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LA ZOOTECNIA DI MONTAGNA PAGA A CARO PREZZO LA CRISI

LA ZOOTECNIA DI MONTAGNA PAGA A CARO PREZZO LA CRISI

Il boom dei costi energetici e di trasporto colpisce al cuore la produzione di latte delle malghe

La zootecnia e in particolare il settore dell’allevamento bovino è uno dei comparti dove il biologico ha realizzato le migliori performance di crescita negli ultimi anni. I dati Sinab al 31 dicembre rilevano un patrimonio di capi che ha superato per la prima volta le 400mila unità (409mila per l’esattezza), realizzando un aumento del 3,1% su base annua e del 100% in 9 anni.

Una domanda che improvvisamente rallenta

A trainare questa crescita, fino al 2020, è stato il consumo di latte e latticini bio. Nel 2021 si è però registrata un’inversione di tendenza, con il mercato che è passato da una performance del +6,7% a un decremento del 2,2%. Fino all’anno scorso queste produzioni bio hanno garantito una risposta di sostenibilità e competitività per le aree interne e montane. Ora purtroppo la situazione sta cambiando.

Abbattimento di capi

Tra costi alle stelle e produzione di latte in calo, la zootecnia di montagna è infatti tra i comparti più in sofferenza nel panorama produttivo agroalimentare. «Gli effetti della pesante crisi economica stanno già provocando l’abbattimento di molti capi di bestiame e la conseguente chiusura delle aziende agricole». L’allarme è stato lanciato dall’Alleanza cooperative agroalimentari, alla quale aderiscono la gran parte delle cooperative che operano in regioni montane e che sono state al centro del primo summit sulla zootecnia di montagna che si è svolto in questi giorni a Bergamo.

In Trentino Alto Adige si registra già un calo della produzione che in estate ha toccato il 15%, con ben 30 aziende che hanno chiuso in battenti, l’ultima delle quali contava 140 capi.

«I nostri allevatori – spiega Stefano Albasini, presidente del consorzio cooperativo trentingrana  – continuano a eliminare gli animali, per creare liquidità». «La strada di trasferire l’aumento dei costi sui consumatori finali si è finora rilevato un boomerang: quando abbiamo provato ad alzare il prezzo del burro, le vendite sono subito crollate del 30%». «Le cooperative che operano in montagna – racconta la Coop Lattebusche – stanno facendo il possibile per pagare al meglio il latte ai propri soci in un momento in cui i costi del gasolio, degli imballaggi e della carta sono fuori controllo».

Così si perde un importante presidio sociale

Lattebusche raccoglie il 90% del latte della provincia di Belluno e attualmente registra un calo del 6% della produzione. Non va meglio in Lombardia, dove la Latteria Valtellina è alle prese con un calo della produzione dovuto ad una costante riduzione del numero di animali allevati. «Se nella stalla non ci sono più gli animali, di sicuro non tornano. Quando un’azienda agricola di montagna chiude, è impossibile che riapra. Senza aziende viene però a mancare l’intero presidio del territorio». La Latteria di Crodo, 20 soci allevatori che operano nella Val d’Ossola (Verbania) sollecita meccanismi per compensare le strutture che continuano a produrre latte in zone svantaggiate. «L’aspetto sociale di salvaguardia del territorio andrebbe riconosciuto attraverso interventi che consentano la sopravvivenza di aziende che hanno anche un imprescindibile valore sociale».

AGRICOLTORI IN PIAZZA CONTRO L’AUMENTO BOOM DEI COSTI ENERGETICI

AGRICOLTORI IN PIAZZA CONTRO L’AUMENTO BOOM DEI COSTI ENERGETICI

Manifestazione di migliaia di produttori al Parco Sempione di Milano. Ettore PRANDINI (COLDIRETTI) chiede al prossimo Governo di risolvere cinque priorità

Corre l’inflazione arrivando a settembre a +8,9% (livello record dal 1985), mentre da ottobre la bolletta elettrica aumenta del 59%. Le conseguenze sono sempre più drammatiche per i bilanci delle famiglie italiane ma anche delle nostre aziende agricole.

Dissenso organizzato

Una situazione insostenibile che spinge i produttori a testimoniare il loro dissenso con clamorose manifestazioni di protesta come quella che si è tenuta nel parco Sempione di Milano al villaggio Coldiretti. Migliaia di produttori agricoli hanno infatti denunciato il rischio di una corsa dei costi che minaccia la sopravvivenza stessa del made in Italy a tavola.

