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IMPORTAZIONE DEI PRODOTTI BIOLOGICI DAL REGNO UNITO DOPO LA BREXIT

IMPORTAZIONE DEI PRODOTTI BIOLOGICI DAL REGNO UNITO DOPO LA BREXIT

Come è noto, dal 31 gennaio 2020 il Regno Unito non è più Stato membro dell’UE e non partecipa al processo decisionale dell’Unione. Considerata la conclusione del periodo di transizione tra l’UE e il Regno Unito, le aziende agroalimentari che importano prodotti biologici oltre Manica dovranno presentare notifica di variazione che includa l’attività di importazione e nel contempo iscriversi al TRACES (Trade Control and Expert System).

Nelle more delle tempistiche previste per l’iscrizione all’elenco degli importatori biologici italiani, verrà richiesto al MIPAAF l’inserimento in un elenco temporaneo di “importatori biologici per il Regno Unito”, istituito presso l’Ufficio Agricoltura Biologica (PQAI 1), ai fini della successiva abilitazione ad operare nel sistema TRACES (previa iscrizione al sistema TRACES) e della trasmissione dell’elenco all’Agenzia delle Dogane, in attesa del completamento dell’iter che porterà all’inserimento definitivo dell’azienda nell’ “Elenco Importatori da Paesi terzi” (notifica “PUBBLICATA”- Iscrizione al SIB – Comunicazione arrivo merci ecc..).

I fornitori che operano nel Regno Unito dovranno essere certificati da Organismi di controllo riconosciuti equivalenti dall’Unione Europea, con l’approvazione del Reg. di Esecuzione (UE) 2020/2196, che modifica il Reg. (UE) n.1235/2008.

Successivamente i prodotti biologici certificati da quest’ultimi potranno pertanto, se accompagnati da regolare Certificato di ispezione (COI), essere importati nell’Unione ai sensi della vigente normativa.

Il regime di deroga descritto sopra terminerà il 31 luglio 2021.

Per informazioni: Suolo e Salute – Direzione Generale – Ufficio Estero (Bologna) e-mail estero@suoloesalute.itr.trifiletti@suoloesalute.it

Fonte: Suolo e Salute

EUROPA “BIO”: CRESCONO DEL 46% LE AREE COLTIVATE AD AGRICOLTURA BIOLOGICA DAL 2012

EUROPA “BIO”: CRESCONO DEL 46% LE AREE COLTIVATE AD AGRICOLTURA BIOLOGICA DAL 2012

Il bio europeo registra una crescita importante: aumentano le superfici dedicate all’agricoltura biologica, aumentate del 46% dal 2012 al 2019 secondo i recenti dati Eurostat, con una superficie agricola utilizzata (SAU) di 13,8 milioni di ettari, pari all’8,5% del totale. Se questa rappresenta dunque la media tra i Paesi dell’UE, non mancano tuttavia punte di diamante e comportamenti virtuosi tra gli Stati del nostro continente: oltre un ettaro su quattro (25,3%) è riservato a prodotti biologici in Austria, oltre uno su cinque (22,3%) in Estonia; seguono la Svezia, con il 20,4%, e l’Italia, “bio” per il 15,8% delle proprie aree coltivabili. Il buon esempio arriva anche da Repubblica Ceca (15,2%), Lettonia (14,8%) e Finlandia (13,5%).

Ampi spazi di miglioramento, invece, per le altre nazioni europee, che non vanno oltre l’asticella dell’11%. Tra gli ultimi della classe si segnalano Paesi Bassi (3,7%), Polonia (3,5%), Romania (2,9%), Bulgaria (2,3%), Irlanda (1,6%) e Malta (0,5%). Aumentano velocemente le superfici in Francia e Spagna.

Assai variegata la situazione nel Belpaese, dove l’emergenza Covid ha fatto registrare un vero boom del biologico nel nostro carrello della spesa. Oltre alle roccaforti dell’agricoltura bio (Sicilia, Calabria e Puglia), nuove regioni si affacciano al comparto con incrementi interessanti: è il caso di Marche, Veneto, Lazio e Umbria, che completano un trend positivo nazionale di lungo corso e riflettono preferenze di acquisto e di consumo bio ormai consolidate, per i prodotti freschi in primis.

