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I TEMI AL CENTRO DEL BIOFACH 2024

I TEMI AL CENTRO DEL BIOFACH 2024

Clima e mercato, crisi politica e nuove normative: Suolo e Salute porta il suo contributo ai dibattiti che animano la fiera di riferimento per il bio mondiale, a Norimberga dal 13 al 16 febbraio

Biofach al via. Dal 13 al 16 febbraio il mondo del biologico si dà appuntamento a Norimberga per quella che è la manifestazione di riferimento del settore. Mentre a Bruxelles l’esecutivo europeo presieduto da Ursula von der Leyen smantella frettolosamente, sotto la pressione delle proteste agricole, alcune delle misure più significative del Green deal, la kermesse che si svolge nel centro espositivo della città bavarese continua a svolgere il suo ruolo di laboratorio per un futuro più sostenibile mettendo a confronto produttori bio, associazioni, certificatori, istituzioni e buyer internazionali.

Il bio sa crescere con le proprie gambe

La rivoluzione dell’agricoltura biologica è, del resto, sempre stata alimentata dal basso, dalle sinergie e comunione di intenti tra produttori e consumatori e dalla capacità di alcuni illuminati imprenditori agricoli di dimostrare che esiste un modo diverso di interpretare il ruolo del comparto primario, senza dipendere da input esterni e senza dover per forza consumare risorse naturali non rinnovabili che diventano sempre più limitate. Il biologico è, fin dall’origine, un comparto economico capace di crescere e camminare sulle proprie gambe, non nega le leggi di mercato, ma nemmeno la responsabilità, anche del comparto agroalimentare, nei confronti del cambiamento del clima.

Anche se dovesse venire meno il favore delle istituzioni europee, a parole ancora impegnate a raggiungere l’obiettivo del 25% di superficie agraria europea bio entro il 2030 (ma che nei fatti stanno smantellando uno dopo l’altro gli strumenti per raggiungere questo obiettivo), il bio rimarrà un riferimento ineguagliabile, grazie all’originalità del suo messaggio e alla capacità di conquistare la fiducia dei consumatori grazie a un modello insuperato di certificazione di processo e alla collaborazione tra enti di certificazione privati e amministrazione pubblica.

Il contributo di Suolo e Salute

Suolo e Salute, organismo di certificazione e controllo leader in Italia, presente come sempre al Biofach (Padiglione 4, stand 366) è pronto a dare il suo fattivo contributo, mettendosi al centro del dialogo di filiera e partecipando ad alcuni dei dibattiti più significativi che si svolgeranno in fiera.

I forum di Ifoam

A partire (clicca per info) dai forum organizzati da Ifoam Organics Eu (13 febbraio, dalle ore 10 presso Ncc ost, sala Seul) con alcune delle aziende bio leader in Europa per l’individuazione migliori pratiche nella mitigazione delle crisi e nell’affrontare le sfide cruciali incontrate dal settore (tra i focus: le sinergie tra bio e vegano, le produzioni “naturali”, il cacao equo e sostenibile, l’impatto della nuova normativa sugli imballaggi).

Horeca, una crescita bio da sostenere

L’Horeca è il settore distributivo da cui ci si aspetta la maggiore crescita per il bio europeo, innanzitutto grazie alla ristorazione collettiva ma anche per quella privata. Biofach ha organizzato un vero e proprio punto d’incontro nel padiglione 3A per aiutare ristoratori, bar e hotel che intendono migliorare la propria offerta bio. In questa area sono previsti dei talk a partire dalle ore 9 del 13 febbraio.

Numeri e prospettive

Il Congresso di riferimento del Biofach, quello chiamato a tracciare le cifre e le prospettive di crescita del bio si terrà sempre il 13 febbraio, sala 3a a partire dalle 11.45. Sotto esame l’impatto delle guerre, gli sconvolgimenti del mercato, inflazione e crisi climatica in espansione. Sono queste le sfide più importanti a cui l’agricoltura europea dovrebbe fare fronte. Come reagiscono i politici?

