E’ stato pubblicato recentemente da Natural Geoscience lo studio “”Continental-scale temperature variability during the past two millennia”, un lavoro monumentale che ha impegnato un nutritissimo gruppo di ben 78 ricercatori provenienti da alcuni tra i più prestigiosi istituti di ricerca del mondo. Il lavoro ha preso in esame i dati ottenuti dall’analisi di campioni dendrocronologici (anelli di acrescimento degli alberi), polline, sedimenti, carote di ghiaccio, stalagmiti e documenti storici di oltre 500 siti diversi, in grado di fornire un’accurata ricostruzione dell’andamento delle temperature sulla superficie del pianeta negli ultimi due millenni. Il lavoro è stato avviato da Pages, acronimo per “Past global changes”, una rete di oltre 5.000 scienziati di oltre 100 Paesi che si è impegnato nello studio dell’ambiente terrestre del passato, con l’obiettivo di formulare previsioni quanto più possibile accurate per il futuro. Per questi scopi, a partire dal 2006 Pages ha avviato l’iniziativa “The Pages 2k Network (The 2K Network)”, una rete costituita da 9 gruppi di lavoro regionali tra loro collegati, che hanno condiviso i dati paleo climatici per tracciare in definitiva questo gigantesco “affresco” climatico del Pianeta Terra. Unica eccezione allo studio è rappresentata dal continente africano, dove la mancanza di un numero sufficiente di dati ha impedito una ricostruzione più accurata. Altro ambito in cui il progetto non si è spinto è l’andamento delle temperature negli oceani, altrettanto se non più significativo per le implicazioni climatiche, per il quale è attualmente in corso il progetto parallelo Ocean2k”. Il network Past è finanziato dalla Swiss national science foundations e dalla National oceanic and atmospheric administration Usa (Noaa). Le conclusioni confermano quanto ribadito più volte da ambientalisti e climatologi, confutando le posizioni dei presunti “ecoscettici”. Quelle attuali sono le temperature più alte che la superficie terrestre abbia conosciuto da 1.400 anni a questa parte. Le parole dei ricercatori sono molto chiare in questo senso: “Gli ultimi cambiamenti climatici globali hanno avuto una forte espressione regionale. Per chiarire il loro modello spazio-temporale, abbiamo ricostruito le temperature del passato negli ultimi 1 – 2 millenni per sette regioni su scala continentale. La caratteristica più coerente, in quasi tutte le ricostruzioni delle temperature regionali è una tendenza al raffreddamento a lungo termine, che si è concluso alla fine del XIX secolo. A scale multi-decadali e centenarie, la variabilità della temperatura mostra nettamente diversi patterns regionali, con più somiglianze all’interno di ciascun emisfero che tra di loro. Globalmente, non ci sono stati intervalli multi-decadali caldi o freddi sincroni che definiscono un “Medieval Warm Period” (Mwp)o una “Little Ice Age” (Lia), ma tutte le ricostruzioni mostrano condizioni generalmente fredde tra il 1580 e il 1880, scandite in alcune regioni da decenni caldi durante il XVIII secolo. Il passaggio a queste condizioni di freddo si era verificato in precedenza nella regione artica, in Europa e Asia che in Nord America o nelle regioni dell’emisfero meridionale. Il riscaldamento recente ha invertito il raffreddamento a lungo termine, durante il periodo di 1971 – 2000, l’area media della temperatura ponderata ricostruita è stato superiore rispetto a qualsiasi altro tempo in quasi 1.400 anni”. «Vi è stato un generale trend di raffreddamento, durato fino alla fine del IX secolo. Ha fatto eccezione il continente antartico, dove il fenomeno è stato più attenuato. In seguito il riscaldamento ha toccato tutto il pianeta. Abbiamo scoperto che i periodi più freddi corrispondo ad una diminuzione dell’attività solare e ad un aumento dell’attività vulcanica, che con l’emissione di aerosol nell’atmosfera blocca la radiazione solare. Entrambi questi fattori hanno un ruolo più importante di quanto si ritenesse». Nei fatti, fino a circa 100 anni fa il pianeta è stato interessato da una tendenza media al raffreffamento, che si è invertita proprio a cominciare dal secolo scorso con un riscaldamento marcato anche in conseguenza del global warming che continua ad influenzare in maniera importante l’andamento delle temperature a causa del perdurare delle emissioni di gas serra. Dichiarano infatti i ricercatori che “secondo l’instrumental temperature record, le temperature superficiali medie per il 1982 – 2012 sono state circa 0,2° C più calde rispetto alla media 1970 – 2000. Questo riscaldamento supplementare porterebbe le attuali temperature superficiali ben al di sopra qualsiasi altro momento nel corso degli ultimi 2.000 anni. Il global warming che si è verificato a partire dalla fine del XIX secolo ha invertito la persistente tendenza ad un raffreddamento globale a lungo termine. L’aumento della temperatura media tra i secoli XIX e XX ha superato la differenza di temperatura tra tutti gli altri secoli consecutivi, in ogni regione , tranne l’Antartide e il Sud America». A conferma di quanto rilevato dai climatologi, secondo i quali nel corso degli ultimi 100 anni le temperature delle terre emerse e degli oceanisono aumentate di circa 0,8 gradi, in conseguenza principalmente dell’utilizzo di combustibili fossili, della continua deforestazione, del cambiamento di utilizzo dei suoli e dell’agricoltura industriale.
Fonte: Greenreport