E’ stato pubblicato recentemente sul British Journal of Nutrition “Higher antioxidant and lower cadmium concentrations and lower incidence of pesticide residues in organically grown crops: a systematic literature review and meta-analyses”, il più ampio e corposo studio comparativo mai realizzato per mettere a confronto agricoltura convenzionale e biologica e valutarne gli effetti sulla salute umana. Il lavoro è stato condotto da un team internazionale di esperti guidati dalla Newcastle University (Regno Unito). Il professor Leifert, docente dell’Università di Newcastle e coordinatore dello studio, commenta così i risultati del lavoro: “Si tratta di un’importante contributo alle informazioni attualmente a disposizione dei consumatori, troppo spesso poco chiare e a volte addirittura contraddittorie”.
L’analisi dimostra univocamente che la qualità del cibo è fortemente influenzata dal modo in cui il cibo stesso viene prodotto. In particolare, vi è una sempre maggiore evidenza del fatto che i livelli più elevati di fertilizzanti chimici di sintesi, e in particolare di azoto e di fertilizzanti a base di fosfati, vietati o fortemente limitati in agricoltura biologica, portano a concentrazioni decisamente più basse di antiossidanti nelle colture convenzionali. Primo, importante punto a favore del biologico.
Secondo i dati della ricerca, infatti, le concentrazioni di antiossidanti (tra cui acidi fenolici, flavanoni, stilbeni, flavoni, flavonoli e antocianine) rispetto ai loro omologhi convenzionali variano dal 18% al 69% in più. Un’alimentazione a base di frutta, verdura e cereali bio è in grado in pratica di fornire antiossidanti supplementari equivalenti a una-due porzioni extra di frutta e verdura.
Inferiore, ma comunque significativa, anche la differenza nel contenuto di carotenoidi e vitamine: un cambio di dieta a favore di frutta, verdura e cereali biologici pertanto può portare all’assunzione del 20%-40% in più (e in alcuni casi fino al 60%) di antiossidanti senza alcun aumento delle calorie assunte. Una protezione naturale molto importante contro diverse malattie croniche, tra cui malattie cardiovascolari e neurodegenerative e alcuni tipi di cancro.
Ma altri elementi della ricerca portano ulteriormente dati a favore dell’agricoltura biologica: nello stesso studio infatti è emerso che i livelli di metalli pesanti tossici nelle colture biologiche è nettamente inferiore rispetto a quelle convenzionali, in particolare nel caso del cadmio. È bene ricordare a questo proposito che il cadmio è uno dei soli tre contaminanti metallici tossici (insieme a piombo e mercurio) per i quali la Commissione europea ha fissato i livelli massimi ammissibili di contaminazione negli alimenti. A testimonianza di quanto sia significativo il dato relativo alle concentrazioni di questo elemento.
Come altri metalli pesanti, il cadmio viene accumulato dall’organismo se assunto con gli alimenti e alti livelli di questa sostanza possono comportare una maggiore esposizione alle malattie cardiovascolari e a determinati tumori. Per capirne gli effetti sulla salute umana, secondo i ricercatori, diminuendo della metà la percentuale di cadmio assunta dall’organismo (esattamente quanto avviene scegliendo alimenti bio anziché convenzionali), la mortalità subisce un calo netto del 20%. Il cadmio è presente in concentrazioni importanti anche in alimenti quali verdure, ortaggi e cereali e i suoi livelli possono cambiare in maniera significativa in dipendenza dal tipo di fertilizzanti e di concimi utilizzati. Nel caso dell’agricoltura biologica, il compost e il letame, normalmente utilizzati come concime nelle colture, non presentano questo tipo di contaminazione e contribuiscono in maniera importante alla produzione di alimenti più sani degli omologhi convenzionali.
Discorso analogo per l’azoto, presente nei prodotti derivanti da agricoltura biologica con concentrazioni inferiori: il 10% in meno per quanto riguarda l’azoto totale, il 30% nel caso dei nitrati e ben l’87% in meno nel caso dei nitriti.
Nel merito è bene ricordare che le concentrazioni di nitrati e nitriti superiori nelle colture convenzionali sono legate all’uso di fertilizzanti azotati minerali, severamente vietati secondo gli standard dell’agricoltura biologica. E che le concentrazioni più elevate di nitriti riscontrate nelle colture convenzionali possono essere considerate nutrizionalmente indesiderabili, in quanto sono state descritte come potenziali fattori di rischio per il cancro dello stomaco e di altre patologie
Lo studio ha rilevato inoltre, come era lecito aspettarsi, che i residui di pesticidi sono presenti con concentrazioni quattro volte superiore nelle colture convenzionali: anche se ulteriori studi sono necessari per chiarire i benefici per la salute di una ridotta esposizione ai pesticidi, qualsiasi riduzione può essere considerata indubbiamente desiderabile, soprattutto in considerazione del fatto che una percentuale significativa dei campioni di colture convenzionali analizzati dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) hanno fatto riscontrare residui di antiparassitari superiori ai livelli consentiti. Ciò è avvenuto tra l’altro nel caso di spinaci, avena, pesche, arance, fragole, lattuga, uve da tavola e campioni di mele.
In conclusione, i risultati deòl lavoro dell’ateneo britannico contraddicono in maniera chiara le conclusione cui era pervenuta nel 2009 la FSA, la Food Standards Agency inglese, che aveva commissionato uno studio secondo il quale non vi erano differenze apprezzabili o significativi benefici nutrizionali scegliendo alimenti biologici. Lo studio in questione infatti le proprie conclusioni solamente su 46 pubblicazioni mentre la meta-analisi di Newcastle si basa sui dati provenienti da 343 pubblicazioni per valutare in maniera approfondita le reali differenze tra colture biologiche e convenzionali.
La ricerca è stata realizzata nell’ambito del progetto europeo QualityLowInputFood Sesto programma quadro e completata poi con il finanziamento del Sheepdrove. L’intero database generato e utilizzato per questa analisi è liberamente disponibile sul sito web dell’Università di Newcastle (a questo indirizzo V) a beneficio di altri ricercatori e di chiunque sia interessato ad approfondire l’argomento.
Fonte: University of Newcastle, Organic Market