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Psr Umbria: 46 milioni destinati ai giovani agricoltori

Psr Umbria: 46 milioni destinati ai giovani agricoltori

Sono oltre 46 i milioni di euro stanziati tra il 2017 e il 2018 previsti dal Psr Umbria e destinati a finanziare nuovi insediamenti, interventi per la trasformazione e commercializzazione, e agriturismi.

Si tratta di un investimento importante, che ha l’obiettivo di sostenere e favorire lo sviluppo di imprese guidate da giovani.

Psr Umbria: le tipologie d’intervento previste dal progetto

Nello specifico, i fondi del Psr Umbria destinati ai giovani constano di 31 milioni e 500 mila euro per il 2017 e 14 milioni e 500 mila euro per il 2018.

Le tipologie di intervento ammesso sono tre.

La prima è finalizzata al sostegno delle azioni previste dalla sottomisura 4.1.1. Si tratta di interventi di trasformazione, commercializzazione e sviluppo dei prodotti agricoli. A questa tipologia sono destinati 23 milioni nel 2017 e 7 milioni e 494mila euro nel 2018.

La seconda riguarda la sottomisura 6.1, inerente l’avviamento di imprese da parte di giovani agricoltori, per la quale saranno stanziati fino a 7 milioni nel 2017 e 6 nel 2018.

L’ultima tipologia di intervento, invece, è riferita alla sottomisura 6.4.1 e riguarda gli agriturismi. Il plafond messo a disposizione dal Psr Umbria è in questo caso di 1 milione e 500 mila euro nel 2017 e 1 milione nel 2018.

Il 31 agosto è la data fissata, sia per il 2017 che per il 2018, per formulare le graduatorie di ammissibilità delle domande di sostegno che saranno presentate.

Attualmente per il primo bando di finanziamento per l’avviamento di imprese per giovani agricoltori sono state presentate 254 domande e 126, circa la metà, sono state finanziate

È il futuro della nostra agricoltura ed è giusto – ha dichiarato l’assessore regionale all’Agricoltura Fernanda Cecchini – che il Programma di sviluppo rurale contenga le misure di sostegno adeguate per soddisfare le esigenze dei sempre più numerosi giovani che vogliono investire in questo comparto“.

E la risposta da parte dei giovani è incoraggiante. Nella precedente programmazione 2007-2013, è pervenuto un elevato numero di domande. Di queste, 556 sono state ammesse a finanziamento, 431 delle quali hanno già ricevuto gli aiuti richiesti.

FONTE:

http://agronotizie.imagelinenetwork.com/agricoltura-economia-politica/2017/06/19/umbria-un-psr-che-pensa-ai-giovani/54589

FederBio: agricoltura prima causa di inquinamento, necessario puntare sul bio

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Secondo un nuovo studio effettuato presso la Columbia University, sono le emissioni provenienti da aziende agricole la maggiore fonte di inquinamento atmosferico in gran parte degli Stati Uniti, Europa, Russia e Cina.

Le esalazioni dei fertilizzanti ricchi di azoto e dei rifiuti di origine animale si combinano in aria con altre sostanze inquinanti dando vita a delle particelle solide. Queste, ancor più del particolato presente nell’atmosfera, sono una delle principali fonti di malattia e morte, perché possono attaccare il tessuto polmonare di bambini e adulti

Lo studio, intitolato “Significant atmospheric aerosol pollution caused by world food cultivation” e pubblicato il 16 maggio scorso, conferma dunque che l’agricoltura è la prima causa di inquinamento dell’aria: “I fertilizzanti azotati di cui si serve l’agricoltura industriale, insieme all’allevamento degli animali, danno un contributo determinante e devastante all’aumento del particolato fine che provoca malattie e morti premature. Non solo le auto e le emissioni industriali, dunque, vanno incolpate degli alti livelli di PM2,5”.

