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USI SOSTENIBILI, GIRO DI VITE SUGLI AGROFARMACI

USI SOSTENIBILI, GIRO DI VITE SUGLI AGROFARMACI

Difesa delle colture, in arrivo vincoli più stringenti. La Commissione Ue presenta infatti la nuova proposta di Regolamento sugli usi sostenibili degli agrofarmaci. Precedenza ai mezzi di biocontrollo, la chimica slitta in secondo piano. La novità è inserita nel Pacchetto Natura, che mira a dimezzare l’impiego di agrofarmaci entro il 2030

Ridurre del 50% l’uso degli agrofarmaci entro il 2030. È l’obiettivo dichiarato dal Green Deal e il mezzo per raggiungerlo è il “Pacchetto Natura” che la Commissione europea si appresta a varare. Oltre alla stretta sulla chimica in agricoltura dovrebbe contenere altri obiettivi vincolanti per frenare la perdita di biodiversità. Il dimezzamento nell’uso e nel rischio degli agrofarmaci a livello Ue è uno degli obiettivi dichiarati della Strategia Farm to Fork, sui sistemi alimentari sostenibili.

Niente Pan

La formula scelta dall’esecutivo Ue è quella di un Regolamento, immediatamente applicativo, che affretterà i tempi di adozione rimpiazzando l’attuale direttiva 2009/128 sull’uso sostenibile degli agrofarmaci senza biaogno di recepimento nazionale ed elaborazione del relativo Piano d’azione nazionale (Pan). «Manterremo gli ambiziosi impegni assunti nell’ambito della strategia – afferma Stella Kyriakides, Commissaria Ue alla Salute– e nel farlo manterremo anche la nostra promessa di non lasciare indietro nessuno, né consumatori, né produttori. La nostra ambizione sarà accompagnata da un livello di sostegno altrettanto ambizioso».

Precedenza al biocontrollo

Il quadro normativo renderà più stringente il principio che la chimica è una soluzione da adottare solo quando le altre sono insufficienti. Solo dopo, cioè, aver applicato pratiche agricole sostenibili, misure di prevenzione, metodi di lotta biologica ai parassiti o varietà resistenti. Un principio già riconosciuto dalle leggi Ue ma, secondo le numerose valutazioni sulla direttiva pesticidi fatte dalla Commissione europea, poco praticato a livello di Stati membri. Il pacchetto dovrebbe contenere anche gli obiettivi per riservare una certa percentuale di aree agricole ad aree ad alta diversità.

Timori per la perdita di produttività

Tutte misure che nei mesi scorsi hanno fatto discutere per i rischi potenziali in termini di capacità produttiva in una fase in cui la guerra in Ucraina rimette in discussione la sicurezza alimentare mondiale. I rischi «per la sicurezza alimentare in Africa e Medio Oriente – sostiene Frans Timmermans , vicepresidente della Commissione europea– sono enormi. Ma usare questi problemi come alibi per non realizzare la Farm to Fork significherebbe uccidere la salute e la sopravvivenza a lungo termine della nostra agricoltura».

Le reazioni

«Per ridurre la chimica – commenta l’europarlamentare Paolo De Castro – occorre garantire delle valide alternative per gli agricoltori». Secondo l’ex ministro « la proposta della Commissione non tiene conto dell’attuale contesto geo politico e delle conseguenze che la riduzione dell’uso della chimica può avere sulla produzione agricola».

Sulla stessa linea Confagricoltura e Agrofarma: «Manca la valutazione d’impatto – lamenta Riccardo Vanelli, Presidente di Agrofarma-»

IL PANE BIO E SOSTENIBILE NON PUÒ SCENDERE SOTTO I 7 EURO AL CHILO

IL PANE BIO E SOSTENIBILE NON PUÒ SCENDERE SOTTO I 7 EURO AL CHILO

OK il prezzo è giusto: Gambero Rosso lancia a Roma la 4a edizione delle guida “Pane e Panettieri d’Italia” e mette in guardia contro la caccia ai ribassi in un periodo di costi produttivi alle stelle per gli agricoltori

«Un pane buono, etico e sostenibile oggi non può costare meno di 7 euro al chilo».

È questa l’indicazione di consumo della quarta edizione di Pane & Panettieri d’Italia di Gambero Rosso presentata il 23 giugno a Roma presso Palazzo Brancaccio.

