Il rame viene da sempre utilizzato in agricoltura, in particolare contro gli attacchi di alcune specie di funghi patogeni delle piante. Poiché non è un prodotto di sintesi, l’uso del rame è consentito anche in agricoltura biologica, con un limite di 4kg all’anno per ettaro.
Nelle Marche, Moncaro ha deciso di puntare molto sul “green”, con la riconversione di vigneti al biologico, utilizzo di energie rinnovabili, tecnologie di produzione “senza solfiti aggiunti”, adottando una coltivazione a basso impatto ambientale.
Con l’aiuto della Facoltà di Agraria dell’Università Politecnica delle Marche, Moncaro ha iniziato a sperimentare soluzioni alternative al rame, come l’uso del chitosano, un farmaco naturale estratto dall’esoscheletro dei gamberi per prevenire la diffusione della peronospora.
“Il progetto, inserito nel PSR regionale delle Marche, ha già dato i primi risultati, che sono estremamente positivi. Oltre alla riduzione del rame, il progetto include anche innovazioni sulla vinificazione senza l’utilizzo di solfiti aggiunti – commenta l’enologo di Moncaro Giuliano D’Ignazi – Sebbene rappresentino ancora una nicchia di mercato, grazie a questo contributo scientifico si potranno ridurre notevolmente i solfiti in maniera generalizzata e su larga scala, con risvolti positivi per il mondo del vino.”
Da un’annata caratterizzata da un’ampia diffusione della peronospora, il chitosano è riuscito a contenere la diffusione della malattia, non riscontrando importanti differenze tra le vigne trattate con il rame e quelle con il farmaco naturale, se non a livello di costi. Il chitosano, infatti, costa tre volte di più rispetto al metallo.
“Il nostro obiettivo non è eliminare il rame subito dappertutto. C’è bisogno almeno di un triennio affinché si possa passare dalla fase sperimentale a quella operativa, sperando anche in un contenimento dei costi. Ma la strada è quella giusta, anche perché va ricordato che il rame è fortemente impattante, sia sull’ambiente sia sul vino, per quel che riguarda la parte aromatica. Dal nostro punto di vista, l’esigenza di sostituirlo è nata, non solo da una scelta sostenibile, ma anche dal voler trovare una soluzione alle ossidazioni. Il rame, infatti, funge da catalizzatore e, quindi, nelle prime fasi di vinificazione va ad ossidare parte degli aromi delle uve. Soprattutto nei vitigni bianchi, dove gli aromi sono molto più sensibili all’ossigeno”, conclude D’Ignazi.