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INDICAZIONE DI ORIGINE OBBLIGATORIA PER LA FRUTTA SECCA SGUSCIATA

INDICAZIONE DI ORIGINE OBBLIGATORIA PER LA FRUTTA SECCA SGUSCIATA

Dal 1° gennaio 2025 obbligo di indicazione d’origine della frutta secca sgusciata o essiccata e i prodotti di IV gamma

Dal 1° gennaio 2025 è scattato l’obbligo dell’indicazione d’origine della frutta secca sgusciata o essiccata, mettendo in trasparenza un settore che negli ultimi anni ha registrato una forte crescita dei consumi.

La novità, dal punto di vista normativo, si rifà al regolamento delegato numero 2429/2023 riguardante le norme di commercializzazione per il settore degli ortofrutticoli e pubblicato sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea il 3 novembre 2023. Va evidenziato che per il prodotto non sgusciato l’obbligo sull’indicazione della provenienza è già in vigore.

Il provvedimento prevede l’obbligo di etichettatura di origine non solo per la frutta secca sgusciata o essiccata, ma anche per i prodotti di IV gamma, per i funghi non coltivati, per lo zafferano e per i capperi. Con l’entrata in vigore dell’etichettatura recante l’origine del prodotto viene completato un iter partito nel 2017.

Le informazioni sull’origine devono essere chiaramente visibili sulla confezione e/o sull’etichetta e l’indicazione del paese d’origine deve risaltare rispetto all’indicazione del paese in cui è avvenuto il confezionamento.

Ancora rimane anonima l’indicazione della provenienza della frutta secca impiegata come ingrediente nella preparazione dei dolci.

La Coldiretti ha lanciato una proposta di legge di iniziativa popolare per rendere obbligatoria l’origine degli ingredienti su tutti gli alimenti in commercio nella Ue. L’obiettivo è raggiungere un milione di firme per garantire la trasparenza dell’informazione in tutta Europa su tutti i cibi.

 

Per approfondimenti:

https://www.ilpuntocoldiretti.it/attualita/qualita/da-gennaio-in-vigore-letichetta-di-origine-per-la-frutta-secca/

https://www.myfruit.it/news/frutta-secca-a-gennaio-scatta-lobbligo-delletichetta

L’ ITALIA È LEADER NEL BIOLOGICO E NELL’OGM FREE

L’ ITALIA È LEADER NEL BIOLOGICO E NELL’OGM FREE

Coldiretti contesta la visione pessimista di Legambiente e dopo il rapporto sui pesticidi nel piatto mette in evidenza: «Nei cibi stranieri i residui chimici irregolari sono 10 volte superiori»

«L’Italia può contare sull’agricoltura più green d’Europa». È quanto afferma la Coldiretti nel commentare il report di Legambiente “Stop pesticidi nel piatto 2023” (vedi notizia precente) dalla quale emerge il primato dell’agricoltura nazionale nella sicurezza con il numero di campioni irregolari che scende all’1,62%.

I record del Belpaese

Sono infatti 5.547 le specialità ottenute secondo regole tradizionali protratte nel tempo per almeno 25 anni censite dalle Regioni, 325 specialità Dop/Igp/Stg riconosciute a livello comunitario e 415 vini Doc/Docg. Coldiretti mette anche in evidenza la decisione di non coltivare Ogm e la leadership nel biologico con circa 86mila aziende agricole.

Gli allarmi vengono da altrove

«Risultati che – sottolinea la Coldiretti in una nota stampa- confermano i dati dell’ultimo Rapporto pubblicato da Efsa secondo il quale i cibi e le bevande stranieri sono oltre dieci volte più pericolosi di quelli Made in Italy per quanto riguarda il numero di prodotti agroalimentari con residui chimici irregolari oltre i limiti di legge». Non a caso in Italia, continua la Coldiretti, oltre otto prodotti su dieci pericolosi per la sicurezza alimentare provengono dall’estero (86%) sulla base delle elaborazioni del sistema di allerta Rapido europeo (Rassf). Sul totale dei 317 allarmi rilevati nel 2022 – evidenzia Coldiretti – 106 scaturivano infatti da importazioni da altri Stati dell’Unione Europea (33%) e 167 da Paesi extracomunitari (53%) e solo 44 (14%) hanno riguardato prodotti con origine nazionale.

UN’ALLEVATRICE BIO AL VERTICE DI DONNE COLDIRETTI

UN’ALLEVATRICE BIO AL VERTICE DI DONNE COLDIRETTI

Mariafrancesca Serra è la nuova leader. Da ingegnera cosmopolita a pastora nell’azienda di famiglia nell’Alta Marmilla (Oristano)

È Mariafrancesca Serra, sarda, ingegnera edile-architetto con master a Vienna alla guida di un allevamento biologico nel cuore dell’Alta Marmilla (Oristano), la nuova leader delle Donne Coldiretti.

