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Grano biologico in continua crescita ma bisogna organizzarsi

Grano biologico in continua crescita ma bisogna organizzarsi

Le produzioni biologiche crescono più che mai. Nel 2016 le superfici coltivate con metodo biologico in Italia hanno raggiunto quota 1.796.363 ettari pari a una crescita del 20,4% rispetto all’anno precedente. In termini assoluti, nell’ultimo anno, sono stati convertiti al biologico oltre 300 mila ettari.

Malgrado questo trend positivo, la produzione nazionale di cereali biologici non è stata fino ad oggi sufficiente a soddisfare tutte le richieste del mercato da parte degli operatori, sia food che feed. 

Nella produzione di grano, in particolare, si registra ancora un deficit quantitativo. Per il grano biologico nazionale ad uso alimentazione umana si è vicini alla quasi totale copertura del fabbisogno dell’industria di prima trasformazione (all’incirca il 95%), mentre per il grano biologico nazionale ad uso alimentazione animale si riscontra a tutt’oggi una carenza in quantità.

Per questo è stata organizzata da Confagricoltura ed Italmopa aCibus 2018 una tavola rotonda “Grano duro bio: prospettive e opportunità della filiera” allo scopo di affrontare difficoltà e criticità emerse nel settore.

Il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, ha sottolineato come l’elevata frammentazione della superficie colturale si sia dimostrata inadeguata alle esigenze dell’industria, per qualità e costanza degli approvvigionamenti in volume e nel tempo. “E’ tempo di organizzarsi – ha detto – e di considerare che l’agricoltura biologica non è più un settore di nicchia, dato che rappresenta il 14,5% della SAU nazionale, ed impegnarsi a svilupparne i principi etici e produttivi, come il rispetto della biodiversità. In questo senso, ad esempio, si potrebbero valorizzare su scala più ampia le produzioni di grani antichi, tipici del metodo biologico, garantendo anche la libertà di commercializzazione del grano ‘Senatore Cappelli’, oggi monopolizzato da un’unica azienda sementiera.

 

Fonte: http://www.askanews.it/cronaca/2018/05/10/confagri-e-italmopa-produzione-grano-bio-in-continuo-aumento-pn_20180510_00103/

 

Suolo e Salute, in qualità di sponsor di IFOAM UE, ha partecipato alla conferenza di chiusura del progetto SOLMACC

Suolo e Salute, in qualità di sponsor di IFOAM UE, ha partecipato alla conferenza di chiusura del progetto SOLMACC

L’agricoltura è un settore che da un lato contribuisce al cambiamento climatico, ma dall’altro ne è profondamente influenzato.A causa di questa dualità, è fondamentale per gli agricoltori e gli altri attori agricoli collaborare e trovare soluzioni sistemiche di lunga durata che porteranno a una maggiore mitigazione e all’adattamento ai cambiamenti climatici.

Durante questa conferenza, è stata messa in evidenza la volontà degli agricoltori biologici di essere parte della soluzione nella lotta ai cambiamenti climatici, è stato presentato il potenziale di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici delle 4 pratiche agricole chiave e sono state discusse le raccomandazioni politiche . A tal fine, sono stati presentati i risultati finali del progetto SOLMACC, che ha promosso negli ultimi 4 anni, pratiche agricole rispettose del clima e ne ha monitorato scientificamente l’impatto sull’ambiente in 12 aziende agricole dimostrative europee.

I partner di SOLMACC (IFOAM EU, FiBL, Bioland, AIAB ed Ekologiska Lantbrukarna) e gli agricoltori hanno condiviso le loro esperienze e offerto una panoramica delle implicazioni socio-economiche, le implementazione delle pratiche e la riduzione delle emissioni di gas serra. Nella seconda parte dell’evento, un gruppo di esperti ha discusso le misure necessarie a livello politico per garantire una più ampia diffusione di tecniche rispettose del clima e per spingere il settore agricolo dell’UE a contribuire agli obiettivi in materia di cambiamenti climatici. È stato evidenziato come la politica agricola comune (PAC) abbia un ruolo chiave nel raggiungimento di questi obiettivi.

