Nel 2017 grande crescita del settore: +16,6%, un giro d’affari di 1 miliardo e 451 milioni. Il 78% delle famiglie li ha comprati. Fotografia di un mondo in espansione.
Il biologico non è ritornare al passato, ma guardare al futuro. Ne è convinto Roberto Zanoni, presidente di AssoBio, l’Associazione nazionale delle imprese di trasformazione e distribuzione di prodotti biologici e naturali, forte di cifre che parlano chiaro: solo dal 2013 al 2016 il numero di aziende agricole biologiche è aumentato del 40%, mentre nell’agricoltura tradizionale in 20 anni l’Istat ha registrato un crollo del 46%.
ITALIA IN TESTA IN EUROPA. Nel 2016 l’Italia è risultata essere il Paese europeo con la maggiore crescita nel bio. E nel 2017 si è verificato un boom della vendita dei prodotti bio nella grande distribuzione: +16,6%, giro d’affari di 1 miliardo e 451 milioni. Il 78% del totale delle famiglie ha comprato almeno un prodotto bio durante l’anno (un milione in più rispetto al 2016). E di queste il 25% circa ha comprato bio almeno una volta alla settimana.
VENDITA DOMESTICA A 3,5 MILIARDI. Nomisma riferisce che nel 2017 le vendite di biologico in Italia hanno toccato i 3,5 miliardi nel mercato domestico (+15% rispetto al 2016). E anche l’export del bio nostrano è andato bene: quasi 2 miliardi.
Spiega Zanoni a Lettera43.it: «Il successo dipende in gran parte dalla crescente sensibilità e consapevolezza che le scelte individuali incidono sulle condizioni ambientali. La crescita della domanda bio rappresenta anche un residuo positivo della crisi economica che ha indotto a un “ritorno alla sostanza”, a riflettere sull’effettiva necessità dell’acquisto e sulla ricerca di prodotti senza fronzoli, che garantiscono il miglior rapporto qualità/prezzo. Pochi prodotti offrono il complesso delle qualità messe in campo da quelli biologici».
CRESCENTE ATTENZIONE AI PICCOLI. A partire dal segmento del baby food. «Oggi si fanno molti meno bambini di un tempo», ricorda Zanoni, «ma ci si concentra di più su di loro, c’è una maggiore attenzione nei confronti della loro alimentazione, non si lesina sul cibo sano». E poi non manca un’avanguardia di pediatri «che purtroppo non rappresenta ancora la maggioranza, ma che raccomanda ai genitori un’alimentazione biologica per i propri figli».
ESCLUSIONE DI OGM E PESTICIDI. Fa pendere l’ago della bilancia verso il bio anche l’esclusione degli organismi geneticamente modificato (Ogm) e dei pesticidi dall’intero ciclo produttivo, la drastica riduzione degli additivi, l’impegno dei produttori per esaltare i sapori autentici e un sistema di controllo che certifica la conformità a norme europee.
E i risultati si vedono anche all’estero. L’Italia esporta in tutta Europa e la Germania rappresenta il maggior cliente: pesa per quasi il 40% del nostro export. Ma spazio stanno assumendo anche Usa e Cina. «In quest’ultimo Paese in particolare», sottolinea Zanoni, «il crescente ceto medio è alla ricerca di prodotti sicuri; numerosi scandali alimentari, solo su alcuni dei quali è arrivata notizia in Occidente, hanno dimostrato che la produzione nazionale non è sempre il massimo in termini di sicurezza. Meglio quindi rivolgersi a prodotti doppiamente garantiti, come quelli biologici occidentali».
MENO INQUINAMENTO. In più è aumentata anche la consapevolezza di come l’agricoltura tradizionale incida sul tasso di inquinamento dell’ambiente. I dati dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, l’Istituto di ricerca del ministero per l’Ambiente, per esempio, non perdonano: il 63,9% delle acque superficiali e il 31,7% di quelle sotterranee sono contaminate da pesticidi. E Il 21,3% delle acque superficiali e il 6,9% di quelle profonde hanno concentrazioni superiori al limite di qualità ambientale.
FORMAZIONE È LA PAROLA D’ORDINE. Formazione resta infatti una parola d’ordine per molti operatori del settore. Che partono comunque già bene: è in possesso di diploma di qualifica o di diploma di scuola media superiore il 39,7% dei responsabili delle aziende biologiche italiane (quasi il doppio della media dell’agricoltura nazionale nel suo complesso), e ha una laurea o un diploma universitario il 13,6% (più del doppio della media nazionale).
ALTRO CHE AGRICOLTORE POCO ISTRUITO. «Siamo lontani dallo stereotipo dell’agricoltore di scarsa istruzione», rimarca Zanoni, «i nostri giovani titolari d’impresa sono della generazione Erasmus, hanno girato il mondo coi voli low cost, sono venuti a contatto con culture e sensibilità diverse, hanno toccato le tendenze». Tant’è che molti superano il ruolo del produttore agricolo impegnandosi a valorizzare la produzione con la trasformazione dei prodotti, con l’agriturismo, con le fattorie didattiche, con le vendite on line e i siti internet. Altro che piccolo mondo antico, insomma.
Fonte: http://www.lettera43.it/it/articoli/economia/2018/03/31/prodotti-biologici-naturali-agricoltura-settore-numeri-alimentare/218675/