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NUOVA BUROCRAZIA PER ESPORTARE VINO BIO NEGLI USA

NUOVA BUROCRAZIA PER ESPORTARE VINO BIO NEGLI USA

L’export di vino biologico verso gli Stati Uniti incontrerà un nuovo ostacolo a causa di una nuova regolamentazione introdotta a settembre dal Dipartimento dell’agricoltura

La normativa sin qui applicata richiedeva la certificazione sia dei vigneti che delle cantine, la novità è che ora anche gli importatori devono ottenere la certificazione.

Il provvedimento, entrato in vigore alla fine di settembre, stabilisce che qualsiasi vino etichettato come biologico negli Stati Uniti deve provenire da un importatore certificato, non è più sufficiente che il vino sia già stato prodotto e imbottigliato con certificazione biologica nel Paese di origine. La novità ha creato complicazioni: molti importatori non sono riusciti a ottenere la certificazione a causa di ritardi nell’elaborazione delle domande da parte dell’USDA.

Un vino certificato biologico importato da un’azienda non certificata, non può essere venduto come biologico, sotto pena di sanzioni severe, inclusi blocchi delle merci, multe e addirittura cessazione dell’attività. Alla nuova norma si aggiunge una serie di scioperi dei lavoratori portuali annunciati per ottobre, che potrebbe aggiungere problemi logistici.

I critici sostengono che la misura sia ridondante e costosa, soprattutto per i piccoli importatori; il deputato repubblicano Nick Langworthy, lamentando che la misura è un onere burocratico inutile, ha richiesto una proroga di 120 giorni per gli importatori. Dal canto suo l’USDA difende la misura, sostenendo che sia utile per prevenire frodi.

La Wine & Spirits Wholesalers of America (WSWA) ha espresso preoccupazione, facendo presente che ritardi nella certificazione potrebbero influenzare la disponibilità di vini biologici e alterare il commercio internazionale.

Per saperne di più, potete leggere l’articolo in inglese https://www.wine-searcher.com/m/2024/09/organic-wine-faces-punishing-new-rule

VERSO IL VINO BIOLOGICO DEALCOLATO?

VERSO IL VINO BIOLOGICO DEALCOLATO?

La Commissione UE vuole espandere le opportunità dei produttori di entrare nel mercato dei vini a bassa o nulla gradazione alcolica

Vini no o low alcohol. Una nuova categoria di vini che coniugano tipicità e salute e che stanno ottenendo un grosso successo in particolare nei mercati di lingua anglosassone. Anche l’Italia sta imparando a conoscerli. Nel corso dell’ultima edizione del Vinitaly erano infatti una decina i produttori che li proponevano e Veronafiere sta valutando se dedicare a queste produzioni uno spazio specifico. Uno spazio da cui per ora sarebbero esclusi i produttori bio, ma qualcosa potrebbe presto cambiare.

Una categoria sdoganata dall’ultima Pac

Nella riforma della politica agricola comune (PAC) del 2021, l’Unione europea ha infatti adottato norme per riconoscere due nuovi termini: “vino Il vino dealcolato” (fino a 0,5% vol) e “vino parzialmente dealcolato” (oltre 0,5% vol).

«Si tratta  – afferma Pierre Bascou, vicedirettore generale della direzione generale dell’Agricoltura della Commissione europea (DG AGRI) – di potenziali nicchie che possono offrire prospettive per il futuro ai produttori di vino che affrontano sfide come il calo dei consumi e il cambiamento climatico».

Distillazione sottovuoto anche per il bio?

La dealcolazione viene ottenuta sui vini finiti attraverso distillazione in assenza di pressione o attraverso osmosi inversa. L’applicazione di queste tecnologie fisiche non è autorizzata per il vino bio, ma qualcosa potrebbe presto cambiare.

Su richiesta di Germania e Austria, la Commissione europea ha infatti annunciato che sta attualmente studiando la possibilità di autorizzare l’evaporazione sottovuoto anche per il bio.