Le 5 richieste di Prandini

In seguito a questa manifestazione il presidente di Coldiretti Ettore Prandini ha chiesto al prossimo Governo di concentrarsi su cinque priorità:

  • sfruttare i fondi del Pnrr per garantire la sovranità alimentare ed energetica e ammodernare la rete logistica;
  • rafforzare il ministero dell’agroalimentare e difendere i 35 miliardi di fondi europei legati alla prossima Pac oggi a rischio;
  • ribadire il no al nutriscore, al cibo sintetico e agli accordi internazionali che penalizzano il made in Italy;
  • fermare l’invasione di cinghiali;
  • realizzare un piano invasi per garantire acqua in tempi di siccità.

Pnrr, tram da non perdere

In particolare Prandini ha chiesto di non perdere il tram del Pnrr ritenendo fondamentale sfruttare i bandi a partire da quelli già pubblicati, dalle filiere al fotovoltaico che apre alla possibilita’ di installare pannelli fotovoltaici sui tetti di circa 20mila stalle e cascine senza consumo di suolo, fino a quello della logistica per agire sui ritardi strutturali dell’Italia e sbloccare tutte le infrastrutture che migliorerebbero i collegamenti, superando il gap di competitività rispetto ai Pesi competitor.

Pac a rischio

Sulla politica agricola comune Coldiretti ritiene necessario superare le osservazioni di Bruxelles sul piano strategico nazionale per far partire la nuova programmazione dal 1° gennaio 2023 e difendere la dotazione finanziaria di 35 miliardi per sostenere l’impegno degli agricoltori italiani verso l’innovazione, la sostenibilità e il miglioramento delle rese produttive.

BIOLOGICO, IL PIANO IN 5 PUNTI DI ALLEANZA COOPERATIVE

BIOLOGICO, IL PIANO IN 5 PUNTI DI ALLEANZA COOPERATIVE

La ricetta della cooperazione presentata dal coordinatore Francesco Torriani al Sana di Bologna

«Solo la filiera è in grado di tenere insieme la produzione con la trasformazione e la commercializzazione, erogando al contempo tutti i servizi necessari alle aziende agricole che si convertono al biologico, dalla consulenza alla digitalizzazione».

Filiere forti

«Anche nel bio bisogna quindi costruire filiere forti ed efficienti, basate sulla capacità di progettazione e innovazione in modo da essere più resilienti dinanzi alle distorsioni del mercato, specie in una situazione di crisi come quella attuale». È ciò che ha affermato Francesco Torriani, coordinatore Biologico di Alleanza Cooperative Agroalimentari il 9 settembre a Bologna al convegno Rivoluzione bio – crisi climatica, conflitti in Europa, transizione ecologica: il ruolo dell’agricoltura biologica.

Promozione compartecipata

Uno dei convegni di apertura del Sana, il Salone Internazionale del Biologico e del Naturale. Fra le proposte avanzate dalla cooperazione c’è quella di sostenere la domanda attraverso «campagne promozionali d’impatto, con la compartecipazione del pubblico e del privato».

Comunità energetiche

Per contenere l’impatto dei costi energetici sulle aziende biologiche l’Alleanza cooperative punta sulle comunità energetiche. «La crisi in atto rende necessario – ha spiegato Torriani – lo sviluppo di una visione olistica: nel nostro approccio di filiera la produzione di energia necessaria all’impresa per produrre cibo non può più essere considerata un input esterno. Le comunità energetiche rappresentano un modello innovativo per la produzione, la distribuzione e il consumo di energia proveniente da fonti rinnovabili».

Sostegni fiscali e impegno nel biobreeding

Inoltre, l’introduzione di un credito di imposta a copertura delle spese di certificazione per i prodotti biologici potrebbe, secondo Torriani, «essere utile per alleggerire i costi a carico delle imprese e rendere i prodotti bio più competitivi”. Infine, dal momento che tra le maggiori sfide dell’agricoltura europea c’è anche quella di aumentare la produzione per essere meno dipendenti dall’estero, anche l’agricoltura biologica secondo l’Alleanza cooperative deve farsi carico di questa sfida. Come? «Puntando – secondo Torriani  -sull’innovazione, a partire dal biobreeding, ovvero la selezione di nuove varietà, che permettano di coniugare la qualità alla quantità nel rispetto dei principi dell’agroecologia».