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IN GERMANIA VINO ITALIANO OK, SE È BIOLOGICO È MEGLIO

IN GERMANIA VINO ITALIANO OK, SE È BIOLOGICO È MEGLIO

L’indagine di Nomisma Wine Monitor mette in evidenza la maggiore diffusione delle nostre etichette rispetto a quelle francesi e la forte attenzione sulle etichette bio e sostenibili

Grazie al bio le nostre etichette di vino battono in Germania quelle francesi. È quanto emerge da una recente ricerca di Nomisma Wine Monitor presentata in occasione della recente presentazione dell’Annual report di Valoritalia.

Nei bicchieri di due terzi dei consumatori

La frequenza di consumo del vino (il 64% dei tedeschi ha bevuto italiano negli ultimi 12 mesi) gioca infatti nettamente in nostro favore, mentre ci piazziamo alle spalle dei cugini d’oltralpe nel challenge sulla percezione della qualità.

Quello tedesco è uno dei principali mercati di riferimento per i nostri vini, con un valore dell’export che nel 2021 ha raggiunto gli 1,1 miliardi di euro, superato solo dagli Stati Uniti.

La percezione del bio

L’indagine della società di ricerca bolognese ha monitorato la diversa percezione tra i consumatori italiani e tedeschi nel terzo anno di pandemia. Emerge che in entrambi i Paesi a indirizzare le scelte dei consumatori sono elementi come la notorietà del brand, il marchio biologico e la certificazione della sostenibilità, con una spiccata sensibilità nei confronti di metodi di produzione rispettosi delle risorse ambientali, origine e tracciabilità della filiera.

La responsabilità sociale

Non mancano, in Germania come in Italia, i consumatori più sensibili, che puntano i riflettori sulla responsabilità sociale ed economica dell’azienda. Un messaggio che il mondo produttivo italiano sembra aver colto e che determina da tempo le strategie delle imprese, sia in termini di produzione che di comunicazione e marketing. E il futuro, almeno secondo il 75% delle 141 imprese intervistate da Nomisma, appartiene ai vini sostenibili e biologici. Una percentuale ancora minoritaria, ma comunque in crescita rispetto agli anni precedenti, punta poi su vini a basso contenuto alcolico, vegani o addirittura senza alcol.

Approcci differenti fuori casa

«L’indagine – spiega Denis Pantini, Responsabile Nomisma Wine Monitor -, condotta su un campione di 1000 consumatori italiani e altrettanti tedeschi evidenzia diverse similitudini ma anche approcci decisamente differenti».

«Per esempio, nel consumo casalingo entrambi guardano principalmente all’origine territoriale e alla notorietà del brand. Ma quando si esce di casa e si consuma in un ristorante o in un winebar, le cose cambiano. Per gli italiani sono poche le differenze rispetto al consumo indoor, mentre il consumatore tedesco preferisce lasciarsi guidare dal titolare o dal personale di sala. Gli italiani puntano molto sull’indicazione geografica, i tedeschi maggiormente sul vitigno, per entrambi l’attenzione all’ambiente gioca un ruolo fondamentale».

L’IMPATTO DELL’INFLAZIONE SUL BIOLOGICO IN GERMANIA

L’IMPATTO DELL’INFLAZIONE SUL BIOLOGICO IN GERMANIA

Crescono i costi di produzione, ma i valori di vendita risentono della forte tensione sui prezzi. I produttori bio bavaresi chiedono di rivedere il sistema dei sostegni pubblici per non vanificare l’obiettivo di raggiungere il 30% di bio entro il 2030

Più attenzione e più sostegni da parte del governo del land bavarese. L’effetto dell’inflazione con l’aumento dei prezzi dei generi alimentari, l’incertezza dei consumatori e gli elevati aumenti dei loro costi di produzione, spinge gli agricoltori biologici di questa regione tedesca a chiedere di rivedere gi indirizzi della politica agricola.  «Serve più coraggio nel sostegno del settore bio – dichiara Hubert Heigl sulle pagine del quotidiano di Monaco di Baviera Süddeutsche Zeitung – altrimenti diventa difficile raggiungere l’obiettivo del 30% di agricoltura biologica entro il 2030, cinque punti in più rispetto al Farm To Fork, stabilito in questa regione per legge».

Rivedere i sostegni

Heigl, gestisce un allevamento di suini biologici nell’Alto Palatinato ed è presidente dell’Associazione statale per l’agricoltura biologica, l’organizzazione ombrello delle quattro principali associazioni biologiche Bioland, Naturland, Biokreis e Demetra. La sua richiesta: «Il Land bavarese dovrebbe pagare gli agricoltori biologici fino a 317 euro per ogni ettaro di seminativo che coltivano biologicamente dal 2023. La tariffa massima finora è stata di 273 euro».

Una crescita decennale

In Germania il settore biologico può guardare indietro ad anni di boom senza precedenti. Secondo l’Ufficio federale di statistica, la quota di alimenti biologici venduti è più che raddoppiata in dieci anni, con un fatturato nel settore più recente pari a 15,87 miliardi di euro. L’anno 2020, caratterizzato dalla pandemia da coronavirus, è stato l’anno di punta per il settore, il tasso di crescita è letteralmente esploso del 22%.