Quanto contribuiranno i paesi Ue agli ambiziosi obiettivi fissati dal Green Deal europeo al di là delle promesse e delle deroghe di questi guorni? Sono stati compiuti per superare il modello dei pagamenti Pac per superficie? E come si sviluppano i settori del biologico nei Paesi extra-Ue? La siccità invernale che sta mettendo in discussione in tutto il Sud Europa le prossime semine primaverili e le difficoltà dell’agricoltura dimostrano che le risposte non possono aspettare gli esiti elettorali.

FUORI CASA E TIPICITÀ, DUE LEVE PER IL MERCATO DEL BIO

FUORI CASA E TIPICITÀ, DUE LEVE PER IL MERCATO DEL BIO

Offerta locale, comunicazione e “away from home” sono le leve per mantenere il posizionamento del bio sul mercato interno e salvaguardare l’equilibrio con un’offerta destinata a crescere per l’effetto del Green deal. I riscontri dell’analisi di Nomisma

L’Italia, con oltre 2,3 milioni di ettari e la più alta percentuale di superficie bio sul totale (19% contro una media europea ferma al 12%), è ormai vicina all’obiettivo previsto dalla Strategia Farm to Fork per il 2030, cioè il 25% di superfici dedicate alle coltivazioni biologiche. Il mercato interno è cresciuto ancora nel corso del 2022 soprattutto in valore, mentre i volumi molto meno. Un fenomeno legato all’effetto inflazione che ha sollevato alcuni timori sulla possibilità di mantenere l’equilibrio tra domanda e offerta.

Sul fronte commerciale il bio ha però alcuni assi da giocare. Li ha individuati Silvia Zucconi, Chief Operating Officer di Nomisma, nella sua analisi per l’Osservatorio sana 2023 presentata in occasione di Rivoluzione Bio 2023, gli stati generali del biologico organizzati a Bologna Fiere in collaborazione con FederBio e AssoBio nel quadro del progetto Being Organic In Eu (ne abbiamo parlato qui).

Nomisma ha di recente pubblicato i risultati di quello studio (leggi qui).

Le dinamiche del primo semestre 2023

Emerge che sulle dinamiche del mercato interno sta incidendo soprattutto il traino dei consumi fuori casa (ristorazione commerciale e collettiva segnano un +18% rispetto al 2022), che risulta più vivace rispetto all’andamento dei consumi domestici (+7% in valore nell’anno terminante luglio 2023 rispetto all’anno precedente in cui si era registrata una leggera flessione).

Le vendite alimentari bio nel mercato interno (consumi domestici e fuori casa) hanno superato così i 5 miliardi di euro all’anno. «A trainare – spiega Zucconi- la crescita sono i consumi fuori casa che sfiorano 1,3 miliardi di euro». Una crescita da collegare soprattutto alla spinta inflazionistica dell’ultimo anno.

La Distribuzione Moderna rimane però il primo canale per gli acquisti di biologico e pesa per il 58% sul totale delle vendite legate ai consumi domestici.  Iper e supermercati sono i canali che, all’interno di questo canale, veicolano la maggior parte delle vendite bio: hanno infatti superato 1,5 miliardi di euro nell’anno Terminante a luglio 2023 (Fonte: NielsenIQ). Seguono per valori delle vendite i Discount e i Liberi Servizi.

Le preferenze dei consumatori: chi acquista sceglie in base all’origine

I risultati della consumer survey Nomisma, sviluppata su un campione rappresentativo di responsabili degli acquisti alimentari italiani, hanno mostrato come la consumer base di prodotti bio sia rimasta costante rispetto allo scorso anno: l’89% della popolazione di età compresa tra i 18 e i 65 anni ha acquistato consapevolmente almeno un prodotto alimentare bio nell’ultimo anno.

Chi compra bio sceglie principalmente in base all’origine, con preferenza verso prodotti bio 100% italiani,  per quelli di origine locale/km 0 e quelli a marchio Dop/Igp.

