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IL RATING DELLE AZIENDE BIO È UN’INUTILE GOGNA

IL RATING DELLE AZIENDE BIO È UN’INUTILE GOGNA

Dura presa di posizione di Aiab rispetto alla pubblicazione della “classifica di merito”  delle aziende bio previsto dalla bozza del Decreto Controlli

Sta proseguendo l’iter istituzionale relativo al Decreto Controlli del Bio (ne avevamo parlato qui). Una bozza su cui AIAB (Associazione Italiana Agricoltura Biologica) ha espresso più volte le proprie perplessità, evidenziando alcune criticità. «A queste ora si è aggiunto un’ulteriore problematica, con la Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati che ha espresso un parere favorevole a un testo nel quale viene data la possibilità alle autorità competenti di pubblicare o rendere altrimenti disponibili al pubblico le informazioni circa il rating dei singoli operatori in base ai risultati di uno o più controlli ufficiali».

L’attuale sistema dei controlli funziona

Lo dichiara Giuseppe Romano, presidente della storica associazione del bio.  «Come abbiamo spesso ripetuto – aggiunge – il sistema dei controlli, allo stato attuale, è ciò che garantisce l’assoluta qualità e sicurezza dei prodotti bio, e siamo assolutamente favorevoli al suo potenziamento e incremento». «Riteniamo che non sia appropriato rendere pubblico il rating degli operatori in quanto ciò potrebbe ulteriormente danneggiare la reputazione delle aziende».

Esiste infatti secondo Romano il pericolo che un prodotto certificato e sottoposto a controlli, a fronte di piccole non conformità riscontrate, possa apparire meno competitivo rispetto a un prodotto convenzionale che non ha quelle stesse certificazioni e controlli.

Non servono “classifiche di merito”

«Le aziende bio già fanno un lavoro  egregio per fornire prodotti di alta qualità, certificati e garantiti, rientrando in tutti i parametri previsti dalla legge. Già oggi, infatti, chi agisce con dolo o tenta di frodare il sistema viene segnalato alle autorità competenti per le sanzioni del caso, e non è necessario, quindi, andare a creare ulteriori tensioni e problematiche con una “classifica di merito” che non aggiungerebbe nulla circa la sicurezza dei prodotti».

«Siamo disponibili – conclude Romano – al confronto per migliorare questi temi, affinché questo decreto possa effettivamente diventare un’occasione di sviluppo di tutto il settore biologico, e non, al contrario, un freno alla sua crescita».

ALLE MENSE BIO CINQUE MILIONI DI EURO

ALLE MENSE BIO CINQUE MILIONI DI EURO

È la quota attribuita dal riparto del fondo per le mense scolastiche biologiche per l’anno 2023., Pubblicato il 3 ottobre il decreto di riferimento

Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 3 ottobre il decreto dell’8 agosto del Ministero dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, di concerto con il Ministero dell’istruzione e del merito, di riparto del fondo per le mense scolastiche biologiche per l’anno 2023.

La popolazione scolastica regione per regione

Il decreto ripartisce la quota di 5 milioni di euro relativa all’anno 2023 del fondo mense scolastiche biologiche sulla base del numero dei beneficiari del servizio di mensa scolastica biologica presenti in ciascuna regione e provincia autonoma e sulla base della popolazione scolastica accertata dal Ministero dell’Istruzione e del merito, per l’anno scolastico 2022/2023.

Promozione e informazione

Il Fondo è destinato, nella percentuale dell’86%, a ridurre i costi a carico dei beneficiari del servizio di mensa scolastica biologica e, nella percentuale del 14%, a realizzare iniziative di informazione e di promozione nelle scuole e di accompagnamento al servizio di refezione.