CINQUE MOSSE PER RILANCIARE IL VINO BIO

CINQUE MOSSE PER RILANCIARE IL VINO BIO

L’ultima edizione del Vinitaly ha dedicato ampi spazi al vino biologico. Anabio e Cia hanno lanciato un memorandum in cinque punti per tutelare la distintività del bio e superare l’incongruenza tra vigneto (22% bio) e cantina (solo 6%)

Biologico e vino, un’accoppiata vincente da dodici anni. È infatti dall’8 marzo 2012, giorno di pubblicazione del Reg. Ue 203/2012, che è possibile porre sulle bottiglie il logo della fogliolina verde, prima si poteva solo dichiarare di aver utilizzato uve prodotte con metodo bio, un vantaggio differenziale che in cantina veniva disperso.

Dodici anni di fogliolina verde

Per dodici anni il logo del bio ha evidenziato l’impegno delle aziende vitivinicole più impegnate sul fronte ambientale, rappresentando per tante piccole realtà il passaporto per raggiungere mercati lontani caratterizzati dalla forte attenzione sul fronte etico e ambientale.

Una distintività che oggi viene diluita dalla concorrenza di brand che si rifanno all’ampio concetto della sostenibilità con standard e procedure di controllo meno rigorose del bio.

Per questo, nonostante i vigneti italiani siano sempre più green (lungo la Penisola vengono coltivati a biologico oltre 133mila ettari, vale a dire il 22% delle superfici vitate nazionali), la quota della produzione rimane limitata (3 milioni di ettolitri il volume di vino biologico, pari al 6% del totale nazionale).

Un’incongruenza che l’ultima edizione de Vinitaly ha voluto risolvere attraverso i numerosi appuntamenti dedicati al bio.

L’enoteca di Anabio

Cia-Agricoltori Italiani, ad esempio, insieme alla sua associazione di riferimento Anabio, ha scelto di portare al Vinitaly 2024 l’Enoteca Bio, una mostra permanente dei vini delle aziende biologiche associate. L’associazione ha anche organizzato il ciclo di incontri “I vini biologici… un racconto diVino”: momenti di confronto pubblico con i produttori tra storie e degustazioni. Una doppia iniziativa realizzata nell’ambito del progetto “Il biologico tra tradizione e innovazione”, finanziato dal Masaf, proprio con l’obiettivo di valorizzare e promuovere le produzioni bio nazionali.

Cinque marce da innestare

Nel corso dell’’evento Anabio e Cia hanno lanciato un memorandum in cinque mosse per superare le difficoltà attuali e rilanciare lo sviluppo del settore:

  • favorire la conversione al bio delle aziende;
  • attivare campagne informative e di comunicazione mirate a incentivare i consumi dei prodotti bio:
  • prevedere sgravi fiscali per i protagonisti del settore
  • maggiori sostegni a ricerca, innovazione e formazione:
  • assicurare l’uniformità delle regole all’interno dell’Ue riguardo la produzione e la commercializzazione del bio.
VINO BIO PREFERITO DAL 52% DEGLI ITALIANI

VINO BIO PREFERITO DAL 52% DEGLI ITALIANI

I dati diffusi dall’Osservatorio Wine monitor di Nomisma al Vinitaly bio rilevano che oltre la metà dei consumatori abituali di vino concede la sua preferenza al bio come garanzia di qualità, sicurezza e sostenibilità ambientale. Un dato che trova conferma nell’aumento del 6,5% delle etichette bio vendute nel 2023 nella grande distribuzione

A oltre la metà degli italiani il vino piace biologico. È quanto emerge dalla survey effettuata dall’osservatorio Wine Monitor di Nomisma i cui risultati sono stati diffusi nel corso dell’ultima edizione di Vinitaly.

Il richiamo del vino bio

Secondo il campione intervistato, negli ultimi 12 mesi, il 52% degli acquirenti abituali di vino ha infatti preferito optare per un vino bio, che ritiene garanzia di qualità, sicurezza, sostenibilità e tutela ambientale. Un trend che, secondo Wine Monitor, trova conferma nell’incremento del 6,5% delle vendite di vino biologico italiano registrata nel 2023 rispetto all’anno precedente, considerando la globalità dei canali distributivi, una crescita superiore rispetto al convenzionale che nello stesso periodo si è attestato al + 2,8%.

