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LA NUOVA POLITICA AGRICOLA COMUNE, TRA AGROECOLOGIA E INNOVAZIONE

LA NUOVA POLITICA AGRICOLA COMUNE, TRA AGROECOLOGIA E INNOVAZIONE

Da un primo tratteggio della nuova Politica Agricola Comune, che interesserà le annualità 2023/2027, due sono le direttrici che emergono come portanti: la transizione ecologica e quella digitale.

Nell’approccio del futuro, secondo la nuova PAC vi è l’utilizzo prevalente di pratiche agricole sostenibili, come l’agroecologia, l’agricoltura biologica, l’utilizzo di innovazioni digitali e dell’agricoltura di precisione.

Pratiche che possano favorire l’avvento di un settore agricolo più smart rispetto al passato, che rispetti maggiormente l’ambiente e convogli una certa vivacità all’interno delle aree rurali.

Questo approccio trova parti contrarie che accusano la strategia Farm to Fork immaginata dall’Unione Europea, perché troppo poco produttiva in termini alimentari; secondo questa visione, tale strategia ridurrebbe la produzione, provocando un aumento dei prezzi, a discapito di consumatori e agricoltori.

Gli ambientalisti invece, per nulla favorevoli all’approccio tecnologico, giudicano scarsa ovvero non sufficiente, la propensione ambientale tratteggiata nella nuova PAC, che favorirebbe un ristretto numero di aziende agricole non adeguatamente attente sia dal punto di vista ambientale che da quello animale.

Dobbiamo tuttavia pensare che nella concezione smart dell’agricoltura, immaginata dall’Unione, è già contemplato un incremento della produttività compatibile con una particolare attenzione e cura verso l’ambiente; potenziato dall’utilizzo dell’innovazione tecnologica.

Un piccolo investimento nella direzione ecologica era già stato seminato con la precedente PAC 2021/22, le cui fonti di finanziamento erano di provenienza del Quadro Finanziario Pluriennale 21/27, che in Italia raggiunge i 6 miliardi di euro con il cofinanziamento nazionale.

Queste ultime unite a quelle del programma “Next Generation Eu” per l’Italia, pari a 910,6 milioni di risorse in Europa, attribuite agli Stati Membri secondo una precisa ripartizione: 8% delle risorse possono essere utilizzate per il sostegno delle misure dei loro programmi di sviluppo rurale, nel rispetto dei requisiti minimi ambientali; 37% per interventi legati alla transizione ecologica; 55% per interventi legati alla transizione digitale.

Con l’avvento della PAC 2023/27 gli strumenti a favore di un’evoluzione ecosostenibile sono aumentati. Tra questi compaiono gli eco-schemi: un nuovo pagamento verde, erogato tramite un premio annuale per ettaro in aggiunta al pagamento base; dedicato a quegli agricoltori che si impegnano in pratiche ecocompatibili e innovative dal punto di vista tecnologico.

Gli eco-schemi sono il frutto di una strategia molto chiara alla base di tutto il disegno della nuova Pac, convinta che la sostenibilità possa essere perseguita attraverso l’innovazione digitale.

Tecnologie di guida satellitare, precisione nelle operazioni colturali, gestione dei dati, sono tutti elementi indispensabili per un’agricoltura moderna; efficace nel ridurre gli sprechi e nel migliorare la qualità dei prodotti e le informazioni legate alla loro origine.

Una transizione che si pone l’obiettivo di elevare le capacità professionali, dotando finalmente l’agricoltura di strumentazioni efficaci e precise, proporzionali al rilievo che il settore sta assumendo in una prospettiva di crescita consistente.

Fonte: Terra e vita

BIOLOGICO A GONFIE VELE: LA TENDENZA DEI MERCATI IN ITALIA E ALL’ESTERO

BIOLOGICO A GONFIE VELE: LA TENDENZA DEI MERCATI IN ITALIA E ALL’ESTERO

Gli interessi ricreativi che il 2020 ha dato la possibilità di esperire, in quanto anno della pandemia da Covid-19, sono stati pochi, ma tra questi spicca certamente l’attenzione alla salute e alla qualità, riservata da parte dei consumatori alla spesa alimentare e alla preparazione degli alimenti.

A confermarlo sono i dati raccolti da Nomisma e Nielsen, pubblicati sulla rivista Food, in merito alla crescita del consumo di prodotti biologici.

