Ha suscitato reazioni veementi e moltissime prese di posizione la notizia di pochi giorni fa della messa in coltura di Seimila metri quadrati di mais Ogm seminati a Vivaro, in Friuli. Malgrado l’iniziativa sia in aperto contrasto con le disposizioni di due diverse procure e della corte di Cassazione e benché la semina di OGM in campo aperto sia tuttora vietata nel nostro Paese, l’inerzia delle autorità (locali e nazionali) è stata oggetto di pesanti critiche da più parti. Particolarmente incisive le parole di Roberto Burdese, Presidente di Slow Food Italia:
«È incredibile che il Presidente della Regione non abbia compreso la gravità di un gesto come questo (chiaramente una provocazione, vista la piccola dimensione del terreno seminato) e si sia predisposta la presenza delle forze dell’ordine solo per timore di proteste da parte di fronti non favorevoli agli Ogm», dichiara Roberto Burdese, presidente Slow Food Italia. «Inoltre, troviamo molto grave, alla luce di quanto è accaduto, che il Governo, benché sollecitato da un voto unanime del Senato, non abbia ancora esercitato la clausola di salvaguardia. C’è un settore della nostra economia che non va male come tutto il resto, ed è l’agroalimentare, con le ricadute positive anche sul turismo. Questo episodio frutto dell’iniziativa di pochi mette a rischio tutto questo patrimonio. Cosa ci vuole perché i politici si decidano a fare il loro dovere?».
Di tono altrettanto allarmato e stupefatto anche il commento di Carlo Petrini, presidente Slow Food: «Un patrimonio storico come quello delle varietà di mais del nordest subisce oggi un gravissimo attacco con il placet di coloro che dovrebbero tutelarlo per ruolo istituzionale. Si annuncia un reato, si commette sulla pubblica piazza, gli autori lo commentano in conferenza stampa e questo sembra non turbare né le coscienze dei cittadini né il senso del dovere dei politici».
«Oggi il mondo della biodiversità è stato sconfitto dall’ignoranza e dall’ignavia, oltre che dall’incompetenza politica. E questa è la migliore delle ipotesi, perché il sospetto che sia stato sconfitto anche dalla volontà di lucro e dalla potenza delle grandi aziende sementiere è tutt’altro che peregrino. Stupisce che tutto ciò accada nel momento in cui sia la Regione che il Ministero dell’Ambiente sono affidati a esponenti di un partito che dichiara di avere valori antitetici a quelli delle multinazionali dei semi e degli Ogm», rincara la dose Cinzia Scaffidi, direttore del Centro Studi Slow Food.
Fonte: Slow Food Ufficio stampa