BIO-DISTRETTI, L’IDENTIKIT IDEALE ATTRAVERSO GLI OCCHI DEL COORDINATORE DELLA RETE AIAB
“Più che saldare e incollare, il filo unisce. È la traccia di un’intenzione comune, che cucita insieme diventa comune azione”, scriveva l’artista Maria Lai, molto vicina all’arte tessile.
Sebbene non è di arte tessile che ci andiamo a occupare, l’identikit del Bio-distretto, tracciato da Alessandro Triantafyllidis, coordinatore rete Aiab e Presidente del Bio-distretto Val di Vara, sembra esplicitare le linee guida di un progetto non troppo distante dall’immagine restituita da Maria Lai.
All’interno di questo progetto forte, infatti – come lui lo definisce – il bio sembra essere il forte fil rouge che tiene insieme i diversi attori di un territorio.
Agricoltori biologici, amministrazioni e associazioni locali, abitanti, sono tutti uniti da un patto, che genera lo sviluppo di una vera e propria economia verde.
Il bio è ciò che lega chi amministra il territorio con chi lo gestisce in senso pratico, a chi infine, lo abita.
L’unione avviene secondo le linee guida dello sviluppo ecologico, si costruisce a partire dal basso e in un’ottica di inclusività. È la stessa agricoltura a metodo bio a risultare inclusiva, perché attraverso questo processo, impara a legarsi al turismo come all’artigianato, quindi a differenti settori economici.
Il delinearsi di questa struttura si è generato da una vera e propria esigenza, racconta Triantafyllidis, questo spiega il nascere dei numerosi bio-distretti: 23 dei quali, hanno fatto proprie le linee guida Aiab – impegnata dal 2000 nello sviluppo di una rete in merito -; un’altra quindicina sono nati invece in autonomia o nell’ambito di altre associazioni.
Il coordinatore della rete continua l’identikit dal punto di vista della gestione del progetto.
Quasi sempre il bio-distretto è un’associazione non a scopo di lucro, per questo ricade nell’ambito del codice del Terzo Settore.
Aiab prevede che la maggioranza del consiglio direttivo di un bio-distretto, sia in mano al settore privato e agli operatori biologici, lo stesso vale per il presidente. Questa linea guida, garantisce che i produttori rimangano i veri protagonisti.
Molto lavoro di gestione dei distretti biologici, aggiunge, si basa sul volontariato, ma il passaggio a una gestione professionale delle attività è fondamentale per una buona efficienza del sistema.
Punto di arrivo ottimale per un progetto di questo tipo infatti, sarebbe il 100% di superficie coltivata a metodo biologico, ciò significa un territorio privo di pesticidi di sintesi.
La Val di Vara, fiore all’occhiello tra i bio-distretti Aiab, procede in questa direzione, con il 60% di superficie bio realizzata.
In origine l’agricoltura di questa zona non solo era poco impattante, ma si basava sul pascolo. Il Biologico, a partire dagli anni ’90 ha mantenuto il tessuto produttivo, fatto desistere dall’abbondono delle campagne alcuni giovani e ha permesso alle due grosse cooperative regionali presenti, di espandere il fatturato. Ciò ha favorito la fioritura di nuove realtà produttive.
Suolo e Salute, fin dal 1998, ha dato un contributo fondamentale allo sviluppo del biologico in Val di Vara. Infatti, da oltre vent’anni ha istituito la sede regionale Liguria proprio a Varese Ligure, il Comune più importante della valle, e da allora ha avviato una stretta collaborazione con l’amministrazione locale, in particolare con il compianto Maurizio Caranza, l’allora sindaco, vero ideatore del progetto, e un presidio continuo delle attività. Oggi Suolo e Salute certifica quasi l’80% degli operatori biologici afferenti al Bio-distretto della Val di Vara.
Differente è il caso del bio-distretto Grecanico (Reggio Calabria), dove l’azione di Aiab si concretizza nel fare formazione affinché le famiglie presenti sul territorio si dedichino all’autoproduzione, seguendo il metodo biologico.
Non esiste ancora un bio-distretto a chiara tradizione biodinamica, aggiunge l’esperto, sebbene nei distretti biologici, le aziende biodinamiche ci siano, anche se non in vasto numero.
In termini di tutela legislativa dei bio-distretti, molto è stato aggiunto nella nuova e tanto attesa legge sul biologico, ora ferma alla Camera, racconta Triantafyllidis. Molto altro andrà definito nei decreti attuativi dove verranno fissati i criteri per il riconoscimento di un bio-distretto. È importante che venga riconosciuto, al fine di poter accedere a finanziamenti come i piani di sviluppo rurale.
A conclusione di questo viaggio, il coordinatore di Aiab ne cita un paio, da non perdere assolutamente per decifrare a occhio nudo il fenomeno nelle sue varianti: il Bio-distretto sociale di Bergamo, per la bellezza cittadina e le tante attività che vi si svolgono all’interno; e quello dei Colli Euganei, in provincia di Padova. Dove è possibile seguire gli itinerari dei vini biologici nel complesso termale locale.
Fonte: Il Manifesto