Uno studio della rivista francese “60 millions de conssommateurs” ha analizzato 23 filetti di salmone provenienti da allevamenti sudamericani (Cile) ed europei (Irlanda, Scozia, Norvegia e Faroe) o pescati nell’Oceano Pacifico, scoprendo alcuni dati inattesi. La qualità complessiva del pesce, va detto, è risultata complessivamente più che buona: nessun campione infatti ha rivelato la presenza di antibiotici e il pesce classificato come “pescato in mare” lo è anche nei fatti, come testimoniato dai bassi tenori di Omega 6 riscontrati. Note parzialmente negative invece quelle provenienti dai salmoni biologici: quattro campioni esaminati su sei infatti risultano in realtà contaminati da pesticidi e metalli pesanti provenienti con ogni probabilità dalle coltivazioni limitrofe. Qualche ombra anche sul pesce proveniente da allevamenti: In sei campioni su diciotto è stata rilevata infatti l’etossichina, un antiossidante che si trova anche nell’olio e nelle farine di pesce utilizzate nel mangime che viene dato ai salmoni, per evitare l’ossidazione dei filetti durante il trasporto. L’etossichina è vietato come pesticida in agricoltura ma se esistono norme che pongono dei limiti per l’alimentazione animale, non esiste ancora una normativa che ponga limiti massimi nel caso del salmone destinato al consumo umano.
Fonte: Il Fatto Alimentare