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AL SANA SI E’ DISCUSSO IL FUTURO DEL BIO ITALIANO

AL SANA SI E’ DISCUSSO IL FUTURO DEL BIO ITALIANO

I numeri del biologico in Italia sono tutti in miglioramento, il comparto ha ottime prospettive di crescita, ma nonostante tutto ciò stiamo rischiando di essere surclassati da altre nazioni.

Durante l’incontro che si è tenuto, la scorsa settimana, al SANA Restart dal titolo “Osservatorio Sana 2020. Filiera bio: numeri chiave, prospettive di mercato, ruolo per il Made in Italy” è emerso un quadro molto complesso, che ha dato da riflettere a tutto il comparto e alle istituzioni che sono impegnate nello sviluppo del biologico.

L’Italia non cresce abbastanza

 Uni dei dati più allarmanti è che nonostante il nostro paese sia quinto al mondo per i consumi e sul podio per le superfici dedicate, vediamo la nostra crescita molto più bassa a confronto di paesi come Francia (+200% e +10% di superfici bio) e Romania, che in due anni ha visto aumentare le sue superfici del 26,2%. A questo proposito Roberta Cafiero, dirigente del ministero delle Politiche agricole afferma: “Cresciamo, ma nell’ultimo anno altri Paesi sono cresciuti molto di più. A iniziare da Francia, Germania e Spagna che, rispettivamente, nel 2019 hanno visto crescere le superfici del 10,1%, 6,6% e 4,8% mentre l’Italia si è fermata al +1,8%. I numeri spiegano bene il fenomeno”.

Gdo e discount dominano il mercato bio

Come ormai è noto da tempo, i dati di vendita del comparto biologico trovano uno sviluppo costante nella Gdo, che ha registrato un incremento nello scorso anno del 5,7%, che viene superato dal 10,7% dei discount. Nel carrello bio degli italiani è l’ortofrutta a fare da apripista con aumenti nel settore degli ortaggi del 7,2% e del 2,1% nella frutta (dati Ismea).

“Serve più consumo e il prezzo giusto”

Questa affermazione di Marco Pedroni di ADM ci trova assolutamente d’accordo. Il biologico deve discostarsi da quell’idea di nicchia in cui il suo prezzo può raggiungere un aumento dell’80% rispetto ad uno convenzionale. Secondo Pedroni è importante tenere conto dell’elemento culturale e reddituale del cliente, in modo da invogliare il consumatore alla scelta migliore sul lato della salute e della sostenibilità.

Export e Recovery Fund

Questi due temi sono stati affrontati in più interventi al Sana. I produttori devono sviluppare ancora di più l’export dei prodotti italiani, che può vantare il “made in Italy” come motore psicologico e qualitativo per il consumatore. Inoltre l’occasione del Recovery Fund può portare la svolta green che tanto il nostro paese sta attendendo.

Suolo e Salute, primo organismo di controllo e certificazione del biologico in Italia, per numero di operatori certificati e superfici bio controllate, non poteva mancare a questa edizione di SANA 2020. “Bisognava sostenere lo spirito della manifestazione – commenta Alessandro D’Elia, direttore generale – che con coraggio ha saputo dimostrare la resilienza del settore ed affermare l’importante ruolo del biologico nella crescita e nello sviluppo, non solo economica, delle aziende agricole ed agroalimentari del nostro Paese. Infatti, nonostante le difficoltà e le incertezze dettate dalla pandemia, il biologico si è presentato all’appuntamento con dati ulteriormente in crescita e con importanti prospettive per il futuro. Suolo e Salute, nonostante le premesse non rosee in termini di partecipazione, con piacere ha dato il suo contributo, garantendo gli stessi spazi espositivi degli altri anni. Che dire, SANA 2020 è andata ben oltre ogni aspettativa e sarà ricordata per essere stata speciale”.

Fonte: myfruit.it

AGRICOLTURA DI PRECISIONE E AGRICOLTURA BIOLOGICA: UNA POSSIBILE ALLEANZA PER L’AMBIENTE

AGRICOLTURA DI PRECISIONE E AGRICOLTURA BIOLOGICA: UNA POSSIBILE ALLEANZA PER L’AMBIENTE

La riduzione dei prodotti chimici è un obiettivo comune di tutto il comparto agricolo, e tra le possibili strategie emergono l’agricoltura di precisione e l’agricoltura biologica.

