BIO BELLO SENZ’ANIMA
Il bio perde valore aggiunto e si omologa alle esigenze della distribuzione: la denuncia di Duccio Caccioni su Agronotizie. Le carte per scongiurare questo rischio? Puntare sui consumi fuori casa e sull’effetto valorizzazione dei biodistretti
«A forza di omologarsi alle esigenze della Gdo nazionale, il settore bio italiano ha perso l’anima (e pure il valore aggiunto)». Duccio Caccioni fa il verso al Cocciante prima maniera e lo denuncia sulle pagine digitali di Agronotizie.
La spinta inflazionistica
Le vendite hanno infatti superato i 5 miliardi di euro, è vero. Il 58% viene realizzato sugli scaffali della grande distribuzione e questo sta diventando un limite. I valori infatti, secondo l’analisi dell’editorialista di Agronotizie e Direttore Scientifico Fondazione Fico di Bologna, sono fortemente drogati dalla spinta inflazionistica visto che i volumi mostrano una contrazione ma, quel che peggio, i margini vanno al distributore al dettaglio e i produttori spesso soffrono.
Prezzi all’origine al lumicino
Lo ha rilevato anche Ismea nel corso dell’ultimo Sana (lo avevamo scritto qui). I listini all’origine, ovvero i prezzi riconosciuti alle aziende agricole. Per i consumatori i prezzi di vendita medi annui sono invece cresciuti oltre il 20% nel 2022 e il trend, trasversale per tutti i prodotti, prosegue anche nel 2023 con un incremento minore per alcuni prodotti bio rispetto a quelli convenzionali.
Logiche speculative
La congiuntura geopolitica rischia così di diventare una scusa mettendo in luce, anche nel biologico, logiche speculative, soprattutto su alcune produzioni. I cereali sono un caso emblematico: il grano duro bio ad esempio, ha infatti ormai lo stesso prezzo del grano duro convenzionale, ma la pasta bio porta sullo scaffale una maggiorazione del 40-50% rispetto a quella convenzionale. Come si spiega e, soprattutto, come se ne esce?
Marketing territoriale
Caccioni nel suo articolo fa affidamento soprattutto sui consumi fuori casa, che realizzano nel 2022-23 il record di 1,3 miliardi e ovviamente sull’export che realizza un valore di 3,64 miliardi di euro (+ 8% nell’ultimo anno e +203% rispetto al 2012). L’aumento della concorrenza internazionale (Francia e Spagna) spinge però a non rassegnarsi sul fronte interno. Dove la novità dei biodistretti può secondo Caccioni giocare carte preziose nel marketing territoriale, unendo la valorizzazione dei prodotti a quella dei territori turistici.