Suolo e Salute

Category: Suolo e Salute News

NUOVO REGOLAMENTO UE 848/2018: ANCORA MOLTI NODI DA SCIOGLIERE

NUOVO REGOLAMENTO UE 848/2018: ANCORA MOLTI NODI DA SCIOGLIERE

A gennaio scatterà l’applicazione del nuovo Reg. 848/2018. Una normativa complessa che richiede norme esecutive e di recepimento che ancora non hanno visto la luce. Un incontro tecnico organizzato da Suolo e Salute a Bagheria (Pa) ha fatto il punto sulle novità e sulle opportunità che potrebbero derivare dall’applicazione della nuova normativa. «Ma servono decisivi interventi chiarificatori nazionali su diversi punti».

Scatta la riforma del biologico europeo. Dal prossimo primo gennaio 2022 entra infatti in vigore il Reg. (Ue) 2018/848 del 30 maggio 2018 relativo alla produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici e che abroga il precedente Reg. 834/2007. Sarà un esordio non facile per il nuovo impianto normativo perché «nonostante lo slittamento di un anno causata dalla pandemia, sulla sua applicazione rimangono alcune incognite legate alla mancata pubblicazione degli ultimi regolamenti applicativi europei e alla mancata formulazione della normativa nazionale di attuazione».

L’incontro a Palazzo Butera

Lo ha ricordato Alessandro D’Elia, direttore generale di Suolo e Salute lo scorso 26 novembre a Bagheria (Palermo) nel corso dell’incontro tecnico “Nuovo regolamento Ue 2018/848, cosa c’è da sapere. Novità e opportunità per il biologico europeo” organizzato da Suolo e Salute.

L’incontro si è svolto nella suggestiva cornice di Palazzo Butera a Bagheria in provincia di Palermo davanti a un’attenta platea composta da numerosi tecnici, consulenti, liberi professionisti, per lo più appartenenti ai vari Ordini degli Agronomi e Forestali delle province siciliane.

Il nuovo regolamento è stato presentato nelle sue parti salienti da D’Elia assieme a Pancrazio Valastro, consulente Ufficio Qualità/Direzione generale di Suolo e Salute, Pietro Gemellaro, direttore regionale della sede siciliana dell’ente di controllo e certificazione e Roberto Trifiletti, responsabile controllo e certificazione bio.

Una leva per la crescita del bio

I relatori hanno ricordato che la normativa è stata concepita come uno strumento utile per la crescita del biologico europeo, rafforzandone il ruolo di volano per la sostenibilità ambientale, economica ma anche sociale dei territori, promuovendo le filiere corte e la produzione locale. L’articolato normativo è molto complesso, infatti, è costituito da molti regolamenti delegati ed esecutivi che certamente non ne facilitano la lettura rispetto al precedente regolamento molto più semplice. «Rispetto ai precedenti interventi normativi- è stato spiegato a Bagheria -, l’applicazione della nuova riforma del bio non è però immediata. Il Reg. 848/2018 costituisce infatti una legislazione di base che può essere aggiornata con atti delegati, che possono modificare o integrare il disposto comunitario anche attraverso atti esecutivi». Alcuni importanti interventi riguardano l’ambito del controllo e della certificazione, infatti, novità assoluta è l’innesto pieno nelle attività dei controlli ufficiali sanciti dal regolamento ue 625/2017.  L’obiettivo del legislatore è stato anche quello di introdurre maggiore trasparenza nei sistemi di etichettatura dei mezzi tecnici e delle sementi ammesse nel bio e di allargare l’orizzonte dei prodotti certificabili bio, come ad esempio il sale e i tappi di sughero. Nessuna novità riguardo alla certificazione della ristorazione collettiva.

Non siamo a “bocce ferme”

«Non siamo ancora a “bocce ferme” – ha concluso D’Elia-. Alla luce del ruolo attribuito al biologico per la realizzazione degli obiettivi di transizione ecologica e di neutralità climatica fissati dal New Green Deal è auspicabile un intervento chiarificatore da parte delle autorità nazionali per sciogliere alcuni nodi del regolamento e renderlo un’efficace leva di crescita delle produzioni biologiche italiane».