Sardegna-Giappone, andata e ritorno

Ha 41 anni ed è stata eletta all’unanimità dall’Assemblea riunita a Roma a Palazzo Rospigliosi. Dopo la laurea in Ingegneria Edile-Architettura, ha proseguito il percorso formativo con diversi master per poi andare in Giappone per incrementare lo sviluppo tecnologico nella sua azienda, che ha sempre seguito insieme alla sua famiglia, seppur da lontano.

Pari opportunità e fatica

Tornata poi definitivamente in Sardegna, ha messo a frutto le esperienze accumulate all’estero. «Il mio – spiega la neo eletta – è un lavoro, tradizionalmente considerato maschile, ma che oggi fa parte della nuova sfida sociale per le tante donne che come me amano abbattere barriere e pregiudizi».

I suoi allevamenti ovini, bovini e suini si basano sul rigoroso rispetto del benessere di ogni singolo animale, parola chiave di un’attività, basata sui principi della sostenibilità e dell’utilizzo delle risorse naturali e rinnovabili. «Non ci fanno paura le sfide che ci attendono a partire quella sulla lotta ai cibi sintetici – precisa Serra – ma lavoreremo anche per superare le difficoltà che incontrano le donne in campagna, soprattutto quelle più giovani come la scarsa tutela soprattutto nell’ambito della maternità dove il sostegno è davvero irrisorio e non riesce a coprire i costi di un’altra persona».

Le altre elette

Il nuovo esecutivo eletto della confederazione è  composto anche da Caterina Ricci (Lazio) e Francesca Gironi (Marche) in qualità di vice responsabili nazionali accompagnate da Santina Interrante (Sicilia), Anna Maria Cascone (Campania), Francesca Biffi (Lombardia), Valentina Galesso (Veneto), Antonella Di Tonno (Abruzzo) e Rita Tamborrino (Puglia).

COLDIRETTI-UNAPROL: PERSO IL 33% DELL’OLIO ITALIANO

COLDIRETTI-UNAPROL: PERSO IL 33% DELL’OLIO ITALIANO

Le stime nel corso della giornata dell’olivo. A causa del clima crolla la produzione Sud nelle Regioni dove va forte l’olivicoltura bio. Un calo non equilibrato dal lieve aumento registrato al Centro Nord

Con il crollo della produzione nazionale di olive (-37%) gli italiani devono dire addio a oltre 1 bottiglia su 3 di olio extravergine Made in Italy. Il tutto mentre l’esplosione dei costi mette in ginocchio le aziende agricole e con l’inflazione generata dal conflitto in Ucraina volano sugli scaffali i prezzi al dettaglio.

Il dossier

È quanto emerge dal Dossier “2022 fra clima e guerra, nasce l’olio nuovo” di Coldiretti e Unaprol su dati Ismea, diffuso in occasione della Giornata Mondiale dell’Ulivo, con iniziative nei mercati di Campagna Amica in tutta Italia.

Secondo l’analisi delle due associazioni, la produzione nazionale del 2022 crolla a circa 208 milioni di chili, in netta diminuzione rispetto alla campagna precedente.

Penalizzate Puglia e Calabria

I cali peggiori si registrano al Sud Italia, specie nelle regioni più vocate all’olivicoltura bio, dalla Puglia alla Calabria, che da sole rappresentano il 70% della raccolta nazionale. In Puglia, cuore dell’olivicoltura italiana, si arriva a un taglio del 52% a causa prima delle gelate fuori stagione in primavera e poi dalla siccità, mentre continua a perdere terreno il Salento, distrutto dalla Xylella, che ha bruciato un potenziale pari al 10% della produzione nazionale.

L’effetto mitigante dei grandi laghi del Nord

Ma crollano anche la Calabria (-42%) e la Sicilia (-25%). La situazione migliora verso il Centro e il Nord, con il Lazio che registra un progresso del +17% e l’Umbria e la Toscana fanno ancora meglio con +27%, mentre l’Emilia Romagna cresce del +40% e la Liguria del +27%. Incrementi ancora maggiori in Veneto con +67% e in Lombardia che segna un +142% con gli uliveti che si estendono dalle sponde dei laghi, Garda, Como, Maggiore, fino alle valli alpine.

IL BIOLOGICO ABBATTE I CONSUMI ENERGETICI DI UN TERZO

IL BIOLOGICO ABBATTE I CONSUMI ENERGETICI DI UN TERZO

Il dato emerge da un’analisi Coldiretti. In occasione del Sana illustrate le pratiche virtuose adottate dalle aziende agricole bio per fare fronte alla crisi energetica

Con la crisi energetica è boom per l’agricoltura biologica. «Un metodo di produzione – commenta Maria Letizia Gardoni , presidente di Coldiretti Bio – che consente di tagliare di un terzo i consumi energetici attraverso l’utilizzo di tecniche meno intensive, le filiere corte e la rinuncia ai concimi chimici di sintesi prodotti attraverso un grande dispendio energetico».

Una marcia in più sul fronte della neutralità climatica ribadita da Coldiretti in occasione della 34° edizione di Sana.

