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A CORDOVA L’IMPEGNO DI IFOAM SUL FRONTE DELLA TRANSIZIONE ECOLOGICA

A CORDOVA L’IMPEGNO DI IFOAM SUL FRONTE DELLA TRANSIZIONE ECOLOGICA

Ha preso il via il 26 settembre il 17° Congresso europeo del biologico organizzato da IFOAM Organics Europe ed Ecovalia con il supporto di Suolo & Salute. Plagge: «Guai ad allentare sul fronte del Green deal»

Fronte comune del bio contro il greenwashing. Maggiore equità nella distribuzione del valore aggiunto nel commercio dei prodotti bio. Migliori misure per garantire il ricambio generazionale nelle aziende bio. Sviluppare le esperienze positive dei biodistretti e delle filiere bio attraverso politiche innovative nella filiera agroalimentare.

Sono i temi affrontati il 26 settembre a Cordova, nel corso della prima giornata della 17a edizione del Congresso europeo del biologico (European organic congress, EOC).

Il bio al centro dell’agenda politica dell’Unione

L’evento, organizzato da IFOAM Organics Europe e dall’associazione di produttori spagnoli Ecovalia a Cordova, assume un forte significato istituzionale, visto che si svolge nel contesto del semestre di presidenza spagnola del Consiglio dell’Unione Europea. Un semestre che conclude di fatto una legislatura europea capace di portare la transizione ecologica e il ruolo del bio al centro dell’agenda politica.

Occorre scongiurare ripensamenti dell’ultima ora sull’agenda del Green deal. Un obiettivo che ha portato sulle rive del Guadalquivir anche Suolo e Salute, rappresentato dal direttore generale Alessandro D’Elia, sponsor dell’evento nonché membro Ifoam OE.

La strenua difesa del Green deal

Nel corso della sessione inaugurale moderata da Eduardo Cuoco, Direttore, IFOAM Organics Europe, il presidente Jan Plagge ha ammesso che «sebbene la maggior parte dei politici concordi sulla necessità di una transizione verso sistemi alimentari più sostenibili, vi sono divergenze di opinione sugli strumenti e sull’urgenza di questa transizione».

La presidente della Commissione Ursula Von der Leyen ha preannunciato, nel corso del suo ultimo discorso sullo stato dell’Unione, un allentamento sul fronte del Green deal. Il presidente di IFOAM Organics Europe Jan Plagge ribadisce quindi a Cordova, davanti a Joanna Stawowy, della Dg Agricoltura della Commissione Europea e a Francisco Martínez Arroyo del Ministero dell’Agricoltura spagnolo, la necessità di non derogare dall’impegno della transizione ecologica e dagli obiettivi della strategia Farm to Fork.

Stop al greenwashing

Plagge sottolinea il ruolo del biologico nel favorire una produzione agricola più sostenibile. In questo clima IFOAM Organics Europe dichiara il suo massimo impegno nel contrastare il greenwashing, la diffusione della disinformazione e tutti gli altri ostacoli che impediscono una transizione reale.

Il sorpasso della Spagna

Nel corso dell’evento Alvaro Barrera, Presidente di Ecovalia, ha rappresentato tutte le positività che hanno portato il biologico spagnolo a superare quello italiano come estensione (2,6 milioni di ettari nel 2022, grazie ad una crescita del 27% negli ultimi 5 anni contro i 2,3 milioni di ettari italiani). L’evento di Cordova prosegue fino al 28 settembre con i focus sulla promozione, sullo stato di avanzamento del Green deal e sull’allevamento sostenibile.

INTERPROFESSIONE BIO, SARÀ UNA SCATOLA VUOTA?

INTERPROFESSIONE BIO, SARÀ UNA SCATOLA VUOTA?

Tutti la vogliono, nessuno sa a cosa servirà. Anche perché, come denuncia Fabrizio Piva in un recente articolo su GrennPlanet, la legge che la istituisce disinnesca già in partenza il suo compito di portare maggiore equilibrio sui mercati

Tutti l’aspettano, tutti la vogliono, nessuno sa ancora a cosa serva e se farà il bene del biologico. Parliamo dell’Organismo interprofessionale bio, una delle grandi novità previste dalla legge sul bio (L. 9 Marzo 2022 n. 23).

L’intervento di Piva

In un articolo pubblicato sul sito Greenplanet.net Fabrizio Piva, personalità di spicco del mondo del biologico, già amministratore delegato di un importante organismo di certificazione e oggi responsabile sviluppo e sostenibilità della cooperativa G.Bellini, ironizza sul “balletto” degli accordi stretti dietro le quinte dell’ultima edizione della fiera Sana di Bologna tra «le varie organizzazioni che a vario titolo rappresentano, o affermano di rappresentare, il biologico», per salire sulla “tolda di comando” di questo nuovo organismo.

Il problema è che, con ogni probabilità, l’Interprofessione potrà comandare veramente poco.