IL BIOLOGICO GALOPPA IN EMILIA-ROMAGNA

IL BIOLOGICO GALOPPA IN EMILIA-ROMAGNA

Operatori oltre le 7mila unità, superficie oltre il 17% della Sau. I risultati raggiunti grazie alla programmazione del Psr 2014-20. Mammi (Assessore all’agricoltura: «Il biologico è un settore decisivo per la salute dell’ambiente e delle persone, ma anche per il valore sociale che rappresenta soprattutto nei territori più fragili»

In Emilia-Romagna il biologico è in forte crescita. Nei dati relativi al 2020 recentemente diffusi dalla Regione

il numero delle aziende agricole ha superato le 7mila unità (+85% dal 2014), la superficie agricola è oltre 200mila ettari che rappresenta il 17% della Sau regionale (+102% sempre dal 2014). Diventa così sempre più a portata di mano il traguardo del 25% entro il 2030 previsto dall’Unione europea.

L’impatto del Piano di Sviluppo rurale

Anche la dimensione media dell’azienda agricola biologica emiliano-romagnola è in costante aumento: nel 2020 è arrivata a 32 ha (media regionale 18 ha). La produzione bio è rappresentata prevalentemente da cereali e altre colture da granella per consumo umano ed animale (81%) e le foraggere.

«Tutto ciò – sottolinea l’assessore all’Agricoltura Alessio Mammi – è stato possibile grazie alle cospicue risorse impiegate dalla Regione tramite il Piano di sviluppo rurale sia come contributi diretti sia come meccanismi premiali ma anche grazie ai tanti agricoltori che hanno accettato di cogliere la sfida del bio».

L’assessore pone l’accento sull’importanza della coltivazione biologica non solo per la tutela dell’ambiente ma anche per il suo valore sociale.

Altri 70 milioni di euro nei prossimi due anni

«Il biologico – afferma – è un settore decisivo per la salute dell’ambiente e delle persone, ma anche per il valore sociale che rappresenta soprattutto nei territori più fragili della nostra regione, pensiamo all’Appennino o alle zone del basso ferrarese. Un’impresa biologica che si insedia in queste zone significa nuovi posti di lavoro, una comunità più coesa e anche sviluppo. Puntiamo a superare gli standard previsti dall’Unione europea e prevediamo un investimento di altri 70 milioni di euro nei prossimi due anni».

Per far conoscere tutti i numeri del settore biologico la Regione ha pubblicato in questi giorni un opuscolo informativo dal titolo “Il supporto alla produzione biologica in Emilia-Romagna: risultati Psr 2014-2020 e prospettive con la nuova Pac” (clicca per accedere), che illustra i principali indicatori di settore. Partendo da un confronto con la situazione europea ed italiana ne evidenzia l’andamento nel tempo e analizza anche quali possono essere i motivi di questo successo con l’obiettivo di sostenere e incentivare ulteriormente nuove adesioni a metodi produttivi sostenibili per l’agroalimentare regionale.

PIANO STRATEGICO NAZIONALE, CORSA CONTRO IL TEMPO

PIANO STRATEGICO NAZIONALE, CORSA CONTRO IL TEMPO

Il documento che definisce le linee nazionali per la prossima Pac 2023-2027 deve essere consegnato a Bruxelles entro la fine dell’anno. Angelo Frascarelli, presidente di Ismea, descrive su Terra e Vita le scelte strategiche da compiere per una politica agricola che dovrà tra l’altro portare l’agricoltura biologica italiana al 25% di superficie

Corsa contro il tempo per la definizione del Piano strategico nazionale (Psn). Il ministero delle Politiche agricole è infatti chiamato, in poche settimane, entro il 31 dicembre 2021, a redigere il documento di indirizzo della politica agricola dei prossimi 6 anni. Il neopresidente di Ismea Angelo Frascarelli, in un intervento sul settimanale Terra e Vita descrive la frenesia con cui le istituzioni nazionali, le Regioni, le rappresentanze agricole e agroalimentari e gli agricoltori sono chiamati a questo appuntamento fondamentale per definire le linee nazionali di una politica agricola, lo ricordiamo, che dovrà realizzare anche l’obiettivo del 25% di superficie agricola biologica a livello nazionale.