«DAGLI IMPEGNI DI SOSTENIBILITÀ DEL GREEN DEAL NON SI TORNA INDIETRO». L’IMPEGNO DI SUOLO E SALUTE DAL CONGRESSO BIO DI CORDOVA

«DAGLI IMPEGNI DI SOSTENIBILITÀ DEL GREEN DEAL NON SI TORNA INDIETRO». L’IMPEGNO DI SUOLO E SALUTE DAL CONGRESSO BIO DI CORDOVA

350 partecipanti, 50 relatori: sono i numeri del XVII Congresso organizzato da IFOAM Organics Europe e Ecovalia appena terminato nella città dell’Andalusia. Un’iniziativa fortemente sostenuta da Suolo e Salute sponsor dell’evento e membro di IFOAM Organics Europe

Trecentocinquanta partecipanti provenienti da 24 diversi Paesi del mondo. Cinquanta relazioni di alto livello incentrate sulle sfide che la produzione biologica ha davanti a sé. Ma anche sul contributo che il settore può dare in vista dell’orizzonte 2030 tracciato dal Green deal.

Numeri di grande rilievo quelli del XVII Congresso Europeo sulla Produzione Biologica (Eoc23), organizzato da IFOAM Organics Europe e dall’associazione di produttori spagnoli Ecovalia e che si è concluso il 28 settembre a Cordova (clicca per leggere il resoconto della prima giornata).

Il baricentro del bio

Nei tre giorni della conferenza la città andalusa sulle rive del Guadalquivir ha assunto il ruolo di baricentro continentale del settore del biologico. L’edizione 2023 dell’appuntamento ideato da IFOAM Organics Europe aveva infatti un forte significato istituzionale, visto che si è svolto nel contesto del semestre di presidenza spagnola del Consiglio dell’Unione Europea.

Suolo e Salute, l’organismo di controllo e certificazione leader in Italia con oltre il 26% delle aziende e il 30% della superficie coltivata in biologico, era ancora una volta tra i protagonisti del Congresso, in qualità di sponsor dell’evento nonché di membro di IFOAM Organics Europe.

«Dalla transizione ecologica non si torna indietro»

«L’Unione europea – mette in rilievo Alessandro D’Elia, direttore generale di Suolo e Salute – non può tornare indietro rispetto ai suoi legittimi obiettivi di sostenibilità: le relazioni presentate a Cordova hanno dimostrato che il biologico è la soluzione per le sfide ambientali, economiche e climatiche che abbiamo davanti». «Il settore bio in questi anni è cresciuto, anche grazie all’impegno di IFOAM Organics Europe: oggi la foglia verde del marchio europeo identifica un settore professionale, innovativo e responsabile fortemente motivato a raggiungere i suoi virtuosi obiettivi».

Che sono quelli di una produzione agroalimentare rispettosa dell’ambiente, in grado di dare un forte contributo per il raggiungimento della neutralità climatica e di un mercato equo dei prodotti bio , in grado di riconoscere la giusta quota di valore aggiunto ai produttori agricoli.

Coniugare in maniera responsabile redditività e sostenibilità

L’attuale semestre spagnolo sta concludendo una legislatura europea capace di portare la transizione ecologica e il ruolo del bio al centro dell’agenda politica. il clima politico però sta cambiando, insieme a quello del nostro pianeta: il movimento del bio vuole scongiurare i ripensamenti dell’ultima ora sul Green deal, resi evidenti anche dalla recente relazione della presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen sullo stato dell’Unione.

«Malgrado i venti contrari sempre più forti – commenta Jan Plagge, presidente di IFOAM Organics Europe -, il biologico europeo mantiene fede alla sua missione di sostenibilità e ai suoi impegni per l’ambiente e la collettività: vogliamo lasciare il pianeta in buone condizioni per le generazioni future».

«Le esperienze – continua Plagge – raccontate in prima persona dai motivati operatori green presenti a Cordova dimostrano che è possibile coniugare in maniera responsabile crescita economica e rispetto dell’ambiente». «Non dobbiamo mettere da parte la strada della transizione ecologica: occorre migliorare il nostro modo di produrre puntando a ridurre i pesticidi, aumentare la biodiversità, migliorando la salute dei suoli e la gestione delle risorse idriche: il biologico è una parte decisiva della soluzione per tutti questi obiettivi».