 

Maggiori informazioni sul progetto: http://solmacc.eu/

Fonte: http://www.ifoam-eu.org/en/events/final-solmacc-conference

NUOVO CONSIGLIO IFOAM UE: PER IL NEO PRESIDENTE LA PAC DEL FUTURO DOVREBBE RICOMPENSARE ANCORA DI PIU’ GLI AGRICOLTORI BIOLOGICI

NUOVO CONSIGLIO IFOAM UE: PER IL NEO PRESIDENTE LA PAC DEL FUTURO DOVREBBE RICOMPENSARE ANCORA DI PIU’ GLI AGRICOLTORI BIOLOGICI

BRUXELLES, 16 MAGGIO 2018 – Alla 9ª Assemblea Generale di ieri, i membri di IFOAM EU hanno eletto un nuovo Consiglio e un nuovo Presidente. Suolo e Salute,  sponsor IFOAM UE, già presente alla celebrazione dei 15 anni, non è mancata neanche in questa occasione.

BRUXELLES, 16 MAGGIO 2018 – Alla 9ª Assemblea Generale di ieri, i membri di IFOAM EU hanno eletto un nuovo Consiglio e un nuovo Presidente. Angelo Costa e Alessandro D’Elia, presenti all’evento in rappresentanza di Suolo e Salute, sponsor di IFOAM UE, hanno accolto favorevolmente il cambio di vertice dell’organizzazione europea e si sono congratulati personalmente con i nuovi rappresentanti e con il presidente Jan Plagge.
Jan Plagge, il nuovo presidente IFOAM UE, è anche presidente di Bioland e.V. con molti anni di esperienza nello sviluppo del settore biologico. Ha una formazione come agricoltore biologico e consulente.

Dopo la sua elezione ha dichiarato: “Sono felice della fiducia che l’IFOAM UE mi ha dato eleggendomi come nuovo presidente. Con la sua rapida crescita, l’agricoltura biologica è già una storia di successo e ha il potenziale per trasformare l’agricoltura europea. L’agricoltura biologica è uno degli approcci di maggior successo nell’UE per affrontare molte sfide come la perdita di biodiversità, la protezione delle acque o il benessere degli animali. Ciò dovrebbe riflettersi in una giusta ricompensa per gli agricoltori biologici. Con il giusto modello di politica agricola comune (PAC) e finanziamenti sufficienti, il settore dell’agricoltura biologica potrebbe costituire almeno un quarto dell’area agricola dell’UE entro il 2030. ” “La nuova PAC deve passare dal compensare gli agricoltori biologici per il ruolo multifunzionale che hanno nella salvaguardia dell’agroecosistema e dell’ambiente in generale a vantaggio di tutti gli europei”, ha aggiunto Marian Blom, neo-eletto vicepresidente. “L’intera architettura della PAC deve premiare le prestazioni ecologiche e non solo singole pratiche, ciò incoraggerebbe tutti gli agricoltori a passare a pratiche più sostenibili come l’agricoltura biologica “.

 

Fonte: http://www.ifoam-eu.org/en/news/2018/05/16/new-ifoam-eu-president-new-cap-should-reward-public-goods

Il vino biologico protagonista assoluto a Vinissage 2018

Il vino biologico protagonista assoluto a Vinissage 2018

Si svolgerà ad Asti il 19 e 20 maggio la rassegna Vinissage 2018 con 80 vignaioli da tutta Italia e oltre 250 vini biologici e biodinamici in degustazione.

Location della manifestazione i palazzi storici della città: Palazzo Alfieri e Palazzo Michelerio ospitano i produttori con il mercato dei vini, le degustazioni, la Bio Osteria; Palazzo Ottolenghi è sede del workshop sui dati del vino bio in programma sabato 19 maggio alle ore 10,30 e ospita la mostra “Riciclarte”.

Una rassegna pronta a trasformarsi in salone internazionale del vino biologico, ha sottolineato l’assessore all’Agricoltura della Regione Piemonte, durante la conferenza stampa di presentazione del programma che si è tenuta a Torino il 7 maggio, al Circolo dei Lettori.
Crescono produzione e vendita del vino biologico e biodinamico, ha ricordato sempre l’assessore regionale all’Agricoltura, e aziende e nomi prestigiosi della viticoltura piemontese si convertono dal tradizionale al biologico.