Nove obiettivi da raggiungere

Il Psn (piano strategico nazionale) dovrà specificare come raggiungere i 9 obiettivi chiave definiti da Bruxelles per la futura Pac, vale a dire:

  • garantire un reddito equo agli agricoltori;
  • aumentare la competitività;
  • riequilibrare la distribuzione del potere nella filiera alimentare;
  • agire per contrastare i cambiamenti climatici;
  • tutelare l’ambiente;
  • salvaguardare il paesaggio e la biodiversità;
  • sostenere il ricambio generazionale;
  • sviluppare aree rurali dinamiche;
  • proteggere la qualità dell’alimentazione e della salute.

Dotazione e scelte da compiere

La dotazione a disposizione del nostro Paese è di circa 35,5 miliardi di euro dal 2023 al 2027 (7,1 mld di € annui).

Tra le scelte più importanti da compiere vi è quella di definire l’architettura del sostegno nei pagamenti diretti, che dovrà basarsi su: un sostegno di base che potrà assorbire dal 41 al 65% del budget (pari a 3,658 miliardi l’anno), un numero variabile di ecoschemi, tra cui quello per l’agricoltura biologica (che si spartiranno almeno il 25% delle risorse), il pagamento redistributivo con un minimo del 10% e almeno il 3% ai giovani agricoltori.

Decisioni importanti sono anche quelle relative al pagamento accoppiato, con una percentuale di sostegno che può arrivare al 13% (quasi sicura la  destinazione di una percentuale rilevante di queste risorse alla zootecnia bovina da latte e da carne). Il Psn dovrà definire anche le Ocm (organizzazioni comuni di mercato), dove sono previsti interventi settoriali sui consueti ortofrutta, vitivinicolo, olio di oliva e apicoltura e forse anche zootecnia.

La decisione più difficile è però quella che riguarda la modalità di corresponsione degli aiuti del primo pilastro: se rimane il sistema dei titoli, allora occorrerà applicare obbligatoriamente la finora rimandata convergenza interna che scontenterà tutti quei settori finora beneficiari della quota maggiore di contributi.

I DATI SULLA RIDUZIONE DELL’IMPIEGO DI AGROFARMACI IN EUROPA SONO AFFIDABILI?

I DATI SULLA RIDUZIONE DELL’IMPIEGO DI AGROFARMACI IN EUROPA SONO AFFIDABILI?

Il Farm to Fork ha imposto il dimezzamento dell’agrochimica entro il 2030, ma le organizzazioni ambientaliste europee chiedono un’azione per affrontare i “punti ciechi” nella rilevazione dei consumi di agrofarmaci

Ventotto organizzazioni ambientali e sanitarie europee hanno inviato a Bruxelles una lettera aperta per contestare il modo con cui vengono rilevati in Europa i dati che riguardano l’agrochimica.

Le associazioni firmatarie hanno chiesto un’azione sui “punti ciechi” che minano gli obiettivi verdi stabiliti dal Green Deal. Nella missiva si afferma, a causa della mancanza di un organismo di supervisione, i dati forniti dai Paesi membri sull’uso dei pesticidi a Eurostat sono incompleti.

La riforma delle statistiche agricole

L’intervento avviene nel contesto della riforma Ue delle statistiche agricole. «Una riforma di grande importanza» secondo i firmatari della lettera.

 

«Garantire che ci siano dati pertinenti, affidabili e pubblici è cruciale per monitorare i progressi verso l’obiettivo della riduzione del 50% dell’utilizzo di agrofarmaci entro il 2030 definito dalla strategia Farm To Fork».

Vaghi set di dati aggregati

Attualmente l’ufficio statistico di Eurostat riceve, secondo la denuncia delle associazioni green, solo vaghi set di dati aggregati sulle vendite e l’uso di agrofarmaci dagli Stati membri a causa dell’attuale debolezza del quadro giuridico.

 

«In mancanza di precision sarà impossibile misurare l’evoluzione dell’efficienza dell’attuazione delle politiche e rimarremo ciechi di fronte alla reale situazione sul campo». «L’Europa – denunciano le associazioni -è in grave ritardo su questi punti».

