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BIOFACH E VIVANESS, IL CONSUNTIVO DELL’EDIZIONE 2024

BIOFACH E VIVANESS, IL CONSUNTIVO DELL’EDIZIONE 2024

35mila visitatori e 2550 espositori nonostante i morsi della crisi inflattiva. Alessandro D’Elia (Suolo e Salute): «Occorre sostenere e riconoscere il ruolo dei produttori bio per non disperdere il percorso green finora sostenuto dall’agricoltura europea»

A Norimberga è squillata l’adunata e il mondo del biologico ha risposto presente. Il bilancio diramato dall’ente fiera di Norimberga ha registrato infatti circa 35mila presenze di visitatori provenienti da 128 Paesi  al Biofach e alla correlata mostra sulla biocosmesi Vivaness  che si sono tenuti dal 13 al 16 febbraio 2024. Gli espositori sono arrivati invece a 2550 da 94 Paesi. Denso anche il panorama degli eventi, con 171 sessioni di alto livello attorno al tema centrale su “Cibo per il futuro: Donne e sistemi alimentari sostenibili” che ha attirato in sala quasi 700 ascoltatori.

Suolo e Salute presente in forze

«Un successo non scontato – mette in evidenza Alessandro D’Elia, direttore generale di Suolo e Salute- perché il settore del biologico è quello che soffre maggiormente per gli effetti della crisi inflattiva che comprime il potere di acquisto dei consumatori del Vecchio Continente».

Suolo e Salute, l’organismo di certificazione e controllo leader in Italia, ha partecipato in forze all’evento consolidando il numero delle visite al suo stand presso il Padiglione 4 dell’expo della cittadina bavarese. «La comunità internazionale degli alimenti biologici risponde alla forte pressione a cui è sottoposta in queste settimane l’agricoltura europea ribadendo la necessità di riconoscere e premiare quei modelli produttivi che si caratterizzano per il maggiore sforzo in favore della sostenibilità e della biodiversità».

Pretese che si pagano caro

La pretesa di chiedere meno controlli rispetto all’utilizzo di input e risorse non rinnovabili è un messaggio che il sistema primario europeo rischia di pagare a caro prezzo nel medio periodo in termini di identità e di reputazione.  «Nonostante le difficoltà economiche i produttori bio a Norimberga hanno invece risposto in maniera compatta, rivendicando il loro ruolo di protagonisti delle sfide più significative contro il cambiamento climatico e in favore dell’equità sociale». Nei numerosi incontri che si sono svolti in Fiera il bio ha infatti chiesto alle istituzioni e al settore della distribuzione maggiore sostegno per non disperdere il percorso green finora intrapreso.

Italia protagonista

Il nostro Paese è stato protagonista di questo confronto: Il sottosegretario Luigi D’Eramo ha riconosciuto in una nota che il Biofach è un importante vetrina internazionale per il biologico italiano, e ha ricordato con orgoglio il fatto di non essere lontani dall’obiettivo del 25% di superficie bio (siamo al 19%) mentre la media europea è ferma al 10%.

«L’incontro e il dialogo sono essenziali – commenta Petra Wolf, del comitato esecutivo della NürnbergMesse -, soprattutto in tempi turbolenti». « Gli operatori hanno interagito nei padiglioni espositivi, al congresso e in altre forme di dialogo come il nuovo punto d’incontro HoReCa – GV & Gastro, con un’attenzione al futuro e un grande slancio creativo e nelle sessioni del Sustainable FutureLab, interattivo e collaborativo, è emerso chiaramente che possiamo plasmare il futuro solo agendo insieme».

COSÌ IL BIOLOGICO CERCA DI DRIBBLARE L’EFFETTO INFLAZIONE

COSÌ IL BIOLOGICO CERCA DI DRIBBLARE L’EFFETTO INFLAZIONE

La ricerca di sostenibilità alimenta un nuovo rapporto tra consumatore e distribuzione moderna. Le performance 2023 del mercato del bio e le prospettive per il 2024 nell’analisi di Nomisma

«La gdo (grande distribuzione organizzata) ha un ruolo determinante per lo sviluppo del biologico, dal momento che veicola quasi il 60% della spesa domestica degli italiani e sviluppa assortimenti a marchio proprio in grado di conquistare una quota di mercato significativa, oltre alla fiducia del consumatore».

