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BIO, GODIAMOCI I DATI DEL 2021

BIO, GODIAMOCI I DATI DEL 2021

Il report “The World of Organic Agriculture” di Fibl e Ifoam testimonia la crescita degli indicatori di superficie e di mercato anche in questo anno. Si sa già però che nel 2022 il bioritmo del bio ha rallentato.  Quello in corso è però l’anno della prima attuazione della strategia Farm to fork e dell’auspicato avvio del piano d’azione di settore, in attesa che arrivino notizie positive dal “fronte orientale” per rivitalizzare i consumi

Godiamoci i dati del 2021. Il quadro che emerge del 24° report “The World of Organic Agriculture ” (clicca qui per scaricare il rapporto), curato dall’Istituto svizzero di ricerca sull’agricoltura biologica Fibl in collaborazione con Ifoam, la Federazione delle associazioni del biologico a livello mondiale son infatti tutti estremamente positivi.

I dati presentati a Norimberga

I dati presentati all’ultima edizione del Biofach evidenziano trend di crescita in tutti i fondamentali del bio e ciò vale in particolare per il Vecchio Continente, dove il mercato cresce di quasi il 4%, raggiungendo i 54,5 miliardi di euro. Nel 2021, altri 0,8 milioni di ettari sono stati convertiti al biologico, +4,4% rispetto al 2020, portando la superficie agricola europea coltivata a bio a 17,8 milioni di ettari (nell’Unione europea: 15,6 milioni di ettari).

Italia al terzo posto

Su questo specifico parametro, l’Italia si posiziona al terzo posto con i suoi 2,2 milioni di ettari, dietro la Francia, salita al primo posto con quasi 2,8 milioni, seguita dalla Spagna con 2,6 milioni. I terreni agricoli biologici arrivano nel 2021 al 9,6% della Sau dell’Unione Europea. L’Italia si aggiudica il gradino più alto del podio per quanto riguarda il numero dei produttori bio con oltre 75mila operatori sui 440mila attivi in Europa.

Consumi inibiti

Sul fronte dei consumi, nel 2021, la spesa media per i prodotti bio è stata di 65,7 euro pro capite registrando un sostanziale raddoppio nel decennio 2012-2021. Le vendite 2021, tuttavia, hanno subito un rallentamento, evidenziando un incremento del 3,8%, molto inferiore rispetto al +15% registrato l’anno precedente e per quanto riguarda il 2022 sappiamo di doverci aspettare un ulteriore rallentamento, in attesa che le strategie Farm to Fork e Biodiversità 2030 producano i loro frutti riguardo alla struttura produttiva. E magari che il piano di azione di settore, accompagnato da notizie positive sul “fronte orientale”, producano importanti effetti distensivi sul lato della domanda.

BIO, UN’IMMAGINE DA “SVECCHIARE”

BIO, UN’IMMAGINE DA “SVECCHIARE”

«Biologico vuol dire professionalità e impegno. Basta con le “galline svolazzanti” o altre immagini bucoliche che lasciano il tempo che trovano»: l’intervista di Alessandro D’Elia, direttore generale di Suolo e Salute sul magazine digitale Greenplanet.net

«Esplicitiamo i costi del NON bio per dimostrare la sostenibilità del bio» è il titolo dell’intervista che il direttore generale di Suolo e Salute Alessandro D’Elia ha rilasciato a Chiara Affronte giornalista del sito d’informazione Grennplanet.net (vedi https://greenplanet.net/delia-suolo-e-salute-per-dimostrare-la-sostenibilita-del-bio-basta-esplicitare-i-costi-del-non-bio/).

Riportiamo qui il testo dell’intervista

È ora di “svecchiare” l’immagine del biologico come modello bucolico di agricoltura. Niente di più sbagliato, perché, al contrario, il bio richiede una professionalità vera e strutturata, necessaria per andare verso il futuro. Ne è convinto Alessandro D’Elia, direttore generale di Suolo e Salute, che interviene nel dibattito sull’agricoltura biologica, in bilico tra un’idea spesso sbagliata diffusa tra le persone e la propensione per uno sviluppo tecnologico a supporto del metodo.

Un viaggio affascinante verso la sostenibilità

Le aziende biologiche sono imprese che devono stare sul mercato: come si coniuga questa esigenza con l’immagine che viene spesso comunicata all’esterno del biologico?

«Per le imprese agricole del biologico è tempo di investire, perché la strada obbligata è quella della competitività e della redditività. È tempo di compiere un salto di qualità nella comunicazione e per svecchiare il concetto sbagliato che accompagna il biologico e lo dipinge ancora come amatoriale, quasi hobbistico e a tecnologica zero».