Il settore ha conosciuto un’impennata del 20% durante l’anno 2020, crescita che alla fine del primo semestre dell’anno, rappresentava il 3,9% della vendita totale di cibi e bevande.

Tra i prodotti alimentari più consumati durante il periodo di pandemia, troviamo le uova, la cui quota ha raggiunto i 110 milioni di euro. L’incremento economico non è stato l’unico risultato, infatti i consumatori hanno mostrato maggiore sensibilità riguardo alla provenienza delle uova e al tipo di allevamento da cui provengono.

La GDO si è mossa di conseguenza ampliando l’offerta di uova biologiche. Infatti, le uova certificate biologiche mantengono oltre il 10% dei volumi venduti, mostrando incrementi del 4% rispetto al 2019.

Le farine bio, sono diventate un “tormentone” della spesa durante il lockdown. Favorite dalla preparazione di dolci e alimenti fatti in casa, la loro vendita ha riscontrato un aumento del 44% durante l’anno 2020, cioè circa 25 milioni di euro in più rispetto alla media dell’anno precedente; con un consequenziale calo commerciale del 10% rispetto a prodotti come biscotti e merendine, penalizzati dal ritrovato gusto dell’hand made.

Anche frutta e verdura biologica sono stati tra gli alimenti più acquistati, con un incremento del 12% della prima e del 7% rispetto agli ortaggi.

I discount, gli e-commerce e i negozi specializzati si distinguono invece per essere stati i canali preferenziali di acquisto durante il periodo di pandemia.

La vendita nei discount è cresciuta del 12% circa, mentre quella online è risultata strategica per i produttori che vi hanno abbinato la consegna a domicilio, favorendo una relazione diretta con il consumatore, in queste circostanze meno scontata da realizzare.

I negozi specializzati sono stati agevolati dall’impossibilità allo spostamento da parte delle persone, costrette a rivolgersi ai commercianti nelle immediate vicinanze per l’acquisto di beni primari.

Se poniamo lo sguardo alla percentuale di suolo coltivato a metodo biologico in Italia, questo si aggira intorno al 15%. Di cui almeno la metà è distribuito tra Sicilia, Puglia, Calabria ed Emilia Romagna. La regione che accoglie la più alta concentrazione di terreno coltivato a bio è la Sicilia, con circa 400 mila ettari coltivati dedicati prevalentemente ad agrumi e olivi.

Fuori dal confine italiano, l’Italia emerge per essere il primo esportatore di alimenti bio in Europa, per un ammontare di 2 miliardi e mezzo di euro – di cui il 30% commercializzati attraverso le private label dei distributori stranieri -.

Tra i prodotti maggiormente esportati: frutta e verdura e bevande vegetali alternative al latte tradizionale. Seguono il riso, la pasta, gli oli, le carni e il vino. L’80% del fatturato del settore, deriva proprio dall’export.

Per quanto riguarda il vino, quest’ultimo nella produzione a metodo biologico ha conosciuto un’ulteriore crescita non soltanto in termini quantitativi. Chianti Classico e Franciacorta sono tra le maggiori produzioni, che ammontano relativamente al 30 e 50%.

Ad essere importate invece, sono materie prime come caffè, tè, cacao, spezie, banane, ananas, zucchero di canna, riso basmati proveniente dall’India e grano tenero di derivazione canadese.

Poco distante da noi, con un giro economico di 12 miliardi di euro, vi è la Germania, dove un consumatore su due acquista quotidianamente prodotti bio.
Durante il lockdown la vendita attraverso i discount è stata la corsia preferenziale, questi – Lidl è un esempio – si coordinano sul lavoro con l’associazione Bioland, nota per sottoporre i prodotti a un controllo di certificazione estremamente rigoroso. Controllo che attrae a sé fette di consumatori inedite.

La Francia è tra i paesi più attivamente impegnati nella transizione ecologica. Si prevede che nei prossimi anni il mercato bio incrementerà notevolmente, grazie alla strategica fusione tra la GDO e alcuni marchi specializzati. Supermercati e Ipermercati infatti, detengono il 55% del dominio sul mercato bio d’Oltralpe.

Oltre i confini europei: il Regno Unito ha registrato un aumento nel settore durante il 2020 del 6%, percentuale che durante il lockdown ha raggiunto il 18,7. Tra gli alimenti più venduti in questo paese, le banane Fairtrade e le uova biologiche.