Il programma di Vinissage 2018 si rivolge al pubblico di appassionati ed anche ai ristoratori: si segnalano le degustazioni guidate da Onav, Ais, Officina enoica, Slow wine e Tripple A; biocene nei ristoranti della città organizzate con i produttori e l’Associazione ristoratori e albergatori astigiani; la cena di gala bio con l’Associazione Barbera eBarbere e il Consorzio di tutela della Barbera d’Asti e del Monferrato; il convegno al Polo universitario Asti Studi superiori, venerdì 18 maggio, sulla legislazione del bio in vigna e cantina, con l’Università di Torino e l’Università di Scienze gastronomiche di Pollenzo; il workshop del 19 maggio sui dati del vino bio organizzato dall’Associazione nazionale Città del Bio e Città di Asti e a seguire la consegna del “premio Vigneto Bio” ai vigneti cru bio 2018.

Durante la due giorni i giardini di Palazzo Alfieri diventano anche palcoscenico del Barbera d’Asti jazz festival: live music con i jazzisti acclamati della scena nazionale, come Claudio Chiara, musicista storico della Paolo Conte Orchestra, e il Combo jazz Quartet.

Fonte: http://www.regione.piemonte.it/pinforma/agricoltura/2006-i-vini-bio-protagonisti-a-vinissage-2018.html

Allarme Fao: l’inquinamento del suolo è diffuso in tutto il mondo

Allarme Fao: l’inquinamento del suolo è diffuso in tutto il mondo

Secondo la Fao, «L’inquinamento del suolo rappresenta una preoccupante minaccia per la produttività agricola, la sicurezza alimentare e la salute umana, ma si sa ancora troppo poco sulla portata e gravità di tale minaccia». E’ quanto emerge dal rapporto “Soil pollution a hidden reality” presentato dall’agenzia Onu e dalla Global Soil Partnership in occasione dell’avvio del Global Symposium on Soil Pollution.

Nel rapporto si legge che «L’industrializzazione, le guerre, l’estrazione mineraria e l’intensificazione dell’agricoltura hanno lasciato in tutto il pianeta un’eredità pesante in termini di contaminazione del suolo, mentre con l’aumento dell’urbanizzazione è cresciuto lo smaltimento dei rifiuti urbani nel terreno».

Aprendo il simposio di Roma, la vice-direttrice generale Fao, Maria Helena Semedo, ha sottolineato che «L’inquinamento del suolo colpisce il cibo che consumiamo, l’acqua che beviamo, l’aria che respiriamo e la salute dei nostri ecosistemi. La capacità dei suoli di fare fronte all’inquinamento è limitata; prevenire il loro inquinamento dovrebbe essere una priorità globale». Ma la Fao fa notare che «anche se l’intensificazione agricola, la produzione industriale e l’urbanizzazione continuano a crescere a un ritmo rapido, non è mai stata effettuata una valutazione sistematica dello stato di inquinamento del suolo a livello mondiale. Gli studi condotti sinora sono stati in gran parte limitati alle economie sviluppate».  Secondo lo studio, «Ne consegue, che nella letteratura scientifica esistente vi siano enormi lacune circa la natura e l’estensione del problema.  Ma anche quel poco di cui si è a conoscenza è motivo di grande preoccupazione».

Il rapporto fa l’esempio dell’Australia dove «si stima che circa 80.000 aree soffrano di contaminazione del suolo. La Cina ha classificato il 16% di tutti i suoi suoli – e il 19% dei terreni agricoli – come inquinati». Anche nell’Area economica europea e nei Balcani occidentali ci sono circa 3 milioni di aree potenzialmente contaminate, mentre negli Stati Uniti d’America 1.300 aree sono nella lista  Superfund National Priorities degli hot spot dell’inquinamento.

 

Il rapporto è una sintesi della ricerca scientifica esistente sull’inquinamento del suolo. Ecco alcuni dei dati emersi:

La produzione di sostanze chimiche è cresciuta rapidamente negli ultimi decenni e si prevede che fino al 2030 aumenterà annualmente del 3,4%. I paesi non-Ocse in futuro vi contribuiranno maggiormente.

Nel 2015, l’industria chimica europea ha prodotto 319 milioni di tonnellate di prodotti chimici. Di questi, 117 milioni di tonnellate sono stati ritenuti pericolosi per l’ambiente.

La produzione globale di rifiuti solidi urbani era nel 2012 di circa 1,3 miliardi di tonnellate annue; entro il 2025 si prevede un aumento di 2,2 miliardi di tonnellate l’anno.

In molte regioni del mondo, i livelli d’inquinanti organici persistenti nel latte umano sono significativamente superiori a quelli considerati sicuri, con una maggiore incidenza in India e in alcuni Paesi europei e africani.