Un notevole vantaggio per un Paese come l’Italia in cui i terreni coltivati a bio hanno raggiunto quasi 2,2 milioni di ettari in Italia, il massimo di sempre.

Tutti questi dati emergono da un’analisi Coldiretti diffusa nel corso della manifestazione bolognese.  In occasione della quale Coldiretti ha messo in mostra valide esempi questi di buone pratiche funzionali al piano di riduzione dei consumi energetici.

«L’Emilia-Romagna  – ricorda Marco Zanni, direttore di Coldiretti Modena  – oggi è la quarta Regione in Italia per superficie coltivata a bio e per numero di operatori biologici. Sono oltre 7mila le aziende agricole biologiche, con un incremento dell’85% dal 2014 e una superficie totale che supera i 200mila ettari rappresentando circa il 18% della Sau regionale».

Le pratiche virtuose dei bioagricoltori

Tra le esperienze che abbattono i consumi illustrate dai giovani imprenditori di ColdirettiBio:

  • l’uso di sostanze naturali e 100% Made in Italy per concimare i terreni e sostituire i fertilizzanti provenienti dall’estero, rincarati anche del 170% con un effetto valanga sulla spesa delle famiglie,
  • il riutilizzo degli scarti di produzione (foglie, gusci, paglia, ecc.) per garantire energia pulita,
  • fino al potenziamento delle filiere corte con la vendita diretta che abbatte i trasporti.

In questo modo si riesce a ridurre i consumi di energia in media del 30% rispetto all’agricoltura tradizionale ma in alcuni casi, come ad esempio per le mele, si arriva addirittura al -45%.

L’impennata dei prezzi dei fertilizzanti

I concimi di sintesi (azotati, fosfatici o potassici) sono, infatti, ottenuti con procedimenti fortemente energivori e l’Italia – ricorda Coldiretti – è dipendente dall’estero per la produzione di questi prodotti. L’aumento dei costi dei fertilizzanti chimici è dovuta proprio a tali dinamiche e l’agricoltura bio, puntando esclusivamente su concimi organici e minerali, evita il ricorso a queste sostanze, valorizzando la zootecnia, che rappresenta una risorsa nazionale anche in termini di sostanza organica che gli allevamenti mettono a disposizione per rendere più fertili i nostri suoli.

Concimare la terra attraverso l’uso del letame, il compostaggio dei residui organici e anche i residui degli impianti di biogas, favorisce così la resilienza delle aziende agricole biologiche – rileva Coldiretti – e rappresenta un modello produttivo in grado di contrastare la dipendenza da mezzi di produzione esterni alle aziende. Ma, puntando sulla filiera corta, il biologico riduce anche i tempi di trasporto dei prodotti e, con essi, le emissioni in atmosfera, tagliando le intermediazioni con un rapporto diretto che avvantaggia dal punto di vista economico agricoltori e consumatori.

COLDIRETTI: OCCORRE ACCELERARE SUL BIO 100% MADE IN ITALY

COLDIRETTI: OCCORRE ACCELERARE SUL BIO 100% MADE IN ITALY

L’organizzazione professionale agricola preme per la tempestività dell’indicazione in etichetta dell’origine della materia prima agricola per i prodotti bio

Coldiretti dedica un ricco approfondimento sul mondo del bio. «Supera i 2,1 milioni di ettari – si legge in un comunicato – la superficie coltivata a biologico in Italia, segnando un record con il raddoppio nell’ultimo decennio spinto dai consumi degli italiani sempre più alla ricerca di prodotti naturali e legati ai territori soprattutto dopo la pandemia Covid». Lo sottolinea Coldiretti analizzando i dati Ismea zittendo le sirene di chi è pronto a pensare che la spinta del biologico sia esaurita solo per il rallentamento registrato negli ultimi mesi.

Gli obiettivi del Green Deal

In occasione di un incontro sul Piano di azione del biologico del ministero delle Politiche agricole l’organizzazione professionale ha sottolineato l’importanza di raggiungere gli obiettivi di sostenibilità tracciati dal Green Deal. In Italia, l’incidenza dei terreni a bio rispetto al totale è del 17,4%, quasi il doppio della media europea (circa 9%), vicina agli obiettivi previsti dalla strategia Farm to Fork, che prevede di portare le superfici al 25% entro il 2030; percentuale già superata in Toscana, Lazio, Calabria e Basilicata.

Filiere completamente italiane

Per Coldiretti è chiara la necessità di costruire filiere biologiche interamente italiane e di comunicare, anche nelle etichette, l’origine made in Italy della materia prima agricola, come previsto nella Legge 23 approvata quest’anno della quale si è in attesa della piena applicazione. «L’agricoltura italiana è la più green d’Europa  – afferma Ettore Prandini, presidente Coldiretti – con il taglio record in un decennio del 20% sull’uso degli agrofarmaci che invece aumentano in Francia, Germania e Austria». ,

Maria Letizia Gardoni che guida la Coldiretti Bio ha precisato che «occorre ridare centralità all’agricoltura anche nella filiera del bio, straordinario strumento per lo sviluppo delle nostre campagne».