Oltreatlantico il mercato biologico non delude: in Canada la quota dei prodotti bio ha superato i 3 miliardi di euro, di cui 780 milioni derivano dalla vendita di alimenti importati dall’estero, come caffè, pomodori, spinaci e fragole.

Negli Stati Uniti ad avere il controllo delle vendite sono le multinazionali come Walmart e i discount, che puntano sulle promozioni per favorire l’ampliamento della clientela. Il settore biologico in America, equivale oggi al 5,8% della vendita alimentare.

In Cina questo tipo di mercato è alimentato soprattutto dai Millennials, forti consumatori di spuntini freschi biologici. Si prevede che entro tre anni il mercato cinese del bio superi i 13 milioni di dollari di fatturato.

L’India ha visto schizzare alle stelle il consumo di riso e legumi bio durante il lockdown. Il fatturato di prodotti biologici del paese ammonta a circa un miliardo di dollari (860 milioni di euro). Inutile dire che Amazon ha alimentato l’attrazione delle persone per il settore, incentivando il consumo con generosi sconti su marchi di rilievo.

In uno stato come quello russo invece, il biologico è una categoria d’acquisto riservata alle élite, perché comporta rincari fino al 300%. Il mercato bio, rappresenta solo lo 0,1% delle vendite alimentari, sebbene negli ultimi dieci anni la catena healty VkusVill abbia aperto ben 1200 punti vendita all’interno del paese.

Il caso australiano è fuori dall’ordinario per regolamentazione: l’utilizzo della dichiarazione biologica del prodotto sembra infatti non essere ancora stato rigorosamente tarato secondo requisiti specifici. Tuttavia anche qui il settore risulta prolifico con prospettive di ampia crescita.

Il panorama generale legato alla tendenza dei mercati del settore bio nell’anno 2020 è stato sorprendente e seppure in condizioni attualmente differenti, ci auguriamo continui a prosperare per grandezza.

Fonte: Great italian food trade

AGRICOLTURA BIOLOGICA IN AREA MEDITERRANEA, NASCE UN PROGETTO DEDICATO

AGRICOLTURA BIOLOGICA IN AREA MEDITERRANEA, NASCE UN PROGETTO DEDICATO

Sebbene l’agricoltura biologica inizi ad essere una pratica diffusa, ci sono aree dove risulta ancora poco sviluppata; l’agricoltura intensiva e quella estensiva hanno la meglio, con un impatto nei suoli e sull’ambiente circostante fortemente invasivo.

Dall’idea che l’agricoltura a metodo biologico possa rappresentare una valida alternativa per preservare l’ambiente e al contempo facilitare il raggiungimento di una sicurezza alimentare, nasce un progetto che intende realizzare un sistema agroalimentare transfrontaliero, con il fine di sviluppare il settore dell’agricoltura biologica, in particolare nell’area mediterranea.

Si chiama Boosting cross border Organic Ecosystem through enhancing agro-food alliances, ed è un progetto internazionale finanziato dal Programma ENI CBC MED 2014-2020. Tra i suoi fondatori, vi sono circa una decina di partner, facenti parte dell’area interessata.

 

Tra questi: a capofila, il Ministero dell’Agricoltura della Giordania; il CIHEAM-Mediterranean Agronomic Institute di Bari; la Camera di Commercio di Zahle, in Libano; Innopolis – Centro per l’innovazione e la cultura di Leukimmi, in Grecia; ASCAME – Associazione per la Camera di commercio del Mediterraneo della Spagna; Synagri – Sindacato degli Agricoltori della Tunisia.

Le problematiche che rendono l’agricoltura biologica di difficile diffusione in questa parte del mondo, riguardano la mancanza di politiche mirate e l’assenza di riconoscimento del valore di questo tipo di pratica, da parte dei governi locali.

La capacità di innovazione in queste aree è piuttosto bassa e così la conoscenza di pratiche agricole che vanno nella direzione della sostenibilità.

Inoltre, le aziende agricole presenti in queste zone, fanno parte della categoria delle micro, piccole e medie imprese, talvolta a gestione familiare, realtà tra le quali è difficile che si crei un coordinamento.