Anche la marca gioca da sempre un ruolo fondamentale nella scelta dei prodotti bio da mettere nel carrello, con orientamento verso la marca industriale e per quella del supermercato.

Bio e sostenibilità: il collegamento è sempre più stretto, ma attenzione al greenwashing

Ma perché il consumatore acquista prodotti bio? Innanzitutto perché li ritiene più sicuri per la salute rispetto a un prodotto convenzionale, ma anche perché sono sostenibili: quasi 1/4 degli intervistati li considera più rispettosi dell’ambiente; il 10% del benessere animale e un ulteriore 10% fa riferimento alla sostenibilità sociale e intende aiutare i piccoli produttori.

Il framework delle scelte di consumo -commenta Zucconi – conferma l’interesse nei confronti della sostenibilità per i prodotti agroalimentari: il consumatore da un lato è preoccupato per l’emergenza ambientale e i cambiamenti climatici, dall’altro valuta la sostenibilità di un prodotto attraverso la provenienza, ricercando prodotti italiani e locali o le caratteristiche del packaging.

A questi fattori si affiancano anche valutazioni collegate alla presenza di certificazioni bio/equo solidali che consentono l’identificazione della sostenibilità di un prodotto. A questo proposito, Nomisma rileva che una quota significativa degli acquirenti risulta confuso dalla presenza di molti green claim in etichetta, che non permettono di decifrare l’effettivo profilo di sostenibilità di un prodotto alimentare. Sono tutti dati a conferma dell’importanza della proposta di Direttiva Green Claims della Commissione Europea volta a combattere le pratiche di greenwashing e a regolare in modo chiaro tutte le auto dichiarazioni volontarie riguardanti gli impatti, gli aspetti o le prestazioni ambientali di un prodotto». «Alle aziende si chiede di fornire prove scientifiche sulla veridicità delle dichiarazioni green, prendendo in esame l’intero ciclo di vita del prodotto»”.

La conquista del “fuori casa”

Offerta, comunicazione e “away from home” sono le leve per mantenere il posizionamento del bio sul mercato interno. Se si analizza il livello di soddisfazione per l’offerta di prodotti bio, emergono infatti aree di miglioramento soprattutto per quanto riguarda la categoria dei prodotti BIO gourmet / premium (linee di prodotti di alta qualità con prezzi più alti), quella dei prodotti BIO pronti da mangiare /ready to eat e, in generale, la presenza di offerte/promozioni.

Migliorabile è considerata anche l’offerta nel canale fuori casa: ad oggi circa 7 italiani su 10 hanno consumato pasti con alimenti/bevande biologiche o ingredienti biologici fuori casa, ma più della metà delle famiglie vorrebbe trovare più piatti/ricette bio nelle mense ospedaliere, aziendali e scolastiche, ma anche bar e ristoranti.

«La promozione di efficaci azioni di informazione verso i consumatori con l’obiettivo di rafforzare conoscenze e consapevolezza sui valori del biologico e sulle garanzie sottostanti la certificazione è un aspetto determinante per l’affermazione ulteriore del settore. Così come il consolidamento del posizionamento distintivo del bio come modello agricolo in grado di rafforzare la transizione ecologica e contrastare il progressivo cambiamento climatico».

Dal sondaggio di Nomisma emerge che ben 9 consumatori su 10 non hanno sufficienti informazioni o vorrebbero saperne di più riguardo le innovazioni e le tecnologie impiegate nel bio, sui controlli a cui sono sottoposti i prodotti biologici e sul contributo del metodo biologico alla sostenibilità. Gli italiani mostrano di avere le idee molto chiare sulle indicazioni che vorrebbero ricevere, in particolare relativamente alla distintività del biologico rispetto al convenzionale, ai benefici apportati dal bio a dieta e salute e alla tracciabilità dei prodotti bio.