Il confronto istituzionale

Nel corso delle numerose sessioni del XVII Congresso, che ha avuto il sostegno istituzionale del Ministero dell’Agricoltura, della Pesca e dell’Alimentazione del Governo spagnolo, è stato valutato, assieme a Joanna Stawowy, della Dg Agricoltura della Commissione Europea e a Francisco Martínez Arroyo del Ministero dell’Agricoltura spagnolo, l’impatto delle nuove politiche europee in materia di ambiente, promozione, mercati esteri, certificazione, cambiamento climatico.

GREENWASHING E NUOVI OGM, DUE MINACCE PER IL BIO

GREENWASHING E NUOVI OGM, DUE MINACCE PER IL BIO

Due forti prese di posizione del mondo del bio europeo dal XVII Congresso di Cordova, dove è emersa anche la necessità di creare le condizioni per favorire un commercio più equo dei prodotti bio, assicurare una maggiore tutela ai biodistretti e biofiliere e una maggiore diffusione del bio nelle mense pubbliche

Tanti sì ma anche due forti no dal  XVII Congresso Europeo sulla Produzione Biologica (Eoc23), organizzato da IFOAM Organics Europe a Cordova. Dalle numerose sessioni che si sono tenute dal 26 al 28 settembre nella città andalusa sono emerse alcune forti prese di posizione per tutelare il futuro dell’agricoltura biologica del vecchio continente. Innanzitutto è stato ribadito che la ricetta per contrastare la dilagante avanzata del greenwashing c’è già, ed è rappresentata dalla necessità di valorizzare il marchio bio della foglia verde che identifica il bio e il suo ruolo come identificatore di vera sostenibilità.

Le false promesse dei nuovi OGM

Il Congresso di Cordova ha fatto chiarezza anche sulla posizione del biologico rispetto al possibile sdoganamento delle nuove tecniche genomiche (Ngt, definiti a Cordova “nuovi OGM”). Lo specifico gruppo di lavoro IFOAM Organics Europe ha sottolineato infatti che la resilienza non deriva da un approccio che vede come unica soluzione la frontiera della genetica, ma da un sistema agroalimentare sano e diversificato. A Cordova IFOAM Organics Europe ha denunciato come «le dichiarazioni di sostenibilità dei nuovi OGM siano ancora solo promesse ipotetiche e comportino rischi di maggiore resistenza ai pesticidi, perdita di biodiversità e inondazioni di brevetti, rendendo sempre più difficile l’accesso dei coltivatori e dei selezionatori alle sementi». L’approccio dell’agricoltura biologica punta invece a valorizzare ciò che è presente in natura rendendo le varietà esistenti (e l’ecosistema) più resilienti.  «In vista di un possibile sdoganamento in Europa di queste tecnologie, la legislazione comunitaria deve proteggere la produzione biologica dalla contaminazione da OGM attraverso la tracciabilità obbligatoria lungo tutta la catena di produzione e l’etichettatura dei consumatori, che sono l’unico modo per prevedere una vera e propria “coesistenza”».

Al contrario da Cordova emerge la necessità di ribadire i vantaggi dell’approccio olistico del biologico come metodo che garantisce la sicurezza alimentare dando un contributo positivo di lungo periodo sui fronti della crisi climatica, della biodiversità e dell’equità della distribuzione del valore lungo la food chain.

Ricambio generazionale

IFOAM OE ribadisce anche la necessità di garantire il ricambio generazionale nelle aziende bio. A Cordova sono state infatti raccontate le storie dei figli e dei nipoti dei pionieri del biologico, a cui i genitori stanno passando il testimone della tutela dei principi del bio. Giovani e motivati produttori che hanno ribadito l’importanza di impegnarsi lungo le generazioni per condividere questi principi (IFOAM Organics Europe  sta organizzando un approfondimento su questo tema il prossimo 10 ottobre).

