E’ stata presentata nei giorni scorsi dalla Commissione europea per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare un report sulle frodi alimentari in cui viene dato particolare rilievo al problema delle etichette ingannevoli. A parte i casi più eclatanti e conclamati di frode, come nel caso delle finte uova bio, della carne equina fino all’antigelo negli alimenti, dalla relazione emerge chiaramente il punto debole principale dell’attuale sistema anti frode europeo, la mancanza di una chiara e univoca definizione di frose alimentare. A differenza degli Stati Uniti infatti, l’UE come unico riferimento in materia ha il regolamento 178/2002, in cui viene specificato che etichettatura, pubblicità, presentazione e confezionamento dei prodotti “non devono fuorviare i consumatori”. Dato l’enorme campo di applicazione di una norma di questo tipo, la prima conseguenza è che il numero dei controlli è ampiamente inferiore al necessario, col risultato che non di rado le frodi riescono a penetrare le falle del sistema e ad arrivare sugli scaffali dei negozi.
E’ evidentemente giunto il momento di fare qualcosa se, come chiarisce il rapporto, il numero di frodi è in costante aumento. E che proprio i prodotti biologici sono tra quelli a maggior rischio frode. In questa speciale (e preoccupante classifica), infatti, in cima alla classifica troviamo l’olio d’oliva (con i molteplici casi di oli deodorati e venduti come oli extra vergine), seguito dal pesce e, appunto, dai prodotti bio. A seguire il latte, i cereali, il miele, il caffè ed il tè.
Ora, dopo il dossier, che auspica un raddoppio delle sanzioni da parte degli Stati Membri, si attendono passi più concreti dell’UE nella direzione di una maggiore tutela dei produttori, dei prodotti di qualità e, in ultimo, dei consumatori europei.
Fonte: Il Fatto Alimentare