Il groviglio tra contratti tipo, accordi quadro e intese di filiera

Piva mette infatti in evidenza le incongruenze della legge sul bio che, dopo aver stabilito all’art.14 che tale organizzazione avrà come scopo principale quello di redigere contratti-tipo vincolanti per il settore, concede subito dopo, all’art.15, la facoltà alle organizzazioni di categoria più rappresentative di stipulare, in nome e per conto delle imprese associate, accordi-quadro per la cessione di prodotti bio. In più l’art.16 introduce il dispositivo delle intese di filiera, stipulate nella cornice di un ipotetico Tavolo di filiera bio. Intese chiamate anche in questo caso a definire accordi-quadro.

Un intasamento di formule di aggregazione prive di una precisa gerarchia che rischiano di sabotare in partenza l’obiettivo di introdurre maggiore equilibrio tra offerta e domanda di prodotti bio.

Il rischio “carrozzone”

E che spinge Piva a suggerire, come alternativa, di non introdurre un’interprofessione nuova per il bio, ma di fare riferimento a quella già in essere per i prodotti convenzionali, introducendo comitati di prodotto ad hoc per il bio.

Un’ipotesi che potrebbe funzionare solo se si fa riferimento a quei pochi organismi interprofessionali che funzionano veramente nel convenzionale, riuscendo a imporre regole e vincoli commerciali in cambio della tutela di un interesse comune di valorizzazione.

Spesso infatti, nonostante l’impegno della Pac, politica agricola comunitaria, accentuato soprattutto a partire dell’ultimo periodo di programmazione 2014—2022 nel potenziare strumenti di controllo dei mercati, l’efficacia degli Oi, organismi interprofessionali, è stata spesso vanificata dalla mancanza di strumenti efficaci nell’integrare le Op, organizzazioni dei produttori e i grandi gruppi della trasformazione e distribuzione agroalimentare.

D’ERAMO: «SUL BIO RAGGIUNGEREMO I TARGET UE»

D’ERAMO: «SUL BIO RAGGIUNGEREMO I TARGET UE»

Il settore è strategico anche per il Governo e il sottosegretario al Masf con delega per il bio rassicura non solo sull’obiettivo di raggiungere il 25% di superficie entro il 2027, ma anche di portare più equilibrio sui mercati

Il Governo sostiene il bio. In occasione della giornata dedicata a questo settore Luigi D’Eramo ha preso carta e penna per evidenziare che «il settore è passato da nicchia a realtà ora sempre più importante, per superfici e numero di operatori, e per l’attenzione che il biologico riveste nelle scelte e nelle politiche, a livello europeo così come nazionale».

L’impegno del Governo

Il sottosegretario al ministero dell’Agricoltura, sovranità alimentare e foreste con delega per il bio ha ribadito quindi l’impegno italiano a raggiungere gli obiettivi fissati dalla strategia Farm To Fork.

«L’Italia – ha detto-  con una percentuale di superfici coltivate a bio pari a circa il 19% sul totale, contro una media europea intorno al 12%, è proiettata a raggiungere prima del 2030 il target Ue del 25% e 6 regioni hanno già superato quest’obiettivo».

«Per continuare a essere leader in Europa è ora necessario un rilancio dei consumi, a partire da quelli domestici».

Il Piano di comunicazione e il marchio nazionale

«Il Masaf è impegnato su più fronti per sostenere e valorizzare una filiera considerata oggi strategica, dalla campagna di comunicazione ad hoc presentata al Sana al piano d’azione nazionale ormai alle battute conclusive, al marchio biologico italiano che vogliamo concretizzare quanto prima per un’ulteriore certificazione e un maggiore valore dei nostri prodotti bio, dentro e fuori i confini nazionali».

IL BIO FA BENE AL CLIMA

IL BIO FA BENE AL CLIMA

Se si raggiungesse il target del 25% di terreno agricolo biologico entro il 2030, le emissioni di gas serra si ridurrebbero del 15% nell’Unione Europea. Lo afferma Maria Grazia Mammuccini, presidente di FederBio, citando uno studio commissionato da Ifoam

«Raggiungere l’obiettivo del 25% di terreno agricolo biologico entro il 2030 consentirebbe di ridurre le emissioni di gas serra del 15% nell’Unione Europea».

La ricerca

Lo afferma sulle pagine di TerraNuova la presidente di FederBio Maria Grazia Mammuccini. Il dato deriva dal rapporto Study on the environmental impacts of achieving 25% organic land by 2030 di Nicolas Lampkin e Katrin Padel.

Notevoli i benefici in termini di mitigazione dei cambiamenti climatici, riduzione dell’inquinamento da azoto e miglioramento della biodiversità . Lo studio evidenzia infatti che le emissioni di gas serra sarebbero ridotte fino a 68 milioni di tonnellate di CO2 l’anno con una diminuzione del 15% delle emissioni totali di gas serra dell’agricoltura dell’Ue, mentre la biodiversità̀ aumenterebbe del 30% sui terreni agricoli biologici rispetto a quelli convenzionali».