L’equilibrio tra domanda e offerta

Dal confronto tra gli operatori del biologico europeo emerge poi l’obiettivo di sostenere le positive esperienze di aggregazione orizzontale e verticale come i biodistretti e di accordi di filiera bio. A Cordova sono stati presentate alcune valide iniziative come il Biodistretto portoghese Idanha Nova (vincitore del premio biologico dell’UE 2023!) e le etichette biologiche regionali francesi;

Decisivo è l’impegno per una maggiore equità nella distribuzione del valore aggiunto nel commercio dei prodotti bio. Necessario infine sfruttare tutte le opportunità in campo per tutelare l’equilibrio tra l’offerta e la domanda bio. Un passo decisivo può essere rappresentato dalla ristorazione pubblica: le amministrazioni locali dovrebbero puntare ad aumentare la quota del bio non solo nelle mense scolastiche ma anche in quelle degli ospedali, delle forze di sicurezza e in quelle pubbliche.  Una scelta che finirebbe per avere un impatto decisivo su beni comuni come l’ambiente, le acque e la salute del suolo;

Il tema decisivo, in tempi turbolenti come questi, è però dato dalla necessità di mantenere gli essenziali impegni di politica ambientale presi dall’Unione europea con il Green deal. Raggiungere il 25% di superficie bio entro il 2030 non è un obiettivo impossibile: il progetto Organic targets 4 EU sta ad esempio diffondendo modelli sostenibili per raggiungere questi obiettivi

IN EMILIA-ROMAGNA LA PRIMA LEGGE SUI DISTRETTI BIO

IN EMILIA-ROMAGNA LA PRIMA LEGGE SUI DISTRETTI BIO

Si tratta della prima iniziativa del genere in Italia. Sono già sette i distretti formati o in via di costituzione lungo la via Emilia

L’Emilia-Romagna ha approvato a fine settembre la legge per la disciplina, la promozione e la valorizzazione dei distretti biologici. È la prima regione italiana a disporne, in applicazione del decreto ministeriale dello scorso dicembre.

Le iniziative in corso

Al momento i distretti già formati o in formazione, che intendono farsi riconoscere dalla legge sono sette:

  • il distretto del biologico nell’Appennino Bolognese,
  • il biodistretto Valli del Panaro,
  • il distretto biologico della Val Bidente e dell’Alta Val Rabbi,
  • il distretto biologico in provincia di Reggio Emilia,
  • il biodistretto Alte Valli nell’Appennino Parmense, Toscano, Ligure,
  • il distretto biologico della Romagna Estense,
  • quello del Comune di Cesena.

L’obiettivo della legge, proposta dalla capogruppo di Europa Verde e vicepresidente della Regione, Silvia Zamboni, è di far crescere il biologico in Emilia-Romagna, già quinta regione in Italia per numero di imprese nel settore, secondo l’ultimo rapporto sull’agricoltura biologica 2022 (7.330 imprese biologiche attive, + 5,85% rispetto al 2021).

Un fondo da 100mila euro all’anno

La legge, che si compone di 12 articoli, istituisce un Fondo regionale per la promozione dei distretti, dotato di 50mila euro nel 2023 e di 100mila euro sul 2024 e il 2025. Viene indicato nel Piano del distretto lo strumento di programmazione ed è prevista anche l’istituzione di un Osservatorio regionale dei distretti del biologico, con il compito di monitorare l’attuazione dei risultati previsti.

«Questa legge – spiega Silvia Zamboni – rappresenta un importante strumento per la valorizzazione e la diffusione del metodo biologico che in Emilia-Romagna ha già raggiunto oltre il 19% delle superfici agricole coltivate». «L’obiettivo è creare a livello regionale sinergie tra agricoltori, allevatori, trasformatori, Comuni, scuole, cittadini, enti di ricerca e associazioni per diffondere la cultura del biologico e favorire un modello agro-economico ambientalmente sostenibile e compatibile con la tutela della biodiversità e la produzione di cibo sano, senza l’impiego di pesticidi, diserbanti e fertilizzanti di sintesi chimica». «L’adesione degli enti locali e delle scuole ai distretti bio – conclude – farà da volano alla diffusione del cibo bio nelle mense scolastiche».