A tal proposito, riportiamo un’interessante intervista a Giorgio Maria Balestra, professore dell’Università della Tuscia, condotta da Matteo Giusti di Agro Notizie. Il Prof. Balestra si occupa da anni della possibile integrazione fra l’agricoltura biologica e l’agricoltura di precisione.

Giorgio Mariano Balestra, quali sono le potenzialità della protezione bio associata all’agricoltura di precisione?
“Per ridurre gli input chimici nella protezione delle coltivazioni dobbiamo innanzitutto chiarire i meccanismi d’interazione che si instaurano tra i differenti binomi ospite/patogeno. Quindi, capire quali approcci di difesa biologica applicare, unitamente a tecnologie derivanti dall’agricoltura di precisione che possono concorrere ad ottimizzare gli interventi di protezione e quindi prevenire e ridurre le perdite derivanti dagli agenti di malattia, come l’impiego delle molecole di sintesi”.

In concreto ci sono già degli studi che state portando avanti?
“In virtù del progetto Psr SmartAgri Platform, coordinato dal Consorzio agrario dell’Umbria, stiamo lavorando sul grano per proteggerlo dal fungo (Fusarium graminearum) particolarmente dannoso ed agente causale della fusariosi della spiga. Con la dottoressa Sara Francesconi abbiamo approcciato la problematica fusariosi della spiga del grano studiando come la modulazione stomatica e differenti parametri fotosintetici sono coinvolti nelle risposte di resistenza.

A seguito d’infezione da parte di F. graminearum e mediante analisi RT-qPCR, abbiamo chiarito quali geni sono coinvolti nella regolazione stomatica ed attiva nella cultivar Sumai3, resistente alla fusariosi, ma non nella cultivar Rebelde, sensibile alla fusariosi. Rispetto alla chiusura stomatica, nella cultivar Sumai3 sette geni risultano coinvolti nella regolazione positiva e due nella regolazione negativa, evidenziando un’interazione genica nell’apertura/chiusura degli stomi in risposta all’infezione da F. graminearum. Inoltre, a seguito dell’infezione da parte di questo fungo abbiamo chiarito come, con l’aumento della temperatura, si evidenzia un’influenza di determinati genotipi di grano determinando una diminuzione dell’efficienza fotosintetica nella cultivar Rebelde ma non nella cultivar Sumai e, confermando così, che i parametri fotosintetici sono correlati alla resistenza della fusariosi della spiga del grano, e lo studio ci è stato recentemente pubblicato su la rivista scientifica PLoS ONE“.

Sono ipotizzabili dei risvolti applicativi di queste vostre scoperte?
“Gli aspetti che stiamo studiando e traducendo in conoscenze applicative sono differenti ma collegati tra di loro. Parallelamente agli aspetti d’interazione ospite/patogeno, stiamo registrando dei risultati molto significativi con principi attivi di origine naturale in grado di inibire efficacemente F. graminearum meglio delle attuali molecole di sintesi utilizzate”.

E l’agricoltura di precisione come entra in tutto questo?
“Il progetto Psr SmartAgri Platform sta mettendo a punto una piattaforma interattiva dove tutti gli utenti potranno verificare in tempo reale il livello di rischio (basso, medio, alto) rispetto all’infezione da parte dell’agente della fusariosi, cosi da intervenire tempestivamente e preventivamente, in funzione di numerosi parametri (agronomico-colturali, microbiologici, fenologici, climatico-ambientali), ottimizzando gli interventi fitosanitari. Per andare oltre ed ottimizzare il tutto, ora ci stiamo avvalendo, proprio in virtù degli studi inerenti le risposte delle piante alle variazioni di temperatura, di monitoraggi e studi mediante droni con specifiche ottiche, in grado di elaborare delle risposte puntuali.

Ci auspichiamo nel breve di realizzare un sistema rapido, sensibile, economico e fruibile su larga scala, in grado di dare delle informazioni tempestive e risultare di concreto supporto a scelte decisionali strategiche per la difesa d’importanti coltivazioni made in Italy come il grano. L’obiettivo è di coniugare le conoscenze specifiche inerenti le risposte di resistenza nelle piante di grano, le potenzialità applicative di sostanze naturali attive nei confronti dell’agente della fusariosi della spiga, avvalendoci di tecnologie di precisione applicabili alla protezione delle piante”.