54 panifici premiati

La pubblicazione enogastronomica presenta oltre 60 novità e 54 panifici premiati con il massimo punteggio del simbolo dei Tre Pani con 3 nuovi ingressi. La Lombardia è al vertice con 8 panifici premiati seguono il Piemonte con 7, il Veneto, l’Emilia-Romagna e il Lazio con 6, la Sicilia e la Puglia con 4; la Campania con 3; la Toscana e le Marche con 2; Valle d’Aosta, Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia, Abruzzo, Basilicata e Sardegna con 1.

Il premio “Pane e Territorio” va a Cuore di Pane Bio (Cabella Ligure-Alessandria) mentre quello di Bakery dell’anno va a Cerere – L’Atelier del Pane (Triuggio-Monza e Brianza). Il premio Panettiere Emergente va a Chiere (Piacenza).

«Il pane – afferma Paolo Cuccia, presidente di Gambero Rosso – è un prodotto tradizionale in continua evoluzione grazie alla maestria della nuova generazione di panettieri».

«Farine, impasti e lieviti sono – aggiunge – fondamentali per un pane di qualità». «I consumatori – osserva l’ad Luigi Salerno – sono sempre più attenti ad un’alimentazione che punta alla salute e alla tutela dell’ambiente».

PLAGGE (IFOAM): «IL BIOLOGICO È LA ROTTA DA SEGUIRE PER REALIZZARE IL GREEN DEAL»

PLAGGE (IFOAM): «IL BIOLOGICO È LA ROTTA DA SEGUIRE PER REALIZZARE IL GREEN DEAL»

Tutti i temi toccati a Bordeaux nel corso della 16° European Organic Congress che ha visto la partecipazione di 260 delegati da tutto il mondo.  D’Elia (Suolo e Salute): «Il bio è la soluzione per le sfide decisive che abbiamo davanti»

«Il biologico è la strada principale per riuscire a raggiungere gli obiettivi del Green Deal. Gli Stati Membri devono avere più coraggio nel sostenere il bio». Si è conclusa da qualche giorno, a Bordeaux, la 16a edizione dell’European Organic Congress e ancora non si spegne l’eco del convinto ammonimento di Jan Plagge, presidente di Ifoam Organics Europe.

Sulle sponde della Garonna

L’associazione di riferimento dei movimenti del biologico europeo ha organizzato questo evento in collaborazione con Interbio Nouvelle Aquitaine, l’associazione interprofessionale del biologico di questo distretto francese. L’evento, il primo in presenza dopo due anni di pandemia, si è tenuto nei giorni 16 e 17 giugno sulle sponde della Garonna, nella splendida cornice della Cité du Vin di Bordeaux.

Per Suolo e Salute, sponsor del congresso nonché da anni membro di Ifoam Organic Europe, ha partecipato Alessandro D’Elia, direttore generale dell’organismo di controllo e certificazione che sul ruolo del biologico come leva importante per le sfide future, tema al centro del dibattito del Congresso, commenta: «Il bio è l’unico metodo di produzione che, grazie al suo approccio sistematico, è parte integrante delle soluzioni per affrontare questioni molto complesse, condizionanti il futuro, come: la mitigazione della crisi climatica, il contrasto alla riduzione di biodiversità, la produzione di alimenti sani e di qualità nel rispetto delle risorse ambientali».

 

«Gli Stati Membri non tradiscano il bio»

Il titolo dell’edizione 2022 era «Un futuro più biologico: sulla strada per il raggiungimento del Green Deal dell’Ue», un tema subito ribadito con l’aperto richiamo agli Stati Membri di sostenere il comparto in una fase particolarmente delicata. «L’agricoltura biologica – ha dichiarato con forza Plagge – può dare un grosso contributo al raggiungimento degli obiettivi della nuova Pac perchè è la strada per aumentare la fertilità, la salubrità del suolo e dell’acqua, migliorare il benessere degli animali, diminuire l’impatto degli agrofarmaci e contribuire all’economia delle aree rurali, soprattutto quelle svantaggiate». «Gli Stati membri – ha continuato il presidente di Ifoam Organics Europe – dovrebbero avere più coraggio e rispondere alle osservazioni della Commissione sui piani strategici nazionali per dare, nel rispetto degli impegni, più garanzie di crescita al biologico durante la prossima programmazione della Pac 2023-2027».