Paolo Carnemolla, presidente di FederBio, ha diffuso una nota a riguardo, in occasione della Giornata Mondiale dell’Ambiente, che si è celebrata lo scorso 5 giugno: “Vogliamo sottolineare la necessità di un cambiamento di passo in agricoltura. L’abuso di fertilizzanti ricchi di azoto utilizzati per decenni in tutto il mondo ha rappresentato una vera e propria minaccia per l’ambiente, come conferma lo studio dell’Earth Insitute, e per l’uomo stesso. L’agricoltura del futuro deve necessariamente avere come primo obiettivo quello di preservare l’ambiente e dunque la salute dell’uomo allo stesso tempo; deve essere sostenibile, come evidenziato dal lavoro e dell’impegno preso dai ministri all’agricoltura dei Paesi del G20 riunitisi oggi in Cina. Il bio rappresenta la vera alternativa, ponendosi come metodo di produzione che tutela la fertilità del suolo, la biodiversità e il benessere dell’uomo. L’agricoltura industriale, in particolare nei Paesi in via di sviluppo, non può rappresentare il futuro, al contrario è una vera e propria minaccia”.

Fonti:

http://www.feder.bio/comunicati-stampa.php?nid=1030

https://www.sciencedaily.com/releases/2016/05/160516110423.htm

 

Embargo russo: al via la proroga degli aiuti per gli operatori del settore ortofrutticolo

È scattata ufficialmente lo scorso 8 agosto la proroga degli aiuti contro l’embargo russo per il settore ortofrutticolo.

Il provvedimento, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale europea, modifica il regolamento delegato (UE) n. 1031/2014 e istituisce ulteriori misure di sostegno eccezionali a carattere temporaneo. Le misure, infatti, saranno valide fino al 30 giugno 2016 o ad esaurimento dei quantitativi, per i produttori di alcuni ortofrutticoli freschi.

Secondo il Ministro dell’Agricoltura, Maurizio Martina, le misure adottate sono “una risposta necessaria che va nella giusta direzione e sulla quale abbiamo lavorato con forza nelle ultime settimane insieme a Spagna e Francia. Tutelare il reddito delle imprese danneggiate è una priorità. La quota di circa 50.000 tonnellate di ritiri ottenuta per il nostro Paese ci consentirà di agire in questa direzione. Alla Commissione chiediamo di continuare il monitoraggio e valutare ulteriori interventi anche sulle altre filiere coinvolte”.

L’embargo sui prodotti alimentari da parte della Russia è già costato all’Italia in 12 mesi circa 240 milioni di euro di mancato export nei prodotti agroalimentari. Se si considerano gli effetti indiretti che riguardano altri prodotti ed altri settori, però, le perdite sono nettamente superiori: la stima arriva infatti a circa 700 milioni di euro.

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Gli aiuti contro l’embargo russo consentiranno all’Italia di ritirare complessivamente 46.050 tonnellate di prodotti: 17.550 di mele e pere, 9.250 di pesche e nettarine, 3.300 di agrumi, 15.300 di susine, kiwi e uva da tavola e 650 di ortaggi. A cui si aggiunge anche un ulteriore plafond da 3.000 tonnellate che può essere gestito a livello nazionale.

Nonostante questo, la Copa-Cogeca, l’organizzazione comunitaria dei produttori e delle cooperative agricole della UE, ha indetto per il 7 settembre a Bruxelles una manifestazione di massa per protestare contro la grave situazione del mercato agricolo innescata  dal prolungamento dell’embargo russo.

Pur accogliendo con favore le nuove misure a supporto dei coltivatori UE, la Copa-Cogeca ritiene infatti che si sia ancora lontani dal compensare in modo adeguato le enormi perdite del settore. Come ha sottolineato Albert Jan Maat, presidente di Copa: “L’embargo commerciale da parte della Russia ha decurtato di quasi il 50% (5,5 miliardi di euro) le nostre esportazioni agroalimentari. Accogliamo dunque la proroga degli aiuti, ma  questo non è abbastanza”.

Nel frattempo, il Primo Ministro russo Dmitry Medvedev ha firmato un decreto che estende la lista dei Paesi interessati dalle sanzioni. Ad aggiungersi all’elenco, infatti, saranno anche Albania, Montenegro, Islanda, Liechtenstein e, sotto condizioni speciali, l’Ucraina. Quest’ultima, infatti, sarà interessata dall’embargo alimentare solo se firmerà la parte economica della sua associazione con l’UE.

Dalla prima settimana di agosto, inoltre, le autorità russe hanno iniziato la distruzione della frutta proveniente dai Paesi Occidentali e arrivata attraverso triangolazioni e falsi certificati emessi per aggirare l’embargo.

