Secondo un rapporto Coldiretti diffuso in occasione della “Battaglia di Natale: scegli l’Italia”, “circa un terzo (33 per cento) della produzione complessiva dei prodotti agroalimentari venduti in Italia ed esportati con il marchio Made in Italy, contiene materie prime straniere all’insaputa dei consumatori e a danno delle aziende agricole”. “Gli inganni del finto Made in Italy sugli scaffali riguardano due prosciutti su tre venduti come italiani, ma provenienti da maiali allevati all’estero, ma anche tre cartoni di latte a lunga conservazione su quattro che sono stranieri senza indicazione in etichetta, oltre un terzo della pasta ottenuta da grano che non e’ stato coltivato in Italia all’insaputa dei consumatori, e la metà delle mozzarelle che sono fatte con latte o addirittura cagliate straniere”, afferma il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo. “In un momento difficile per l’economia dobbiamo portare sul mercato – prosegue Moncalvo – il valore aggiunto della trasparenza e dare completa attuazione alle leggi nazionale e comunitaria che prevedono l’obbligo di indicare in etichetta l’origine degli alimenti, ma e’ necessario che sia anche resa trasparente l’indicazione dei flussi commerciali con l’indicazione delle aziende che importano materie prime dall’estero, venga bloccato ogni finanziamento pubblico alle aziende che non valorizzano il vero Made in Italy dal campo alla tavola e diventi operativa la legge che vieta pratiche di commercio sleale, tali da permettere di pagare agli allevatori e agli agricoltori meno di quanto essi spendono per produrre”. Il problema, secondo Coldiretti, nasce dalla “ricerca sul mercato mondiale di materie prime di minor qualità pur di risparmiare: dal concentrato di pomodoro cinese all’olio di oliva tunisino, dal riso vietnamita al miele cinese (…). Peraltro l’80 per cento degli allarmi alimentari e’ stato provocato da prodotti a basso costo provenienti da paesi fuori dall’Unione Europea. La questione, continua la lunga analisi Coldiretti, è trasversale, e riguarda moltissimi prodotti agroalimentari, dai succhi di frutta (in etichetta, sottolinea la Coldiretti, viene indicato solo il luogo di confezionamento: la maggioranza del succo di arancia consumato in Europa proviene dal Brasile sotto forma di concentrato al quale viene aggiunta acqua una volta arrivato nello stabilimento di produzione) al pomodoro da industria, passando per il latte a lunga conservazione (sui 2,05 milioni di tonnellate consumati l’anno scorso solo mezzo milione e’ di provenienza italiana mentre il resto e’ stato semplicemente confezionato in Italia o addirittura e arrivato già confezionato), fino ai semilavorati (cagliate, polvere di latte, caseine e caseinati), utilizzati per produrre all’insaputa del consumatore formaggi di fatto senza latte. Il falso Made in Italy colpisce anche i formaggi più tipici con la crescita esponenziale delle importazioni di similgrana dall’estero e anche un settore, come quello olivicolo, tra i più importanti dell’intera produzione nazionale. “l’italia e’ il più grande importatore mondiale di olio di oliva nonostante una produzione nazionale di alta qualità (…) Le importazioni di olio dell’Italia superano la produzione nazionale e sono rappresentate per il 30 per cento da prodotti ottenuti da procedimenti di estrazione non naturali (…): pratica la qualità del nostro olio viene “contaminata” dalle importazioni e in media la metà dell’olio di oliva consumato in Italia proviene da olive straniere, ma l’etichetta di provenienza che per questo prodotto obbligatoria risulta di fatto non leggibile perché scritta in caratteri minuscoli posizionati nel retro della bottiglia mentre si fa largo uso di immagini e nomi che richiamano all’italianità”. Ancora peggiori i dati legati alla suinicoltura, in cui la mancanza di un obbligo chiaro di indicazione della provenienza in etichetta mette a rischio alcune straordinarie eccellenze nostrane, dal culatello di Zibello alla coppa piacentina, dal prosciutto di San Daniele a quello di Parma. Solo nel 2012 sono state importate 57 milioni di cosce di maiali dall’estero destinate ad essere stagionate o cotte per essere servite come prosciutto italiano, a fronte di una produzione nazionale di 24,5 milioni. Il problema, conclude la Coldiretti, risiede anche nel fatto che “ in Italia l’obbligo di indicare la provenienza è in vigore per carne bovina (dopo l’emergenza mucca pazza), pollo (dopo l’emergenza aviaria), ortofrutta fresca, uova, miele, latte fresco, passata di pomodoro, extravergine di oliva, ma ancora molto resta da fare e l’etichetta e’ anonima per circa la metà della spesa dalla pasta ai succhi di frutta, dal latte a lunga conservazione ai formaggi, dalla carne di maiale ai salumi fino al concentrato di pomodoro e ai sughi pronti”.
Fonte: Coldiretti, Agrapress