L’uso dei droni per il monitoraggio sarà poi facilmente applicabile nelle realtà aziendali?
“Sì, l’obiettivo è quello di indirizzare ed ottimizzare interventi di carattere agronomico-colturale e fitoiatrico con valenza territoriale. In areali caratterizzati da una determinata coltivazione ed interessati dalle stesse problematiche fitopatologiche come in questo caso (grano e fusariosi della spiga) questo approccio permetterà di ridurre significativamente differenti input (chimici, energetici) e quindi costi e perdite, tutto a vantaggio delle realtà aziendali”.

Si potrà pensare di distribuire con i droni anche altri mezzi di lotta come microrganismi o prodotti naturali magari in modo mirato?
“I droni sono fondamentali non solo per il trattamento in senso stretto, ma soprattutto per determinare quando è il momento d’intervenire, mediante rilievi con specifiche ottiche ed elaborazioni mirate di assoluta precisione che non rientrano nel visibile e che tengono conto di parametri (es. temperatura, attività fotosintetica delle piante) e della biologia dei patogeni (batteri, funghi). A questi aspetti, associando i risultati sull’individuazione di principi attivi di origine naturale in grado di controllare efficacemente come in questo caso F. graminearum, si annullano i rischi di resistenza dei patogeni, che solitamente si instaurano impiegando molecole di sintesi e quindi stiamo riuscendo a sviluppare un binomio naturale e tecnologico particolarmente ecosostenibile e dai risvolti applicativi molto promettenti”.

Quali altri aspetti dell’agricoltura di precisione possono essere ben abbinati alla difesa biologica delle colture?
“Molteplici; per esempio nello stesso progetto, oltre ad un difesa fitopatologica a basso impatto ambientale, si stanno valutando molti altri aspetti in grado di migliorare complessivamente la coltivazione e la produzione del grano. Dall’eliminazione delle infestanti, alla nutrizione del grano, dalle lavorazioni del suolo, all’efficientamento delle macchine agricole e delle attrezzature ad esse collegate. Tutto sarà di facile e rapida consultazione e di immediato utilizzo mediante la piattaforma SmartAgri e tutti coloro che aderiranno potranno consultare moltissime informazioni e ridurre costi e perdite con continui aggiornamenti in tempo reale, tenendo in considerazione anche tutti i parametri climatici territoriali.

Fonte: https://agronotizie.imagelinenetwork.com/difesa-e-diserbo/2020/08/27/difesa-biologica-e-agricoltura-di-precisione-e-possibile-metterle-insieme/67723

QUANDO IL CANTO DI UNA RANA TI CAMBIA LA VITA: IL RITRATTO DI GIULIA MARIA CRESPI

QUANDO IL CANTO DI UNA RANA TI CAMBIA LA VITA: IL RITRATTO DI GIULIA MARIA CRESPI

Due settimane fa si è spenta all’età di 97 anni Giulia Maria Crespi, una pioniera nel mondo della biologico e della biodiversità.

Nata in una delle famiglie lombarde più importanti, ha avuto sin dall’infanzia una forte propensione verso la cultura e la scienza. Da bambina constatò che intorno alle risaie il gracidare delle rane s’interrompeva bruscamente ogni maggio; colpita da questo fenomeno iniziò a studiarne le cause.

Grazie ad un viaggio in Svizzera si avvicinò al metodo biologico e biodinamico, ai loro grandi pregi a livello ambientale e nutritivo e al fatto che queste tecniche di produzione avrebbero permesso un ritorno di biodiversità negli agroecosistemi e quindi, salvare anche le rane delle sue risaie. Nel 1974 iniziò la sua grande scommessa investendo sul biologico e sul biodinamico, e portò, in poco tempo, i suoi marchi ad avere il favore dei consumatori che iniziava a sensibilizzarsi sul tema.

La Crespi continuò la sua battaglia in modo trasversale, studiando e denunciando le tecniche agricole invasive e pericolose per l’ambiente. Fu tra le prime a sollevare il problema delle sementi geneticamente modificate e dei rischi che ne sarebbero scaturiti.
Una donna da una tempra fuori dal comune che ha sicuramente cambiato in meglio il modo d’intendere l’agricoltura e l’ambiente.

Il pensiero di Giulia Maria Crespi era affine e vicino allo spirito che, fin dal 1969, aveva animato l’Associazione Suolo e Salute, in particolare il suo fondatore, il prof. Francesco Garofalo. Cinquanta anni fa, infatti, esattamente il 31 marzo 1969, nasceva, la prima associazione italiana – col nome esplicativo di Suolo e Salute – impegnata nella divulgazione e nella promozione del metodo organico-minerale in agricoltura, dal quale il biologico ha tratto le sue origini.