Fonti:

http://www.freshplaza.it/article/76399/Embargo-russo-operativi-i-nuovi-ritiri-UE-per-il-settore-frutta-e-verdura

I fertilizzanti biologici conquistano il mercato americano

L’agricoltura biologica è una pratica che mette al primo posto la salute e il rispetto dell’ambiente. Per questo, chi ha abbracciato questa particolare “filosofia di vita” decide di abbandonare completamente l’uso di fitofarmaci industriali, prodotti di sintesi e Ogm, scegliendo invece soluzioni naturali, che rispettino la biodiversità dell’agroecosistema, puntando ad arricchire il terreno.

Nella coltivazione biologica, quindi, malattie e parassiti delle piante vengono combattuti con preparati di origine naturale, mai con prodotti inorganici. La stessa cosa vale per l’utilizzo di fertilizzanti.

Il consumo di sostanze chimiche di sintesi nell’agricoltura italiana sta lentamente calando. Questo, almeno, secondo alcuni dati diffusi recentemente dall’Istat che mostrano come, durante il 2013, sarebbero state distribuite in Italia poco più di 41 mila tonnellate di fertilizzanti, un -13,4% rispetto all’anno precedente.

Segnali che potrebbero avvantaggiare, quindi, il mercato dei fertilizzanti biologici, un settore che nell’America del Nord sembra essere in pieno sviluppo.

Bruxelles+e+agricoltura+biologica

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Secondo gli ultimi dati, infatti, pare che il mercato dei bio-fertilizzanti sia stato valutato nell’America del Nord a 273,3 milioni dollari nel 2014, e si prevede che possa raggiungere quota 495 milioni entro il 2019, ad un tasso di crescita annuale composto del 12,7%.

I fertilizzanti biologici, come abbiamo accennato all’inizio, sono pensati nel pieno rispetto del terreno e della biodiversità. Sono prodotti utilizzando microrganismi vivi e ottimizzano la crescita delle piante, migliorando l’apporto di nutrienti essenziali per le colture.

Il loro compito è quello di aumentare la fertilità del suolo attraverso processi variegati, attraverso la solubilità del fosforo, la fissazione dell’azoto e la sintesi di sostanze che favoriscono la crescita. Questi processi sono completamente naturali e quindi non provocano alcun impatto ambientale dannoso.

Il mercato del Nord America sembra aver deciso di virare in maniera decisa verso l’utilizzo dei fertilizzanti biologici, a causa del più accentuato calo della fertilità del suolo, prodotta dall’industrializzazione pesante, dall’urbanizzazione e dal dilagante utilizzo di prodotti chimici.

Così, per consentire una ripresa sana del suolo e aumentare la resa delle colture, gli agricoltori hanno deciso in percentuale crescente di optare verso l’uso di concimi organici e biologici. Ecco allora la crescita esponenziale del mercato americano.

La vendita dei fertilizzanti biologici nel Nord America sembra essere dominata dagli Stati Uniti, seguiti dal Canada. Negli Stati Uniti, il settore dei bio-fertilizzanti è relativamente nuovo, molto frammentato e sotto-capitalizzato. Questa fetta rappresenta una quota molto piccola del mercato dei fertilizzanti globali, tuttavia la domanda di prodotti biologici e bio-fertilizzanti ha dimostrato di essere in costante aumento. Ed è proprio l’aumento incessante dell’uso di prodotti naturali in agricoltura, assieme alla crescente domanda di alimenti e altri prodotti biologici, a essere il fattore di propulsione della crescita del mercato dei bio-fertilizzanti.

Fonti:

http://www.agprofessional.com/news/north-america-bio-fertilizer-market-expected-reach-4950-million

http://ambientebio.it/agricoltura-e-fertilizzanti-chimici-nel-2013-vendute-41mila-tonnellate-di-prodotti/

http://www.istat.it/it/archivio/145664

L’agricoltura che vogliamo? Parla bio! Presentato il progetto “Conversione” di Legambiente

Raddoppiare le superfici coltivate a biologico, dal 10 al 20%, e liberare i territori italiani da Ogm e pesticidi sono le uniche soluzioni, secondo Legambiente, per assicurarci diete migliori e cibo più sano. Oltre naturalmente a combattere i cambiamenti climatici e le altre gravi emergenze ambientali del pianeta.

