En plein all’organic wine award international per le etichette dell’azienda Mannucci Droandi, produttrice di vino e olio bio nel chianti aretino e classico e certificata da Suolo e Salute
Tre vini, tre ori. È finita nel migliore dei modi la spedizione della cantina Mannucci Droandi a Frasdorf, in Baviera per l’ Organic Wine Award International di WINE-System AG,. «I nostri vini – annuncia Maria Grazia Mammuccini, presidente di Federbio e titolare dell’azienda toscana – sono andati benissimo in quello che è il più importante concorso internazionale per i vini biologici».
Le etichette premiate
Nel dettaglio i riconoscimenti raccolti da questa cantina, riferimento per il biologico nella zona del Chianti Colli Aretini e del Chianti Classico e certificata da Suolo e Salute sono:
- Medaglia d’oro con 93 punti per il Pugnitello 2018,
- Medaglia d’oro con 95 punti per il Chianti Colli Aretini 2020
- Grande Oro con 96 punti, massimo riconoscimento attribuito dal concorso, per il Campolucci 2017.
L’azienda Mannucci Droandi trae origine dalle tradizioni agricole e vinicole di due famiglie: Mannucci, piccoli proprietari terrieri in Valdarno già dai primi del XIX Secolo e Droandi, dal XVIII agricoltori in Carmignano e poi a San Giustino Valdarno. Oggi è gestita dalla Società Agricola Nuova Agricoltura, con amministratore unico Maria Grazia Mammuccini, a sua volta proveniente da un’antica famiglia di agricoltori.
Una realtà rappresentativa del Chianti
È una delle realtà più rappresentative dell’articolato sistema delle Doc Chianti, essendo costituita da due corpi principali. Il primo, podere Campolucci (dal latino “campo del bosco sacro”), 17 ettari nella sottozona del Chianti Colli Aretini, Comune di Montevarchi, è costituito da una grande casa colonica già presente nei Catasti Granducali, è tuttora il centro aziendale ed ospita la cantina, da vigneti e oliveti specializzati. Il secondo, podere Ceppeto, 11 ettari nel comprensorio del Chianti Classico, Comune di Gaiole in Chianti, è costituito da vigneti e oliveti disposti attorno ad una grande casa colonica di pietra squadrata, edificata nel XVIII secolo sui resti di un antico romitorio.
Biologico e tipico insieme
La scelta di affidarsi al metodo dell’agricoltura biologica, con la certificazione di Suolo e Salute, risale al 2000. «Tale scelta – spiega Mammuccini – insieme alla valorizzazione dei vitigni autoctoni, costituisce la base fondamentale del nostro lavoro».
«L’obiettivo è contribuire alla difesa dell’ambiente, alla mitigazione del cambiamento climatico e al tempo stesso offrire prodotti capaci di rappresentare l’identità del nostro territorio, coniugando la tradizione locale con l’innovazione, nell’intento di continuare nel migliore dei modi quanto le generazioni precedenti hanno saputo costruire».
I riscontri ottenuti in Germania (Mannucci Droandi ha già riscosso alcune medaglie d’oro e d’argento nelle precedenti edizioni del concorso, ma mai un en plein come quest’anno) sono frutto dell’attenta cura nella gestione del vigneto da parte di Roberto Giulio Droandi e della perizia nella fase di trasformazione in cantina da parte dell’enologo Gianfrancesco Paoletti, allievo di Giacomo Tachis.
Campolucci e la sfida di mitigare gli effetti del climate change
Campolucci è infatti un blend costituito da Cabernet 40%, Merlot 40% e Syrah 20%. Un uvaggio che alle nostre latitudini può essere messo a dura prova dagli effetti del climate change, soprattutto in un’annata calda e siccitosa come quella del 2017. A mitigare questo stress ha contribuito l’elevazione del cru di 6,5 ettari da cui si ottiene questo vino, a 250 m slm sulla sommità di una collina esposta a sud che guarda l’antico borgo fortificato di Caposelvi. Ma soprattutto l’attenta gestione della potatura, posticipata a fine marzo sugli impianti a cordone speronato per indurre un ritardo del ciclo vegetativo della vite che ha consentito, anche in questa annata calda, di vendemmiare circa 10-15 giorni dopo rispetto alle altre aziende della zona, beneficiando delle precipitazioni di inizio settembre.