Meno concimi, meno emissioni

Sull’uso dei concimi azotati sintetici, la cui produzione rappresenta il 50% del consumo energetico nell’agricoltura dell’Ue, visto che gli agricoltori biologici non ne fanno uso, si potrebbero ridurre le emissioni di gas serra fino a 25 milioni di tonnellate di CO2 equivalente. Un grosso lascito per le generazioni future

 

 

BIO BELLO SENZ’ANIMA

BIO BELLO SENZ’ANIMA

Il bio perde valore aggiunto e si omologa alle esigenze della distribuzione: la denuncia di Duccio Caccioni su Agronotizie. Le carte per scongiurare questo rischio? Puntare sui consumi fuori casa e sull’effetto valorizzazione dei biodistretti

«A forza di omologarsi alle esigenze della Gdo nazionale, il settore bio italiano ha perso l’anima (e pure il valore aggiunto)». Duccio Caccioni fa il verso al Cocciante prima maniera e lo denuncia sulle pagine digitali di Agronotizie.

La spinta inflazionistica

Le vendite hanno infatti superato i 5 miliardi di euro, è vero. Il 58% viene realizzato sugli scaffali della grande distribuzione e questo sta diventando un limite. I valori infatti, secondo l’analisi dell’editorialista di Agronotizie e Direttore Scientifico Fondazione Fico di Bologna, sono  fortemente drogati dalla spinta inflazionistica visto che i volumi mostrano una contrazione ma, quel che peggio, i margini vanno al distributore al dettaglio e i produttori spesso soffrono.

Prezzi all’origine al lumicino

Lo ha rilevato anche Ismea nel corso dell’ultimo Sana (lo avevamo scritto qui). I listini all’origine, ovvero i prezzi riconosciuti alle aziende agricole. Per i consumatori i prezzi di vendita medi annui sono invece cresciuti oltre il 20% nel 2022 e il trend, trasversale per tutti i prodotti, prosegue anche nel 2023 con un incremento minore per alcuni prodotti bio rispetto a quelli convenzionali.

Logiche speculative

La congiuntura geopolitica rischia così di diventare una scusa mettendo in luce, anche nel biologico, logiche speculative, soprattutto su alcune produzioni. I cereali sono un caso emblematico: il grano duro bio ad esempio, ha infatti ormai lo stesso prezzo del grano duro convenzionale, ma la pasta bio porta sullo scaffale una maggiorazione del 40-50% rispetto a quella convenzionale. Come si spiega e, soprattutto, come se ne esce?

Marketing territoriale

Caccioni nel suo articolo fa affidamento soprattutto sui consumi fuori casa, che realizzano nel 2022-23 il record di 1,3 miliardi e ovviamente sull’export che realizza un valore di 3,64 miliardi di euro (+ 8% nell’ultimo anno e +203% rispetto al 2012). L’aumento della concorrenza internazionale (Francia e Spagna) spinge però a non rassegnarsi sul fronte interno. Dove la novità dei biodistretti può secondo Caccioni giocare carte preziose nel marketing territoriale, unendo la valorizzazione dei prodotti a quella dei territori turistici.

VIA AL PIANO NAZIONALE SEMENTI BIO

VIA AL PIANO NAZIONALE SEMENTI BIO

Il sottosegretario Luigi D’Eramo segnala la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del relativo decreto d’adozione

È stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto di adozione del Piano nazionale delle sementi biologiche. Lo rende noto il sottosegretario al ministero dell’Agricoltura, sovranità alimentare e foreste con delega al settore Luigi D’Eramo.

Gli obiettivi

Tra le finalità del piano:

  • aumentare la disponibilità delle sementi bio per una riduzione progressiva e significativa del numero di deroghe per l’uso di sementi non biologiche al posto di quelle biologiche;
  • favorire l’individuazione e la produzione di una più ampia gamma di varietà biologiche delle specie di piante agricole adatte alla produzione bio, migliorandone l’aspetto sia qualitativo che quantitativo;
  • promuovere il miglioramento genetico partecipativo per la selezione di piante che rispondano ai bisogni degli agricoltori, adattandosi ai diversi contesti ambientali e climatici e ai diversi sistemi colturali.

La strada della concertazione

Il piano sarà aggiornato con cadenza triennale con il supporto scientifico del Crea. «Diventa operativo – afferma il sottosegretario – uno strumento che era da tempo atteso e che contribuirà a creare le condizioni perché il settore possa crescere ancora». «Stiamo lavorando per portare a casa altri importanti provvedimenti come il Piano d’azione nazionale e il marchio biologico italiano». «Ci confronteremo con i rappresentanti della filiera anche sullo schema di Dlgs che riguarda l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento Ue su produzione, etichettatura e controlli.