Un ulteriore punto fermo per mantenere il posizionamento del bio sul mercato interno ed estero è rappresentato dalla garanzia della provenienza italiana delle materie prime. Per la maggioranza degli italiani è importante trovare prodotti alimentari biologici realizzati con materie prime 100% Made in Italy, ma vorrebbe anche che i prodotti BIO avessero un logo che certifichi la provenienza italiana degli ingredienti. «L’interesse del consumatore per il biologico – sostiene Zucconi – è confermato, ma l’attuale contesto economico, i consumi in forte revisione per lo scenario inflattivo e gli stili di vita e alimentari in continuo mutamento rappresentano fattori di condizionamento del mercato, dove la crescita a valore è confermata ma a fronte di un rallentamento dei volumi venduti. È dunque fondamentale promuovere efficaci azioni di informazione verso i consumatori».

D’ERAMO: «SUL BIO RAGGIUNGEREMO I TARGET UE»

D’ERAMO: «SUL BIO RAGGIUNGEREMO I TARGET UE»

Il settore è strategico anche per il Governo e il sottosegretario al Masf con delega per il bio rassicura non solo sull’obiettivo di raggiungere il 25% di superficie entro il 2027, ma anche di portare più equilibrio sui mercati

Il Governo sostiene il bio. In occasione della giornata dedicata a questo settore Luigi D’Eramo ha preso carta e penna per evidenziare che «il settore è passato da nicchia a realtà ora sempre più importante, per superfici e numero di operatori, e per l’attenzione che il biologico riveste nelle scelte e nelle politiche, a livello europeo così come nazionale».

L’impegno del Governo

Il sottosegretario al ministero dell’Agricoltura, sovranità alimentare e foreste con delega per il bio ha ribadito quindi l’impegno italiano a raggiungere gli obiettivi fissati dalla strategia Farm To Fork.

«L’Italia – ha detto-  con una percentuale di superfici coltivate a bio pari a circa il 19% sul totale, contro una media europea intorno al 12%, è proiettata a raggiungere prima del 2030 il target Ue del 25% e 6 regioni hanno già superato quest’obiettivo».

«Per continuare a essere leader in Europa è ora necessario un rilancio dei consumi, a partire da quelli domestici».

Il Piano di comunicazione e il marchio nazionale

«Il Masaf è impegnato su più fronti per sostenere e valorizzare una filiera considerata oggi strategica, dalla campagna di comunicazione ad hoc presentata al Sana al piano d’azione nazionale ormai alle battute conclusive, al marchio biologico italiano che vogliamo concretizzare quanto prima per un’ulteriore certificazione e un maggiore valore dei nostri prodotti bio, dentro e fuori i confini nazionali».

L’ALLARME DI ISMEA: REMUNERAZIONI IN CALO PER I PRODUTTORI BIO

L’ALLARME DI ISMEA: REMUNERAZIONI IN CALO PER I PRODUTTORI BIO

L’indagine presentata da Ismea al Sana mette in evidenza l’impatto dell’inflazione che incide sia aumentando i prezzi al consumo, che contraendo quelli all’origine

L’agricoltura biologica in Italia conta 92.799 operatori ed è in costante crescita. Nel 2022 le superfici coltivate biologiche sono aumentate del 7,5% e il numero di agricoltori del 7,7%, mentre dal 2010 ad oggi ci sono 1,2 milioni di ettari coltivati bio (+111%) e 45.136 operatori (+94,7%) in più nel settore.

Produzione, le note liete

È questa la fotografia del settore tracciata da Pietro Gasparri, dirigente dell’ufficio Agricoltura biologica e Sistemi di qualità alimentare nazionale e affari generali del Masaf, nel corso dell’inaugurazione del Sana a Bologna, lo scorso 7 settembre. In Italia le colture biologiche occupano il 18,7% del territorio agricolo, con un incremento del 7,5% nell’ultimo anno, contro il 10,7% della Francia, l’11,2% della Germania e il 10,5% della Spagna. Cereali, olio, vino e agrumi sono i prodotti più diffusi. Il 54,2% dei produttori si concentra in Sicilia, Calabria, Puglia, Campania e Toscana. In aumento anche le importazioni di prodotti biologici dall’estero.

