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IL BIO COME CHIAVE PER L’INSERIMENTO LAVORATIVO DEI DISABILI

IL BIO COME CHIAVE PER L’INSERIMENTO LAVORATIVO DEI DISABILI

L’esempio di sostenibilità ambientale e sociale tracciato da un’esperienza nel catanzarese basata sul sistema idroponico

Potenziare l’attività in serra attraverso l’installazione di un impianto di coltivazione idroponica (fuori suolo) biologica per rafforzare l’intento di inserimento lavorativo di persone con disabilità intellettiva.

L’esperienza di Agrama

È l’obiettivo della cooperativa sociale “Agrama”, presieduta da Guglielmo Merazzi, che si trova in località Fieri di Belcastro, nel catanzarese. Una coop che ha come mission quella di curare un’attività di produzione agricola adoperando esclusivamente il metodo biologico ed ecosostenibile e con obiettivi mirati all’inserimento socio-lavorativo per ragazzi e ragazze con problematiche di tipo intellettivo e relazionale.

La via dell’inclusione

Adesso, grazie ad un finanziamento ottenuto dalla Chiesa Valdese – che ha creduto nella validità del progetto “Inclusione e nuove abilità in agricoltura sociale” destinando parte dei fondi dell’8 per mille per facilitare l’accompagnamento in percorsi lavorativi preceduti da tirocini mirati – si sono gettate le basi per far acquisire ai ragazzi con disabilità competenze nel campo dell’idrocoltura spendibili nel mondo del lavoro.

In una prima fase sono state ripristinate delle serre compromesse da atti vandalici e dal maltempo, “cuore pulsante” delle attività della cooperativa, che si susseguono da anni in località Fieri a Belcastro. Quindi i volontari si sono concentrati sulla conduzione assistita per la coltivazione delle piante a dimora e la loro assistenza durante la fase di crescita.

Nino Dell’Acqua, impegnato nell’attività di coltivazione all’interno della cooperativa, ha sottolineato come la nuova metodologia facilita i ragazzi coinvolti, non dovendo più ricorrere alle continue “zappettature” del terreno perché la crescita delle piantine avviene totalmente in acqua, tramite un sistema di ricircolo a regime completamente automatizzato. «Attraverso il recupero e la messa in attività delle due serre presenti a Belcastro – ha sostenuto Dell’Acqua – si intende favorire l’acquisizione di nuove competenze che mirano all’inserimento lavorativo delle persone che si trovano in situazioni di svantaggio ed a rischio di esclusione sociale. Dopo la fase di formazione, infatti, spetterà proprio ai ragazzi con disabilità, beneficiari del progetto, occuparsi della conduzione dell’impianto di coltivazione idroponica biologica».

FIBL COMPIE 50 ANNI

FIBL COMPIE 50 ANNI

Il centro di ricerche sull’agricoltura biologica che ha sede in Svizzera è nato il 1 aprile 1974. L’importante anniversario è stato celebrato con uno speciale bike tour attraverso alcune delle realtà più significative del bio del paese alpino

Dida: Il comitato esecutivo del FiBL Svizzera (da sinistra a destra): Dr. Jürn Sanders, Michel Keppler e Beate Huber. (Foto: FiBL, Andreas Basler)

Il FiBL ha celebrato il suo 50° anniversario con vari eventi. Le agricoltrici e gli agricoltori, nonché tutte le persone e le istituzioni che hanno sostenuto il FiBL Svizzera fin dalla sua fondazione, erano al centro dei festeggiamenti. La Carovana del FiBL ha girato la Svizzera in bicicletta per visitare alcune delle circa 600 aziende partner con cui il FiBL collabora strettamente: numerose fattorie biologiche e aziende di trasformazione alimentare in tutto il Paese. L’anniversario è stato poi celebrato all’occasione dell’Innovation Day presso il campus del FiBL con numerosi ospiti.

