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LA LEGGE SUL BIO È REALTÀ, LA SODDISFAZIONE DI ASSOCERTBIO E DELLE ALTRE ASSOCIAZIONI DEL SETTORE

LA LEGGE SUL BIO È REALTÀ, LA SODDISFAZIONE DI ASSOCERTBIO E DELLE ALTRE ASSOCIAZIONI DEL SETTORE

AssocertBio assieme a Aiab, AssoBio, Associazione Biodinamica e FederBio ringrazia i Parlamentari che con il loro lavoro hanno consentito di giungere alla fine di un travagliato iter approvativo e sottolinea i punti di forza di una legge che consente al nostro Paese di allinearsi agli obiettivi di crescita del settore tracciati da Bruxelles

La legge sul biologico è finalmente realtà. Il Senato ha approvato lo scorso 3 marzo in via definitiva il Ddl n. 988 “Disposizioni per la tutela, lo sviluppo e la competitività della produzione agricola, agroalimentare e dell’acquacoltura con metodo biologico”.

 

AssocertBio, l’Associazione Nazionale che raggruppa i principali Organismi di Certificazione italiani del Biologico esprime il suo plauso assieme a Aiab, AssoBio, Associazione Biodinamica e FederBio per il lavoro di tutti i parlamentari che ha portato alla conclusione in tempi estremamente rapidi – meno di un mese dall’ultima votazione alla Camera dei Deputati del 9 febbraio – una norma chiave per supportare la transizione ecologica dei sistemi agricoli e per l’intero comparto agroalimentare italiano.

L’Italia si allinea agli obiettivi europei

In un comunicato congiunto le associazioni del bio italiano ribadiscono come la nuova legge arrivi in un momento strategico e consenta anche all’Italia di allinearsi alle politiche Ue che, con il Green Deal, la strategia Farm to Fork e il Piano d’azione Europeo per il biologico, puntano a una crescita consistente del settore.

Grazie a questo provvedimento sarà possibile utilizzare le risorse economiche per il sostegno all’agricoltura, la promozione dei prodotti alimentari e la ricerca che l’Unione europea ha espressamente vincolato all’agricoltura biologica e biodinamica. Dopo 15 anni e 3 legislature è passata una norma fondamentale, tanto attesa dal settore.

I punti caldi della legge

 

Il nostro Paese ha un primato nel biologico conquistato grazie all’impegno di tanti agricoltori, spesso giovani, e di operatori della filiera che hanno creduto nella scommessa di conciliare il legittimo interesse d’impresa con il bene pubblico della difesa del suolo, della biodiversità e della salute dei cittadini. Oggi questo impegno viene finalmente riconosciuto con l’approvazione della legge sul bio. La norma contiene elementi particolarmente significativi come la possibilità di registrare il marchio biologico “Made in Italy”, istituire distretti biologici che consentono di sviluppare l’agricoltura e l’economia dei territori rurali e adottare un Piano d’Azione nazionale er favorire lo sviluppo del biologico italiano come metodo avanzato dell’approccio agroecologico.

L’impegno unitario delle associazioni del bio

Il biologico rappresenta un’occasione concreta per creare opportunità di occupazione per i giovani e per lo sviluppo economico e sociale dei territori rurali, inoltre ha un ruolo centrale per il clima, per la tutela della biodiversità e per offrire soluzioni innovative per il resto dell’agricoltura.

 

«L’impegno unitario delle associazioni del bio – recita il comunicato- ha consentito di ottenere un grande risultato che, nonostante gli innumerevoli attacchi strumentali e gli argomenti utilizzati per screditare la biodinamica e cercare d’indebolire tutto il settore del biologico, ha permesso di approvare il testo di legge».

«Questa norma, attesa da oltre 15 anni, è essenziale per sostenere la conversione agroecologica, consentendo anche all’Italia di avvalersi del sostegno economico dedicato a questa agricoltura sostenibile certificata per far crescere il settore sia in termini di produzione che di consumi». Grazie a questa legge il biologico può diventare il motore di rilancio dell’intero comparto agroalimentare. «L’Italia – concludono AssocertBio, FederBio, AIAB, AssoBio e Associazione Biodinamica – ha una forte vocazione al biologico, che va incrementata e valorizzata con investimenti in ricerca, innovazione, formazione e comunicazione per continuare ad essere leader tra i Paesi europei che stanno investendo fortemente in questa forma di agricoltura che tutela l’uomo e l’ambiente, oltre a creare concrete opportunità di occupazione per i giovani e le donne».