Nell’ultimo decennio alcuni Paesi a basso e medio reddito hanno aumentato l’uso di pesticidi. In Bangladesh, per esempio, si stima sia aumentato di 4 volte, in Ruanda e in Etiopia più di 6 volte, e in Sudan sia addirittura decuplicato.

La produzione mondiale di letame è aumentata del 66% tra il 1961 e il 2016, passando da 73 a 124 milioni di tonnellate. Il volume di letame applicato ai terreni è cresciuto da 18 a 28 milioni di tonnellate, e la quantità di letame lasciata sui pascoli è passata da 48 a 86 tonnellate. Il letame può contenere elevate quantità di metalli pesanti, organismi patogeni e antibiotici.

I terreni adiacenti alle strade presentano livelli elevati di metalli pesanti, idrocarburi e altri inquinanti, che costituiscono una minaccia quando la produzione di cibo o i pascoli avvengono su di essi.

Circa 110 milioni di mine o di altri pezzi di ordinanza inesplosi sono sparsi in 64 Paesi di tutti i continenti, resti di guerre che possono avere conseguenze mortali per gli agricoltori e che possono rilasciare metalli pesanti attraverso gli agenti atmosferici.

Quasi tutti i terreni dell’emisfero settentrionale contengono radionuclidi in concentrazioni più elevate rispetto ai livelli tollerabili – anche in aree remote, a seguito di ricadute atmosferiche da test nucleari o eventi radiologici come l’incidente di Chernobyl.

 

Il rapporto di Fao e Global Soil Partnership evidenzia che «Numeri come questi ci aiutano a comprendere i tipi di pericoli che l’inquinamento pone ai suoli, ma non  ne riflettono l’intera portata in tutto il mondo, e sottolineano l’inadeguatezza delle informazioni disponibili e le differenze nella registrazione di siti inquinati in tutte le regioni geografiche».

La Fao ricorda che «L’inquinamento del suolo spesso non può essere percepito visivamente o direttamente valutato, rendendolo un pericolo nascosto dalle gravi conseguenze. Influisce sulla sicurezza alimentare sia compromettendo il metabolismo delle piante e riducendo così i raccolti, sia rendendo le colture non sicure per il consumo. Gli inquinanti inoltre danneggiano direttamente gli organismi che vivono nel suolo e lo rendono più fertile.  E, naturalmente, il suolo contaminato da elementi pericolosi come arsenico, piombo e cadmio, da sostanze chimiche organiche come i policlorobifenili (PCB), da idrocarburi aromatici policiclici (IPA), da farmaci come gli antibiotici o da interferenti endocrini presentano gravi rischi per la salute umana».

Quel che è certo è che la maggior parte dell’inquinamento del suolo è dovuto alle attività antropiche: «Attività industriali come l’estrazione, la fusione e la produzione di materiali; i rifiuti domestici, zootecnici e urbani; i pesticidi, gli erbicidi e i fertilizzanti utilizzati in agricoltura; i prodotti derivati dal petrolio che vengono rilasciati nell’ambiente o distrutti nell’ambiente; le emissioni generate dai trasporti – sono tutti fattori che contribuiscono al problema – dicono alla Fao – Anche i cosiddetti “inquinanti emergenti” sono motivo di crescente preoccupazione. Tra questi i prodotti farmaceutici, gli interferenti endocrini, gli ormoni e le sostanze biologiche inquinanti; i rifiuti elettronici; e le materie plastiche oggi utilizzate in quasi ogni attività umana».

Il rapporto fa notare che «Non esiste quasi nessuno studio scientifico sul destino della plastica nel suolo, mentre la maggior parte dei rifiuti elettronici continuano a essere smaltiti nelle discariche piuttosto che riciclati».

Al Gsop2018  esperti e responsabili politici discutono di questa minaccia e, nelle intenzioni della Fao, il simposio di Roma  rappresenta un primo passo per «individuare e colmare le lacune d’informazione e per formulare una risposta internazionale più coesa a queste minacce. Ciò include la definizione di un programma d’interventi per promuovere l’attuazione delle Linee guida volontarie per una gestione sostenibile dei suoli sviluppate dalla Fao e dai suoi partner nel 2016, e dei recenti impegni internazionali per una migliore gestione dell’inquinamento del suolo.