Numerosi Stati membri, tra cui Italia, Francia e Spagna, sono stati infatti invitati dalla Commissione a rivedere i propri Piani Strategici Nazionali, soprattutto riguardo alle risorse destinate al biologico, anche in relazione all’obiettivo del 25% di superficie in biologico entro il 2030 previsto dal Green Deal.

«La politica agricola comune – hanno ribadito alcuni relatori – dovrà incentivare con denaro pubblico la produzioni di esternalità positive, con ricadute tangibili sulla società, garantita da questo metodo di produzione».

Sei mesi di nuovo regolamento

Dopo la sessione plenaria, incentrata sul contributo della Pac e sul Piano d’azione sul biologico, il programma dell’evento francese ha previsto un approfondito workshop sulla rete pilota delle aziende biologiche favorevoli al clima. A cui è seguita l’analisi dei primi 6 mesi del Reg. UE 2018/848 sul biologico, la cui applicazione è in vigore dal 1° gennaio 2022. La Commissione europea ha annunciato che sono in cantiere approfondimenti normativi per la precisa definizione del sale e degli insetti biologici, in linea con il recente aggiornamento sui “novel food”.

Mercato, filiere, digitalizzazione

In seguito l’evento è stato articolato in tre sessioni parallele su: mercato biologico, filiere e digitalizzazione. Le filiere del biologico si sono infatti caratterizzate negli ultimi 30 anni per le peculiarità ineguagliabili di resilienza, una dote da preservare anche alla luce delle recenti crisi. L’agricoltura 4.0 impone però la necessità di un rinnovamento anche nel biologico, che deve diventare protagonista nella ricerca di nuove soluzioni che riflettano le esigenze delle pratiche agroecologiche alla luce della digitalizzazione dell’agricoltura. Il tema più assillante (anche alla luce del clima torrido che ha accolto le delegazioni di visitatori a Bordeaux) è quello della lotta ai cambiamenti climatici. Una sfida in cui il biologico avrebbe molte carte da giocare. La carbon farming però segna decisamente il passo nel Vecchio Continente, visto che siamo ancora in attesa della precisa definizione delle pratiche da premiare per garantire un contributo alla mitigazione del clima, all’adattamento e alla protezione della biodiversità.

Dall’analisi della situazione di mercato è emerso l’andamento altalenante degli ultimi due anni. Al di là di ogni più rosea aspettativa, la pandemia di Covid-19 ha portato infatti nel 2020 a vendite mai viste prima di prodotti biologici (ne abbiamo già parlato qui: https://www.suoloesalute.it/record-di-crescita-mondiale/). Una crescita internazionale che è continuata anche nel 2021, ma a ritmi meno impressionanti. Il mercato globale del biologico è comunque in costante crescita. Nella sessione di mercato ha trovato spazio anche un’approfondita analisi dell’impatto dell’etichettatura Nutriscore prevista dalla strategia Farm to fork, di cui parliamo nel prossimo articolo.

Solidarietà verso il popolo ucraino

A Bordeaux, tra i relatori del Congresso, si è registrata la presenza di personalità di alto livello istituzionale, ricercatori, esperti, agricoltori e imprenditori provenienti, oltre che da Bruxelles, da diversi Paesi per condividere le loro esperienze ed approfondimenti sui nuovi temi al momento in discussione. Sono stati infatti circa i 260 partecipanti provenienti da tutto il mondo (con l’arrivo per la prima volta di delegazioni da Giappone, Stati Uniti e Sri Lanka). Uno spazio particolare è stato però riservato alla delegazione ucraina.

L’apertura dell’evento di Ifoam è stata infatti dedicata a questo Paese devastato dalla guerra, con una commovente conferenza stampa dove sono state rappresentate le difficoltà della filiera produttiva e delle aziende biologiche. I partecipanti hanno espresso grande solidarietà e sostegno al popolo ucraino, con ripetuti applausi e una lunga standing ovation.

Per info: www.europeanorganiccongress.bio oppure seguire @OrganicsEurope su Twitter, LinkedIn, Instagram e Facebook. IFOAM Organics Europe pubblicherà aggiornamenti sul Congresso con #EUOrganic2030 e #EOC2022.