OLIO BIO: ISMEA, RADDOPPIA LA SUPERFICIE IN ITALIA

OLIO BIO: ISMEA, RADDOPPIA LA SUPERFICIE IN ITALIA

In dieci anni passate da 120 a 240mila ettari. Lo rileva uno studio di Ismea che mette però in evidenza il rallentamento della crescita dell’ultimo periodo. La Puglia guida classifica per ettari coltivati

In dieci anni sono raddoppiate le superfici biologiche italiane di olivo da olio. Lo rileva uno studio condotto nel 2021 da Ismea (Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare). L’olivicoltura biologica sottolineano i ricercatori – rappresenta in Italia la terza coltura per estensione (escludendo i prati pascoli) dopo le colture foraggere ed i cereali: con 242.708 ettari (ha) nel 2019 rappresenta il 12% di tutta la Superficie agricola utilizzata (Sau) biologica italiana, pari ad 1.993.263 di ettari.

La fase di rallentamento

Lo studio evidenzia però la fase di stabilità delle superfici nell’ultimo periodo «come per il resto delle colture l’incremento tra il 2018 ed il 2019 delle superficie biologiche (comprese quelle in conversione) è stato del 1,5% mentre nel complesso la Sau biologica italiana è cresciuta dell’1,8%». L’analisi della distribuzione per area geografica delle superfici ad olivo da olio biologico in Italia indica una concentrazione sul totale del 67,5% al Sud, del 17,1% nelle Isole (con circa il 16% in Sicilia) e del 14,1% al Centro.

La top seven

Le prime sette regioni in termini di ettari di superficie coltivata ad olivo da olio biologico sono Puglia (72.282), Calabria (70.981), Sicilia (38.389), Toscana (16.036), Campania (9.643), Lazio (8.921) e Umbria (6.151).

IFOAM, I PIANI NAZIONALI PAC SONO INSUFFICIENTI PER I TARGET UE SUL BIO

IFOAM, I PIANI NAZIONALI PAC SONO INSUFFICIENTI PER I TARGET UE SUL BIO

L’organizzazione di settore ha analizzato i piani strategici nazionali per la prossima Pac consegnati a Bruxelles da 22 Paesi rilevando la scarsa ambizione nel realizzare l’obiettivo del 25% fissato dalla strategia Farm To Fork

I piani nazionali della Politica agricola comune dei Paesi Ue non fanno abbastanza per promuovere il biologico e raggiungere il traguardo Ue del 25% dei terreni a bio entro il 2030. È la denuncia di Ifoam Europa, la principale organizzazione del settore bio, sulla base dell’analisi dei piani strategici nazionali per la prossima Pac di 22 paesi.

La maggior parte dei progetti di piani strategici nazionali della Pac, dice Ifoam in una nota, «manca di ambizione e non contribuirà allo sviluppo significativo dell’agricoltura biologica nell’Ue né al raggiungimento degli obiettivi dell’Ue fissati nella strategia Farm to Fork».

SOIL4LIFE CONTRO L’EROSIONE E IL DEGRADO DEL SUOLO

SOIL4LIFE CONTRO L’EROSIONE E IL DEGRADO DEL SUOLO

Nel seminario conclusivo del “Festival del suolo” i risultati raggiunti dal progetto di ricrca sostenuto dall’Ue e svolto da Cia

Tre giorni di “Festival del suolo” conclusi lo scorso 11 marzo con il seminario in streaming sui risultati del progetto Ue Soil4Life. Un piano di ricerca e trasferimento tecnologico sviluppato da Cia-Agricoltori Italiani insieme a Legambiente, Crea, Ispra, Ersaf.

Una strategia Ue per il suolo

L’attenzione dell’evento è stata incentrata sul ruolo della strategia Ue sul suolo e la spinta, sostenuta dagli esiti del progetto italiano, affinchè la commissione europea formuli, entro il 2030, un’adeguata proposta legislativa sulla salute del terreno.

«L’Italia – rivendica la Cia – è il paese Ue che ha dato maggior impulso alla consultazione ufficiale sul tema (seguono Germania, Francia e Belgio), a conferma della sensibilità crescente e diffusa, a livello nazionale, rispetto alla protezione del suolo, con la percezione evidente che il suo consumo, insieme alla perdita di biodiversità, siano i processi di degrado più severi».

Il nostro Paese risente del resto, dell’effetto dell’esperienza diretta di fenomeni erosivi (per il 21%) e di dissesto, con quasi il 94% dei comuni italiani a rischio e oltre 8 milioni di persone che abitano nelle aree ad alta pericolosità.

I danni della cementificazione

Senza escludere i danni della cementificazione che, in Italia, ha fatto registrare nel 2020 quasi 60 kmq di suolo perso (15 ettari al giorno, quasi 2mq al secondo), circa il doppio rispetto alla media annua Ue dei terreni occupati da strutture artificiali (pari al 4,2% il suolo consumato rispetto alla superficie).