Organic Ecosystem nasce come progetto mediatore, utile nell’offrire supporto tecnico e rendere queste problematiche meno ingombranti. Si pone tra gli obiettivi,  quello di integrare le imprese che vogliono tentare la strada dell’agricoltura biologica, agevolandole nelle relazioni tra loro e nell’inserimento all’interno del territorio di riferimento. Offre un servizio di assistenza tecnica gratuito, messo a disposizione di coloro che operano nel settore biologico nei paesi partner del progetto.

Scopo generale è quindi creare un ecosistema agroalimentare transfrontaliero che favorisca l’agricoltura di tipo biologico, che stabilisca nuove alleanze di tipo commerciale e offra sostegno alle PMI dell’area interessata.  

La speranza è che queste possano così migliorare i propri prodotti, a partire dalla qualità della loro coltivazione; mettendole successivamente nella condizione di poterli vendere, attraverso un accesso diretto all’interno del mercato internazionale.

Fonte: Rinnovabili

IMPORTAZIONI DI PRODOTTI BIOLOGICI DA PAESI TERZI, UN NUOVO DM ABROGA IL PRECEDENTE

IMPORTAZIONI DI PRODOTTI BIOLOGICI DA PAESI TERZI, UN NUOVO DM ABROGA IL PRECEDENTE

E’ stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, il nuovo Decreto Ministeriale 221907 del 13 maggio 2021, che abroga e sostituisce per intero il D.M. 91718 del 18 febbraio 2021 in merito alle disposizione sulle Importazioni di prodotti biologici da Paesi Terzi.

Il nuovo DM consta di 7 articoli e 2 allegati, contenenti indicazioni relative a:
– chi opera le importazioni, i cosiddetti Importatori che per effettuare il transito dei prodotti, devono essere iscritti nella categoria omonima dell’Elenco nazionale degli operatori biologici; la consegna ad un cosiddetto primo destinatario;
l’utilizzo del sistema informativo TRACES;  le comunicazioni preventive da trasmettere al Ministero in merito all’arrivo della merce;  la verifica e il controllo degli Importatori da parte degli Organismi appositi e le indicazioni in merito al campionamento obbligatorio delle partite importate.

Gli Allegati annessi al Decreto, forniscono i Criteri per la valutazione del rischio degli Importatori biologici e scendono nel merito di alcuni dettagli relativi al Campionamento obbligatorio delle partite importate.

Fonte: Sinab

REGIONE MARCHE: L’AGRICOLTURA BIO SARÀ UNO DEI PILASTRI POST PANDEMIA

REGIONE MARCHE: L’AGRICOLTURA BIO SARÀ UNO DEI PILASTRI POST PANDEMIA

Aggregare almeno la metà dei coltivatori bio già operativi sul territorio, con l’intento di creare un Distretto Unico Marche Bio. È questo il disegno legato al rilancio delle Marche post pandemia, scritto dalla Regione assieme alla Camera di commercio.

L’obiettivo è stato stimato raggiungibile in un triennio e punta a valorizzare la realtà marchigiana per l’incidenza delle attività biologiche fino ad ora già realizzate. Vicina a Trentino ed Emilia Romagna per densità di negozi e numero di ristoranti, con 257 agriturismi attivi di cui il 24% aziende biologiche, la regione, leader in Italia per quantità, punta a costruire una leadership europea.

La presidente di Coldiretti Maria Letizia Gardoni, racconta che il biologico nelle Marche è nato prima rispetto alle altre regioni, soprattutto a supporto delle aziende zootecniche, che seguivano la linea vacca-vitello. Queste realtà hanno sempre ignorato l’utilizzo di presidi chimici, sottolinea.

All’interno del territorio si contano oltre 55mila ettari di coltivazioni, tra colture foraggere e pascoli rispettosi del benessere animale. Ci sono inoltre 19 mila ettari di cereali, 6 mila di vigneti, 3 mila di oliveti, 2.900 di ortaggi, mille di frutteti e il ritorno della barbabietola da zucchero, coltivata su 605 ettari raddoppiati in tre anni.

Negli ultimi dieci anni si stima che, nel complesso, le Marche abbiano raddoppiato i propri numeri. Da 30 mila a 52 mila ettari, con un’incidenza sul totale della superficie agricola regionale cresciuta dall’11 al 22,2%.