 

 

ALLARME DI IFOAM SUGLI SCARSI SOSTEGNI AL BIO IN EUROPA

ALLARME DI IFOAM SUGLI SCARSI SOSTEGNI AL BIO IN EUROPA

In Paesi come Francia e Spagna i finanziamenti per le conversioni fissati dai piani strategici nazionali post 2022 sono notevolmente inferiori rispetto alla precedente programmazione

IFOAM Organics Europe, l’organizzazione ombrello per l’alimentazione e l’agricoltura biologica, chiede a Bruxelles di investire maggiormente nel settore per raggiungere il 25% di terreni agricoli biologici entro il 2030. Al momento- fanno sapere da Ifoam- , la maggior parte dei paesi è fuori bersaglio e senza investimenti, c’è una reale minaccia di perdere parte dell’attuale terreno agricolo biologico.

Budget nazionali insufficienti

Senza incentivi adeguati, il futuro dell’agricoltura biologica nell’UE appare cupo poiché IFOAM indica budget insufficienti per diversi paesi tra cui Repubblica Ceca, Finlandia, Portogallo, Svezia, Francia, Paesi Bassi e Spagna.

L’organizzazione ha inviato lettere di avvertimento ai Ministeri nazionali dell’Agricoltura dei 27 paesi dell’UE e alla Commissione europea.

Interventi senza ambizioni

«Alcuni paesi – afferma Jan Plagge, presidente di IFOAM Organics Europe- non hanno l’ambizione di contribuire a livello nazionale all’obiettivo dell’UE del 25% di terreni agricoli biologici entro il 2030, sia in termini di obiettivi, sia in termini di interventi che rimangono deboli e con budget bassi in favore dell’agricoltura biologica»

Gli Stati membri secondo Plagge dovrebbero integrare nel piano strategico nazionale le osservazioni della Commissione per garantire almeno la continua crescita della produzione biologica durante il prossimo periodo della PAC 2023-2027 e avere una maggiore ambizione climatica e ambientale.

Giovani consumatori bio crescono

Secondo Innova Market Insights il settore bio continua a intercettare la domanda di chi chiede stili di vita più etici e sostenibili. L’Europa guida il movimento biologico con il 15,2% dei lanci di prodotti biologici, seguita dal 13,4% del Nord America. La tendenza del biologico è in gran parte trainata dai Millenials, poiché un consumatore su tre che afferma di seguire una dieta biologica ha tra i 26 ei 35 anni.

IFOAM però nota che in alcuni casi i paesi si potrebbero fare passi indietro per quanto riguarda il mantenimento dello spazio dedicato all’agricoltura biologica, mettendo ad esempio la Francia e la Spagna.

Paesi in cui, secondo IFOAM non ci saranno crescite del bio perché il  nuovo piano strategico nazionle (2023-2027) è “inferiore” all’ultimo programma (2014-2022) in termini di incentivi agli agricoltori per la conversione all’agricoltura biologica.

Carbon farming al palo

L’organizzazione rivela inoltre che non vengono stanziati più soldi per quei progetti che riducono le emissioni climalteranti: «Per la Francia, ad esempio, la Commissione ha affermato che attualmente si prevede che il regime Eco per l’agricoltura biologica riceverà lo stesso livello di pagamento dell’Eco – regime per HVE (il cosiddetto “High Environmental Value”) nonostante fornisca minori benefici ambientali».

LA CORSA DEL BIOLOGICO NEI DISCOUNT

LA CORSA DEL BIOLOGICO NEI DISCOUNT

L’attenzione al prezzo sposta gli acquisti nei canali considerati più convenienti. Dove cresce in particolare l’ortofrutta bio (+3,6%) e i prodotti per la prima colazione con incrementi a due cifre. L’analisi di Nomisma presentata al convegno organizzato dal Consorzio Il Biologico

La tempesta inflattiva innescata dalla guerra in Ucraina non fa cessare l’interesse dei consumatori italiani nei confronti del biologico. Ma fa aumentare senza dubbio la ricerca dei prezzi più bassi. Una miscela che sta spingendo verso l’alto le vendite del bio in un canale finora poco battuto come quello dell’hard discount.

Balzo nel 2022

«In questi canali distributivi – spiega Silvia Zucconi di Nomisma – il bio ha segnato una crescita delle vendite a valore del 16% nel primo quadrimestre 2022».