«L’agricoltura biologica non è un ritorno al passato, ma, al contrario, un viaggio affascinante verso un futuro sostenibile».

«Penso che i cittadini europei abbiano ben chiaro questo concetto: lo dimostra il fatto che, con l’avvio della nuova Politica agricola comune, dall’inizio del 2023, si è innescata la sfida di portare il metodo di coltivazione bio al 25% delle superfici agricole del vecchio continente, entro la fine del decennio. Un obiettivo ambizioso per la PAC, voluto proprio dalle associazioni di consumatori, dai gruppi di opinione e dai privati cittadini che hanno partecipato numerosi alla consultazione pubblica appositamente attivata dalla Commissione Europea».

«Al bio viene riconosciuto il suo bassissimo impatto ambientale, la capacità di impiegare l’energia e le risorse naturali in modo responsabile, conservando la biodiversità, l’equilibrio ecologico, la salute del suolo, la qualità delle acque, la stabilità del clima. Il bio, inoltre, favorisce il benessere degli animali allevati, la salute dei consumatori e – perché no – il reddito degli agricoltori».

«Un mix di obiettivi vecchi e nuovi, comunque impegnativi, che richiedono l’applicazione del massimo grado di competenza e preparazione, anche nell’utilizzare le nuove tecnologie digitali, sia da parte dei produttori agricoli che di tutte le altre professionalità che orbitano nella galassia del bio: dai tecnici, ai distributori, ai certificatori, persino da parte dei comunicatori. Insomma, non c’è bisogno di far vedere galline svolazzanti nei prati per raccontare le virtù del biologico…».

 

Il pensiero genera la materia

Come si può comunicare l’esigenza di sostenibilità con la richiesta che arriva dal mercato, e cioè di prodotti che siano salutari per le persone e rispettosi dell’ambiente?

«La crisi inflattiva innescata da guerra e pandemia sta dando l’illusione ai detrattori del bio di poterne mettere in discussione la sostenibilità economica per una presunta minore produzione per ettaro che farebbe crescere i costi di produzione».

«Credo che si tratti solo di un modo vecchio e superato di vedere le cose nuove: un’ipocrisia che non può fare breccia su consumatori motivati e informati».

«Giordano Bruno sosteneva che è il pensiero che genera la materia e non il contrario».

«La carica innovativa del biologico deriva dall’ “eresia” di anticipatori come il professor Francesco Garofalo, principale ispiratore più di 50 anni fa della nascita dell’Associazione Suolo e Salute, la realtà da cui si è poi sviluppata l’esperienza del nostro ente di certificazione».

«La sua “giusta visione” di un’agricoltura in grado di produrre alimenti sani nel rispetto e salvaguardia dell’agroecosistema, mantenendo la fertilità del terreno e preservando le falde acquifere, ha incontrato nel tempo il favore dei movimenti ambientalisti, ha fatto da innesco al riconoscimento normativo dell’agricoltura biologica e oggi risponde in pieno alle esigenze della generazione del movimento Fridays for future, con le sue giuste preoccupazioni per il futuro climatico del nostro pianeta».

«Per dimostrare definitivamente la sostenibilità del biologico basterebbe rendere espliciti, magari sui banchi di vendita, i costi nascosti degli alimenti non bio, in termini di consumo di risorse non rinnovabili, di emissione di gas serra, di ingiustizia economica e sociale, ecc. La produzione di cibo è chiamata ‘settore primario’ perché sta alla base dello sviluppo della nostra intera economia. L’idea che la remunerazione delle esternalità positive, dei servizi ecosistemici offerti del bio debba continuare ad essere disgiunta dalla valorizzazione dei suoi prodotti va contro ogni regola di libero mercato e rischia di produrre solo diseconomie».

Il benessere degli animali al centro

Allevamenti intensivi e allevamenti bio: quali sono le differenze da comunicare sul piano del benessere animale?

«Nulla di nuovo: gli allevamenti intensivi sono oggi in forte discussione per l’impatto notevole sull’agroecosistema. Infatti, sono responsabili di un maggiore inquinamento del suolo e dell’acqua, compromettono la biodiversità e sono anche causa di elevate emissioni di gas serra».

«Inoltre gli animali allevati senza il rispetto del benessere sono più esposti a zoonosi, anche trasmissibili all’uomo, e di conseguenza soggetti a una larga somministrazione di antibiotici, con gravi rischi di comparsa di resistenze. In alcune trasmissioni televisive d’inchiesta si sono addirittura visti allevamenti dove gli animali sono ‘umiliati’ e sottoposti a sofferenze indicibili».