È quanto sostiene Silvia Zucconi, Chief Operating Officer Nomisma, commentando l’analisi sul mercato del bio in Italia presentata alla fiera Marca nel corso del workshop “L’Italia di oggi e di domani: il ruolo sociale ed economico del biologico nella Distribuzione Moderna”, organizzato nell’ambito del progetto Being Organic in Eu promossa da FederBio in collaborazione con Naturland.

«Ma il supporto allo sviluppo – continua – non si ferma ai numeri di vendite e assortimenti: la distribuzione moderna rappresenta, infatti, un veicolo formidabile per garantire al consumatore un flusso informativo che consenta di costruire una completa mappa valoriale del biologico declinata sia sul prodotto che sul metodo produttivo nonché le relative implicazioni ambientali e sociali». «E le attività sul punto vendita rappresentano certamente un vettore determinante in tal senso».

2,4 miliardi di vendite a scaffale (su 4,2 totali)

Secondo lo studio realizzato da Nomisma, il biologico si conferma infatti come categoria d’interesse per il consumatore italiano. Nel 2023 gli acquisti bio nella distribuzione moderna si sono infatti attestati a 2,4 miliardi di euro ( +4,7% a valore rispetto al 2022). Paragonata al totale del paniere agroalimentare (+8,7%) la crescita del bio a valore è più contenuta, ma la dinamica a volume del bio segnala una sostanziale tenuta della categoria (-0,3%), viceversa nell’agroalimentare nel complesso si registra una frenata più marcata del carrello (-1,2%).

La distribuzione moderna si conferma quindi il canale di acquisto di riferimento per il biologico in Italia, con un peso pari al 58% del totale delle vendite (mentre i negozi specializzati scendono al 23% e il commercio di vicinato al 19%). La private label (marca del distributore) oggi rappresenta il 47,5% delle vendite a valore veicolate della distribuzione moderna, con un numero medio di referenze vendute pari a 130 unità in iper e super e 70 nei discount.

Nuovi stili alimentari

Nel 2023 la consumer base di prodotti bio è risultato l’indicatore di maggior interesse per il bio: il 90% della popolazione di età compresa tra 18 e 65 anni ha acquistato consapevolmente almeno un prodotto alimentare bio nell’ultimo anno. La composizione dei carrelli alimentari è però sempre più complessa, riflettendo l’affermazione di differenti stili alimentari, con:

  • 86% di user di prodotti 100% vegetali,
  • 55% di prodotti “free from” (64% senza lattosio, 45% senza glutine);
  • 33% di prodotti ricchi di proteine.

L’interesse per altre caratteristiche di prodotto ha così determinato l’orientamento degli assortimenti del bio, che ad oggi concentrano gran parte della proposta presente nella gdo verso prodotti espressioni dell’italianità (34,5% delle referenze della categoria bio) e “rich in” (23,5%) con maggior offerta relative a referenze ricche di fibra (14,2%) o integrali (7,8%) piuttosto che di proteine ( 5,3%) che rimane l’area di maggiore sviluppo dei prodotti convenzionali.

Inoltre, il bio rappresenta ancora per la maggior parte degli acquirenti (58%) la prima scelta, soprattutto per alcune categorie come frutta e verdura fresca, uova (12%) e olio extra vergine di oliva.

Consumatori motivati

Tra le principali motivazioni che spingono i consumatori italiani ad acquistare prodotti bio rimane il benessere personale. Il 27% ritiene infatti prodotti bio più sicuri per la salute rispetto all’opzione convenzionale, il 23% li ritiene invece più rispettosi dell’ambiente, il 10% del benessere animale e un ulteriore 10% fa riferimento alla sostenibilità sociale e intende sostenere i piccoli produttori.

Il monitoraggio di Nomisma evidenzia alcune aree di lavoro fondamentali per la categoria, coerentemente con gli obiettivi di sostenibilità dell’Agenda 2030 – con particolare riferimento al Goal 12.8 che ambisce entro il 2030, ad abilitare tutte le persone, in ogni parte del mondo, ad accedere ad informazioni rilevanti e ad acquisire giusta consapevolezza dello sviluppo sostenibile e di uno stile di vita in armonia con la natura.

