Anche nel bio le colture non si difendono da sole. Le avversità e i parassiti vanno affrontate con competenza e professionalità, applicando il principio olistico che contraddistingue questo metodo di produzione. L’uscita di un nuovo volume Edagricole sulla difesa fitosanitaria in ortofrutticoltura biologica offre lo spunto per rispolverare gli insegnamenti di uno dei più influenti divulgatori della lotta bio
«Non ho dubbi che una delle difficoltà ambientali più onerose provocate dall’agricoltura “industriale” sia derivata da un crescente impiego, dalla fine del secondo conflitto mondiale in poi, dalla chimica di sintesi».
«Un impiego che è passato quasi subito dall’uso all’abuso, dal consumo al consumismo. Da un certo punto di vista, rivisitando a ritroso tutta la faccenda, queste molecole obbedivano a una reale esigenza, che la semplificazione del campo coltivato e le nuove varietà di piante più produttive ma più fragili avevano resa più acuta e urgente».
«Non si dimentichi però che i danni sono stati spesso superiori ai vantaggi, e che ancora oggi i problemi creati da questo approccio semplicistico restino più preoccupanti di quanto non si creda!».
L’insegnamento di un padre nobile del bio
Era il 2004 e Giorgio Celli, professore di entomologia agraria all’Università di Bologna, tra i padri nobili dell’agricoltura biologica in Italia grazie anche a doti invidiabili da divulgatore che avevano aperto le menti di molti alla conoscenza scientifica della lotta biologica, commentava con queste parole l’uscita della prima edizione del volume “Difesa fitosanitaria in agricoltura biologica” di Edagricole.
Affermazioni ancora talmente attuali e scottanti che gli autori, Massimo Benuzzi e Vincenzo Vacante, le hanno riproposte nella nuova edizione riveduta e corretta del manuale, fresco di stampa con il titolo “Difesa fitosanitaria in ortofrutticoltura biologica”.
Un tabù da superare
Nonostante gli auspici di Celli, parlare di difesa in agricoltura biologica rimane troppo spesso un tabù, invece si tratta di uno degli ambiti più stimolanti in cui i produttori bio più motivati possono dimostrare la propria professionalità.
Gli autori lo mettono in evidenza nell’introduzione del nuovo volume. «L’agricoltura biologica è comunemente intesa come un sistema di produzione privo di impatto ambientale. Un concetto esasperato a tal punto che molti, compresi diversi addetti ai lavori, pensano che produrre biologico sia sinonimo di “non intervento”, sperando che la natura faccia il suo corso, fiduciosi del fatto che prima o poi il campo coltivato con il metodo bio trovi il suo equilibrio naturale».
Le trombe dei detrattori
Un approccio che non fa altro che dare fiato alle “trombe” degli avversari di questo metodo di produzione e della forzata tesi della sua insostenibilità a causa della presunzione di un livello di produzione troppo basso e insufficiente a fare fronte alla domanda mondiale di sicurezza alimentare.
Il bio invece deve difendersi, sia nei confronti con questi detrattori che nei campi coltivati. Oggi ha a disposizione, per riuscirci, nuovi alleati. Strumenti di biocontrollo come macro e microrganismi utili, estratti naturali, induttori ed elicitori, sostanze di base e corroboranti. Purtroppo le difficoltà burocratiche per la registrazione di queste sostanze lascia scoperte ancora troppe colture ingiustamente giudicate “minori”. E anche quelle maggiori hanno spesso carenze nell’affrontare alcune avversità. Tanto che nella nuova edizione del volume di Edagricole, oltre al vasto aggiornamento dei mezzi tecnici, sono state aggiunte solo due colture rispetto all’edizione del 2004: patata e brassicacee.
La sicurezza della certificazione dei mezzi tecnici
La differenza fondamentale tra difesa biologica e convenzionale non è però cosa, ma come lo si usa.
La fiducia dei consumatori è un capitale da difendere. Per questo tecnici e produttori devono innanzitutto poter contare sulla sicurezza che i mezzi tecnici per la difesa che utilizzano siano regolarmente consentiti in agricoltura biologica. Un’esigenza che ha spinto Suolo e Salute a sostenere lo specifico servizio di certificazione volontaria “Suolo e Salute inputs” (clicca qui per approfondire).
Un approccio più consapevole
Oltre alla sicurezza è poi decisiva la competenza, per affermare anche nella difesa delle colture l’approccio “olistico” tipico del biologico. L’errore storico più grave dell’agricoltura convenzionale è stato infatti quello di pensare che la manipolazione dell’agroecosistema producesse effetti solo all’interno dell’appezzamento coltivato, trascurandone l’impatto sia sulla qualità delle produzioni che sulla biodiversità dell’ecosistema.
«Il problema ambientale e sanitario posto dai mezzi chimici – ammoniva Celli 20 anni fa – è scottante, ma l’idea di controllare gli organismi dannosi alle colture con strategie più vicine alla natura sta prendendo finalmente forma».
L’importante è non cadere negli stessi errori del passato, rispettando i principi dell’agroecologia, consapevoli che la missione degli agricoltori può e deve essere quella di tutelare l’ambiente, ma anche di produrre cibo per tutti.