Mercato, le note stonate

Sul fronte dei prezzi, «la forte volatilità registrata nell’ultimo periodo rischia di creare confusione nel riconoscimento del valore aggiunto del bio», spiega Riccardo Meo, analista delle politiche agricole e del mercato dell’Ismea, presentando uno studio sulla risposta del settore alle forti fluttuazioni del mercato.

Per quanto riguarda i prezzi all’origine: «nel 2023 i listini per commodity non trasformate, come cereali, mais, soia e girasole, hanno subito cali significativi, con un crollo dei prezzi riconosciuti alle aziende agricole, senza grandi differenze tra agricoltura biologica e convenzionale».

Differente è il quadro per i consumatori: i prezzi medi annui sono cresciuti oltre il 20% nel 2022 e il trend, trasversale per tutti i prodotti, prosegue anche nel 2023 con un incremento minore per alcuni prodotti bio rispetto a quelli convenzionali. Le cause sono molteplici: oltre alla congiuntura economica, pesano le importazioni ridotte per via della guerra in Ucraina, le condizioni climatiche e eventi come l’alluvione in Emilia-Romagna, che hanno ridotto drasticamente le produzioni. In prospettiva, «il gap dei prezzi riconosciuti alle aziende agricole per prodotti bio e convenzionali potrebbe continuare a ridursi – conclude il ricercatore – anche perché le superfici coltivate a biologico stanno aumentando e, grazie alla maggiore offerta, potrebbero abbassarsi anche i listini prezzi del bio a beneficio dei consumatori».

 

PIÙ AGGREGAZIONE E UNA MIGLIORE DISTRIBUZIONE

PIÙ AGGREGAZIONE E UNA MIGLIORE DISTRIBUZIONE

I punti di forza per sostenere il mercato del bio in una congiuntura difficile. Gli interventi di Gabriele Canali e Carlo Hausmann al workshop della Rete Rurale nazionale

Più aggregazione dell’offerta e una migliore distribuzione per rilanciare i consumi dei prodotti biologici. Sono le esigenze espresse nella seconda parte del workshop “Le prospettive del biologico nel 2023-2027” organizzato dalla Rete Rurale nazionale l’11 maggio (clicca per accedere alle relazioni e alla diretta streaming) presso la Domus Australia, in Via Cernaia a Roma (nel precedente articolo abbiamo fatto il punto sui sostegni al bio del Piano strategico nazionale per l’attuazione della Pac).

La necessità di premiare chi produce

«Gli obiettivi della Farm to Fork e quelli della Pac – mette in evidenza nella sua relazione Gabriele Canali dell’Università Cattolica di Piacenza – fanno sempre riferimento alle «superfici» a biologico». «Questo approccio – continua- è però inadeguato, perché c’è il rischio che il sostegno alle superfici si traduca in una rendita per “agricoltori” non producono prodotti bio». Uno “spreco di risorse” che secondo Canali può determinare la distorsione della concorrenza, determinando una maggiore concorrenza con prodotti bio d’importazione. «Negli ultimi anni – ha aggiunto – anche a causa della carenza di materie prime agricole nazionali bio, è andato crescendo l’interesse e l’attenzione verso produzioni certificate bio e provenienti da paesi extra Ue, con il rischio di atteggiamenti speculativi e opportunistici». Proprio come capita per l’agricoltura convenzionale, alle prese con la globalizzazione e i listini internazionali di commodity governati da variabili indipendenti da quanto accade nel nostro Paese.