Il ruolo del biologico

Data la consistenza di un territorio nazionale per lo più montano e collinare con solo un quarto rappresentato da pianura, nella quale si concentrano trequarti della superficie artificiale, diventa così cruciale l’azione che può svolgere l’agricoltura nazionale, in particolare biologica nella soluzione di questi problemi. Il nostro Paese è leader in Europa per il biologico con 2 milioni di ettari di superfici coltivate (15,8% di Sau nazionale) e vede il 40% delle aziende agricole interessato da boschi con imprenditori agricoli già custodi e guardiani del territorio in chiave climatica, partecipando attivamente al trattenimento al suolo del carbonio.

Il progetto Soil4Life ha dimostrato in 4 anni la possibilità di incentivare lo sviluppo di pratiche agricole conservative e integrate, guardando anche alle energie rinnovabili, e di valorizzazione dei servizi ecosistemici. Dal seminario è arrivato l’input di far correre insieme transizione green e digitale per supportare il contributo importante che può arrivare dalle imprese agricole alla sostenibilita’ ambientale, economica e sociale.

LA GUERRA IN UCRAINA METTE IN CRISI ANCHE L’APPROVVIGIONAMENTO DI MATERIE PRIME BIO

LA GUERRA IN UCRAINA METTE IN CRISI ANCHE L’APPROVVIGIONAMENTO DI MATERIE PRIME BIO

Dal Mar Nero parte una quota importante di cereali e proteoleaginose anche bio. Oltre alla crisi umanitaria ed energetica il conflitto in corso apre tristi prospettive di una crisi alimentare mondiale che non risparmia il comparto del biologico. Negli Stati Uniti, ad esempio, il settore della carne avicola è strettamente dipendente dall’export ucraino e fatica a trovare alternative

Crisi umanitaria, crisi energetica e crisi alimentare, anche per il biologico. L’invasione russa in Ucraina fa sentire il suo peso in tutto il mondo. Le sue implicazioni hanno infatti già portato a un aumento considerevole dei prezzi del petrolio e dei prodotti alimentari e questo è probabilmente solo il primo assaggio di quello che può comportare il prolungamento del conflitto e delle sanzioni.

Il granaio d’Europa

L’Ucraina è infatti “il granaio d’Europa”, leader mondiale nella produzione di cereali, in particolare di quelli a semina primaverile come il mais e di oli di semi, in particolare di girasole. Gran parte delle esportazioni di questo Paese vanno in Nord Africa, Medio ed Estremo Oriente e Unione europea.

 

Anche la Russia è uno dei principali produttori di colture agricole chiave. Insieme i due paesi hanno esportato quasi il 60% degli oli di girasole, cartamo e semi di cotone del mondo nel 2020, il 24% di orzo e il 26% di grano tenero e di mais.

 

L’aumento dei prezzi del cibo

Si prevede che il conflitto in Ucraina faccia salire i prezzi dei generi alimentari in un mercato alimentare già instabile in cui i prezzi erano aumentati ai massimi da oltre un decennio. Una circostanza che colpisce anche il settore biologico. Secondo i dati diffusi da Fibl (Istituto svizzero di ricerca sull’agricoltura biologica) e Ifoam nella 23a edizione di “The World of Organic Agriculture“ (ne abbiamo già parlato qui), sia l’Ucraina che la Russia sono infatti nella top twenty dei produttori mondiali di materie prime biologiche rispettivamente con superfici di 463mila e 615mila ettari quasi interamente investiti in cereali e proteoleaginose.

«La crisi – commenta Adriana Herrera, presidente dell’Agricultural Market Information System (Amis) dei paesi del G20 – arriva in un momento in cui i mercati alimentari internazionali stanno già lottando con l’impennata dei prezzi e le continue ricadute della pandemia da Covid-19».

«Oltre a causare difficoltà umanitarie, la guerra rischia quindi di mettere a repentaglio la sicurezza alimentare di milioni di persone che dipendono da cibo a prezzi accessibili in tutto il mondo».

L’impatto sul Mediterraneo

«In un sistema alimentare – allerta Steve Taravella, portavoce senior del Programma alimentare mondiale (WFP) delle Nazioni Unite – già destabilizzato dalla pandemia e dalla crisi climatica, l’ulteriore aumento dei prezzi alimentari causato dal conflitto sul Mar Nero porterebbe a conseguenze devastanti per paesi come l’Egitto e la Turchia, che importano il 70% del loro grano sia dall’Ucraina che dalla Russia».