Le masterclass nell’Organic hall

L’attenzione di Veronafiere per le produzioni bio è stata confermata anche dalla conferma del salone specializzato di Vinitaly bio. Dove molte piccole cantine hanno potuto farsi conoscere grazie alle MasterClass organizzate da FederBio nell’Organic Hall di Vinitaly. Tra le regioni con la maggior superficie a uva da vino bio sul totale della viticoltura regionale spiccano la Sicilia, la Toscana e le Marche con il 38%, seguite dalla Calabria con il 32%. Mentre la Valle d’Aosta, con un incremento del 31%, il Trentino con + 22% e la Sicilia + 20% sono le regioni che hanno ampliato maggiormente la viticoltura bio.

VINITALY, L’IMPRONTA BIOLOGICA DELLA 56° EDIZIONE

VINITALY, L’IMPRONTA BIOLOGICA DELLA 56° EDIZIONE

Vigneto Italia prossimo all’obiettivo del 25% di bio mentre in cantina la percentuale con il logo della fogliolina verde cala. Un gap che impone un maggiore sforzo in comunicazione e Veronafiere raccoglie la sfida con la 9° edizione di Vinitaly bio

Cresce il vigneto biologico, flette quello convenzionale. Il risultato è che tra i filari italiani il biologico è già praticamente in linea con gli obiettivi del green deal. Le superfici di viti da vino coltivate con metodo bio in Italia sono infatti pari a 133.140 ettari, il 22,6% del totale di 589.570 ettari (dati: Sinab 2023).

Una quota che sale notevolmente in Regioni come Marche, Calabria e Sicilia (dove arriva a toccare il 50%) mentre altrove, dove è il richiamo della denominazione d’origine a dominare le scelte dei consumatori come in Piemonte, Friuli e Veneto, i vigneti bio si attestano a circa il 10%.

Musica diversa in cantina

La musica cambia però totalmente in cantina. Solo il 7% del vino prodotto (circa 3,4 milioni di ettolitri) è infatti etichettato con il logo della fogliolina verde. Anche qui il traino è rappresentato dalla Sicilia (23%), davanti a Veneto, Toscana e Puglia (15%), mentre in Piemonte ed Emilia Romagna la quota dell’imbottigliato bio supera a malapena il 3%.

Una discrepanza tra campo e bottiglia che Riccardo Cotarella, presidente di Assoenologi, attribuisce, sulle pagine de La Repubblica, alla seduzione dei contributi pubblici per il bio in vigneto che non si traduce in una pari valorizzazione del bio sugli scaffali. E questo anche per la competizione dei claim di altri metodi di produzione, certificati o meno, che si collegano alla sostenibilità rendendo meno distintivo il logo del bio.

Spiegare le differenze

Spiegare queste differenze diventa la sfida più importante per il mondo della comunicazione enoica e la 56° edizione di Vinitaly, in programma a Veronafiere dal 14 al 17 aprile, cade a fagiolo. Anche nel 2024 è prevista infatti in fiera la rassegna specializzata di Vinitaly Bio. La kermesse dedicata al vino biologico certificato prodotto in Italia e all’estero arriva così alla 9° edizione, curata anche quest’anno da Federbio.

L’obiettivo è quello di superare in numeri i record dell’edizione 2023, quando hanno partecipato 118 produttori certificati Bio provenienti da tutte le regioni italiane.