«Per portare in cantina uve di elevatissima qualità – spiega Mammuccini – curiamo una conduzione del terreno conservativa, parte con lavorazioni minime con decompattatore e parte con inerbimento permanente, diserbo meccanico, allevamento a cordone speronato corto, gestione della chioma in estate, diradamento dei grappoli, sfogliatura e vendemmia in vari passaggi: nessuna forzatura e massima attenzione ai cicli della natura». Una delicatezza che prosegue in cantina dove le uve scelte sono diraspate e pigiate delicatamente e poi vinificate in tini di media capacità (30 ettolitri), con macerazione prolungata (20 giorni) e gestita tramite rimontaggi intervallati a déléstages. Dopo la svinatura e la pressatura soffice delle vinacce, la tempestiva effettuazione della fermentazione malolattica costituisce la necessaria premessa per la successiva maturazione (24 mesi) in barriques di rovere francese (50% nuove).
Morbidezza e note fruttate nel Chianti
Il Chianti Colli Aretini 2020 premiato con la medaglia d’oro è un classico uvaggio di Sangiovese 90%, Canaiolo 5%, vitigni tradizionali a bacca rossa 5% ottenuto sempre a Campolucci da vigneti di 20-30 anni d’età gestiti in modo da esaltare le note morbide e fruttate, espressione di questo territorio. Anche in cantina l’affinamento viene effettuato in barrique ma con l’esclusione di legno nuovo per salvaguardarne la personalità.
Pugnitello, la riscoperta della biodiversità
Il Pugnitello 2018 costituisce invece l’essenza dell’opera di conservazione delle antiche tradizioni operato da Mammuccini.
«L’impegno di salvaguardare la biodiversità – spiega – ci ha spinto da tempo a collaborare con l’Unità di Ricerca per la Viticoltura di Arezzo con la realizzazione di un vigneto sperimentale nel quale sono stati piantati vecchi vitigni un tempo diffusi nella zona ed ora a rischio di estinzione». Con le uve di quelle vecchie varietà sono state effettuate delle microvinificazioni che hanno offerto indicazioni promettenti. I vitigni più interessanti come Foglia Tonda, Barsaglina, o Pugnitello sono stati riprodotti e piantati in quantità nei vigneti Mannucci Droandi per arricchire e caratterizzare gli uvaggi oppure, vinificati in purezza come nel caso del Pugnitello, per riscoprire l’essenza dell’espressione territoriale. Oggi questo vitigno occupa non più di mezzo ettaro dei vigneti di Campolucci, da cui si ricava un vino di colore rosso rubino molto intenso con tonalità violacee. Al naso si presenta leggermente erbaceo mentre al palato rivela un gusto pieno, elevata gradazione alcolica, buona acidità ed tannini di elevata finezza. Con un complesso insieme di aromi fruttati e sapidi come ciliegia e mora insieme a cuoio e terra.
Le resistenze del Comitato Vini a una doc tutta bio
Oggi etichettato come Toscana Igp, il Pugnitello, nelle intenzioni di Maria Grazia Mammuccini dovrebbe diventare l’occasione per la valorizzazione della doc Valdarno di Sopra con un disciplinare che, d’accordo con le altre aziende produttrici della zona, prevederebbe, primo caso nel nostro Paese, l’’obbligo dell’adozione del metodo dell’agricoltura biologica certificata. Un vincolo che sta trovando alcune difficoltà nella fase di approvazione presso il Comitato vini doc del Ministero delle Politiche agricole. «Viene contestata l’obbligatorietà di questo metodo, ma i disciplinari servono proprio a questo: a dare più forza ai territori attraverso la condivisione di regole comuni».