Richiesta di maggiore informazione

In questa logica la richiesta di conoscenza del consumatore arriva direttamente dal consumatore: il 28% ritiene di non avere informazioni sufficienti per valutare le caratteristiche del prodotto bio e un ulteriore 57%, nonostante abbia una buona consapevolezza di prodotto, vorrebbe comunque avere maggiori informazioni.

In particolare il consumatore richiede di entrare nel merito della comprensione delle differenze esistenti tra il prodotto bio e quello convenzionale (per l’85% degli intervistati), del profilo di sostenibilità collegato al metodo di produzione biologica (72%), dei vantaggi concreti del metodo bio per l’ambiente (75%).

Impatto del caro-vita

A condizionare i risultati del 2023 è stato ancora lo scenario inflattivo, nonostante il suo progressivo rallentamento. L’anno scorso la crescita dei prezzi è stata infatti pari al 5,7%, (il 2022 aveva registrato un +8,1%), ma l’impatto è ancora rilevante per le famiglie italiane.

Situazione che, nonostante il rallentamento nella crescita dei prezzi, ha spinto gli italiani ad adottare strategie di salvaguardia del potere di acquisto. In questo contesto, circa 9 italiani su 10 hanno messo in atto strategie per gestire la spesa alimentare: nello specifico, il 71% ha rinunciato all’acquisto di prodotti superflui, il 64% ha effettuato la spesa guardando in primis alle promozioni mentre più di 6 italiani su 10 hanno acquistato prodotti a marchio del distributore. Per il 2024 sembrano migliorare le intenzioni di spesa degli italiani.  Un segnale di ottimismo arriva infatti dall’ inversione di tendenza dell’ortofrutta che, dopo le rinunce registrate nel periodo estivo, è ora tra i prodotti con maggiore incremento nelle vendite.

I commenti della filiera

«In questo scenario critico – commenta Maria Grazia Mammuccini, Presidente FederBio – è confortante l’incremento del 4,7% a valore registrato dalle vendite di prodotti bio nella Distribuzione Moderna e soprattutto che 24 milioni di famiglie, il 93% del totale, abbiano acquistato biologico». «Si tratta di un’ulteriore conferma di come i consumatori si stiano sempre più orientando verso scelte alimentari sostenibili che contribuiscono a preservare la biodiversità e a contrastare i cambiamenti climatici».

«Il fatto che nella gdo – evidenzia invece Nicoletta Maffini, presidente di Assobio-  la vendita del prodotto biologico sia ferma al 3% è un dato che non ci soddisfa e ci auguriamo di poter raggiungere quanto prima almeno il 10%. Per far questo è necessario che le associazioni di categoria facciano sinergia tra di loro ma anche con la politica e con la gdo stessa per supportare i progetti di filiera e il giusto prezzo».

AGRICOLTURA BIOLOGICA, UN’ANALISI SULL’EVOLUZIONE DEL SETTORE

AGRICOLTURA BIOLOGICA, UN’ANALISI SULL’EVOLUZIONE DEL SETTORE

L’evoluzione del settore biologico ha una storia fatta di piccole accelerazioni e grandi fasi di consolidamento.Tra le fasi di accelerazione ricordiamo quella del 2012, annualità di ripresa e crescita dopo un lungo periodo di stagnazione.

Il biologico vive in questo periodo un processo di strutturazione: produttori e trasformatori aumentano, diffondendosi nel Paese in maniera quasi omogenea.

Fino al 2019 il settore registra una crescita in tutti i Paesi membri, fatta eccezione per la Polonia, unico stato a riscontrare una contrazione della SAU.

A giocare in questi anni un ruolo determinante nell’incremento del settore, le politiche nazionali ed europee: da quelle legate a una programmazione ad ampio raggio, come la PAC, per arrivare a quelle di politica regionale.

Le risorse investite sono state dedicate ai diversi e più articolati aspetti: dalla ricerca, alla promozione dei prodotti, fino alla diffusione di governance basate su una visione territoriale condivisa, come nel caso dei bio-distretti.