Il calendario delle degustazioni bio

Tutte le produzioni delle aziende partecipanti saranno inserite dell’enoteca bio e molte di loro troveranno spazio nelle masterclass, dove i produttori avranno la possibilità di presentare e fare degustare i propri vini ai buyer nazionali ed esteri. Questo il calendario delle degustazioni:

  • domenica 14 aprile 2024: i vini biologici del Nord (Cantina Le Carezze, Veneto; Mister Bio Wine, Friuli; Castello di Tessarolo, Piemonte; Tenuta Bardali e Giubertoni, Veneto; L’Ulif, Lombardia; Buganza Radici e Filari, Piemonte);
  • lunedì 15 aprile: isole e sud (Baglio Diar, Sicilia; Salvatore Tamburello, Sicilia; Tenute mokarta, Sicilia, Baglio Bonsignore, Sicilia; Cantine Tulone, Sicilia; Tenute Lu Spada, Puglia)1,
  • martedì 16 apri,e: Centro (azienda Bruscia, Marche; Vini Valori; Abruzzo; Tenuta Querciamatta, Toscana; Fattoria Ambra, Toscana; Montechiaro Organic Winery, Toscana);
  • mercoledì 17 aprile, chiusura con CasaCatelli (Abruzzo e Veneto); La Piana winery (Emilia Romagna); azienda Alessandra srl (Campania).
VINO BIO: IN ITALIA E NEL MONDO, UNA RIVOLUZIONE GIÀ IN ATTO

VINO BIO: IN ITALIA E NEL MONDO, UNA RIVOLUZIONE GIÀ IN ATTO

I dati evidenziano che il tasso di conversione dei vigneti alla produzione biologica è aumentato, dal 2005 al 2019, con una media del 13% all’anno. A guidare il processo di conversione: Spagna, Francia, Italia e Austria, con la più alta incidenza di superfici nazionali votate a vigneto biologico.

 

A offrire il quadro generale sul vino biologico, all’interno del rapporto intitolato: “World Organic Vineyard, è l’OIV – Organisation internationale de la vigne et du vin, organismo intergovernativo a carattere scientifico e tecnico, guidato dal professor Luigi Moio.

Lo studio si concentra sul focus della viticoltura biologica, mettendo in luce la forte evoluzione registrata nel settore negli ultimi 15 anni.

 

Le possibili cause

Lo studio osserva, come l’impennata della crescita delle superfici, sia stata direttamente proporzionale alla propensione alla certificazione del prodotto e quindi alla sua vendita. «Un forte ritmo di crescita, – commenta l’OIV -, è in buona parte giustificato dal fatto che la viticoltura biologica è da considerarsi un fenomeno in crescita e ricco di prospettive

I numeri della crescita

I vigneti biologici diffusi attualmente nel mondo, ammontano a quasi mezzo milione di ettari. Nel periodo compreso tra il 2005 e il 2019, la superficie vitata a bio è aumentata in media del 13% all’anno; con una corrispondenza della diminuzione della superficie vitata non biologica, decresciuta con una media dello 0,4% all’anno.

A parere degli studiosi dell’OIV, il movimento della crescita è variegato. Sono state registrate infatti, oscillazioni sia in ingresso che in uscita: «la conversione di un vigneto alla coltivazione biologica è spesso complessa e richiede un cambio di paradigma produttivo» commenta l’Organizzazione. «Andamenti climatici avversi predisponenti le malattie della vite, problemi strutturali o organizzativi possono scoraggiare il processo, portando i produttori ad abbandonare la certificazione della produzione biologica

La distribuzione geografica

Su un totale di 63 paesi coinvolti nel bilancio del rapporto, la superficie totale vitata bio e certificata, è stata stimata nell’anno 2019: in 454mila ettari, ovvero il 6,2% della superficie totale vitata nel mondo. Francia Italia, Austria e Spagna, le nazioni alla guida del processo di cambiamento.
Si stima che solo Spagna, Italia e Francia insieme, rappresentino il 75% dei vigneti biologici mondiali.

L’Italia afferma la sua operosità con il 15% dei vigneti bio sul totale complessivo – la maggiore incidenza registrata a livello nazionale – superiore anche a quella di Francia e Austria che raggiungono il 14% del totale.

Sul fronte extraeuropeo, si distingue il Messico con l’8% della superficie vitata certificata bio.

Fonte: Il Sole 24 ore