«E qui l’uomo-allevatore perde ogni senso di umanità. Il consumatore è oggi sensibile al tema del benessere animale e il rischio è che gli errori di alcuni mettano in discussione tutto il settore zootecnico. Invece, occorre comunicare che un’alternativa sostenibile sul piano ambientale, sociale e anche economico non solo è possibile, ma è già esistente. La zootecnia biologica è l’alternativa perché pone al centro, da sempre, il benessere degli animali allevati».

«È, infatti, imperniata sul rispetto degli spazi vitali, sull’alimentazione corretta degli animali, con mangimi bio e non OGM, sulle cure veterinarie omeopatiche e con scarsissimo ricorso agli antibiotici. Il bio dà la giusta importanza all’accesso al pascolo, alla riproduzione naturale senza l’utilizzo di ormoni o altre sostanze chimiche e al rispetto delle fasi di crescita nel rispetto dell’etologia degli animali senza ‘spingerli’ a una produzione esagerata. Il vero valore aggiunto, l’elemento su cui fare leva per valorizzare questo settore, è la certificazione degli allevamenti. Il biologico si basa sulla fiducia dei consumatori, una fiducia conquistata sui mercati di tutto il mondo grazie anche ad un sistema di certificazione di processo che si basa sulla terzietà, affidato a strutture private sottoposte alla vigilanza pubblica».

«L’affidabilità del sistema di controllo è il vero ingrediente che fa la differenza per tutelare il bio. Tanto e vero che la prima mossa dell’Unione europea, per sostenere l’obiettivo di crescita del bio, anche nel campo della zootecnia, è stata quella di rafforzare proprio il sistema di controllo attraverso misure precauzionali più rigorose e verifiche più approfondite lungo tutta la filiera. Ovvero attribuendo più responsabilità agli operatori e agli enti di certificazione. Insomma, gli allevamenti biologici sono la sintesi perfetta tra benessere animale e benessere ambientale, sono garantiti a più livelli e ciò oltre ogni penoso tentativo di interessato discredito».

(Chiara Affronte)

IL MERCATO BIO IN EUROPA SUPERA 50 MILIARDI DI EURO

IL MERCATO BIO IN EUROPA SUPERA 50 MILIARDI DI EURO

Esce il consueto studio di mercato diffuso da Fibl in occasione di Biofach. L’Italia si conferma primo Paese per numero produttori e trasformatori

Nel 2021 il mercato europeo del bio ha raggiunto quota 54,5 miliardi, e 46,7 in Ue. Emerge dal 24esimo annuario sull’agricoltura biologica mondiale curato dalla FiBL, l’istituto di ricerca specializzato nel settore, riferimento a livello globale.

I primati del made in Italy

Anche nel 2021 l’Italia conferma il primato di Paese europeo con il maggior numero di coltivatori e trasformatori di prodotti biologici. Sono italiani il 17% degli agricoltori e il 27% dei trasformatori su oltre 40 Paesi europei considerati.

Quelli con le maggiori superfici agricole biologiche sono la Francia (16% delle aree agricole a bio), seguita da Spagna, Italia e Germania. Tutti gli indicatori testimoniano la tendenza strutturale alla crescita del settore, anche se il mercato (+4% sul 2020) ha rallentato rispetto all’exploit del 2020 (+15% sul 2019).

Germania mercato top

Nell’Ue i cittadini hanno speso mediamente 104,3 euro pro-capite per l’acquisto di alimenti bio, con valori raddoppiato negli ultimi 10 anni (2012-21). Il mercato più importante è quello tedesco, con 15,9 miliardi di euro l’anno di vendite al dettaglio, seguito da Francia e Italia.

SVEZIA E DANIMARCA, MERCATI TOP PER IL BIO ITALIANO

SVEZIA E DANIMARCA, MERCATI TOP PER IL BIO ITALIANO

Per il 38% degli scandinavi il Made in Italy è al top della qualità e per il vino l’Italia è leader sia in Svezia che in Danimarca. I riscontri del report di Nomisma presentato in occasione del quarto webinar Ita.Bio

La Danimarca e la Svezia sono i mercati più promettenti per gli alimenti biologici Made in Italy. Dove pasta, olio extravergine, formaggi e vino sono le categorie del settore di maggiore interesse per i consumatori.

Le cifre

In particolare l’Italia è leader per il mercato del vino bio in Svezia (quota di mercato del 42%). Alta, poi, la percezione dei consumatori scandinavi della qualità del bio italiano: per il 38% dei danesi e per il 37% degli svedesi è al primo posto.

