del 6% nel 2022. Non vanno oltre la tenuta le vendite in un mercato interessante come la Danimarca, che nel biologico mantiene il market share più elevato al mondo, con risultati comunque positivi nel 2023 per latticini e ortaggi.

Più peso per la Gdo in Italia

In Italia – stando ai dati IFOAM Europe – la grande distribuzione ha raggiunto il 58% delle vendite del bio ed è cresciuta del 5% nel 2023 nonostante una perdita del 3% del confezionato. I negozi specializzati coprono il 27% del mercato e nel 2023 hanno registrato un recupero del 4,5%. Gli altri canali di vendita sono in recupero più forte (+6%).

Note positive in Spagna e Svizzera

Ottimo spunto del bio in Spagna, con un +6,2 nel 2023 rispetto al 2022 (qui la GDO copre il 50% del mercato, gli specializzati si fermano al 34).

L’inflazione con l’inevitabile balzo dei prezzi non ha fatto entrare in recessione il mercato svizzero, che vale oltre 4 miliardi di franchi svizzeri, con il bio in moderato aumento nel 2023 sul 2022. Positiva la situazione in Olanda, con una crescita delle vendite bio addirittura del 42% sul 2021, spinta dai prodotti freschi.

Le cautele di Cuoco

Il commento di Cuoco al termine del suo intervento spinge però alla cautela. Nonostante l’ottimismo per il rilancio dei consumi bio in Europa occorre infatti tener conto dell’effetto inflazione, che nel food convenzionale è addirittura maggiore che nel bio, con una riduzione del delta del prezzo e soprattutto di un quadro normativo che rimane incerto. «Siamo in mezzo a un guado – ha concluso Cuoco – le ambizioni di  Bruxelles riguardo alla politica ecologica e ambientale passeranno infatti presto dal vaglio della verifica elettorale: vedremo che Europa uscirà dalle urne del 9 giugno».

GLOBALGAP, LA CHIAVE PER LA VALORIZZAZIONE DELL’UVA DA TAVOLA

GLOBALGAP, LA CHIAVE PER LA VALORIZZAZIONE DELL’UVA DA TAVOLA

La cronaca e il link al filmato e alle relazioni del webinar organizzato da Suolo e Salute assieme a Fruit Communication

La certificazione è l’elemento chiave per valorizzare la produzione italiana di qualità. E questo è particolarmente vero per l’uva da tavola, una referenza frutticola di cui il nostro Paese è leader sia in campo che nella capacità di esportazione.

I Paesi target più “affezionati”, ovvero quelli del Centro Nord Europa, richiedono però ormai un prodotto 100% certificato secondo lo schema GlobalGap e proprio a questo protocollo è stato dedicato il recente webinar organizzato da Suolo e Salute, primo organismo di controllo e certificazione per il biologico in Italia, in collaborazione con Fruit Communication (clicca per accedere alla registrazione e alle slide) moderato da Ilaria de Marinis, direttrice responsabile di uvadatavola.com.

Il ruolo di Suolo e Salute

A dare il via ai lavori è stato il Direttore Generale di Suolo e Salute, Alessandro D’Elia, che ha presentato obiettivi e punti di forza di Suolo e Salute, sottolineandone il posizionamento nell’ambito delle certificazioni agro-ambientali, e ribadito l’importanza della certificazione per la valorizzazione dei prodotti sul mercato.

Il GlobalGap si basa su uno standard privato elaborato in partnership tra grandi produttori e grande distribuzione e continuamente aggiornato. «È una delle certificazioni più complete e articolate – ricorda D’Elia –

sia per i produttori che per l’organismo di controllo, chiamato a valutare diversi ambiti, tra cui quello ambientale, di salubrità, di sicurezza e di responsabilità sociale».

Il Grasp e gli altri add-on

Michele Staiano, GlobalGap In-house trainer, ha ricordato che Suolo e Salute è accreditata per certificare secondo lo standard IFA (Integrated Farm Assurance) che è recentemente arrivato alla versione 6 Smart. Le esigenze di una sempre maggiore sostenibilità hanno spinto a potenziare questo schema di certificazione con alcuni add-on (letteralmente “aggiunte”) e Suolo e Salute è in grado di applicare i più recenti aggiornamenti che riguardano:

  • GRASP (GlobalGap Risk Assessment on Social Practice) vers. 2;
  • Coop Italia Pesticide Transparency;
  • AH-DLL Grow (Albert Heijn and Delhaize);
  • Presto anche CoC (Chain of Custody – Catena di Custodia).

Novità, queste ultime, approfondite dall’intervento di Nicola Efata, GlobalGap Scheme Manager di Suolo e Salute, che ha inoltre riportato i tratti salienti del controllo

presso gli operatori.

Le peculiarità dell’uva da tavola

Ultimo intervento della sessione, quello a cura di Fabio Gravina, agronomo e consulente per le certificazioni volontarie settore ortofrutticolo, che ha offerto un focus sull’uva da tavola, illustrando aspetti tecnici da sviluppare in azienda e importanza della certificazione GlobalGap e suoi add-on per l’accesso ai mercati e alla Gdo.

I numerosi operatori della filiera dell’uva da tavola che hanno assistito e partecipato con le proprie considerazioni e domande al webinar hanno potuto apprezzare come la valutazione di conformità allo standard GlobalGap, garantendo il rispetto di norme cogenti e di

requisiti tecnici globalmente riconosciuti, costituisca un elemento chiave per l’affermazione di un prodotto critico come l’uva da tavola nel mercato mondiale.