Fonte: Suolo Salute

IL BIOLOGICO AL CENTRO DELL’EUROPA

IL BIOLOGICO AL CENTRO DELL’EUROPA

L’Europa mette il biologico al centro dei suoi piani per uno sviluppo agricolo sempre più sostenibile.

Il piano di Bruxelles punta su tre pilastri:

  • Incentivare la domanda dei prodotti bio;
  • Aumentare le superfici destinate all’agricoltura biologica;
  • Rafforzare il ruolo del settore nella lotta ai cambiamenti climatici.

Avere sempre di più un consumatore informato e fiducioso di poter avere accesso ad un prodotto sano, privo di residui chimici nocivi e anche sostenibile per l’ambiente è già di per se un obiettivo lungimirante.

Come è noto, la comunità Europea, con il Green Deal, punta nei prossimi 10 anni a raggiungere il 25% delle superfici agricole destinate al biologico, in questo momento sono il 7,5% in media. L’Italia è un capofila del settore con oltre il 15% delle superficie agricola bio.

Per dare corpo all’ambizioso progetto sono già stati stanziati 40 milioni di euro per dei programmi che hanno la finalità di promuovere il modello biologico, oltre a quelli già stanziati per gli incentivi nei piani reginali atti a mantenere e convertire sempre più superfici.

Le associazioni di settore italiane stanno cercando di sensibilizzare sempre di più la governance dello stivale per cercare di portare più attenzione sul biologico, per mantenere una leadership italiana che vanta più di 79mila aziende nel comparto, con un mercato che ormai si attesta sui 4 miliardi di euro annui.

La presidente di FederBio Mammuccini aggiunge: “È paradossale che in Italia la legge sul bio sia ferma da oltre due anni al Senato, dopo essere stata approvata quasi all’unanimità alla Camera. Si tratta di un’occasione storica considerando che l’Italia è particolarmente vocata al biologico. Con condizioni normative e una politica agricola comune adeguate potrebbe raggiungere agevolmente il 40% di superficie bio entro il 2030 e fare del sistema agroecologico un vero driver di sviluppo per rilanciare la nostra economia”.

Fonte: italiafruit.net

Foto di Ralf Kunze da Pixabay 

ALLARME SULLA BIODIVERSITÀ: GLI INDICATORI PER MISURARLA

ALLARME SULLA BIODIVERSITÀ: GLI INDICATORI PER MISURARLA

Gli uccelli sono considerati uno degli indicatori più attendibili in materia di biodiversità.

I volatili, che si nutrono maggiormente d’insetti, sono degli animali capaci di spostarsi da un habitat all’altro in modo molto più semplice di altri gruppi di animali. L’abbandono di un luogo, prima popolato, ci indica che qualcosa è cambiato e che non è più ritenuto “accogliente”.
Secondo l’Eurostat gli uccelli sono tra i più attendibili indicatori della salute dell’ambiente che ci circonda. La loro popolazione è in continuo declino (-4% tra il 2018 e il 2020).
Gli scienziati sottolineano quanto i cambianti nell’agricoltura abbiano portato a questa diminuzione. Gli uccelli propri dell’agroecosistema si trovano a combattere con dei cambiamenti molto impattanti, come abbattimento di siepi e frangivento e utilizzo di pesticidi.
L’UE ha lanciato una linea strategica per portare entro il 2030 ad un aumento del 10% di superficie agricola ad alta diversità e al 25% del totale di superfice agricola in biologico.

L’Italia, che detiene uno dei più grandi patrimoni di biodiversità con il più alto numero di endemismo (specie esclusive del nostro territorio), sta subendo le minacce del costante aumento di specie esotiche introdotte, dal degrado, dall’inquinamento e dalla frammentazione del territorio.
Lo studio sul clima sviluppato da German Watch, descrive un quadro allarmante che tiene conto di 4 fattori:

• vittime attribuibili a fattori atmosferici
• lo stesso numero riparametrato su centomila abitanti
• l’ammontare delle perdite in potere di acquisto
• le perdite relazionate al prodotto interno lordo

Porta l’Italia in una delle posizioni peggiori in Europa (insieme alla Francia), delineando un quadro a rischio per la nostra biodiversità.
Fonte: il sole 24 ore
Foto di Domenic Hoffmann da Pixabay