Un dato che ha innescato numerose conversioni. Molti agricoltori convenzionali hanno riconosciuto l’agricoltura biologica come un’opportunità per le loro aziende agricole. Frumento, latte e altri prodotti biologici hanno infatti ottenuto finora prezzi notevolmente migliori rispetto alle controparti convenzionali. Inoltre, i ricavi del biologico sono stati tradizionalmente molto più stabili rispetto all’agricoltura convenzionale, senza la volatilità che ha finora caratterizzato le commodities agricole convenzionali. Dopo la petizione per la biodiversità “Salva le api” del 2019 Monaco di Baviera ha fissato in una legge regionale l’obiettivo del 30 percento della superficie agricola bio entro il 2030. Sarebbe circa un milione di ettari.

In ritardo sulla tabella di marcia

Finora la superficie bio cresceva ad un tasso del 10% all’anno. Tanto che Il ministro dell’Agricoltura Michaela Kaniber (CSU) ha elogiato la Baviera come Regione bio numero uno in Germania. A fine 2021, però, secondo i dati dell’Istituto Statale per l’Agricoltura, solo 379mila ettari, ovvero il dodici per cento dei terreni agricoli, erano coltivati ​​secondo le linee guida del biologico. Quindi mancano ancora ben 600.000 ettari per l’obiettivo del 30%.

L’incertezza dei consumatori

Un obiettivo ora reso più arduo dagli effetti della guerra in Ucraina. «C’è la massima incertezza – afferma Heigl -. Il tasso di inflazione per il cibo è stato recentemente dell’11% e ciò mette a dura prova soprattutto i prodotti a più alto valore». «La direzione è chiara: anche il biologico sta andando verso un prezzo più conveniente». Un fattore che non si accorda bene con l’aumento dei costi di produzione che riguarda anche i mezzi tecnici bio e che spinge gli agricoltori tedeschi a rivedere l’ammontare del sostegno pubblico.

LA SVOLTA “GRÜNE” DELLA GERMANIA

LA SVOLTA “GRÜNE” DELLA GERMANIA

Angela Merkel dopo 16 anni lascia il testimone ad Olaf Scholz. Il nuovo cancelliere guida una coalizione “a semaforo” tenuta insieme da un forte impegno verso la transizione ecologica delle fonti energetiche e della produzione agroalimentare

Finisce l’era di Angela Merkel, inizia quella di Olaf Scholz. Dopo ben 16 anni la Germania cambia rotta. Il nuovo Cancelliere guida una coalizione definita “a semaforo” e composta da socialdemocratici (SD), verdi (Grüne) e liberali (FDP) che si presenta con una forte connotazione “verde”.

L’accordo di coalizione

Tra i punti chiave più caratterizzanti dell’accordo di coalizione (come riportano fonti Reuters) c’è infatti una forte accelerata alla transizione ecologica, con lo stop al carbone anticipato al 2030 (un precedente accordo tra Merkel e le associazioni degli industriali tedeschi aveva tracciato l’orizzonte al 2038); l’impegno a cessare l’uso di gas da fonti fossili per la generazione termica entro il 2040, tagliola ai nuovi veicoli con motore a combustione nel 2035. Da questi impegni il governo federale si aspetta un taglio di emissioni di gas serra del 65% entro il 2030 e la neutralità climatica entro il 2045, con un obiettivo intermedio dell’85-90% al 2040.

Steffi Lemke punta su biodiversità e riforestazione

A guidare questa transizione energetica sarà direttamente Scholz che ha affidato (come riporta Agrarheute.com) la politica climatica internazionale al Ministero degli Affari esteri e quella nazionale ed europea al ministero dell’Economia. Tramontata quindi l’ipotesi di un mega Ministero dell’Ambiente, ma Steffi Lemke, laureata in Agraria, membro di spicco dei Verdi e ora al vertice di questo ministero, ha dichiarato in una recente intervista al Süddeutsche Zeitung di non voler derogare al suo impegno in favore della difesa del clima naturale. «Tutela della biodiversità e sequestro del carbonio – ha riferito – sono impegni inderogabili da raggiungere attraverso la riforestazione, il rispetto delle aree naturali e favorendo la carbon farming, ovvero modi di produrre e di fare agricoltura neutrali da punto di vista climatico».

Cem Özdemir sul biologico

Un’invasione di campo che non preoccupa, per ora, il collega neoministro Cem Özdemir, verde, vegano, pragmatico e primo rappresentante di origine turca a dirigere il dicastero agricolo tedesco.

Una carta d’identità che non preoccupa per ora le lobby agricole del Paese tedesco. Il programma tracciato da Özdemir prevede infatti l’espansione dell’agricoltura biologica oltre gli obiettivi del 15% entro il 2030 tracciato dalla Strategia Farm to fork; la significativa riduzione dell’uso di pesticidi; regole di etichettatura più severe sui metodi di produzione, senza però intraprendere campagne contro il consumo di carne, con enorme sollievo per un’attività agroindustriale che fattura, nel grande Paese tedesco, decine di miliardi di euro ogni anno.