FUORI CASA E TIPICITÀ, DUE LEVE PER IL MERCATO DEL BIO

FUORI CASA E TIPICITÀ, DUE LEVE PER IL MERCATO DEL BIO

Offerta locale, comunicazione e “away from home” sono le leve per mantenere il posizionamento del bio sul mercato interno e salvaguardare l’equilibrio con un’offerta destinata a crescere per l’effetto del Green deal. I riscontri dell’analisi di Nomisma

L’Italia, con oltre 2,3 milioni di ettari e la più alta percentuale di superficie bio sul totale (19% contro una media europea ferma al 12%), è ormai vicina all’obiettivo previsto dalla Strategia Farm to Fork per il 2030, cioè il 25% di superfici dedicate alle coltivazioni biologiche. Il mercato interno è cresciuto ancora nel corso del 2022 soprattutto in valore, mentre i volumi molto meno. Un fenomeno legato all’effetto inflazione che ha sollevato alcuni timori sulla possibilità di mantenere l’equilibrio tra domanda e offerta.

Sul fronte commerciale il bio ha però alcuni assi da giocare. Li ha individuati Silvia Zucconi, Chief Operating Officer di Nomisma, nella sua analisi per l’Osservatorio sana 2023 presentata in occasione di Rivoluzione Bio 2023, gli stati generali del biologico organizzati a Bologna Fiere in collaborazione con FederBio e AssoBio nel quadro del progetto Being Organic In Eu (ne abbiamo parlato qui).

Nomisma ha di recente pubblicato i risultati di quello studio (leggi qui).

Le dinamiche del primo semestre 2023

Emerge che sulle dinamiche del mercato interno sta incidendo soprattutto il traino dei consumi fuori casa (ristorazione commerciale e collettiva segnano un +18% rispetto al 2022), che risulta più vivace rispetto all’andamento dei consumi domestici (+7% in valore nell’anno terminante luglio 2023 rispetto all’anno precedente in cui si era registrata una leggera flessione).

Le vendite alimentari bio nel mercato interno (consumi domestici e fuori casa) hanno superato così i 5 miliardi di euro all’anno. «A trainare – spiega Zucconi- la crescita sono i consumi fuori casa che sfiorano 1,3 miliardi di euro». Una crescita da collegare soprattutto alla spinta inflazionistica dell’ultimo anno.

La Distribuzione Moderna rimane però il primo canale per gli acquisti di biologico e pesa per il 58% sul totale delle vendite legate ai consumi domestici.  Iper e supermercati sono i canali che, all’interno di questo canale, veicolano la maggior parte delle vendite bio: hanno infatti superato 1,5 miliardi di euro nell’anno Terminante a luglio 2023 (Fonte: NielsenIQ). Seguono per valori delle vendite i Discount e i Liberi Servizi.

Le preferenze dei consumatori: chi acquista sceglie in base all’origine

I risultati della consumer survey Nomisma, sviluppata su un campione rappresentativo di responsabili degli acquisti alimentari italiani, hanno mostrato come la consumer base di prodotti bio sia rimasta costante rispetto allo scorso anno: l’89% della popolazione di età compresa tra i 18 e i 65 anni ha acquistato consapevolmente almeno un prodotto alimentare bio nell’ultimo anno.

Chi compra bio sceglie principalmente in base all’origine, con preferenza verso prodotti bio 100% italiani,  per quelli di origine locale/km 0 e quelli a marchio Dop/Igp.

Anche la marca gioca da sempre un ruolo fondamentale nella scelta dei prodotti bio da mettere nel carrello, con orientamento verso la marca industriale e per quella del supermercato.

Bio e sostenibilità: il collegamento è sempre più stretto, ma attenzione al greenwashing

Ma perché il consumatore acquista prodotti bio? Innanzitutto perché li ritiene più sicuri per la salute rispetto a un prodotto convenzionale, ma anche perché sono sostenibili: quasi 1/4 degli intervistati li considera più rispettosi dell’ambiente; il 10% del benessere animale e un ulteriore 10% fa riferimento alla sostenibilità sociale e intende aiutare i piccoli produttori.