Queste, in sintesi, le parole dette durante la presentazione del progetto “Conversione”, presentato nella Conferenza Internazionale  “La terra che vogliamo. Quale agricoltura per nutrire il pianeta?”. L’evento, che si è svolto venerdì 10 aprile a Milano, è stato promosso da Legambiente insieme al Comitato Scientifico Expo a conclusione del viaggio del Treno Verde.

L’obiettivo, secondo l’associazione ambientalista, è perfettamente alla portata del nostro Paese dove esistono già varie realtà virtuose.

Proprio per questo, Legambiente chiede al ministro dell’agricoltura Martino e al Governo azioni concrete per sostenere il settore:

  • fondi per la ricerca e sperimentazione di metodi di agricoltura biologica,
  • formazione e istituzione in ogni regione italiana di liste di esperti in agricoltura biologica per l’assistenza tecnica alle imprese,
  • promozione di almeno un biodistretto per regione in alleanza tra agricoltura, filiere agroalimentari e ricerca scientifica,
  • agricoltura biologica nei Parchi.

agricoltura biologica

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Come accennato, il progetto è stato presentato a termine del tour del Treno Verde, l’iniziativa organizzata da Legambiente e Ferrovie dello Stato, per portare il biologico e la tutela dell’ambiente in giro per l’Italia. Il treno è partito lo scorso 23 febbraio da Caltanissetta e ha percorso 16 tappe, da Sud a Nord, nel corso delle quali il convoglio ha raccolto e raccontato le migliori esperienze di agricoltura italiana di qualità. Il treno ha terminato la sua corsa proprio a Milano, dove si terrà Expo 2015. Una scelta non casuale.

Vittorio Cogliati Dezza, presidente di Legambiente, ha così dichiarato: L’Expo è un’occasione irripetibile per parlare al mondo di questi modelli di agricoltura sostenibile, della salute dei cittadini e non può essere prigioniero degli interessi delle multinazionali del cibo globalizzato e degli ogm. Esiste invece un’agricoltura che è attenta alla complessità e specificità locale degli ecosistemi ed è praticata già da molti agricoltori, alcuni dei quali hanno accompagnato il viaggio del Treno Verde lungo l’Italia. Parliamo purtroppo ancora di una visione non acquisita e consolidata, perché privilegi, lobby e approcci corporativi fanno da freno al processo di modernizzazione. Come ad esempio sta accadendo in questi mesi con il TTIP (Partenariato Transatlantico su Commercio e Investimenti) che mette sotto attacco gli stessi standard su sicurezza dei cibi, dell’ambiente, del lavoro e della chimica; per non parlare dell’eccessivo consumo di suolo accompagnato da una cementificazione selvaggia”.

L’agricoltura sostenibile, quella virtuosa, precisa Legambiente, è quella praticata quotidianamente dai 130 Ambasciatori del Territorio che sono saliti a bordo del Treno Verde durante il suo tour. C’è una grande domanda di cambiamento da parte dei consumatori e delle aziende agricole, a cui la politica è chiamata a rispondere.

Queste esperienze e queste richieste hanno ispirato il Manifesto della Nuova Agricoltura che, durante il tragitto effettuato dal Treno Verde, ha raccolto le firme di più di mille persone, operatori del settore agroalimentare, studenti, professori, tecnici, rappresentanti politici e istituzionali.

Nel manifesto viene proposta un’agricoltura di qualità, che rispetti gli ecosistemi e la biodiversità, in favore di una dieta più salutare, sostenibile, capace di nutrire il Pianeta. Perché il futuro del Pianeta dipende anche dal nostro stile alimentare che contrappone da un lato della Terra persone che muoiono di fame ad altre che muoiono per malattie determinate da un eccesso di carne, grassi, zuccheri, cibo scadente e contaminato da pesticidi. Tutti temi che sono stati trattati durante i due mesi di tappe del Treno Verde che ha accolto sulle sue carrozze oltre 35 mila visitatori.

Per ulteriori informazioni sul progetto “Conversione”, potete visitare il link: http://www.legambiente.it/sites/default/files/docs/agricoltura_che_vogliamo.pdf