Una vera è propria “cattedra ambulante” per diffondere tra gli agricoltori questo metodo di coltivazione che all’epoca, sembrava un’idea di visionari, almeno in Italia, e che oggi rappresenta non solo un metodo di coltivazione, regolamentato ed affermato, ma uno stile di vita ed un orientamento anche culturale per una larga parte di consumatori che riconoscono il biologico come “la giusta visione” che guarda alla sostenibilità ambientale e ad un’alternativa produttiva valida per le aziende agricole e le comunità rurali.

Per la vicinanza e nel fervido ricordo di Giulia Maria Crespi vi invitiamo a leggere un suo articolo riproposto da Repubblica in cui parla di questi argomenti, buona lettura: Quel silenzio delle rane sterminate dai pesticidi, da lì è iniziata la “rivoluzione” dell’agricoltura biologica

Foto di Frank Winkler da Pixabay

Migliori risultati per la produzione biologica rispetto ai loro omologhi convenzionali

Migliori risultati per la produzione biologica rispetto ai loro omologhi convenzionali

Uno studio “Gli attori economici e l’ambiente”, appena pubblicato in Francia dall’INSEE, l’ Institut national de la statistique et des études économiques , indica, in tre settori di attività – vino, orticoltura e produzione di latte – che gli agricoltori biologici hanno la meglio sui loro omologhi convenzionali in termini di risultato delle loro aziende.

Questo punto di vista è tanto più interessante in quanto il soggetto è ancora poco trattato. La sfida consiste nel disporre di un campione sufficientemente rappresentativo per poter assicurare un’analisi corretta. L’istituto ha scelto di lavorare sui dati del 2013 e concentrarsi su tre produzioni in cui la percentuale di aziende biologiche è significativa: l’orticoltura (11%), la viticoltura (6%) e il latte vaccino (3%). Si tratta di prodotti tra i più popolari nel paniere dei consumatori: il campione scelto dall’INSEE comprende 1.800 aziende biologiche, che sono state confrontate con 28.000 aziende “convenzionali”. Tra queste aziende, i viticoltori biologici hanno un fatturato annuo medio di 17.000 euro per ettaro, il 46% in più rispetto al convenzionale. Un divario che può essere spiegato in primo luogo da una migliore valorizzazione dei vini bio, con prezzi più alti dal 10% al 40%. Ma anche da una presenza più forte di questi viticultori nelle zone di denominazione di origine protetta (DOP). E, nonostante i costi del personale di una volta e mezzo più elevati , il risultato lordo di gestione è in media di 6.400 euro per ettaro, contro i 3.700 euro del viticoltore convenzionale. In orticoltura, il giro d’affari dei produttori biologici è in media inferiore a quello dei loro omologhi convenzionali (10.900 euro, contro 12.500 euro per ettaro), ma il risultato lordo di gestione è più alto (3.300 euro contro 2.500 euro per ettaro). Il fatto di utilizzare meno fertilizzanti e pesticidi riduce i costi.  Ugualmente il minor costo dell’alimentazione  e una migliore valorizzazione del prezzo del latte (+ 18%) permettono di compensare la differenza di fatturato dei produttori di latte biologico nonostante un calo di circa un quarto della produttività. Anche gli aiuti all’agricoltura biologica calcolati per ettaro sostengono gli allevatori bio. Di conseguenza, il loro risultato lordo di gestione è, in media, superiore del 20% rispetto ai colleghi convenzionali. Un altro elemento che spiega poi la migliore performance economica delle aziende agricole ‘verdi’ è un maggiore utilizzo (90% degli orticoltori e 70% dei viticoltori biologici) della filiera corta per commercializzare i propri prodotti.

Fonte Sinab

“Accettazione e valore dei fertilizzanti riciclati nell’agricoltura biologica”: incontro a Bruxelles

“Accettazione e valore dei fertilizzanti riciclati nell’agricoltura biologica”: incontro a Bruxelles

Il 12 dicembre 2017 l’IFOAM UE, insieme alla piattaforma europea per il fosforo sostenibile (ESPP), terrà una riunione a Bruxelles rivolta a tutti gli interessati del settore il cui argomento è “Accettazione e valore dei fertilizzanti riciclati nell’agricoltura biologica”.