Fonte: http://www.greenreport.it/news/inquinamenti/inquinamento-del-suolo-anche-la-fao-lancia-lallarme-diffuso-mondo/

Etichetta con stabilimento di produzione, l’Ue ha bocciato la proposta italiana

Etichetta con stabilimento di produzione, l’Ue ha bocciato la proposta italiana

La norma non ha avuto il via libera dalla Commissione Europea e l’Italia, che nel frattempo l’ha adottata, rischia di subire una procedura di infrazione.

Una norma che era stata approvata lo scorso 5 aprile (decreto legislativo 145 del 2017) che ha reintrodotto l’obbligo per i produttori alimentari di indicare lo stabilimento di produzione in etichetta.

Tutto nasce dal Regolamento europeo 1169/2011, entrato in vigore il 13 dicembre del 2014 che stabilisce una serie di regole sul confezionamento e l’etichettatura del cibo.

Tra le tante norme, però, il 1169 non contempla l’obbligo di indicare lo stabilimento di produzione e, allo stesso tempo, ha abrogato il decreto 109/92 con il quale l’Italia l’aveva introdotto. L’Italia ha quindi deciso di approvare una legge ad hoc per tornare allo status precedente, ma trattandosi di una norma che si inserisce in un mercato unico, per farlo aveva l’obbligo di notificare la decisione alla Commissione Ue, affinché ne analizzasse il contenuto.

Il problema è che questa norma riguarda solo leggi già esistenti che il Paese membro vuol mantenere in vigore. “L’Italia ha fatto finta che la nuova legge fosse identica a quella precedente, ma la norma del ’92, oltre a essere decaduta, era diversa da quella approvata dall’ultimo esecutivo” spiega Dario Dongo, avvocato esperto di diritto alimentare europeo e fondatore di Gift. Di qui il responso negativo della Commissione.

E adesso? Perché è stata interrotta la precedente procedura di notifica per avviarne una destinata a fallire? E perché il Governo non ha informato né i cittadini né i produttori di alimenti dell’esito negativo? Abbiamo provato a chiederlo al ministero delle Politiche Agricole ma, per ora, non abbiamo ricevuto risposta.

Nel frattempo Federalimentari recepisce il messaggio: “Il rigetto della notifica da parte di Bruxelles è ancora una volta la conferma dell’inefficacia e dell’inutilità di provvedimenti nazionali che vincolano solo alcuni operatori, risultando inapplicabili per altri, oltre che facilmente aggirabili. L’etichettatura è materia armonizzata ed è importante che si comprenda l’importanza di essere presenti nei tavoli convocati in sede europea invece che limitarsi ad emanare provvedimenti destinati a cadere sotto la scure dell’Ue”

La legge quindi c’è e viene rispettata, anche se, spiega l’avvocato Dongo, “le autorità di controllo hanno il dovere di disapplicarla. Questo significa che i produttori inadempienti, che non indicano cioè lo stabilimento di produzione, non potranno essere multati”.
Il rischio è che si creino diverse diseguaglianze tra produttori. Non solo tra le imprese italiane che si erano già adeguate e quelle che non lo avevano fatto. Ad oggi chi produce alimenti all’estero non è soggetto alla legge del 2017, anche se vende in Italia. La stessa legge, inoltre, prevede che se il luogo di produzione e quello di confezionamento sono diversi, il produttore può indicare in etichetta solo quello di confezionamento. “Chi produce in India ma confeziona in Italia può tranquillamente omettere di dire al consumatore da dove viene quel cibo, limitandosi a informarlo di dove è stato confezionato, e illudendolo che quel prodotto venga dall’Italia. Queste leggi protezionistiche in realtà danneggiano il made in Italy e agevolano i furbi” conclude Piccialuti.

La posizione del ministero. Il Mipaaf ha fatto sapere in una nota di essersi opposto alla irricevibilità della notifica e ha sostenuto di aver sostenuto le ragioni della sua piena correttezza. “Questa interlocuzione con la Commissione è ancora in corso, il decreto è pienamente in vigore e il Governo conta di risolvere in modo positivo la vicenda”, si legge. Il vice ministro Andrea Olivero si lamenta invece delle “polemiche politiche” sostenute “da chi invece di chiedere alla Commissione europea di rispondere positivamente alle richieste di trasparenza dell’Italia, si schiera a favore delle lobby che dice di combattere”.

 

Fonte: http://www.repubblica.it/economia/diritti-e-consumi/diritti-consumatori/2018/05/07/news/stabilimento_di_produzione_in_etichetta_la_legge_c_e_ma_la_commissione_l_ha_bocciata_tre_mesi-195518917/