Il framework delle scelte di consumo -commenta Zucconi – conferma l’interesse nei confronti della sostenibilità per i prodotti agroalimentari: il consumatore da un lato è preoccupato per l’emergenza ambientale e i cambiamenti climatici, dall’altro valuta la sostenibilità di un prodotto attraverso la provenienza, ricercando prodotti italiani e locali o le caratteristiche del packaging.

A questi fattori si affiancano anche valutazioni collegate alla presenza di certificazioni bio/equo solidali che consentono l’identificazione della sostenibilità di un prodotto. A questo proposito, Nomisma rileva che una quota significativa degli acquirenti risulta confuso dalla presenza di molti green claim in etichetta, che non permettono di decifrare l’effettivo profilo di sostenibilità di un prodotto alimentare. Sono tutti dati a conferma dell’importanza della proposta di Direttiva Green Claims della Commissione Europea volta a combattere le pratiche di greenwashing e a regolare in modo chiaro tutte le auto dichiarazioni volontarie riguardanti gli impatti, gli aspetti o le prestazioni ambientali di un prodotto». «Alle aziende si chiede di fornire prove scientifiche sulla veridicità delle dichiarazioni green, prendendo in esame l’intero ciclo di vita del prodotto»”.

La conquista del “fuori casa”

Offerta, comunicazione e “away from home” sono le leve per mantenere il posizionamento del bio sul mercato interno. Se si analizza il livello di soddisfazione per l’offerta di prodotti bio, emergono infatti aree di miglioramento soprattutto per quanto riguarda la categoria dei prodotti BIO gourmet / premium (linee di prodotti di alta qualità con prezzi più alti), quella dei prodotti BIO pronti da mangiare /ready to eat e, in generale, la presenza di offerte/promozioni.

Migliorabile è considerata anche l’offerta nel canale fuori casa: ad oggi circa 7 italiani su 10 hanno consumato pasti con alimenti/bevande biologiche o ingredienti biologici fuori casa, ma più della metà delle famiglie vorrebbe trovare più piatti/ricette bio nelle mense ospedaliere, aziendali e scolastiche, ma anche bar e ristoranti.

«La promozione di efficaci azioni di informazione verso i consumatori con l’obiettivo di rafforzare conoscenze e consapevolezza sui valori del biologico e sulle garanzie sottostanti la certificazione è un aspetto determinante per l’affermazione ulteriore del settore. Così come il consolidamento del posizionamento distintivo del bio come modello agricolo in grado di rafforzare la transizione ecologica e contrastare il progressivo cambiamento climatico».

Dal sondaggio di Nomisma emerge che ben 9 consumatori su 10 non hanno sufficienti informazioni o vorrebbero saperne di più riguardo le innovazioni e le tecnologie impiegate nel bio, sui controlli a cui sono sottoposti i prodotti biologici e sul contributo del metodo biologico alla sostenibilità. Gli italiani mostrano di avere le idee molto chiare sulle indicazioni che vorrebbero ricevere, in particolare relativamente alla distintività del biologico rispetto al convenzionale, ai benefici apportati dal bio a dieta e salute e alla tracciabilità dei prodotti bio.

Un ulteriore punto fermo per mantenere il posizionamento del bio sul mercato interno ed estero è rappresentato dalla garanzia della provenienza italiana delle materie prime. Per la maggioranza degli italiani è importante trovare prodotti alimentari biologici realizzati con materie prime 100% Made in Italy, ma vorrebbe anche che i prodotti BIO avessero un logo che certifichi la provenienza italiana degli ingredienti. «L’interesse del consumatore per il biologico – sostiene Zucconi – è confermato, ma l’attuale contesto economico, i consumi in forte revisione per lo scenario inflattivo e gli stili di vita e alimentari in continuo mutamento rappresentano fattori di condizionamento del mercato, dove la crescita a valore è confermata ma a fronte di un rallentamento dei volumi venduti. È dunque fondamentale promuovere efficaci azioni di informazione verso i consumatori».