Suolo e Salute

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UN MILIONE DI OLIVI BIO ENTRO 2030

UN MILIONE DI OLIVI BIO ENTRO 2030

Monini prosegue nell’impegno di fare nascere un polmone verde capace di sequestrare fino a 50 mila tonnellate di anidride carbonica in 10 anni Oltre 650 mila già piantumati tra Umbria e Toscana

Un milione di nuovi olivi nel cuore dell’Italia entro il 2030, di cui oltre 650 mila già piantumati tra Umbria e Toscana e coltivati al 100% in regime biologico.

In occasione della Giornata mondiale dell’olivo, istituita il 26 novembre di ogni anno dall’Unesco, Monini ha presentato i primi risultati del progetto Bosco Monini, avviato due anni fa.

L’impegno ambientale

L’azienda sottolinea attraverso una nota che il nuovo “polmone verde”, realizzato prevalentemente su terreni abbandonati e riqualificati, «ha un forte impatto ambientale: le nuove piante proteggono la salute del terreno e lo preservano da rischi di erosione, tutelano la ricchezza dell’olivicoltura italiana e delle sue cultivar e instaurano un sistema virtuoso di salvaguardia della biodiversità».

100% carbon neutral

Gli alberi consentiranno di sequestrare fino a 50 mila tonnellate di anidride carbonica in 10 anni. Un dato che si somma al progetto “100% carbon neutral”, dedicato a Monini classico e a quello Delicato. «Con questo progetto – spiega Zefferino Monini, presidente e ad dell’azienda – vogliamo contribuire a promuovere un’olivicoltura di qualità che sia italiana fin dall’origine e che sia sostenibile sotto il profilo ambientale, sociale ed economico. L’olivo rappresenta per la nostra famiglia la vita da oltre tre generazioni e con questo progetto vogliamo difendere il nostro futuro e quello di chi verrà dopo di noi».

NASCE IL NUOVO BIODISTRETTO DEL PROSECCO

NASCE IL NUOVO BIODISTRETTO DEL PROSECCO

Promosso dal Consorzio del Conegliano Valdobbiadene Docg assieme ad altri 9 soci, interessa 15 Comuni, 150 soci di cui 52 aziende vitivinicole. Salgono così a sei i biodistretti attivi nel Veneto

«Le priorità del sistema Prosecco è la certificazione ambientale, il biologico ed essere apripista di buone pratiche agricole».

Lo ha detto il Presidente del Veneto Luca Zaia al Castello di San Salvatore a Susegana (Treviso), a margine dell’evento di celebrazione del sessantesimo anniversario del Consorzio di Tutela del Conegliano Valdobbiadene Prosecco Docg.

Il progetto di sostenibilità del Consorzio

Consorzio che, come spiega il direttore Diego Tomasi sulle pagine di VVQ, Vigne, Vini & Qualità di dicembre è attivamente impegnato nella nascita del nuovo biodistretto, un progetto che interessa i 15 Comuni dell’area del Prosecco di Conegliano Valdobbiadene per l’intera superficie, più larga rispetto alla Docg. I soci fondatori sono 150 (integralmente bio), di cui 52 aziende del vino, sia produttori che trasformatori, oltre 100 aziende agricole tra i comparti di ortofrutta, cereali, caseifici, piante aromatiche, zootecnia e selvicoltura. I soci promotori, tra cui il Consorzio, sono una decina.

Una quota bio oltre al 7%

Il progetto del Biodistretto ha subito una battuta d’arresto con la pandemia, ma adesso è in dirittura d’arrivo. L’area del Conegliano Valdobbiadene vanta una superficie biologica certificata pari al 7,2% dell’intera superficie agricola; in Veneto la media Bio è di 4,9%. Sono in fase di presentazione i documenti di richiesta (statuto, atto costitutivo, modulo adesione) e in tre mesi la Regione può approvarlo. Il Pnrr metterà a disposizione ai bio-distretti 24 milioni di euro. Spesso i progetti Ue, nazionali e regionali privilegiano i bio-distretti.