Danimarca e Svezia, rispettivamente ottavo e nono mercato al mondo per vendite di prodotti bio, hanno fatto registrare un incremento rispettivamente del +183% e del +176% negli ultimi 10 anni ed un tasso di penetrazione del bio dell’87%. Questo quanto emerge dalla survey originale sui consumatori danesi e svedesi presentata in una diretta streaming, moderata da Edagricole, in occasione del quarto forum Ita.Bio, la piattaforma online di dati e informazioni per l’internazionalizzazione del biologico Made in Italy curata da Nomisma e promossa da Ice Agenzia e FederBio.

Mercati nordici promettenti

«In Scandinavia – dichiara Andrea Mattiello, direttore dell’ufficio ICE di Stoccolma – l’attenzione ai prodotti biologici è molto elevata e le vendite di prodotti bio superano il valore di 2 milioni di euro sia in Svezia che in Danimarca».

«L’export italiano nel settore è in costante crescita negli ultimi anni ed ha superato i 3 miliardi di euro nel 2022».

Il commento di D’Eramo

«I risultati della ricerca di Nomisma – commenta Luigi D’Eramo, sottosegretario Masf con delega per il bio – confermano il successo del bio Made in Italy«. «E gli ampi margini di crescita in Nord Europa, con buona pace di chi vorrebbe puntare su latte e carne sintetici o far passare il messaggio che tutti gli alcolici, a prescindere da dose e gradazione, fanno male alla salute».

 

Il BIO è un mercato sicuro: convegno AssoBio-ADM a Bologna

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ADM, l’Associazione della Distribuzione Moderna, in collaborazione con AssoBio, l’Associazione nazionale delle imprese di trasformazione e distribuzione dei prodotti biologici, organizza un convegno dal titolo “Biologico, un mercato sicuro”. L’appuntamento è a Marca – Bologna Fiere, per il 19 gennaio a partire dalle ore 14. L’evento sarà ospitato presso la Opera Converence Call. L’ingresso è libero.

Bio, mercato in crescita (e sicuro)

Gli organizzatori partono da un dato ormai assodato: il mercato dei prodotti biologici è in crescita costante. Se nel 2008 le vendite di prodotti bio confezionati in iper e supermercati erano pari a 411 milioni di euro, nel 2016 la cifra è cresciuta fino a superare il miliardo. Oggi il bio vale il 3% delle vendite nel food. A partire dal 2010, la crescita è stata regolarmente in doppia cifra. E nell’ultimo biennio sono state registrate punte del +19%.

Il 74% delle famiglie italiane ha acquistato almeno una volta un prodotto bio nell’ultimo anno. E la motivazione principale dietro il boom risiede proprio nella sicurezza. Il 27% ritiene i prodotti bio più sicuri per la salute, mentre il 14% pensa che siano più controllati. Il 20% li considera più rispettosi dell’ambiente e il 10% li sceglie perché non si fida più dei prodotti cosiddetti convenzionali.

 

«Sono dati di cui il retail non può non tener conto», spiegano gli organizzatori del convegno. I valori snocciolati «impongono strategie per cogliere una grande opportunità e intercettare la domanda crescente». Ecco perché, oltre ad ampliare l’assortimento, i produttori devono impegnarsi a predisporre una visione di category, un’offerta coerente e una comunicazione adeguata.

Bisogna puntare tutto sulla «massima cura nel garantire l’integrità e la fiducia del consumatore, il patrimonio più significativo del mercato biologico».

Bio mercato sicuro: il programma del convegno

A parlare di questi e altri argomenti, interverranno esperti del settore, manager nella GDO, ricercatori.

A introdurre i lavori, Giorgio Santambrogio, presidente di ADM. A seguire, Silvia Zucconi, coordinatore agricoltura e industria alimentare di Nomisma, che illustrerà I numeri del biologico sul mercato italiano.

Paolo Carnemolla, presidente FederBio, parlerà invece degli Strumenti del settore biologico per la garanzia dell’integrità, mentre Roberto Pinton relazionerà su Le buone pratiche delle imprese.

A seguire due interventi dal mondo della GDO: Angelo Arrigoni, responsabile marketing marche proprie e prodotti freschi Carrefour, e Vladimiro Adelmi, brand manager Coop Solidal e Vivi verde, illustreranno l’esperienza delle rispettive aziende nel mercato bio.

Concluderà i lavori Roberto Zanoni, presidente di AssoBio.

Ulteriori info sul convegno su www.adm-distribuzione.it e www.assobio.it

FONTI:

http://www.feder.bio/agenda.php?nid=1111

http://www.feder.bio/files/1841.pdf