Un dato che evidenzia la maggiore attenzione dei consumatori riguardo alla questione prezzo. «Poiché negli iper e nei super – rivela la ricercatrice –  la tensione promozionale si sta riducendo, gli acquisti si spostano sul canale dei discount. Una lettura è confermata dalla private label, la marca del distributore che nel primo trimestre è rimasta stabile. Tra i valori in crescita anche il paniere benessere (+5,8%)”.

Dati che sono emersi nel corso del recente convegno “La filiera del biologico: numeri, sfide e sostenibilità” organizzato dal consorzio Il Biologico.

I 5 prodotti bio top

In cima tra le categorie più vendute nel biologico nel 2021 rimangono le uova, con 101 milioni di euro di fatturato un peso del bio che arriva al 19,6% ma un calo del 7,2% accusato ne corso dell’anno. Le confetture seguono lo stesso trend, seconde con 78,3 milioni di euro, un peso sul settore del 83,4% ma un calo annuale del 3,6%. IN forte crescita invece le gallette di riso, al terzo posto con 76,7 milioni e un balzo annuale del 13,4%. Significato anche l’exploit della frutta fresca confezionata, al quarto posto con 76,5 milioni di euro di vendite a valore e una crescita del 3,6% rispetto al 2020, mentre la verdura fresca confezionata è al quinto posto con 48,7 milioni di euro di vendite a valore e un trend in leggera discesa rispetto al 2020 (-1,9%). Tra i prodotti più vivaci anche i cereali per la prima colazione che nell’analisi di Nomisma sono balzati al decimo posto con un fatturato di quasi 36 milioni di euro e un balzo del 11,6%.

 

«Nonostante i buoni numeri dell’ortofrutta bio dell’anno scorso – ha specificato Zucconi – il settore ha risentito degli scenari evolutivi che impattano sul consumatore, come i rincari dei beni energetici e dei costi di produzione».

VINO BIOLOGICO E VINO SOSTENIBILE, UN DERBY CHE FA SOLO CONFUSIONE?

VINO BIOLOGICO E VINO SOSTENIBILE, UN DERBY CHE FA SOLO CONFUSIONE?

Dalla prossima vendemmia debutta il vino con il certificato nazionale di sostenibilità. Uno studio di Nomisma wine monitor mette in evidenza il possibile “conflitto di interesse” tra due tipologie che insistono nella stessa area green. Sarà un’occasione di crescita o l’inizio di una deleteria confusione?

Il vino biologico è entrato nelle abitudini di acquisto di oltre il 50% dei consumatori italiani. Lo certifica lo studio “Posizionamento e prospettive di sviluppo del vino bio in Italia e sui mercati internazionali” presentato da Silvia Zucconi ed Emanuele Di Faustino di Nomisma Wine Monitor in occasione del recente webinar “Vino bio: trend & sfide” organizzato da VeronaFiere, FederBio e AssoBio e moderato da Lorenzo Tosi, giornalista Edagricole.

Da un consumatore su sei a uno su due

«Si tratta – mette in evidenza Maria Grazia Mammuccini, presidente FederBio – di un notevole balzo in avanti rispetto a solo sei anni fa in cui solo un consumatore su sei affermava di conoscere e aver consumato nel corso dell’anno una bottiglia di vino bio. Un trend che, se opportunamente sfruttato, farà uscire il settore dalla nicchia (le vendite di vino bio nella gdo non superano infatti ancora la quota dell’1,8% nonostante l’aumento nel 2021 del 3,7%)».

Una sfida, quella di crescere, che ora deve tener conto di una variabile in più: lo scorso marzo il Ministero delle Politiche agricole ha infatti finalmente definito il disciplinare del vino sostenibile certificato. Sarà la grande novità a partire dalla vendemmia 2022. Il vino che fa riferimento al Sqpni (sistema di qualità nazionale produzione integrata) sarà un alleato o un competitor per il vino biologico?

