Dal 2022 non sarà più possibile utilizzare seme convenzionale per 17 colture importanti tra cui frumento duro e tenero, ma solo il 5% delle superfici sementiere sono dedicate a queste produzioni. Cia Agricoltori italiani lancia un progetto per favorire gli accordi interprofessionali ma chiede al Mipaaf più impegno nel piano annunciato più di un anno fa
Addio deroga automatica per la semente non certificata bio. Già oggi per erba medica e trifoglio alessandrino non si può più utilizzare seme prodotto con tecniche convenzionali, un vincolo che potrebbe valere dall’anno prossimo per altre 15 colture importanti per la nostra agricoltura bio. Un elenco che comprende frumento duro e tenero, avena, farro, orzo e leguminose come lenticchia e fava, ecc.
Più programmazione
Dall’anno prossimo cambia anche il tempo utile concesso ai sementieri per fornire il materiale di propagazione richiesto. Ora è solo di 5 giorni, un termine talmente stretto da determinare, per l’appunto, una deroga automatica, dal 2022 sarà esteso a un anno, spingendo gli agricoltori ad una migliore programmazione delle semine.
Il problema è che in Italia il seme biologico continua ad essere decisamente insufficiente. Solo poco più del 5% della superficie sementiera nazionale è infatti destinata alle produzioni senza chimica di sintesi. Si tratta di quasi 11mila ettari sui 203mila complessivi riservati all’attività di moltiplicazione del seme. Questo vuol dire che, per la maggior parte delle colture, sono disponibili soltanto poche nuove varietà adatte al bio, spesso decisamente più costose.
Il progetto lanciato al Sana
Difficoltà a cui intendono rispondere Cia-Agricoltori Italiani e Anabio con l’iniziativa “Progetto Sementi Biologiche” lanciato nel corso dell’ultima edizione del Sana di Bologna.
Un’iniziativa che mira a migliorare e accrescere la disponibilità e la qualità di sementi bio, attraverso la promozione di accordi interprofessionali con le ditte sementiere. «Occorre però, spiegano da Cia Agricoltori Italiani, che anche il Ministero delle Politiche agricole faccia la sua parte avviando finalmente il Piano nazionale di ricerca per le sementi biologiche».
Una sfida decisiva
«La strategia Farm to fork – ricorda Federico Marchini, presidente di Anabio – impegna l’Unione europea a raggiungere il 25% di superficie agricola bio entro il 2030. In questo contesto quella delle sementi bio è una delle sfide più importanti».
Per non rallentare la crescita del bio (2 milioni di ettari in Italia per un valore alla produzione di 3 miliardi di euro), bisogna far decollare nello stesso modo il comparto sementiero, per chiudere la filiera e contribuire nel migliore dei modi alla tutela della biodiversità e, quindi, della salute della terra.
Una svolta non più derogabile per guardare con ottimismo alla scadenza del 2036, quando non sarà più possibile fare ricorso al sistema delle autorizzazioni in deroga per nessuna coltura.
Digitalizzare la Banca dati sementi
Anche perché gli strumenti per raggiungere questo obiettivo ci sono: la Banca Dati Sementi, operativa dal 2019 e che al momento contiene 878 varietà, va riformata e digitalizzata. «è però altrettanto necessario -mettono in evidenza da Cia Agricoltori italiani – che il Ministero delle Politiche agricole acceleri sulla definizione e sul finanziamento di un nuovo Piano nazionale per le sementi biologiche, annunciato da oltre un anno, ma ancora bloccato nell’iter amministrativo».