 

L’esempio del pollo biologico americano

E per capire che cosa potrebbe significare l’impennata dei prezzi delle materie prime per il mercato del biologico basta dare un’occhiata a quello che sta capitando negli Usa. Dove l’allarme sta già coinvolgendo il settore del pollo biologico, che vale circa il 6% del mercato dei prodotti avicoli del Paese. L’Ucraina è infatti un fornitore leader di semi oleosi e cereali biologici per questo settore. «Continuiamo – annuncia Diana Souder, portavoce di Perdue Farms , tra i principali attori di questo settore negli States- a monitorare la situazione per prevenirne l’impatto sui mercati agricoli e sui nostri partner allevatori».

Gli agricoltori statunitensi e canadesi non sembrano però in grado di colmare il divario produttivo, almeno non per le colture biologiche: meno del due per cento di tutti i terreni agricoli statunitensi è certificato biologico e la maggior parte è erba medica. Mentre gli effetti della siccità sui prodotti del Sud America, in particolare sulla soia brasiliana, non lasciano immaginare fonti di approvvigionamento alternative per questo importante mercato. Una situazione in cui l’Italia, con il modello di stretta integrazione di filiera tra produttori di materie prime e allevamenti bio potrebbe manifestare una maggiore resilienza, ma solo nel breve periodo.

RECORD DI CRESCITA MONDIALE

RECORD DI CRESCITA MONDIALE

Il fatturato mondiale del bio supera nel 2020 i 120 miliardi di euro, frutto di una crescita boom trainata dalla domanda di sicurezza e salute. Gli Usa trainano la domanda, l’Australia al vertice per le superfici

Il mercato biologico globale registra una crescita senza precedenti nel 2020. Le vendite al dettaglio sono cresciute infatti di 14 miliardi di euro e hanno superato la soglia dei 120 miliardi di euro. Lo certifica la 23a edizione di “The World of Organic Agriculture“, lo studio di Fibl (Istituto svizzero di ricerca sull’agricoltura biologica) e Ifoam  che analizza 190 Paesi nel mondo, presentato in febbraio (su queste pagine avevamo già commentato i risultati relativi al mercato europeo).

L’impatto della pandemia

Si tratta della crescita più alta mai registrata e la pandemia ha in qualche modo influito.  «Le persone – afferma Helga Willer, responsabile dell’annuario presso FiBL –  sono rimaste a casa e hanno iniziato a cucinare più spesso e la salute, l’ambiente e il cambiamento climatico sono diventati grandi problemi che hanno trainato, le vendite al dettaglio di prodotti biologici. Tuttavia, allo stesso tempo, nel settore della ristorazione le vendite sono diminuite in molti Paesi».

Nel dettaglio: Gli Stati Uniti continuano a essere il mercato leader (49,5 miliardi di euro), seguiti da Germania (15 miliardi di euro) e Francia (12,7 miliardi di euro). Nel 2020 molti dei principali mercati hanno mostrato tassi di crescita straordinariamente forti; il mercato tedesco, ad esempio, è cresciuto di oltre il 22 percento. I consumatori svizzeri hanno speso di più in alimenti biologici (418 euro pro capite nel 2020) e la Danimarca ha continuato a detenere la quota di mercato biologica più alta, con il 13% del suo mercato alimentare totale.

3,4 milioni di produttori

Nel 2020 sono stati segnalati 3,4 milioni di produttori biologici, con un aumento del 7,6% rispetto al 2019. L’India ha continuato a essere il Paese con il maggior numero di produttori biologici (1,6 milioni). La maggior parte dei piccoli produttori è certificata in gruppi basati su un sistema di controllo interno.

Gli ettari

Quasi 75 milioni di ettari sono stati gestiti biologicamente alla fine del 2020, con una crescita del 4,1% o 3 milioni di ettari rispetto al 2019. L’Australia ha la più grande superficie agricola biologica (35,7 milioni di ettari), seguita da Argentina (4,5 milioni di ettari) e Uruguay (2,7 milioni di ettari). La superficie biologica è aumentata in tutti i continenti nel 2020. La metà della superficie agricola biologica globale si trova in Oceania (35,9 milioni di ettari). L’Europa ha la seconda superficie più grande (17,1 milioni di ettari), seguita dall’America Latina (9,9 milioni di ettari). Nel 2020, l’1,6% dei terreni agricoli nel mondo era biologico. Tuttavia, molti Paesi hanno quote molto più elevate: il Liechtenstein ha la quota organica più ampia del totale dei terreni agricoli (41,6%), seguito da Austria (26,5%) ed Estonia (22,4%). In 18 paesi, il 10% o più della Sau agricola è bio.