Il traino del vino

Un quesito che ha un valore significativo per un sistema di produzione oggi adottato in Italia da 70.000 produttori e 10.000 imprese di trasformazione, in cui la produzione vitivinicola è la punta di diamante con il 19% delle superfici vitate convertite oggi al bio. «I consumi pro- capite – mette in evidenza Roberto Zanoni di Assobio – invece ci penalizzano, visto che ammontano a soli 64 euro l’anno, contro i 180 euro di Germania e Francia e i 350 euro di Svizzera e Danimarca, per cui c’è ancora molto da crescere».

Il vino può dare una grossa mano in questo senso. Dai numeri di Nomisma emerge infatti che i consumi di vino in Italia nel 2021 sono arrivati a 23,2 milioni di ettolitri, per 39,2 litri pro-capite, riprendendo un trend di crescita iniziato nel 2014 (+1,8% di crescita media annua fino al 2019) ed interrotto nel 2020 a causa della pandemia. Oggi l’Italia è il terzo mercato al mondo per consumi complessivi, con l’87% degli italiani tra i 18 ed i 65 anni che ha consumato vino almeno una volta negli ultimi 12 mesi. Altro trend interessante riguarda i canali: nel 2021 il 73% dei consumi è passato per il canale off-trade, ed il 27% per il fuori casa.

Origine e poi sostenibilità

Dalla survey commentata da Silvia Zucconi emerge che tre le caratteristiche più ricercate in un prodotto agroalimentare i  consumatori mettono al primo posto l’italianità (43%), seguita da sostenibilità (29%), quindi il biologico (27%), il prezzo basso (25%), il marchio Dop/Igp (23%) e la marca nota (15%). Quando si restringe il campo al vino, invece, il consumatore premia sempre l’origine intesa come provenienza da uno specifico territorio (23%), presenza del marchio Doc/Docg/Igt (20%), brand/cantina molto nota (13%), presenza di promozioni/offerte (13%), sostenibilità ambientale e sociale del prodotto (7%), confezione sostenibile (7%), presenza del marchio biologico (6%, scelto comunque dal 22% degli intervistati nelle risposte multiple), prezzo basso (7%) e confezione bella/attraente (4%).

L’area della sostenibilità pesa dunque anche per il vino per circa il 20% delle scelte, subito dopo la ricerca dell’origine, ma la sostenibilità ha superato il biologico come prima risposta.

Cosa vuol dire sostenibile?

Una sostenibilità del vino che i consumatori intervistati da Nomisma identificano in: rispetto per l’ambiente (26%); minimo utilizzo di fertilizzanti e pesticidi (16%); rispetto del patrimonio culturale e paesaggistico di un territorio (14%); confezione a minore impatto ambientale (11%); salvaguardia della biodiversità (10%); rispetto dei diritti dei lavoratori (7%); attenzione allo sviluppo economico dell’azienda produttrice (6%).

«Una risposta che denota – evidenzia Mammuccini – che i consumatori non sanno che la scelta del biologico consente già di soddisfare quasi tutte queste esigenze, con in più i vantaggi di un sistema certificato che fa riferimento ad un sistema normativo definito a livello internazionale». «Il confronto con il vino sostenibile non deve perciò portare a una competitività senza senso, ma a rafforzare il disciplinare del bio riguardo a quei valori di sostenibilità sociale e territoriale che oggi non vi trovano piena espressione».

Il parere della filiera

Il dibattito sui temi messi in evidenza dallo studio di Nomisma Wine monitor ha visto la partecipazione di: Walter Stassi, responsabile area vini Gruppo Pam Panorama che punta a raggiungere una quota del 10% di vino bio sui suoi scaffali; Daniele Piccinin, titolare ed enologo dell’azienda Le Carline ( «La sostenibilità è una parola a volte abusata, per la quale esistono troppe certificazioni e poca conoscenza da parte del consumatore, e questo rischia di creare confusione ed incertezza spingendo il consumatore a comprare un altro prodotto»); Andrea Di Fabio, direttore Generale di Cantina Tollo che ha messo in evidenza le criticità legate dalla difformità della certificazione di sostenibilità fra i vari paesi; Michele Manelli di Cantine Salcheto, che mette in evidenza la tendenza di mercati importanti come quelli del Nord America di mettere sullo stesso scaffale il bio e i vini sostenibili con caratteristiche diverse («siamo tutti sulla stessa barca»); Luciano Sbraga, vice direttore Fipe-Confcommercio che ha sottolineato il ruolo dei canali on trade della ristorazione nel portare chiarezza nel settore.