Questi dati non possono non incoraggiare la costituzione di un Distretto Unico, che incontra un momento fuori dall’ordinario anche per le risorse. 45 sono i milioni stanziati dal biennio transitorio 2021-22, 111 milioni quelli relativi al periodo 2014-2020, 100 mila euro quelli che finanzierebbero la promozione.

La convinta adesione di oltre 600 operatori del settore fa il resto, assieme al coinvolgimento dell’Associazione Cluster Agrifood Marche, composta da quattro università e oltre 50 tra centri di ricerca, piccole e medie imprese e associazioni di categoria. Queste ultime chiamate a immaginare una spinta innovativa per l’intera filiera agroalimentare.

Coldiretti, con la sua partecipazione, sta favorendo uno snellimento della parte burocratica da non sottovalutare, aggiunge la Gardoni, essenziale ai fini della velocità e dell’organizzazione.

Il Distretto Unico, è la possibilità di presentarsi uniti e solidali, come terra d’Europa, dove la tradizione contadina va a braccetto ai borghi ricolmi di storia.
Questo avviene in un momento che precede la riapertura del bando regionale e che finanzierà il subentro in agricoltura di tantissimi giovani, che troveranno così un assetto territoriale diverso, dove coltivare i propri progetti e le proprie aspirazioni.

Fonte: Il sole 24 ore

MAGGIORE SLANCIO AL BIOLOGICO NAZIONALE: IL SENATO HA APPROVATO IL DDL

MAGGIORE SLANCIO AL BIOLOGICO NAZIONALE: IL SENATO HA APPROVATO IL DDL

Il 20 maggio 2021 il Senato ha approvato, con modifiche, il ddl n. 988, “Disposizioni per la tutela, lo sviluppo e la competitività della produzione agricola, agroalimentare e dell’acquacoltura con metodo biologico”. Il testo torna in discussione alla Camera dei deputati.

Con questa approvazione, nonostante le tante polemiche, si apre finalmente un nuovo scenario per l’agricoltura biologica. Con 195 voti a favore, uno contrario e uno astenuto, il disegno è quindi ora al vaglio della Camera in attesa dell’approvazione definitiva.

Un riconoscimento legislativo a lungo atteso, che giunge in un momento cruciale: i dati infatti, confermano una trasformazione del settore nei numeri e nelle modalità di produzione. Negli ultimi dieci anni le superfici coltivate a bio registrano un aumento del 79% e le aziende biologiche un incremento del 69%. Nel solo anno 2020 il mercato biologico ha raggiunto i 6,9 miliardi di euro, per un cambiamento su scala nazionale, che reclamava da tempo l’urgenza di una messa a sistema dal punto di vista normativo.

Il testo approvato si compone di 21 articoli: tra le azioni in gioco vi è l’istituzione di un Tavolo tecnico per la produzione bio; l’introduzione di un Piano nazionale per le sementi biologiche; l’istituzione di un marchio del biologico italiano; la creazione di bio-distretti; l’adozione di un Piano nazionale a sostegno dello sviluppo del biologico italiano come metodo avanzato dell’approccio agroecologico.

Uno degli intenti è quello di pianificare e attuare gli obiettivi del Green Deal europeo e nelle strategie di Farm to Fork e Biodiversità.

Tra le ultime integrazioni effettuate nel testo che aspetta approvazione da parte della Camera, vi è la delega attraverso l’articolo 19 per emanare uno o più decreti legislativi e per “procedere a una revisione della normativa in materia di armonizzazione e razionalizzazione sui controlli”.

Uno sviluppo che sembra tracciare la possibilità di una vera e propria conversione al metodo biologico, a partire dall’attivazione di alcuni strumenti già noti ma mai legittimati nel loro funzionamento.

Commenta così Alessandro D’Elia, direttore generale di Suolo e Salute: “Questa agognata approvazione consentirà di aprire nuovi scenari per la crescita dell’agricoltura biologica italiana. Le nuove disposizioni saranno uno strumento validissimo per progettare il futuro del settore, per mantenere il passo con gli obiettivi europei del Green Deal e per aumentare la competitività delle nostre imprese bio. Le polemiche sterili e le critiche di questi giorni, indirizzate soprattutto all’agricoltura biodinamica, le lasciamo ai possessori dell’ampollina della scienza.

Fonte: Lifegate, Il Fatto quotidiano