 

Rispondendo alla lettera, Croplife Europe, che rappresenta l’industria europea della protezione delle colture, ha affermato che disporre di informazioni più precise su ciò che viene utilizzato e dove consentirà una «migliore comprensione della situazione sul campo e di come vengono realmente applicati i principi della difesa integrata».

GRANO BIOLOGICO ITALIANO, VIA A UN NUOVO PROGETTO DI FILIERA

GRANO BIOLOGICO ITALIANO, VIA A UN NUOVO PROGETTO DI FILIERA

Un’iniziativa di Cia-Agricoltori italiani insieme ad Alleanza Cooperative e a Italmopa

Al via il progetto di “Filiera del grano biologico italiano” per iniziativa di Cia-Agricoltori Italiani con Alleanza delle Cooperative e Italmopa.

Origine italiana interamente tracciata

L’impegno delle associazioni dei produttori e di quella dei trasformatori è quella di garantire l’approvvigionamento delle materie prime italiane e la loro tracciabilità a tutela dei cittadini-consumatori, consentendo loro di risalire alle diverse fasi della filiera produttiva, dalla coltivazione alla prima trasformazione del prodotto finale per la sua commercializzazione.

Contratti triennali

Numerosi i punti sul tavolo del confronto che sono alla base del progetto in fase di sviluppo. Le tre associazioni sono infatti concordi sulla necessità di sottoscrivere veri contratti di filiera con almeno durata triennale e contenenti gli strumenti e le modalità per determinare il prezzo, la programmazione delle semine e la definizione degli standard di qualità dei prodotti e, inoltre, di intervenire sui prezzi per una giusta remunerazione dei produttori agricoli e fidelizzare i clienti.

I sostegni del Pnrr

Strategico all’intesa anche il riconoscimento nel PNRR del sostegno in favore dei patti di filiera, riconosciuto dalle organizzazioni uno strumento utile a elevare gli standard qualitativi del frumento biologico. Il progetto, avviato da Cia con Alleanza Cooperative e Italmopa, è aperto al coinvolgimento anche di altri partner interessati a valorizzare le produzioni destinate alla mangimistica e agli oli vegetali.

(ANSA).

CRESCE UN BIO-ORTO SULLA TERRAZZA DELLA FAO

CRESCE UN BIO-ORTO SULLA TERRAZZA DELLA FAO

Le specie selezionate provengono dai campi catalogo della Fondazione Seminare il Futuro e si prefiggono di studiare sistemi pensili adatti a garantire la sicurezza alimentare di popolazioni di alta quota.

È stato inaugurato recentemente a Roma, sul tetto della Fao, un bio-orto. L’obiettivo è quello di  esplorare la possibilità di replicare giardini pensili biologici dove il suolo è scarso o poco produttivo per alleviare la carenza di cibo nei sistemi più fragili come le montagne e le zone urbane.

Varietà autoctone

«La terrazza dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura- informa una nota- ospita antiche varietà biologiche, tra cui – per citarne alcune relative a questa stagione invernale-: il peperoncino Papecchia, il cavolfiore violetto catanese, la cicoria catalogna di Brindisi, il sedano nostrale di Francavilla Fontana e il peperone Sweet Julie».

I partner del progetto

Le specie di piante selezionate per la coltivazione provengono dai campi catalogo della Fondazione Seminare il Futuro, da anni impegnata in ricerca e selezione di varietà specifiche per l’agricoltura biologica. L’orto biologico, accreditato come primo nel suo genere su un edificio delle Nazioni Unite, è realizzato da NaturaSì con l’Università La Sapienza – Orto botanico di Roma, dalla startup Ecobubble e da Slow Food in qualità di membri della Mountain Partnership, alleanza delle Nazioni Unite che si prefigge di migliorare la vita delle popolazioni di montagna e proteggere gli ambienti montani, salvaguardando la biodiversità e l’agricoltura di alta quota.

Tra tre anni il trasloco all’orto botanico

Il Bio-Orto potrà essere oggetto di visite guidate e tra tre anni verrà restituito a NaturaSì per la sua istallazione presso l’Orto Botanico di Roma. L’inaugurazione è avvenuta alla presenza del direttore generale della Fao Qu Dongyu e del vicedirettore Maurizio Martina.

(ADN Kronos).