Nel periodo 2014-20 (così raggruppato per annualità di programmazione), i dati strutturali del biologico hanno registrato una crescita del 70% della SAU e del 62% del numero di operatori coinvolti all’interno del comparto. È rilevante osservare come gli incrementi maggiori, siano seguiti all’uscita di bandi regionali dei PSR per poi proseguire la crescita con picchi di intensità minore, ma costante. Prati pascoli e foraggere, rimangono le categorie più rappresentate, con percentuali che si aggirano tra il 28 e il 20%.

Per quanto riguarda il mercato interno: il consumo di prodotti bio in Italia, ammonta a 3,5 miliardi di euro.

Nel 2021 è stata registrata una crescita di circa il 3% rispetto al 2020, anno fuori dall’ordinario per via della Pandemia da Covid-19, ma per nulla penalizzante per i numeri del comparto. Tuttavia, se paragonato ai mercati di Francia e Germania, il consumo italiano, ha ancora una percentuale di incidenza minima del 4%.

Al fine di rendere accessibile questo tipo di produzione a tutte le fasce della popolazione, nel 2017 è stato istituito un fondo da parte del Mipaaf per potenziare qualità e sicurezza alimentare nelle scuole materne e primarie.

Le risorse, ripartite tra i Comuni assegnatari, ammontavano a una media 8 milioni di euro tra il 2018 e il 2020. Mentre le mense scolastiche con pasti bio, nell’anno 2017, risultavano 1.311.

Un altro provvedimento legato agli strumenti previsti dallo Sviluppo Rurale, il cui intervento ha riportato risultati piuttosto evidenti (nel periodo di programmazione 2014-20) è la Misura 11. Il sostegno elargito, ammontava a 2 milioni di euro, metà del quale è stato investito nelle regioni Sicilia, Calabria e Puglia e destinato al pagamento per il mantenimento della superficie biologica certificata. 

Un altro provvedimento vantaggioso legato invece alla programmazione in corso, è la Misura 3 (seguita dalle successive 3.1 e 3.2). Questa ha contribuito alle spese di certificazione delle aziende e alla promozione dei prodotti certificati. L’intervento ha riscontrato particolare successo nella produzione vinicola, diffusa anche a livello internazionale.

La Misura 16, dedicata alla dimensione della Cooperazione, è stata importante nella promozione di azioni congiunte riguardanti il clima e l’ambiente. Ha inoltre stimolato quegli operatori biologici, dal profilo innovativo, che hanno deciso di aprirsi a modelli partecipativi multi-attoriali, nella condivisione di conoscenze e soluzioni, anche con chi viene tradizionalmente definito competitor.

In linea con questa visione, nel 2009 sono nati i bio-distretti: primo tra i quali, il distretto biologico del Cilento. Il modello ha funzionato a tal punto, che nei dodici anni successivi sono nate altre 50 unità, compresi i distretti biologici ancora in fase di costituzione.La Commissione europea ha ribadito la necessità di promozione della diffusione dei bio-distretti, anche nel Piano d’Azione per l’agricoltura biologica e nelle raccomandazioni per il Piano strategico della PAC in Italia.

A livello nazionale, il riconoscimento giuridico dei bio-distretti è arrivato con la Legge 205/2017, che introduce i Distretti del Cibo. Attraverso la legislazione, il bio-distretto acquisisce lo status di soggetto politico, guadagnando la possibilità di partecipare ai processi decisionali relativi alle politiche del territorio.

È grazie alle politiche di settore fino a qui nominate, che il comparto biologico ha potuto avvicinarsi ad una buona strutturazione, tanto preziosa da rappresentare un modello vincente verso la transizione ecologica.

Una fiducia crescente verso questi modelli sostenibili del sistema agroalimentare, ha investito la percezione comune; percezione che ha trovato consolidamento con l’avvento del Covid e delle attuali tragedie ambientali.

Il percorso del Green Deal è stato una delle risposte fondate su questa tipologia di modello.

Tuttavia aspetti importanti inerenti il tema, sono ancora da affrontare: come la definizione delle misure di sviluppo rurale; l’individuazione di filiere produttive che necessitano di particolare attenzione, come la zootecnia biologica; forme di sostegno che agiscano sul fronte della domanda interna.

 

Fonte: Pianetapsr