La storia del centro di ricerche svizzero prende infatti avvio nel primo giorno di aprile del 1974, esattamente 50 anni fa, quando il primo dipendente del FiBL effettuò il suo primo giorno di lavoro. La prima pietra del FiBL era stata posata ben un anno prima, il 1° febbraio 1973, con la creazione della “Schweizerische Stiftung zur Förderung des biologischen Landbaus” (Fondazione svizzera per la promozione dell’agricoltura biologica). Al termine dei festeggiamenti per il 50° anniversario si è insediato il nuovo trio ai vertici del FiBL Svizzera composto da Jürn Sanders, Michel Keppler e Beate Huber.

QUANTO È BIOLOGICA LA NOSTRA CARNE?

QUANTO È BIOLOGICA LA NOSTRA CARNE?

L’allevamento bio cresce soprattutto nel comparto ovino e caprino, mentre la crisi inflattiva penalizza suini e polli. L’analisi del sito “Statista” sul mercato tedesco

Il comparto zootecnico è una delle grandi speranze per la realizzazione del Green deal. Se finora infatti la crescita del bio era stata trainata da ortofrutta e cereali, oggi l’attenzione al benessere animale e la crescita della domanda di carne e latte bio stimola lo sviluppo di biodistretti dove l’allevamento è ben integrato nel territorio. La crisi inflattiva comincia però a farsi sentire anche in questo settore, non solo in Italia, ma in tutta Europa. In Germania, ad esempio, l’allevamento bio è stato al centro di un approfondimento del sito Statista, specializzato nelle analisi grafiche “espresso”.

Crescita del 70% in dieci anni

Nel 2022 l’agricoltura biologica in Germania ha infatti prodotto circa 137.000 tonnellate di carne, ovvero oltre il 70% in più rispetto a dieci anni prima.

Sembra una grande quantità, ma in realtà rappresenta ancora solo una piccola frazione della produzione locale di carne e ci sono molte differenze riguardo alle specie allevate.

La percentuale di carne suina proveniente da agricoltura biologica è infatti solo dello 0,8%, quella del pollame dell’1,6% e quella della carne bovina del 6,9%. Solo la carne ovina e caprina rappresenta una quota a due cifre della produzione totale (rispettivamente 13,5 e 13%).

Il peso della crisi economica

«Evidentemente – conclude il sito di analisi economiche – i cittadini europei si comportano in maniera differente quando sono consumatori. Affermano infatti di non volere “fabbriche agricole”, ma vogliono pollo e suino a prezzi che solo l’allevamento industriale può offrire, solo perché non contabilizza i costi indiretti in termini di impatto ambientale e climatico». Qualcosa di simile capita anche nel nostro Paese.

L’AGROECOLOGIA PRODUCE EFFETTI POSITIVI SUL FRONTE SOCIO-ECONOMICO

L’AGROECOLOGIA PRODUCE EFFETTI POSITIVI SUL FRONTE SOCIO-ECONOMICO

Non solo tutela dell’ambiente: le pratiche agricole virtuose rinsaldano le economie dei territori interni. La conferma da uno studio della Sant’Anna di Pisa

L’agroecologia non fa bene solo all’ambiente ma anche all’economia e alla coesione sociale dei territori interni. La conferma viene da una recente review realizzata da Paolo Barberi e colleghi dell’Istituto Sant’Anna di Pisa appena pubblicata su Agronomy for Sustainable Development (clicca per accedere allo studio).

Al vaglio 13mila lavori scientifici

Grazie all’analisi di oltre 13.000 lavori scientifici, la metanalisi  dimostra chiaramente che le pratiche agroecologiche hanno anche effetti positivi dal punto di vista socio-economico, aspetto che finora era stato un trascurato da altri lavori scientifici.

DIECI MILIONI PER LE INIZIATIVE DEI BIODISTRETTI

DIECI MILIONI PER LE INIZIATIVE DEI BIODISTRETTI

Le domande di accesso vanno inviate dal 15 al 29 aprile sul sito del Masaf

Via al bando da 10 milioni di euro sui biodistretti. Il Ministero dell’agricoltura e della Sovranità alimentare ha infatti pubblicato sul suo sito l’avviso per la selezione di proposte progettuali da parte di Distretti biologici per favorire le forme di produzione agricola a ridotto impatto ambientale e per la promozione di filiere e Distretti di agricoltura biologica.

