Pubblichiamo l’intervento dei rappresentanti della filiera italiana del biologico sul Corriere della Sera del giorno 22/10/2015, in merito all’utilizzo delle strutture realizzate per EXPO per il futuro. E’ firmato da:
Duccio Campagnoli (presidente Bologna Fiere)
Ignazio Garau (Direttore Città del Bio)
Paolo Carnemolla (presidente FederBio)
Paolo Parisini (Presidente Fnp Agricoltura
biologica di Confagricoltura)
Carlo Triarico (presidente Associazione agricoltura biodinamica)
Vincenzo Vizioli (Presidente Aiab)
Federico Marchini (presidente Anabio eia)
Maria Grazia Mammuccini (VicepresidenteNavdanya International)
Caro Direttore, rappresentiamo 50 mila aziende biologiche e biodinamiche italiane,
con un fatturato di oltre 3 miliardi di euro, estese ormai sull’11,2% della superficie agricola
nazionale. Seguiamo e raccogliamo l‘importanza del dibattito avviato dal Corriere sulla destinazione dei luoghi
di Expo 2015. Condividiamo l’urgenza di una scelta che capitalizzi i grandi sforzi compiuti dal Paese
su Expo, perché oltre Expo resta l’impegno a nutrire il Pianeta di cibo, idee e pratiche nuove.
Il nostro Paese è già oggi leader della bioagricoltura, nonostante il grave ritardo istituzionale
e accademico. Valorizzando la sussidiarietà, l’Italia avrebbe tutte le caratteristiche per proporsi
al mondo come la piattaforma di una grande innovazione agraria e industriale in senso ecologico.
Per questo il settore del biologico e biodinamico ha messo il massimo impegno nel fare la
sua parte in Expo, animando l’Area della biodiversità con Bologna Fiere, proponendo contenuti,
urgenze e soluzioni. Il settore è oggi determinato a far sorgere un’istituzione di ricerca e alta
formazione e vuol metterla a disposizione del Paese, con l’auspicio che diventi parte qualificante
di un grande hub per !’innovazione, dove oggi sorge Expo 2015. Vogliamo raccogliere e
coltivare ciò che può rispondere ai principali problemi del pianeta e portare l’Italia a diventare
il polo più avanzato per le nuove tecnologie dell’ambiente. Al Forum internazionale del bio, che è stato
fondato in Expo, sono giunti contributi scientifici dal mondo più avanzato, ma è apparso a tutti
chiaro che non ci sono istituzioni vocate alla a sud delle Alpi. Occorre quindi
un‘istituzione partecipata per rispondere, con azioni concrete, alla richiesta pressante di sfamare
il mondo, salvare il patrimonio rurale, risanare l’ambiente, procurare energie rinnovabili,
sviluppare tecnologia sostenibile. Abbiamo creato nostre strutture, ma vogliamo fondare
un‘istituzione che dia vita a istituti di ricerca partecipati dagli agricoltori, a una formazione professionale
seria, a scuole, a corsi di laurea in biologico e biodinamico, così come oggi auspica il
ministro dell’Agricoltura Martina. Per questo noi ci candidiamo al tavolo di lavoro per il dopo
Expo. Facciamo dunque sorgere nei luoghi di Expo, in una cittadella dell’innovazione, i servizi,
gli studi e la formazione per l’agricoltura biologica e biodinamica. Lo stesso parco divenga il
luogo per il miglioramento della bioagricoltura e si diffonda il modello in altre regioni del Paese.
Abbiamo bisogno di sementi pensate per il nostro metodo agricolo, con una grande adattabilità
all’ambiente, con una forte agrobiodiversità, invece di essere costretti a usare mezzi più
adatti all’agricoltura convenzionale. Utilizziamo ancora troppo le fonti energetiche fossili e invece
servono macchine a risparmio energetico, con una forte presenza delle fonti rinnovabili.
Dobbiamo prepararci ai cambiamenti climatici, con tecniche che rispondano alla desertificazione
e alle alluvioni. Occorre una ricerca per aumentare il valore nutrizionale degli alimenti, la
loro durata, la vitalità e, dove necessario, le rese. Servono studi e competenze per eliminare
l’uso agricolo di sostanze tossiche, di cui non ci sarebbe bisogno se ci fosse conoscenza.
Dobbiamo ricercare modelli alimentari che incidano positivamente sulla salute. Bisogna
studiare nuovi criteri e analisi della qualità e della vitalità degli alimenti. Bisogna
diffondere una cultura d’impresa a impatto sociale, per garantire la sostenibilità delle aziende
agricole in connessione col mondo economico.
Dobbiamo recuperare la cultura alimentare fin dall’infanzia, progettare le vie della sostenibilità
per le sane pratiche agricole, artigianali e industriali.
Da subito occorre lavorare a nuovi modellidi svluppo, che siano esemplari ed esportabili
su scala internazionale. Per tutto questo occorronoun piano sistemico e partecipativo, risorse e strutture.
Pur senza un’azione di sistema, l‘agricoltura biologica e biodinamica italiana sta innovando
profondamente la ruralità e questo ha portato a fatturati che, in tempi di crisi, aumentano annualmente
con percentuali a due cifre. È una ricetta che va resa forte nel Paese. Ma occorre far
presto, lo stato dell’ambiente, la dispersione delle competenze professionali, la progressiva
chiusura delle aziende storiche impongono investimenti in bioagricoltura, per l’urgente messa
in campo della sapienza e la sua applicazione nelle politiche di sviluppo.