I biodistretti veneti

Lo scopo principale è di promuovere la cultura del biologico, la sostenibilità, la ricerca, lo sviluppo e l’informazione. Il nuovo Biodistretto del Prosecco si aggiunge agli altri già attivi in Veneto:

  • BioVenezia;
  • Biodistretto Colli Euganei;
  • BioAltopiano;
  • BioVerona;
  • Biodistretto pedemontano vicentino.
PIATTAFORMA “SERIA”: DATI E SERVIZI PER IL BIO PIEMONTESE

PIATTAFORMA “SERIA”: DATI E SERVIZI PER IL BIO PIEMONTESE

L’obiettivo è fornire servizi di supporto alle decisioni per l’applicazione delle strategie di produzione integrata e biologica

Nasce per l’agricoltura piemontese il progetto ‘Seria’, un sistema integrato di raccolta, elaborazione e diffusione di dati e informazioni da fornire alle aziende e alle strutture impegnate nell’assistenza tecnica del settore.

Scelte a basso impatto

L’obiettivo è fornire servizi di supporto alle decisioni per l’applicazione delle strategie di produzione integrata e biologica, aiutando il comparto a compiere scelte agronomiche e fitosanitarie a basso impatto ambientale che siano a tutela dell’ecosistema, delle risorse naturali e del paesaggio. Ad occuparsi della realizzazione di ‘Seria’ è il Sistema fitosanitario e tecnico-scientifico della Regione insieme a Fondazione Agrion e 3A srl.

«Seria – spiega l’assessore regionale all’agricoltura, Marco Protopapa – mette a disposizione dati agro-meteo, bollettini tecnici suddivisi per le principali filiere produttive ed informazioni tecnico-scientifiche previsionali di supporto alle decisioni che sono di grande utilità pratica per le aziende agricole piemontesi ed il personale tecnico operante in agricoltura».

130 stazioni meteo, 50 aziende pilota

«L’erogazione di questi servizi costituisce base fondamentale per affrontare le sempre più frequenti criticità climatiche e fitosanitarie che colpiscono le nostre colture».

Alla raccolta dei dati partecipano 130 stazioni meteorologiche elettroniche, cinque centri sperimentali sparsi tra le province di Torino, Cuneo e Alessandria, 50 aziende agricole pilota che rappresentano le cinque filiere produttive di orticoltura, viticoltura, corilicoltura, frutticoltura e cerealicoltura. Il progetto, operativamente avviato nel 2020, è finanziato con i fondi europei del Programma di sviluppo rurale 2014 -2020.

STUDIO LUISS: L’ALIMENTAZIONE BIOLOGICA AIUTA GLI SPORTIVI

STUDIO LUISS: L’ALIMENTAZIONE BIOLOGICA AIUTA GLI SPORTIVI

Migliori recuperi, riduzione peso corporeo, maggior benessere psico-fisico, migliori prestazioni: i risultati sorprendenti ottenuti dal confronto tra due diversi gruppi di atleti dei team As Luiss Volley alimentati con dieta bio e convenzionale

È stato presentato a Roma lo studio “Alimentazione biologica, performance sportiva e stili di vita” condotto da Sport Luiss Lab (Libera università internazionale degli studi sociali Guido Carli).

Un documento che mostra i benefici che gli sportivi possono ottenere da un piano alimentare personalizzato a base di alimenti biologici e sostenibili.

 

Squadre a confronto

Un gruppo di atleti dei team As Luiss Volley ha seguito un piano nutrizionale a base di alimenti biologici, mentre un secondo gruppo ha seguito le consuete abitudini alimentari, adottando schemi dietetici personalizzati. Dopo appena un mese, entrambi i gruppi hanno ottenuto benefici evidenti. In particolare, la dieta biologica ha portato a risultati sorprendenti. Da migliori recuperi e prestazioni sportive, a una riduzione del peso corporeo, fino a un maggior benessere psico-fisico.