Le scadenze

Le domande di accesso alle agevolazioni devono essere inviate tassativamente a decorrere dalle ore 12:00:00 del giorno 15 aprile 2024 e fino alle ore 12:00:00 del giorno 29 aprile 2024.

Ne ha parlato anche Giuseppe Romano, presidente di Aiab, nel corso della recente diretta streaming organizzata nell’ambito del progetto “ANTEA.

Antea e la blockchain

Un’iniziativa che mira a sviluppare la tecnologia blockchain e a realizzare attività pilota volte all’applicazione della tecnologia alla tracciabilità delle filiere produttive per contrastare due fenomeni che impattano negativamente sul sistema italiano dell’agrifood: l’Italian sounding e la contraffazione. «Per la tutela e la valorizzazione dell’agrifood italiano – commenta Romano – e per la valorizzazione del Made in Italy diventa necessario tracciare i prodotti lungo tutta la catena produttiva tramite le nuove tecnologie».

EQUALITAS E FEDERBIO INSIEME PER UN FUTURO DEL VINO PIÙ VERDE

EQUALITAS E FEDERBIO INSIEME PER UN FUTURO DEL VINO PIÙ VERDE

Un brindisi alla sostenibilità: l’accordo sottoscritto da Maria Grazia Mammuccini e Riccardo Ricci Curbastro punta a un modello condiviso di sostenibilità per il comparto vitivinicolo italiano, un terreno fertile per la collaborazione tra istituzioni, aziende e operatori del settore

Sotto l’egida del Sottosegretario all’Agricoltura Luigi d’Eramo, è stato siglato un protocollo d’intesa tra Equalitas e FederBio.

L’accordo, sottoscritto da Maria Grazia Mammuccini (Presidente di FederBio) e Riccardo Ricci Curbastro (Presidente di Equalitas), vuole raggiungere a un obiettivo ambizioso: la creazione di un modello condiviso di sostenibilità per il comparto vitivinicolo italiano, un terreno fertile per la collaborazione tra istituzioni, aziende e operatori del settore.

L’integrazione tra due modelli

Al centro di questa sinergia virtuosa vi è l’integrazione della certificazione bio con lo standard Equalitas Vino Sostenibile: un connubio virtuoso che si pone come baluardo della tutela ambientale e sociale.

Impegno congiunto per una comunicazione trasparente al consumatore, formazione e assistenza alle aziende vitivinicole che desiderano abbracciare entrambi i modelli di gestione: questi i capisaldi del protocollo. Non solo, le parti si impegnano a rafforzare i requisiti del biologico, valorizzandolo come risorsa strategica dell’UE per la gestione sostenibile del vino. Tracciabilità di prodotti e processi, tutela della biodiversità e salute di consumatori e operatori: questi i temi cardine su cui si concentrerà l’azione congiunta.

 

L’eccellenza del comparto vitivinicolo italiano è già una realtà tangibile: il 18% della produzione vanta la certificazione biologica e oltre un miliardo di bottiglie provengono da aziende certificate sostenibili secondo lo standard Equalitas.

 Le dichiarazioni dei protagonisti

«La certificazione rappresenta un valore aggiunto per i prodotti italiani – ha affermato d’Eramo». «Il protocollo siglato oggi punta a valorizzare i tre pilastri della sostenibilità: ambiente, società ed economia. Formazione, ricerca e comunicazione daranno ulteriore slancio ai nostri settori d’eccellenza, come il comparto vitivinicolo».

 

«Il tavolo di lavoro permanente che verrà attivato – ha sottolineato Mammuccini – promuoverà formazione, ricerca e comunicazione per fare della viticoltura bio e sostenibile italiana un’eccellenza sempre più riconosciuta a livello internazionale».

«Riteniamo che le istituzioni debbano recepire la richiesta di razionalizzazione proveniente dalle aziende – ha concluso Ricci Curbastro -. Auspichiamo il riconoscimento e il sostegno delle diverse modalità di avvicinamento alla sostenibilità, definendola in maniera completa, seria e trasparente».