Aggregarsi per spuntare migliori remunerazioni

La soluzione per uscire da questo cul de sac è rappresentato, secondo Canali, dall’aggregazione. «La competizione su produzioni agroalimentari di qualità -raccomanda il docente – richiede necessariamente l’adozione di strumenti atti a raccordare gli anelli della filiera, sia in termini di requisiti qualitativi che quantitativi». Le forme di aggregazione sono quindi necessarie anche nel bio. «Innanzitutto per ottenere migliori condizioni economiche nelle fasi contrattuali con gli anelli a monte e a valle della produzione agricola, all’interno della filiera». Secondo il ricercatore le alternative rappresentate da vendita diretta e chilometro zero, per quanto importanti, non consentono l’aumento adeguato dei volumi e del valore che le filiere bio possono generare a beneficio dell’agricoltura italiana.

Serve una rete di distribuzione alleata

Per realizzare questo disegno occorre però poter contare su una rete di distribuzione che sia alleata del bio.

«Certo – stigmatizza Carlo Hausmann, Esperto di Politiche di sviluppo rurale con un’esperienza di direttore generale dell’Azienda Romana mercati- occorre aggregare e migliorare in prodotto. Ma poi occorre saperlo vendere, ovvero distribuire».

Il posizionamento ideale si ottiene, secondo il relatore, tutelando la reputazione del bio. «Oggi il mercato di riferimento – obietta – è però caratterizzato da una difficoltà di lettura, con una remunerazione incerta e prospettive non chiare».

Occorre partire dai punti certi: un valore complessivo solido (3,66 mld), il grande ruolo del fresco (quasi la metà degli acquisti) e la crescita delle uova e delle specialità zootecniche.

Occhio all’hard discount

Il valore è però condizionato da una divergenza tra i canali di vendita, con il grande veicolo dei supermercati (63,5%), un valore che rimane però stabile, il ruolo decisamente da ridisegnare per i negozi specializzati e l’esplosione dei discount, con tutti i rischi connessi.

Un canale da presidiare, tenendo conto «che il consumatore acquista bio in discount solo perché è presente, ma non ha interesse a premiare altro che il prezzo e che non vuole marchi superflui».

BRANDEBURGO, ISOLA FELICE PER IL BIO

BRANDEBURGO, ISOLA FELICE PER IL BIO

Il primo rapporto sul mercato biologico della regione che ingloba la capitale tedesca indica il forte squilibrio tra produzione bio, comunque in crescita, e domanda. Con ampie possibilità per il nostro export in particolare ortofrutticolo

La domanda di prodotti biologici a Berlino e nel Brandeburgo è molto più alta di quanto i produttori agricoli della regione possano coprire. Il dato emerge dal primo rapporto sul mercato biologico pubblicato in febbraio dal ministero dell’Agricoltura di questo land tedesco.

Sei milioni di abitanti motivati

Il Brandeburgo (in tedesco Brandenburg) è uno dei sedici Stati federati della Germania. La capitale e città maggiore è Potsdam. Questa regione ingloba interamente la città-stato di Berlino e insieme ad essa forma la regione metropolitana di Berlino/Brandeburgo, in cui vivono più di sei milioni di persone. Più di un terzo della superficie del Brandeburgo è occupata da parchi naturali, foreste e laghi.

Riguardo alla superficie agricola, la quota di bio, secondo i dati federali, ha raggiunto il 15,5% della superficie agricola (nel 2019 era 12,3%) una frazione che colloca il Brandeburgo al quarto posto in Germania dopo Saarland, Assia e Baden-Württemberg. Il totale della superficie bio tedesca è arrivata nel 2022 a 1,9 milioni di ettari (10,9 %).

Avena e ortofrutta

La forte domanda di bio degli abitanti di Berlino, che da sola assorbe circa tre quarti della spesa questa regione, crea un forte squilibrio aprendo ampie prospettive anche per l’export italiano. . Secondo il ministro dell’Agricoltura Axel Vogel (Verdi) la produzione locale deve crescere soprattutto per quanto riguarda l’ortofrutta e l’avena (a causa della crescente domanda di latte d’avena biologico), referenze di cui c’è una forte carenza. L’eccezione è rappresentata dalla patata biologica, per la quale il rapporto indica una forte  produzione locale.