 

Doppio vantaggio

«L’inclusione di alimenti biologici – afferma Stefano D’Ottavio, direttore scientifico Luiss Sport Lab – nella dieta quotidiana degli atleti ha avuto un impatto significativo sulla diversità dei prodotti alimentari consumati e ha incoraggiato la formazione di sane abitudini alimentari». Lo schema di alimentazione più sostenibile utilizzato ha determinato un maggiore utilizzo di alimenti di origine vegetale, con un doppio vantaggio per la salute degli atleti e per quella del pianeta.

SEMINATIVI BIO, UN BILANCIO DELL’ANNATA

SEMINATIVI BIO, UN BILANCIO DELL’ANNATA

Listini bio sulla breccia dell’onda, ma rese condizionate dal clima. A fare la differenza è stata la competenza e la filosofia di produzione: solo chi mette al primo posto l’agronomia ha portato a casa il risultato economico

I risultati tecnici e commerciali dei seminativi bio in un’annata condizionata dalla siccità evidenziano forti differenze tra chi punta sulla competenza tecnica e chi invece si è improvvisato coltivatore biologico solo per opportunismo. Un articolo uscito sul numero 34/2022 del settimanale Terra e Vita fa infatti un bilancio dell’effetto della siccità record della primavera ed estate 2022 sulle colture biologiche di pieno campo della pianura padana.

In campo i produttori si sono prodigati per evitare l’effetto della stretta sui cereali autunno vernini e, soprattutto, per salvaguardare colture primaverili come girasole, mais e soia dall’impatto di una siccità prolungata. Ma per fortuna le Borse Merci, complice la crisi geopolitica internazionale, premiano i raccolti biologici con rialzi mai visti.

Il balzo delle quotazioni

A guidare gli apprezzamenti è ancora una volta il girasole bio, arrivato a superare all’Ager di Bologna i 900 €/t nella versione altoleico (e il linoleico è poco distante), ovvero il 30-40% in più rispetto ai listini del 2021. Una tendenza ricalcata dalla soia bio, che ha inizio novembre ha addirittura sfiorato i mille €/t.

La colza bio nazionale è stata “bruciata” sotto trebbia con quotazioni più che soddisfacenti per i produttori e anche i listini di grano tenero e orzo bio, dopo una prolungata stasi, hanno ripreso a correre, sostenuti dalla domanda estera di prodotti trasformati bio. E il differenziale con le referenze convenzionali, anch’esse spinte verso l’alto dalle tensioni internazionali, si è mantenuto in territorio ampiamente positivo.

 

tab. 1 Listini bio (€/t)
2022 2021
Frumento tenero di base 420 330
Mais ad uso alimentare 540 380
Seme di girasole 900 650
Seme di soia 990 850
Fonte Ager Borsa Merci Bologna. Quotazioni 4 novembre

 Il rispetto del suolo

Risultati commerciali che però non sono stati alla portata di tutti i produttori. Il mantra del metodo biologico è il rispetto del suolo. Un obiettivo che si raggiunge evitando pesanti interventi meccanici in primavera soprattutto sui terreni più pesanti e argillosi e curando la fertilizzazione ricorrendo ad ammendanti organici di buona qualità. Chi segue queste indicazioni da anni ha potuto così giovare dei benefici, in termini di maggiore disponibilità idrica, di suoli con un’adeguata dotazione organica in grado di contenere le perdite di resa legate agli eccessi termici e radiativi.

14 MILIONI DI ETTARI BIO ENTRO TRE ANNI, IL PIANO DI CONVERSIONE INDIANO VA AVANTI

14 MILIONI DI ETTARI BIO ENTRO TRE ANNI, IL PIANO DI CONVERSIONE INDIANO VA AVANTI

La necessità di spezzare la dipendenza dall’import di fertilizzanti e input chimici sempre più introvabili e costosi spinge il Governo di Nuova Dehli a rafforzare il piano di conversione lanciato nel 2015

Il biologico può contribuire alla sicurezza alimentare globale? A dispetto delle calunnie delle lobby europee anti-bio, l’India ci crede e continua a puntare su questo modello di produzione low input proprio per risolvere problemi di food security molto più pressanti dei nostri, dovendo assicurare la disponibilità di cibo per oltre 1,4 miliardi di persone.