Diversi gli argomenti che saranno affrontati durante il workshop: la necessità di input di fosforo in agricoltura biologica, la coerenza ecologica dell’utilizzo di sostanze nutritive di riciclaggio nell’agricoltura biologica e l’accettabilità, per il movimento dell’agricoltura biologica, distributori di alimenti biologici e consumatori,  di diversi materiali secondari e prodotti riciclati.

Proposte di relatori, invitati o contributi sono benvenuti, così come poster, i cui titoli devono essere indicati al momento della  registrazione.

I dettagli del programma e della sede verranno inviati in seguito, in prossimità della data dell’evento, direttamente da ESPP.

Per partecipare, è possibile registrarsi QUI

Se si desidera presentare un contributo o un poster, si prega di contattare info@phosphorusplatform.eu

Fonte 

Climate Change e bio: il ruolo dell’agricoltura nel riscaldamento globale

Climate Change: l’agricoltura, e in particolare quella biologica, può fare qualcosa per arrestare il riscaldamento globale?

Una risposta a questa e a tante altre domande hanno provato a darla le organizzazioni mondiali che dal 21 al 23 marzo 2017, presso la sede della FAO a Roma, hanno preso pare al Global Symposium on Soil Organic Carbon (GSOC17). Oggi vengono pubblicati i dati, le relazioni e i report diffusi in quei giorni. La speranza c’è e viene dal bio.

GSOC17: il punto sul Climate Change

Ad organizzare il simposio, alcunetra le più importanti organizzazioni mondiali che si occupano di Climate Change e della distribuzione delle risorse alimentari tra i popoli:

  • Food and Agriculture Organization of the United Nations (FAO);
  • Global Soil Partnership (GSP) e il suo Intergovernmental Technical Panel on Soils (ITPS);
  • Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC);
  • Science – Policy Interface (SPI) of the United Nations Convention to Combat Desertification (UNCCD);
  • World Meteorological Organization (WMO).

Durante l’evento si sono susseguiti 103 interventi orali e 35 presentazioni sulla misurazione, conservazione e valorizzazione del carbonio organico nel suolo di diverse aree del mondo. Obiettivo era rivalutare il ruolo del carbonio organico in relazione al Climate Change, allo sviluppo sostenibile e alla neutralità del degrado nel suolo.

Il simposio si è incentrato principalmente su tre tematiche:

  • Valutazione del carbonio organico nel suolo (SOC) (misurazione, mappatura, monitoraggio e segnalazione delle scorte)
  • Manutenzione e aumento degli Stock del SOC (come mantenerli e/o aumentarli)
  • Gestione del carbonio organico in specifiche tipologie di terreno (terreni a elevata concentrazione, praterie, sistemi di allevamento, terreni secchi).

Climate Change: il ruolo dell’agricoltura biologica

Nei giorni scorsi, la FAO ha reso noti gli atti del Simposio. Nel documento, sono contenuti gli abstract di tutte le presentazioni scientifiche che si sono tenute durante l’evento.

Tra queste, è incluso anche il contributo di IFOAM – Organic International, l’organizzazione che raccoglie attori e appassionati del biologico di tutto il mondo.

Le conclusioni a cui giunge IFOAM nel suo intervento dipingono l’agricoltura biologica come strada percorribile e necessaria per combattere il Climate Change.

Secondo l’Organizzazione, per aumentare lo stoccaggio di carbonio nel terreno non sarebbe utile investire in tecnologie costose, potenzialmente pericolose e non provate. Sarebbe sufficiente, infatti, puntare maggiormente sull’agricoltura rigenerativa, le cui pratiche sono già ampiamente riconosciute e applicate. I tassi di stoccaggio di carbonio potrebbero poi essere ulteriormente migliorati attraverso la ricerca.

Questo trasformerebbe l’agricoltura in un importante strumento risolutivo nella lotta al Climate Change. L’adozione diffusa di questi sistemi dovrebbe essere di massima priorità da parte dei governi, delle organizzazioni internazionali e dell’industria.

Fonti:

https://www.ifoam.bio/en/news/2017/08/21/proceedings-global-symposium-soil-organic-carbon-2017

http://www.suoloesalute.it/carbonio-organico-nel-suolo-salvare-clima-ruolo-dellagricoltura-bio/

http://www.fao.org/3/a-i7565e.pdf