Tre anni per realizzare il piano

Siamo infatti a tre anni dalla conclusione del “Paramparagat Krishi Vikas Yojana (PKVY)” piano di sviluppo del bio lanciato nel 2015 e che prevedeva, attraverso specifiche sovvenzioni e facilitazioni, di arrivare al 10% di sau bio, ovvero 14 milioni di ettari, entro 10 anni. Oggi solo il 3% della superficie arabile del grande paese asiatico, pari a oltre 4,3 milioni di ha, corrisponde a questa definizione (vedi le cifre aggiornate qui), ma le forti tensioni internazionali sul prezzo e sulla disponibilità di fertilizzanti chimici spinge il governo indiano a intensificare gli sforzi in questa direzione. Uno impegno rafforzato dalla necessità d spezzare il legame tra la sicurezza alimentare interna e l’importazione di input produttivi dall’estero e alleggerire così le crescenti tensioni sulla bilancia commerciale.

Una voce emergente

In un recente intervento Sujit Jain, rampante rappresentante della nouvelle vague dei giovani imprenditori seriali indiani, Amministratore Delegato e Presidente di Netsurf Communications e di una galassia di altre società da 100 milioni di dollari, voce emergente nel panorama della comunicazione indiana per i suoi scritti persuasivi sulla vendita diretta, spezza una lancia in favore della necessità di un maggiore impegno nella realizzazione del Pkvy.

«La capacità dell’India – dice – di convertire al bio ulteriori 10 milioni di ettari nei prossimi 3 anni potrebbe essere messa in discussione, ma la nostra Nazione ha sicuramente il potenziale per sostenere questa ambizione».

L’importanza dell’India per il bio

Quello che capita a New Dehli ha un’importanza decisiva per il movimento mondiale del bio. Non solo per il peso economico e agricolo di questo paese Brics, ma anche per il suo ruolo storico. È infatti proprio studiando all’inizio del secolo scorso le tecniche di agricoltura estensive adottate dagli agricoltori indiani che Sir Albert Howard, botanico e fitopatologo inglese, ha scoperto l’importanza del compost e degli ammendanti organici e di una gestione più naturale nell’abbassare i danni delle malattie del suolo sui raccolti, gettando le basi dell’agricoltura biologica assieme a Rudolf Steiner e Eve Balfour.

Punti di forza e di debolezza

Secondo Sujit Jain i vantaggi del biologico in India sono:

  1. Raccolti di maggior valore sia in termini di maggiori entrate per gli agricoltori che di fertilità della terra.
  2. La possibilità di corrispondere alla crescente sensibilità del mercato interno e estero sul tema della sostenibilità;
  3. Maggiore autosufficienza delle comunità locali per il minore ricorso a fertilizzanti e input esterni, con effetti positivi sull’equilibrio biologico dei suoli.

L’importanza della certificazione

Dall’altro lato della bilancia l’imprenditore indiano mette la difficoltà iniziale a convertirsi e a cambiare metodo di produzione, in assenza di un sistema di formazione assistenza tecnica evoluto. «Ma la crescente domanda di bio che caratterizza anche il mercato indiano e gli sgravi finanziari per gli agricoltori potrebbero essere una grande motivazione per passare al bio».

Altro elemento critico per Jain è la certificazione: «tutti gli sforzi compiuti dagli agricoltori e dal Governo possono risultare vani se non si diffonde un sistema affidabile per convalidare la qualità biologica delle produzioni. La certificazione è importante perché assicurerebbe ai produttori un alleato in grado di  sostenere tecnicamente ed emotivamente i produttori nell’impegno verso l’agricoltura biologica».